09/11/2011 - AppuntiMedicina

March 23, 2018 | Author: Anonymous | Category: Scienza, Biologia, Biochimica, Genetica
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09/11/2011 Ritornando all’esempio precedente, io a questo punto posso ricercare le mutazioni della connessina 26 che è la più frequente: se la trovo mutata in tutti e due, allora il 100% dei figli avrà la sordità congenita, se solo uno dei due è mutato, in questo caso la malattia è dovuta a due loci diversi e quindi, anche se non conosciamo il secondo locus, sappiamo che i figli saranno sempre eterozigoti per entrambi i loci e quindi mai ammalati. Se nessuno dei due presenta mutazioni della connessina 26, allora probabilmente hanno mutazioni in loci minori e quindi è assai improbabile che abbiano tutti e due la stessa mutazione, a meno che non siano imparentati tra di loro.

Retinite pigmentosa altro esempio di eterogeneità genetica. E’ una forma importante di cecità, questi pazienti vedono normalmente nell’infanzia, poi nell’adolescenza iniziano ad avere problemi di emeralopia (o cecità notturna), hanno problemi di visione alla luce crepuscolare o nel passaggio da una stanza bene illuminata a una più buia: la degenerazione retinica porta poi ad una progressiva perdita di visione, ad una riduzione del campo visivo fino a una piccola visione centrale (diversamente dalle maculopatie, in cui manca la visione centrale). L’oftalmogenetica in genere è una disciplina con elevata eterogeneità genetica:

Aumento nel tempo del numero di geni correlati alla retinite pigmentosa:

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In questi pazienti si faceva uno studio di segregazione per valutare se la forma di retinite era autosomica dominante, recessiva o X-linked, quando era possibile capirlo (mutazioni ex-novo). Nei casi dominanti, vado a studiare per primi i geni della rodopsina e della periferina, i quali coprono una percentuale rilevante di queste forme: se ci sono altri sintomi associati, come la sordità nella sindrome di Usher (ipoacusia e retinite pigmentosa) si vanno a studiare le mutazioni responsabili della sindrome. Ci sono forme legate al cromosoma X con un gene ricorrente, e forme recessive in cui normalmente si va a studiare il gene RTE65, che può causare l’amaurosi congenita di Leber (raro disturbo visivo che comporta la cecità nei nascituri), forme di retinite pigmentosa, etc.  per questa forma specifica di retinite c’è la possibilità di sostituire il gene-malattia, ci sono trial clinici in corso.

Un’altra patologia con elevata eterogeneità genetica è la Sindrome di Noonan  ha una prevalenza di 1/2000 individui, condizione monogenica autosomica dominante ma con un’ampia eterogeneità sia genetica che fenotipica (espressività variabile). Il primo gene responsabile ad essere identificato è stato PTPN11, che copre circa il 50% dei pazienti affetti da questa sindrome.

PTPN11 entra in questo pathway molecolare che è la via delle RAS-kinasi  andando a studiare gli altri geni che fanno parte di questo pathway, sono state trovate mutazioni che coprivano l’altro 50% di pazienti che non avevano la mutazione di PTPN11 (patologie dette complessivamente “rassopatie”). Analisi mutazionale:  PTPN11 50%  SOS1 10-13%  K-RAS < 5%  RAF1 3% Le caratteristiche cliniche di questa sindrome comprendono dismorfismi facciali come: - fronte molto alta; - ipertelorismo (distanza maggiore degli occhi tra loro); - fessure palpebrali rivolte verso il basso; - orecchie a impianto basso, retroruotate; - attaccatura bassa dei capelli; - bordi del labbro superiore accentuati; - collo corto con cute nucale ridondante;

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Altre caratteristiche tipiche sono: - cardiopatia congenita (50-80%): nella maggior parte dei casi rappresentata da una stenosi valvolare polmonare (20-50%) e cardiomiopatia ipertrofica (20-30%); - bassa statura (40-50%): ritardo nella crescita post-natale; - ritardo mentale, difficoltà di apprendimento (25-35%); - diatesi emorragica (30%); - Anomalie linfatiche  pre-natali: igroma cistico, poliidramnios, idrope fetale (rara); postnatali; - Anomalie renali (11%): spt. Idronefrosi; più rare: doppio distretto, agenesia/ipoplasia renale, ectopia, anomalie di rotazione - Anomalie cutanee: spt. cheratosi follicolare - Anomalie oculari (95%): strabismo, ambliopia, nistagmo Nelle forme conclamate, la diagnosi della sindrome di Noolan è abbastanza semplice: talvolta il quadro clinico non è così chiaro e la diagnosi arriva molto in ritardo. A volte, questa viene diagnosticata in un neonato affetto e tramite analisi genetica si scopre che gliel’ha trasmessa un genitore che però mostra sintomi minimi  concetto di ESPRESSIVITA’ VARIABILE Ci possono essere individui che presentano la mutazione, ma hanno sintomi e segni minimi: questi vanno identificati perché hanno il 50% di probabilità di trasmettere la mutazione ai figli. Molti affetti hanno una mutazione ex novo. rischio di ricorrenza per i fratelli trascurabile ( 60  esordio giovanile e forma più grave L’anticipazione non è altro che un’insorgenza più precoce e più grave della malattia ed è dovuta all’espansione di queste triplette durante le meiosi di individui portatori della pre-mutazione o della mutazione vera e propria. Oggi è possibile fare la diagnosi diretta ma con molti problemi etici.

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11/11/2011 Acondroplasia  malattia a trasmissione autosomica dominante, penetranza completa: nella maggior parte dei casi i bimbi affetti nascono da genitori sani, come in questo caso 

Genitori vanno in consulenza e chiedono che probabilità hanno di avere un altro figlio acondroplasico  escludendo la non paternità, si tratta di una mutazione “de novo”, la cui probabilità di ricomparsa è molto bassa, a meno che non si tratti di MOSAICISMO  presenza in un individuo di due o più linee cellulari tra loro geneticamente diverse causate da mutazioni insorte post-zigote, perciò le mutazioni interesseranno solo alcuni tessuti o addirittura uno solo, come ad esempio le cellule germinali: in questo caso, l’individuo non è malato, ma avendo la mutazione nelle cellule germinali, c’è rischio di ricorrenza della malattia nella famiglia (rischio è meno dell’1%, ma può capitare, mentre per una coppia con figlio con osteogenesi imperfetta, il rischio di ricorrenza è del 5/6%). In certe patologie quindi, questo fenomeno può essere consistente.

Più gameti con la stessa mutazione

Potrebbe sembrare la trasmissione di una patologia recessiva, ma io so che l’acondroplasia è dominante, quindi devo subito pensare che si tratti di mosaicismo. L’unica cosa che si può fare è, una volta individuata la mutazione del primo figlio, escludere che il feto presenti la stessa mutazione nelle successive gravidanze. Il gene responsabile è il recettore FGFR3, espresso ad alti livelli sulla membrana cellulare dei condrociti negli abbozzi cartilaginei delle ossa. Normalmente il legame con il ligando stimola la maturazione della cellula, facendone cessare la proliferazione. Le mutazioni di FGFR3 responsabili di acondroplasia fanno sì che il recettore sia sempre attivato, anche quando non c’è il suo ligando, cosa che compromette la normale maturazione delle ossa.

ECCEZIONI RIGUARDANTI L’EREDITARIETÀ’ X-LINKED Una donna può essere affetta da una patologia recessiva legata all’X solo quando è figlia di un uomo malato e di una donna portatrice (deve essere omozigote).

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Lyonizzazione sbilanciata

Nella prima famiglia c’è un maschio ammalato perché ha ricevuto l’allele malattia, un maschio sano e una figlia malata perché ha ricevuto due alleli alterati; nel secondo caso, il padre è sano e la madre portatrice, quindi il maschio che riceve l’allele mutato sviluppa la patologia, ma anche la femmina è malata, perché?  sindrome di Turner: ha una sola X, in particolare solo quella malata ereditata dalla madre. Questa è una concomitanza di eventi rara; in questo caso sviluppa la malattia anche se ha un solo X malato. Nella terza famiglia, la figlia malata è eterozigote come la madre, ma manifesta la malattia diversamente dal genitore: ciò è dovuto all’inattivazione dell’X  fenomeno della LYONIZZAZIONE SBILANCIATA: negli individui normali in seguito a Lyonizzazione sia gli individui maschi che le femmine hanno un solo X attivo per cellula. Questo processo di compensazione di dose tende a compensare gli effetti di copie multiple di geni legati alla X (“compensazione di dose”). Responsabile dell’inattivazione della X è il gene XIST che viene espresso esclusivamente dal cromosoma X inattivo. Tutte le donne quindi sono un mosaico composto da circa il 50% di cellule in cui è inattivato il cromosoma X paterno e un 50% in cui è inattivato il cromosoma X materno: questo fenomeno fu scoperta da una ricercatrice di nome Lyon. Talvolta si può andare incontro a una lyonizzazione sbilanciata  donne che inattivano per esempio il 90% di un cromosoma X e solo il 10% dell’altro: se il cromosoma X attivo nella maggior parte delle cellule porta un gene-malattia la donna può manifestare i segni clinici di quella patologia. Se si osservano nuclei di cellule femminili normali XX si osserva una massa di cromatina fortemente condensata che non è presente nei nuclei delle cellule maschili normali XY. Si tratta del corpo di Barr e rappresenta un cromosoma X altamente condensato e quindi inattivo. Questo fenomeno è stato studiato da Mary Lyon e pertanto è detto “LYONIZZAZIONE”. I postulati sono: a) Il corpo di Barr è un cromosoma geneticamente inattivo. b) L’inattivazione avviene circa al 16° giorno dopo la fecondazione. c) Il cromosoma X che viene inattivato è scelto a caso tra i cromosomi X materno e paterno, secondo un processo indipendente da cellula a cellula (una volta che un cromosoma X è inattivato in una cellula, tutta la progenie cellulare eredita lo stesso tipo di inattivazione). d) Il numero di corpi di Barr, e perciò di cromosomi X inattivati, è uguale al totale dei cromosomi X – 1 (una volta il conteggio dei corpi di Barr veniva utilizzato per diagnosticare le aneuploidie che interessano i cromosomi sessuali). Test di Humara  test che si usa per valutare la lyonizzazione: viene utilizzato il promoter del gene Humara (Human Androgen-Receptor) che contiene una regione polimorfica (CA-repeat). Normalmente nella regione promotrice ci sono isole CpG che vengono metilate per inattivare l’espressione di quel gene: ci sono degli enzimi di restrizione che sono sensibili alle metilasi (se c’è 15

una metilazione, non tagliano più) ed enzimi insensibili alle metilasi. Quindi, se digeriamo il DNA di una femmina con l’enzima HPA2, questo non taglierà le regioni metilate, mentre taglierà solo le regioni non metilate; mentre, se si utilizza l’enzima MSP1, questo taglierà tutte le regioni in cui riconosce la sua specifica sequenza, che siano metilate o meno.

A monte del polimorfismo c’è una sequenza specifica riconosciuta da entrambi gli enzimi: nel riquadro ci sono due donne, una con inattivazione sbilanciata e l’altra con inattivazione bilanciata random. Quando faccio il genomico, non rilevo nulla, perché in entrambe ho due picchi, uno un po’ più grande e uno un po’ più piccolo. Se digerisco il DNA con MSP1 verrà digerito tutto e non vedrò nulla; ma se digerisco con HPA2, verrà digerito solo il cromosoma X in cui il gene non è metilato, cioè la copia attiva, mentre non riuscirà a digerire la copia inattiva. Nel primo caso, è evidente lo sbilanciamento a favore di una delle due copie dell’X. Talvolta, quando c’è un difetto genetico importante sul cromosoma X, si ha un’inattivazione sbilanciata che tutela la donna dall’insorgenza di quella malattia: questo è ciò che accade normalmente nei casi di TRASLOCAZIONI X-AUTOSOMICHE. X

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Le traslocazioni possono avvenire anche tra un cromosoma X e un autosoma. Quando non c’è perdita di materiale genetico, si parla di “traslocazione bilanciata”: donne portatrici di traslocazioni X bilanciate, al momento dell’inattivazione dell’X inattiveranno porzioni dell’autosoma traslocato, mentre presenteranno doppia copia di alcuni geni dell’X (di quelli traslocati sull’autosoma). Queste cellule sono sfavorite rispetto alle altre cellule e muoiono: nelle donne adulte troveremo un’inattivazione sbilanciata a favore delle cellule che hanno attivo il cromosoma X traslocato, poiché in questo modo non si andrà ad inattivare una parte dell’autosoma e i geni dell’X saranno in singola copia. 16

In questi casi, se il punto di rottura della traslocazione interessa un gene, quella donna manifesterà una malattia X-linked recessiva per un’inattivazione sbilanciata  primo esempio sopra: la rottura a livello del cromosoma X rompeva il gene per la distrofia di Duchenne (cromosoma attivo in tutte le cellule era appunto quello traslocato, come sempre, che presentava il gene interrotto e quindi non funzionante in tutte le cellule). Per certi caratteri, l’assenza di un allele normale è letale prima della nascita. Per caratteri X-Linked con questa caratteristica i maschi non nascono e solo le femmine sono affette: tra queste vi sono - incontinentia pigmenti - Goltz Syndrome o Focal Dermal Hypoplasia - Sindrome di Rett - Sindrome craniofrontonasale Sindrome craniofrontonasale  patologia particolare, con alterato sviluppo del massiccio craniofacciale con marcato ipertelorismo, rime palpebrali rivolte verso l’alto, solco sulla punta del naso, anomalie del corpo calloso, anomalie ungueali, possono mostrare un lieve ritardo mentale. Questa malattia si manifesta nelle donne portatrici e non nei maschi malati.

L’albero mostra questo tipo di segregazione: la nonna ammalata ha trasmesso l’X malato sia al figlio (sano) che alla figlia (malata) e ovviamente tutte le figlie del maschio portatore saranno malate. Bisogna prestare attenzione perché la trasmissione avviene completamente al contrario delle patologie X-linked classiche. Ancora non si sa bene perché le femmine siano malate e i maschi poco affetti, ma l’ipotesi è che la proteina non funzionante crei più danni in presenza di un 50% di proteine sane, da una sorta d’interazione tra le due.

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17-25/11/2011 Sindrome di Angelman  grave ritardo mentale, non parlano, hanno microbrachicefalia, bocca larga con lingua protrudente, denti spaziati, capelli biondi (65%). Hanno difficoltà a camminare (atassia) e compiono movimenti stereotipati e ripetitivi, hanno crisi epilettiche e alterazioni specifiche all’EEG. Sindrome di Prader-Willi  ampia variabilità nell’espressione e nella severità della malattia: alla nascita questi bimbi hanno come caratteristica principale un’ipotonia importante che diminuisce col tempo. L’altezza alla nascita è normale e diminuisce a partire dai primi due mesi di vita; presentano obesità, rima palpebrale rivolta verso il basso, strabismo, ridotto diametro bifrontale, mani e piedi piccoli, ipogonadismo, ritardo mentale variabile (da medio a grave), problemi comportamentali soprattutto riguardo al cibo (non sono mai sazi) caratteristici. Si tratta quindi di due malattie completamente diverse: ma da un punto di vista molecolare, con la metodica FISH si vede un’identica delezione sul braccio lungo del cromosoma 15  mancanza della stessa porzione di DNA provoca due sindromi diverse. Dipende dall’IMPRINTING GENOMICO: dipende dall’origine parentale, cioè se la delezione avviene sul cromosoma 15 paterno, si avrà la sindrome di Prader-Willi, mentre se avviene sul cromosoma 15 materno, si avrà la sindrome di Angelman. Per un certo numero di geni autosomici l’espressione è monoallelica: i esprime solo la copia ereditata dal padre o solo quella ereditata dalla madre. L’imprinting descrive differenze nell’espressione di alleli paterni e materni di certi geni autosomici nei mammiferi; per la stragrande maggioranza dei geni, l’espressione di un allele non dipende dall’origine materna o paterna dello stesso (espressione biallelica). Tuttavia per alcuni geni l’espressione dipende dalla loro origine materna o paterna, e tutto questo va sotto il nome di imprinting genomico. Talvolta l’imprinting può essere legato alla trasmissione di alcune patologie e quindi costituisce un’eccezione all’ereditarietà mendeliana (modalità di trasmissione molto più complessa). Quando l’imprinting può creare un problema?  quando alcuni geni sottoposti a imprinting genomico vengono deleti Sapevamo che l’espressione di un dato gene può dipendere dal background genetico o dall’influenza dell’ambiente, ma non si era mai pensato che essa potesse anche dipendere dall’origine parentale. Alcune osservazioni hanno fatto pensare a tutto questo:  Embrioni di topo manipolati in modo da possedere una copia del genoma materno o paterno non si sviluppano sebbene posseggano un numero diploide di cromosomi.  Aborti umani triploidi sono fenotipicamente differenti e queste differenze dipende dall’origine materna o paterna del genoma in più.  Certi caratteri autosomici dominanti si manifestano solo quando ereditati dal padre o dalla madre. L’imprinting sembra agire a livello trascrizionale: il meccanismo sembra coinvolgere la metilazione del DNA, ma i dettagli sono complessi e non ancora compresi fino in fondo 18



Il cromosoma rappresentato nel disegno presenta due loci: A sul braccio corto e B sul braccio lungo: nel gamete maschile, il locus B è sottoposto a imprinting genomico paterno (spento) e A no, mentre nel gamete femminile, il locus A è sottoposto a imprinting genomico materno e B no. Quindi è fondamentale che i geni sottoposti a imprinting paterno vengano ricevuti in copia intatta dalla madre e viceversa. Nella progenie maschile, durante la spermatogenesi, in qualche modo, un meccanismo riorganizza l’imprinting in modo da trasmettere sempre il locus B spento e il locus A attivo: viceversa accade nella progenie femminile. Perciò ci sono meccanismi complessi che riconoscono i geni sottoposti a imprinting. Le patologie legate all’imprinting vengono trasmesse nel seguente modo: IMPRINTING MATERNO  malattia trasmessa attraverso il padre IMPRINTING PATERNO  malattia trasmessa attraverso la madre Esempio (imprinting paterno): Legend unaffected individual

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Angelman Syndrome fetus mutation carrier miscarriage

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Una signora incinta di un feto di sesso maschile va in consulenza perché ha una sorella con tre figli, di cui i due maschi affetti da un grave ritardo mentale  pensava a un difetto legato all’X I figli della sorella erano affetti da sindrome di Angelman: patologia di origine soprattutto sporadica per delezione di parte del cromosoma 15  UBE3A è il gene sottoposto a imprinting paterno che, se manca la copia materna o è alterata, può dare la sindrome. I due individui hanno ricevuto dalla madre una copia di UBE3A con una mutazione: pertanto, siccome il gene è sottoposto a imprinting paterno, tutte le copie ricevute dal padre sono inattive, la 19

copia della madre è alterata e quindi presentano la malattia. La figlia non è malata perché ha ricevuto la copia sana: la madre non è ammalata perché la copia mutata era quella paterna, che le era stata trasmessa con l’imprinting, e quindi spenta. Anche il nonno aveva la copia mutata silenziata perché ricevuta dal padre. La signora aveva ricevuto dalla madre la copia sana e quindi stava bene, ma dal padre aveva ricevuto la copia mutata silenziata, ed era quindi a rischio di trasmissione.

DISOMIA UNIPARENTALE  talvolta le cellule possono mostrare un corredo cromosomico diploide normale (46 XX; 46 XY), ma in realtà possono mascherare un ineguale contributo paterno e/o materno: il caso estremo è rappresentato dalla “diploidia uniparentale” dove tutti i cromosomi derivano da un singolo genitore. Una diploidia uniparentale comporta un mancato sviluppo embrionale nell’uomo. La “mola idatiforme” rappresenta uno zigote con apparente corredo cromosomico 46 XX che non sviluppa l’embrione. L’epitelio trofoblastico può trasformarsi in coriocarcinoma. Dipende da una diploidia parentale paterna. Il “teratoma ovarico”, al contrario, è rappresentato da una massa disorganizzata di tessuti embrionali senza presenza di annessi extra-embrionali. Dipende da una diploidia uniparentale materna. Più spesso i casi di disomia riguardano un singolo cromosoma (uniparentale), che può essere:  ETERODISOMIA: se si hanno due copie dei cromosomi paterni o materni

 ISODISOMIA: se si hanno due copie dello stesso cromosoma paterno o materno

Com’è possibile?  può essere dovuta ad un embrione trisomico (mancata separazione in meiosi) per un certo cromosoma che perde una copia di tale cromosoma per restaurare un assetto cromosomico diploide normale compatibile con la vita. Potrebbe essere dovuta ad una pressione selettiva su di un embrione monosomico, determinando così la duplicazione del cromosoma in singola copia per avere un normale embrione diploide. Può causare malattie legate all’imprinting (esempio: riceve due copie materne di un gene con imprinting materno, anche se non sono mutate, esprimerà la patologia perché non ha copie attive) e patologie autosomiche recessive.

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Ciascuno di noi ha due cromosomi 15, uno di origine paterna e uno di origine materna: il pallino segna il centro che stabilisce l’imprinting, il quadrato rappresenta i geni responsabili della PraderWilli, mentre il triangolo rappresenta UBE3A. I geni anneriti sono quelli sottoposti a imprinting e quindi spenti. Entrambe le sindromi sono dovute a delezioni su quel tratto di cromosoma 15 o per disomia uniparentale: ciò che determina una o l’altra sindrome è qual è il cromosoma alterato.

DNA MITOCONDRIALE

Ciò che noi vediamo è il fenotipo: nell’albero 1 a un certo punto compaiono due individui ammalati, apparentemente senza spiegazione. Ma se si analizza il genotipo, si vede che c’è una lunga serie di individui che mostrano mutazioni a livello dell’mtDNA (M=muscolo, B=sangue), ma il fenotipo si esplicita solo negli ultimi due individui dove le quote di mtDNA mutato superano una cera SOGLIA  le malattie dovute al DNA mitocondriale sono tutte malattie a soglia, devono superare una determinata quantità di mtDNA mutato per manifestarsi. 21

Può creare confusione, perché può essere scambiato per una patologia recessiva: in realtà è una trasmissione matrilineare, dove vengono trasmesse molecole di mtDNA mutato che sviluppano la patologia solo se superano una certa quantità.

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CARATTERISTICHE DELL’mtDNA:  POLIPLASMIA: in ogni cellula sono presenti molti mitocondri ed ogni mitocondrio contiene multiple copie del suo genoma (eccetto piastrine e ovulo non fertilizzato)  migliaia di copie mtDNA per cellula. Durante la divisione cellulare i mitocondri vengono distribuiti casualmente alle cellule figlie e quindi la genetica mitocondriale è più simile alla genetica di popolazione che alla genetica mendeliana.  ETEROPLASMIA: in tessuti normali tutte le copie di mtDNA sono identiche  omoplasmia. Nel caso di una mutazione del mtDNA questa può colpire tutte le copie oppure essere presente solo in una percentuale di genomi  eteroplasmia. Generalmente i polimorfismi neutrali sono omoplasmici mentre la maggior parte delle mutazioni-malattia sono eteroplasmiche  eteroplasmia cellulare o mitocondriale?  EFFETTO SOGLIA: l’espressione clinica delle mutazioni del mtDNA è determinata dalla relativa proporzione wild type/mutato in un determinato tessuto; è necessario un numero minimo di copie per danneggiare il metabolismo energetico di un determinato organo o tessuto (valore relativo e non assoluto) (SNC, cuore, muscolo, rene e ghiandole esocrine) (bilancio energetico).  SEGREGAZIONE MITOTICA: durante la divisione cellulare la proporzione di genomi mutati può variare per deriva nelle cellule figlie, con conseguente cambiamento fenotipico.  EREDITA’ MATERNA: virtualmente tutti i mitocondri dello zigote derivano dall’oocita e perciò la modalità di trasmissione delle mutazioni mitocondriali differisce dalla trasmissione mendeliana classica: madre portatrice  trasmissione a tutta la progenie, ma solo le figlie femmine possono trasmettere la mutazione ai loro figli. Eteroplasmia + effetto dose  eccezioni fenotipiche all’eredità matrilineare.  CODICE GENETICO “PRIVATO”: una particolarità del codice genetico mitocondriale sta nel fatto che esso è leggermente diverso da quello comunemente noto. Il codone UGA, normalmente codone di stop, codifica per il triptofano. I vertebrati, inoltre, usano la sequenza AUA (e l'uomo anche AUU) per codificare la metionina (e non l'isoleucina) mentre AGA ed AGG funzionano come codoni di stop. Si è visto, inoltre, che tra specie diverse vi possono essere differenze nel codice mitocondriale che, di conseguenza, non è uguale per tutti.

Difetti dell’mtDNA possono essere dovuti a:  sostituzioni nucleotidiche  delezioni  inserzioni

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Sostituzioni nucleotidiche  generalmente associate a patologie neurologiche ed oftalmologiche Leber’s Hereditary Optic Neuropathy (LHON) Cecità ad insorgenza tardiva dovuta alla morte del nervo ottico  è generalmente determinata da un cambio arg-his (np 11778) nel gene ND4 presente in omoplasmia nella maggioranza dei pazienti, ma può essere determinata da numerose altra mutazioni a carico dei complessi per il trasporto degli elettroni, talora anche in combinazione: la probabilità di cecità aumenta negli individui con mutazioni più gravi o nella combinazione di mutazioni diverse. Neurogenic muscle weakness, Ataxia and Retinite Pigmentosa (NARP) Retinite pigmentosa, atassia, convulsioni, demenza, debolezza muscoli prossimali di origine neurogena, neuropatia sensitiva e ritardo nello sviluppo  è determinata da un cambio leu-arg (np 8993) nell’ATPasi6; tale mutazione è sempre presente in eteroplasmia e la gravità dei sintomi è correlata alla percentuale del DNA mutante.

Fosforilazione ossidativa (GENI OXPHOS): la via metabolica mitocondriale per la produzione dell’energia necessaria alla cellula è composta da 5 complessi enzimatici le cui subunità sono codificate sia da geni mitocondriali sia da geni nucleari. I complessi I-IV permettono il trasporto di elettroni dal NADH + H+ e dal FADH2 fino all’ossigeno, accettore finale della catena. Durante questo trasporto degli elettroni si ottiene un flusso di protoni dalla matrice mitocondriale verso la membrana mitocondriale interna: questo passaggio crea un gradiente elettrochimico che viene utilizzato dalla ATP sintetasi (complesso V) per sintetizzare ATP. La localizzazione nucleare di questi geni permette una regolazione tessuto-specifica del metabolismo energetico:  isoforme tessuto-specifiche  espressione variabile dei geni nei diversi tessuti e durante lo sviluppo.

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30/11/2011 PATOLOGIE CROMOSOMICHE Normalmente, le patologie cromosomiche sono situazioni sporadiche, ma in alcune famiglie si possono ripetere anomalie cromosomiche dovute ad alterazioni presenti nel DNA dei genitori. Lo studio dei cromosomi è detto CITOGENETICA.

Un cromosoma è una molecola di DNA compattata: fa due giri e mezzo attorno al nucleosoma, formando la cosiddetta “collana di perle”, poi si spiralizza ulteriormente fino all’immagine del cromosoma in metafase.

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Le malattie cromosomiche sono più complesse delle malattie geniche, poiché la perdita o la presenza in triplice copia di una porzione molto ampia di DNA causa l’alterazione di più geni o porzioni codificanti e quindi un quadro sindromico molto più complesso. L’esame del cariotipo è l’esame più semplice per l’indagine del genoma: si prendono poche gocce di sangue periferico e si mettono in terreno di coltura, dove viene stimolata la crescita dei linfociti: successivamente si aggiunge colchicina che inibisce le cellule in metafase. Si tratta la coltura con una sostanza ipotonica (KCl), poi si fissa il tutto su vetrino con una soluzione di 3 a 1 di metanolo e acido acetico  il tutto richiede solo 3-4 giorni In seguito si bandeggiano: ci sono varie metodiche di bandeggio, quello con tripsina e Giemsa è quello più usato (detto bandeggio G, mentre il bandeggio R in pratica è il negativo del G). In passato, a questo punto si fotografavano al microscopio ottico i cromosomi in metafase, che venivano poi ritagliati e appaiati col proprio omologo seguendo le dimensioni e il bandeggio. Oggi, la metafase viene acquisita dalla fotocamera e ci sono programmi che riallineano i cromosomi tra di loro: l’operatore deve controllare che l’allineamento sia corretto e che non vi siano anomalie nel numero o nella struttura dei cromosomi.

Classificazione delle anomalie cromosomiche:  COSTITUZIONALI: presenti in tutte le cellule dell’organismo, presenti fin dal concepimento in uno dei due gameti o nelle prime fasi di sviluppo  SOMATICHE: sono mutazioni post-zigotiche, a seconda del momento in cui avvengono possono interessare molti tessuti o anche uno solo (mosaicismo genetico)  DI NUMERO: aneuploidie (monosomie, trisomie), poliploidie (numero di cromosomi è pari a un multiplo del numero n aploide: triploidia, tetraploidia)  DI STRUTTURA: traslocazioni, inversioni, delezioni, duplicazioni.

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Le cause di aneuploidia possono essere:  mancata separazione dei cromosomi alla prima o alla seconda divisione meiotica: incapacità di cromosomi separati di appaiarsi durante la prima divisione meiotica, o dei cromatidi fratelli appaiati di separarsi nella seconda divisione meiotica. I due cromosomi o cromatidi congiunti migrano ad un polo e vengono inclusi in una sola cellula figlia, mentre l’altra avrà materiale genetico in meno  ritardo nell’anafase: ritardata migrazione del cromosoma durante l’anafase, conseguente perdita del cromosoma. Mancata incorporazione di un cromosoma nel nucleo di una delle cellule figlie

Le anomalie di struttura dei cromosomi possono essere bilanciate o sbilanciate: BILANCIATE: nella maggioranza dei casi non sono correlate a un fenotipo anomalo perché non c’è acquisizione o perdita di materiale genetica. SBILANCIATE: correlate a fenotipo anomalo (malformazioni o ritardo mentale) e tanto più è grave lo sbilanciamento tanto più grave sarà il fenotipo. Se uno sbilanciamento è consistente, può causare aborto precoce. Esempio:

Si contano 45 cromosomi: le monosomie costituzionali sono incompatibili con la vita, solo la monosomia X, Sindrome di Turner, è compatibile con la vita. In realtà, è un cariotipo bilanciato: il cromosoma 21 è traslocato sul cromosoma 14, quindi non c’è stata realmente perdita di materiale genetico  si tratta di una traslocazione Robertsoniana: si tratta di traslocazioni che interessano i cromosomi acrocentrici (13, 14, 15, 21, 22) sono cromosomi che hanno il centromero spostato ad una estremità. In questo caso, le braccia corte di questi cromosomi non sono altro che DNA ripetitivo, DNA satellitare, che contiene porzioni non importanti del nostro genoma: può accadere che due cromosomi acrocentrici perdano le braccia corte, dove non c’è materiale genetico rilevante, e si fondano per il centromero, a dare quello che appare come un unico cromosoma (come in questo caso).

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Esempio:

In questo caso, contiamo 46 cromosomi: in realtà è sbilanciato, con una trisomia 21 in cui il terzo cromosoma 21 si trova sul cromosoma 14. Quindi, il bilanciamento o lo sbilanciamento non si riferiscono tanto al numero di cromosomi, ma alla perdita o all’acquisizione di materiale genetico.

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Nel caso di inversione, può accadere che: 1. la rottura sia sullo stesso braccio del cromosoma: se quel tratto si inverte, di parla di INVERSIONE PARACENTRICA, inversione che non interessa il centromero. Altre volte succede che viene perso il frammento di DNA e avviene una DELEZIONE INTERSTIZIALE (il frammento non avendo centromero viene perso durante la meiosi) 2. la rottura comprenda il centromero (un punto di rottura sul braccio corto e uno sul braccio lungo): in questo caso, si parla di INVERSIONE PERICENTRICA. Può accadere che vengano perse le pozioni terminali del cromosoma: la porzione centrale, che non ha i telomeri, si chiude a formare il CROMOSOMA AD ANELLO (spesso correlato a patologie gravi perché si perdono pezzi importanti di genoma).

La gravità delle patologie cromosomiche è correlata al tipo di cromosoma coinvolto e alla quantità di geni interessati: quindi più grave è lo sbilanciamento, tanto più precoce sarà l’interruzione di gravidanza. Nei casi di anomalie bilanciate, il problema non si pone per il soggetto portatore, ma per la sua discendenza. Un’anomalia bilanciata può causare un problema in colui che la porta quando per esempio avviene una traslocazione reciproca: quell’individuo può presentare un quadro fenotipo quando i punti di rottura interessano una sequenza genica, un gene che determina una patologia dominante (gene sensibile all’aploinsufficienza), oppure quando la traslocazione determina un “effetto di posizione”, cioè porta il gene in una regione trascrizionalmente inattiva, oppure quando si forma un gene chimerico. Nella maggior parte dei casi la traslocazione cade in porzioni di genoma non codificanti e quindi non si manifesta. Se troviamo in un feto la stessa traslocazione presente nel genitore (che presenta un fenotipo normale) il rischio di ricorrenza è molto basso, ci aspettiamo che anche nel figlio non ci siano manifestazioni fenotipiche: se invece la traslocazione è ex novo, c’è il rischio di un quadro clinico (il rischio di un’anomalia è quantificato in un 3,5 per punto di rottura in più). Esempio:

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L’anomalia nel genitore non si presenta perché è tutto bilanciato: alla meiosi, i cromosomi si dividono e formano gameti con:  entrambi i cromosomi sani  entrambi i cromosomi con la traslocazione In questi due casi, il genoma sarà bilanciato (un individuo sarà completamente sano e l’altro sarà portatore della medesima anomalia del genitore). Quando tuttavia si forma un gamete con un cromosoma integro e uno dei due traslocati, si avrà sempre una porzione in più di un cromosoma e una di meno dell’altro (parziale trisomia e parziale monosomia): queste sono situazioni di sbilanciamento. Le due situazioni di sbilanciamento sono genotipicamente e fenotipicamente diverse e di conseguenza possono dare patologie diverse e ricorrenti all’interno della stessa famiglia. Esempio:

Anche per quanto riguarda le traslocazioni Robertsoniane è importante dare il rischio di ricorrenza alla famiglia: se per esempio nasce un figlio con sindrome di Down, è importante verificare il cariotipo di questo bimbo, perché nella maggior parte dei casi si tratta di una trisomia libera e omogenea dovuta a una non disgiunzione (più frequentemente nella prima meiosi materna, per fattori ancora non ben conosciuti), ma dobbiamo essere sicuri che uno dei due genitori non sia in realtà portatore di una traslocazione Robertsoniana, come nel caso dell’esempio (14-21). L’individuo portatore è sano perché è bilanciato: come prima, il problema si ha alla meiosi. La frequenza delle anomalie cromosomiche è direttamente correlata con l’età materna e inversamente proporzionale all’epoca gestazionale (cioè, se una gravidanza arriva a termine è più improbabile che vi sia un’anomalia cromosomica, perché normalmente un’anomalia determina un’interruzione precoce della gravidanza). A 30 anni, il rischio di avere un figlio con Sindrome di Down è 1/1000: a 40 anni, 1/100. Il numero di anomalie cromosomiche alla nascita è un po’ inferiore all’1%: se facciamo il cariotipo 32

fetale, escludiamo uno 0,65% circa, cioè si escludono le anomalie cromosomiche più frequenti e che si possono vedere.

Bimbi con Sindrome di Down nati da donne con età diversa: i figli di donne oltre i 40 anni, per il 97% sono affetti da trisomia 21 omogenea, dovuta a non disgiunzione, quindi correlati all’età materna, il 2% da una situazione a mosaico (germinali o somatici: ci sono persone che hanno il 2/3% di cellule con trisomia e non manifestano nessun sintomo) e l’1% da traslocazione. Viceversa, i bimbi Down che nascono da ragazze di età inferiore a 20 anni, il 15% ha rischio di ricorrenza (mosaicismi + traslocazioni): questo è importante per calcolare il rischio di ricorrenza di Sindrome di Down in una famiglia, poiché se c’è una traslocazione o un mosaicismo in uno dei genitori c’è un rischio concreto che l’anomalia si ripresenti. Anche se la diagnosi della Sindrome di Down è clinica, è comunque importante stabilire il cariotipo per capire come si è presentata l’anomalia, cioè se è una trisomia libera ed omogenea o se è dovuta a traslocazione Robertsoniana o mosaicismo, poiché questo dopo cambia il rischio di ricorrenza nella famiglia.

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In ogni caso, la maggior parte di questi feti viene abortita spontaneamente:

Sindrome di Edwards (trisomia 18): malattia genetica rara che si manifesta con una frequenza di 1:7.000. I nati vivi sono prevalentemente femmine (per una possibile maggiore incidenza di aborti spontanei tra i maschi affetti), e la frequenza della patologia aumenta all'aumentare dell'età della madre. Viene anche chiamata trisomia 18 poiché il cariotipo di questi individui presenta tre cromosomi 18 invece di due, è dunque un'aneuploidia. Nell'80% dei casi è dovuta a trisomia libera, causata da una non disgiunzione meiotica per lo più materna; nel 10-15% è dovuta a una nondisgiunzione post zigotica con presenza di mosaicismo; nel 5-10% è dovuta a traslocazione robertsoniana.

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La sindrome si manifesta con malformazioni congenite multiple in quasi tutti gli organi, ciclopia, ritardo generale di sviluppo, anche durante la gravidanza e, se sopravvivono, ritardo sviluppo psicomotorio; ipotonia muscolare; pugno chiuso con indice sovrapposto al medio (a uncino); micrognazia (mento piccolo); impianto basso dei padiglioni auricolari; malformazioni cardiache e renali, dermatoglifi specifici, piede equino. Un segno malformativo evidente in epoca prenatale quale l'onfalocele (malformazione congenita grave nella quale i visceri addominali protrudono all'interno di una sacca membranosa attraverso un difetto della parete addominale, generalmente sott’ombelicale), può costituire un marcatore della trisomia 18 e rende opportuno lo studio del cariotipo fetale. Il 90% dei bambini affetti muore nei primi sei mesi di vita per problemi cardiaci.

Sindrome di Patau (trisomia 13): malattia genetica molto rara con frequenza 1/5000, 1/20000 bambini nati, colpendo per lo più femmine. Il cariotipo dell'individuo che ne è affetto presenta tre copie del cromosoma 13 invece delle normali due. Le anomalie fenotipiche sono numerose: labioschisi e palatoschisi, polidattilia (dita delle mani e dei piedi in soprannumero), occhi piccoli, ritardo psico-motorio, cardiopatia, encefalopatia, anoftalmia, criptoftalmia o ciclopia. La maggior parte degli individui muore entro i primi tre mesi di vita. Provoca danni al sistema nervoso centrale ed all'apparato cardiaco.

Sindrome di Turner: nota anche come disgenesia gonadica, è una patologia che interessa esclusivamente soggetti di sesso femminile dovuta a un’anomalia del cromosoma sessuale X. L’incidenza è di 1 femmina su 2500 nate. Nella gran parte dei casi è causata dall’assenza di un intero cromosoma X in ciascuna cellula dell’organismo che normalmente, nei soggetti di sesso femminile, ne possiede due, più raramente sono riscontrabili forme a mosaico (il cromosoma è assente solo in alcune cellule mentre in altre è presente in duplice copia) e forme causate da anomalie cromosomiche strutturali nelle quali uno dei due cromosomi X risulta in qualche modo danneggiato. La Sindrome si manifesta in modo più sfumato in quei soggetti che presentano forme a mosaico o causate da alterazioni strutturali, mentre è più evidente nelle forme dovute a monosomia completa del cromosoma X. Le manifestazioni cliniche includono tipicamente bassa statura, 1,45 m in media, torace a scudo (gabbia toracica ampia e piatta), collo corto, gomito valgo, gonfiore di piedi e mani (linfedema periferico), caratteri sessuali secondari poco sviluppati a causa di anomalie ovariche che comportano una carente produzione di estrogeni. Le donne affette da Sindrome di Turner presentano inoltre amenorrea primaria (assenza del ciclo mestruale) o menopausa precoce. Meno dell’1% è in grado di procreare.

Sindrome di Klinefelter: frequente disordine cromosomico causato dalla presenza di un cromosoma X in soprannumero, omogenea o in mosaico. L'incidenza di questa condizione è stimata 35

pari a circa 1:700 nati vivi di sesso maschile. Tra i soggetti affetti nella popolazione generale, attualmente solo un quarto viene diagnosticato. Circa il 10% dei casi di Klinefelter ha diagnosi prenatale. Le prime caratteristiche cliniche possono comparire nella prima infanzia o, più spesso, durante la pubertà, come il mancato sviluppo dei caratteri sessuali secondari, la microrchidia e l'aspermatogenesi. La tendenza all'alta statura è difficilmente diagnosticabile durante la pubertà. Nonostante la presenza di testicoli piccoli, solo un quarto di maschi affetti sono riconosciuti alla pubertà. Il 25% viene diagnostica tardivamente in età adulta. Si stima che circa il 64% degli individui affetti non vengano riconosciuti come tali. L'analisi dei cromosomi sui linfociti è lo standard genetico di diagnosi. In passato si osservava il corpo di Barr. Per confermare il mosaicismo si usano anche fibroblasti cutanei o tessuto testicolare Diversamente da altre sindromi da polisomia dell'X che presentano ritardo mentale con una prevalenza più alta, nella sindrome di Klinefelter solo il 10% presenta un ritardo mentale. I problemi cognitivi sono meno pervasivi e più selettivi. Sul piano neurologico, la sindrome di Klinefelter è associata a ridotto sviluppo del linguaggio, con problemi di espressività, anomia (difficoltà a trovare i termini esatti con cui esprimersi), disartria (difficoltà ad articolare parole). Sul piano comportamentale si possono riscontrare immaturità, poca sicurezza, timidezza.

La triploidia è un’anomalia che si verifica quando c’è un errore nella fertilizzazione:  2 contributi materni  2 contributi paterni Il cariotipo che ne deriva può essere:  69, XXX  69, XXY  69, XYY La causa della formazione di questi cariotipi aberranti è dovuta ad un difetto di fertilizzazione, come ad esempio la formazione dello zigote a partire da ovuli aploidi e spermatozoi diploidi. In caso di concepimento di un feto con sindrome da triploidia la gravidanza è complicata da fenomeni emorragici, gestosi, polidramnios o oligoamnios. I casi che giungono alla nascita mostrano basso peso, prematurità, oltre che una pletora di dismorfismi tra cui asimmetrie cranio-facciali, difetti di ossificazione cranica, microftalmia, sindattilia del terzo e quarto dito.

Sindrome di Smith-Magenis: sindrome genetica che si manifesta con anomalie comportamentali e disordini dello sviluppo. La SMS è causata da una microdelezione a livello del braccio corto del cromosoma 17 (17p11.2) con conseguente aploinsufficienza del prodotto genico di RAI1; mutazioni del gene inattivi possono produrre lo stesso effetto della microdelezione. La SMS deve essere dunque considerato con una sindrome clinica dovuta ad un disordine monogenico come la sindrome di Angelman.

Che cosa succede quando il cariotipo non ce la fa? Può accadere che non si riesca a trovare le anomalie con l’esame del cariotipo: le anomalie cromosomiche possono essere evidenziate dal cariotipo standard solo se interessano porzioni molto ampie del cromosoma  delezioni, duplicazioni al di sotto delle 3-5 Megabasi possono non essere evidenziate con il normale esame del cariotipo. 36

Dobbiamo studiare porzioni più piccole del DNA  citogenetica molecolare: mette insieme le metodiche standard di citogenetica assieme alle metodiche di biologia molecolare per studiare porzioni di cromosoma. Permette un’analisi mirata di una regione cromosomica, consentendo così di mettere in evidenza riarrangiamenti di alcune centinaia di kilobasi (es: FISH, PRINS, PCR in situ, CGH).

01/12/2011 Quando non riusciamo a determinare la presenza di un’anomalia cromosomica in un bimbo con un ritardo mentale sindromico, possiamo andare un po’ oltre tramite la metodica della citogenetica molecolare per andare a mettere in evidenza riarrangiamenti di alcune centinaia di kilobasi. Metodica FISH (fluorescence in situ hybridization): se abbiamo un probe, questo può essere marcato con molecole fluorescenti: denaturo i cromosomi in metafase, la sonda può attaccarsi alla sequenza complementare ed essere visto tramite microscopio a fluorescenza.  tecnica di ibridazione che permette, dopo fissazione di metafasi e nuclei in interfase su vetrino, di identificare sequenze specifiche negli acidi nucleici. Tale identificazione avviene mediante sonde marcate in maniera non isotopica, impiegando fluorocromi che emettono a diverse lunghezze d’onda.

marcatura della sonda

denaturazione della sonda

nucleotidi biotinilati sonda biotinilata

ibridazione

sonda ibridata al DNA cromosomico

cromosomi denaturati

visualizzazione al microscopio

avidina fluorescinata cromosomi con sonda fluorescinata

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cromosomi con segnali fluorescenti in corrispondenza del segmento di DNA riconosciuto dalla sonda

L’assenza del segnale determina l’assenza della regione  regione è deleta. Si utilizzano diverse tipologie di sonde: posso utilizzarle per studiare la cromatina pericentromerica e il centromero, i telomeri o regioni specifiche di eucromatina.

Tipi di sonde: 1) sonde di sequenze ripetute:  alfa satellite (sequenza caratteristica del centromero)  beta satellite  satelliti classici  telomeriche 2) sonde di sequenze uniche, specifiche del genoma:  DiGeroge  Prader-Willi  Williams  etc… 3) probe painting (sonde regione-specifiche per lo stesso cromosoma che legandosi tutte insieme danno l’impressione di averlo colorato completamente)

ABERRAZIONI

TIPI DI SONDE Sequenze ripetute

CROMOSOMICHE IDENTIFICABILI

- Trisomie - Monosomie

MATERIALE IMPIEGATO

Nuclei in interfase

- Riarrangiamenti

Painting

cromosomici - Identificazione di

Metafasi

cromosomi marcatori - Microdelezioni e

Sequenze uniche

duplicazioni - Riarrangiamenti

Metafasi e nuclei in interfase

cromosomici A seconda del probe che uso, posso studiare alcune situazioni in particolare  esempio: le sequenze ripetute posso utilizzarle per andare ad analizzare trisomia e monosomie, cioè vado a vedere quanti centromero ci sono di determinati cromosomi (alfa satelliti); il painting lo uso soprattutto per riarrangiamenti cromosomici o per identificare cromosomi marcatori; le sequenze uniche sono utilizzate per lo studio di microdelezioni e riarrangiamenti cromosomici, ma qua devo avere una indicazione clinica specifica.

38

Chromosome painting 

Mette in evidenza riarrangiamenti: vedo dove è traslocato un pezzo di cromosoma. (serve soprattutto per valutare se il figlio di un genitore con traslocazione bilanciata ha esattamente lo stesso quadro genotipo fenotipicamente silente o se è più complicato). Principali sindromi da microdelezioni 

LOCALIZZAZIONE CROMOSOMICA

SOGGETTI CON MICRODELEZIONE

Prader Willi/Angelman

15q11.13

70%

Williams

7q11.23

90%

DiGeorge/Velocardiofacciale

22q11.2

75%

Smith-Magenis

17p11.2

95%

Miller-Dieker

17p13.3

90%

SINDROME

DIAGNOSI DI ANEUPLOIDIE

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Con la FISH, utilizzando un probe che riconosce il centromero del cromosoma Y, un probe che riconosce una regione distale specifica del cromosoma 21 e un probe che riconosce il centromero del cromosoma X: in questo caso, si tratta di una femmina con trisomia 21  ho la risposta in 24 ore Sindrome di Williams  affetti hanno una facies caratteristica, presentano:  labbra carnose  iride stellata  problemi cardiaci  problemi psicologici  sono molto socievoli Presentano una delezione ricorrente di circa 180 kilobasi sul braccio lungo del cromosoma 7: si può utilizzare anche qui un probe specifico per vedere se quel tratto è presente o è deleto.

Si utilizzano due probe:  quello rosso specifico per la regione della sindrome  quello azzurro più distale: è un controllo interno, perché se utilizzassi solo il probe della sindrome di Williams e non vedessi il segnale, potrebbe anche essere un errore tecnico. Utilizzando il controllo interno mi assicuro che l’esperimento sia veramente riuscito. 40

Si vede un cromosoma 7 senza il segnale della sonda per la regione responsabile della sindrome di Williams, perciò il bambino è affetto.

Nella diagnosi di Prader-Willi si utilizzano tre probe: in questo caso si vedono tutti e tre i segnali, quindi non c’è stata delezione. Se si è ancora convinti che il bimbo sia affetto, si va a ricercare la disomia uniparentale materna.

I vantaggi della FISH sono molti:  rapidità  identificazione di microdelezione e riarrangiamenti complessi  diagnosi su nucleo Il problema con la FISH, a parte i costi, è che la diagnosi non è completa: con la FISH io studio solo una regione del genoma, non tutto il DNA in generale, quindi devo avere un sospetto diagnostico. Di recente si è fatto un ulteriore passo avanti  noi sappiamo che la parte distale dei nostri cromosomi ha sequenze comuni, famiglie complesse e sequenze uniche. Le regioni subtelomeriche delle sequenze uniche sono veramente ricche di isole CpG e di geni, tant’è che si pensa abbiano la più alta densità genica dell’intero genoma. Quindi si pensa che anomalie cromosomiche coinvolgenti queste aree possano essere associate ad anomalie fenotipiche e ritardo mentale. È stato recentemente dimostrato che il ritardo mentale può essere dovuto a riarrangiamenti cromosomici subtelomerici non evidenziabili con le classiche metodiche di citogenetica, ma solo con la citogenetica molecolare. 41

Perciò, quando non trovo anomalie riconducibili a sindromi come la Prader-Willi o altre con la FISH in un bambino con ritardo mentale, passo a studiare le regioni subtelomeriche delle sequenze uniche.

Visualizzazione delle sequenze subtelomeriche sul cromosoma 1 

Non si riscontrano problemi.

Visualizzazione delezione subtelomerica 2q 

Manca il segnale rosso sul secondo cromosoma: c’è un riarrangiamento subtelomerico della porzione terminale del braccio lungo del cromosoma 2. Più di 500 malattie genetiche sono associate a ritardo mentale:  Cromosomiche (Sindrome di Down, ecc.)  Monofattoriali (S. FraX, errori congeniti del metabolismo, ecc.)  Multifattoriali (craniostenosi, ecc.)  Riarrangiamenti criptici subtelomerici, si possono considerare alla base di circa il 7.4% dei casi di ritardo mentale idiopatico da moderato a severo e dello 0.5% dei casi di ritardo mentale lieve. In questi casi, si tratta quasi sempre di un ritardo mentale da 42

moderato a severo poiché, essendo regioni ricche in geni, molti geni vengono persi e quindi si ha un fenotipo più complesso rispetto a quello di un ritardo mentale lieve.

Ancora oggi tuttavia, molti bambini con ritardo mentale rimangono senza una diagnosi precisa: l’approccio alla citogenetica moderna è cambiato con un lavoro del 2004, in cui per prima cosa si è parlato di array-CGH (comparative genomic hybridization)  si vanno a ricercare riarrangiamenti piccoli del genoma senza nessuna indicazione, studiando in una sola volta tutto il genoma. In questa tecnica, si prende il DNA di controllo e lo si marca con un fluorocromo, poi si prende il DNA del paziente e lo si marca con un fluorocromo diverso: i due DNA vengono poi mischiati assieme. La miscela di DNA viene ibridata su array (vetrino) dove ci sono molti spot, ciascuno dei quali contiene una sequenza di circa 70 paia di basi del genoma (ci sono vetrini da 44.000 spot, da 105.000, da 200.000, etc.): questi frammenti di DNA spaziano su tutto il genoma. Così, andando a calcolare per tutti questi spot il rapporto tra le due fluorescenze, avrò che se io ho una delezione nel paziente ci sarà un segnale più basso rispetto alla media, mentre se nel paziente c’è una duplicazione otterrò un segnale più alto.

In pratica il genoma del paziente e un genoma di controllo vengono marcati con fluorocromi diversi e ibridati contemporaneamente su un vetrino, sul quale sono adese una serie di sonde oligonucleotidiche che coprono tutto il genoma. DNA di campione e controllo competono per le sonde e, valutando la fluorescenza, è possibile vedere se c’è un’abbondanza di uno rispetto all’altro, cioè se nel paziente c’è una delezione o una duplicazione. In particolare per ogni sonda viene valutato il logaritmo in base 2 del rapporto di fluorescenza tra Cy5(paziente) e Cy3(controllo). Se questo è 0 la regione è normale, cioè ha un numero di copie uguali nei due genomi. Se è diverso da 0 nella regione è presente un’alterazione; in particolare nella figura vediamo che il logaritmo è circa -1, indicando così la presenza di una delezione. Studiando con l’array-CGH paziente con dismorfismi, ritardi mentale e cariotipo normale troviamo quasi un 20% di bimbi con alterazioni. Vantaggi dell’array-CGH:  Indipendenza da cellule in divisione  Capacità di analizzare l’intero genoma in un esperimento  Elevata specificità, grande sensibilità e alta risoluzione  Brevi tempi di analisi Svantaggi:  Incapacità di rilevare riarrangiamenti bilanciati e poliploidie  Limitata abilità di individuare mosaicismi

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Si possono vedere alterazioni strutturali (delezioni, inversioni, duplicazioni, traslocazioni), da alcune centinaia di basi a diverse megabasi. Esempio: signore ha la moglie in gravidanza e va in consulenza per chiedere quale probabilità ha il figlio di avere un ritardo mentale, dato che due suoi fratelli e la madre erano affetti da questo disturbo

Si visitano la sorella e il fratello: con l’array-CGH si è trovata una duplicazione sul braccio corto del cromosoma X, ritrovata poi in altre donne con ritardo mentale. Queste erano persone adulte rimaste senza diagnosi per anni: trovata nuova alterazione causa di ritardo mentale con caratteristiche X-linked dominante.

Esempio: due sorelle gemelle presentano un fenotipo simile (lieve ritardo mentale, cardiomiopatia dilatativa): all’array-CGH è stata trovata una delezione di circa 6 megabasi sul cromosoma 9. La stessa delezione è stata riscontrata in un’altra ragazza con le stesse caratteristiche, delineando così una nuova sindrome da delezione del 9q.

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MALATTIE MULTIFATTORIALI I caratteri “quantitativi” o “continui” riguardano più individui e si possono misurare nella popolazione, ottenendone una distribuzione a curva di Gauss, come avviene per esempio per la misurazione della pressione arteriosa, dell’altezza, etc. 

Certi caratteri hanno l’ “effetto soglia”: situazioni su base multifattoriale determina una suscettibilità (sull’asse delle x nel grafico), specie per gli individui che si trovano agli estremi della curva  ad un’estremità ci saranno individui con una suscettibilità molto bassa (sono protetti), mentre dall’altra ci saranno gli individui affetti. Se si considerano i parenti di primo grado degli individui malati, la curva sarà traslata verso destra rispetto alla popolazione generale, perché appartenendo alla stessa famiglia condividono molti fattori di suscettibilità e così ci sarà un numero più alto di individui aldilà della soglia

Questo è il rischio di ricorrenza dei parenti di primo grado di soggetti ammalati, che è più alto rispetto alla popolazione generale.

IMPORTANZA DI FATTORI GENETICI NELLE PATOLOGIE MULTIFATTORIALI E’ necessario capire quanto di ereditario c’è in una malattia complessa: innanzitutto si stabilisce il rischio relativo, che è il rischio di un fratello o di una sorella di un individuo affetto rispetto al rischio della popolazione generale:

 = rischio nel fratello di un individuo malato rischio nella popolazione generale

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Gli studi classici erano quelli fatti sui gemelli monozigotici e dizigotici: si andava a vedere se i gemelli monozigoti, che hanno il 100% di DNA in comune, rispetto agli zigotici che sono come fratelli (50% di DNA in comune), condividevano molto di più una malattia rispetto ai dizigotici. Se c’è concordanza tra i monozigoti e discordanza tra i dizigoti, significa che quel carattere ha una componente genetica molto forte; se c’è discordanza in entrambi i casi, significa che quella malattia ha una forte componente ambientale. Si sono fatti studi anche su individui adottati: due fratelli adottati da famiglie diverse venivano esaminati (se per esempio uno dei due sviluppava una patologia e l’altro no, significava che c’era una forte componente ambientale). Gli studi sui gemelli hanno consentito di capire che c’è una forte componente genetica nell’autismo, che si riteneva avesse invece una forte componente ambientale

Il rischio nei fratelli è di circa il 3%, da 10 a 50 volte più alto che nella popolazione generale.

Oggi si fanno studi più specifici per poter determinare quali sono le regioni di suscettibilità di queste malattie: analisi di linkage, studio di coppie di fratelli affetti che condividono una certa malattia  hanno il 50% di DNA in comune: posso identificare quale parte di genoma condividono e analizzare in questa porzione la regione condivisa sempre da tutte le coppie di fratelli affetti studiati e così capire qual è la regione che è sempre presente in tutti i soggetti e che sarà la regione dove si trova il gene di suscettibilità. N.B.: nello studio di malattie multifattoriali complesse si usano metodi diverse dal classico linkage

Si fanno anche studi di controllo tra una popolazione affetta dalla malattia e una popolazione di controllo che presenta caratteristiche in comune (sesso, età, etc) ma che non presenta la malattia: si cercano variazioni di frequenza che si trovano più frequentemente nella popolazione con la malattia rispetto a quella di controllo. Non si fa altro che comparare la sequenza allelica di polimorfismi di due gruppi, uno di pazienti e uno di controllo. 46

È molto importante anche valutare se lo SNP preso in considerazione ha anche un valore funzionale, cioè se può essere collegato ad una funzione di quel determinato gene  esempio: trovo uno SNP nella regione promotrice di un gene. Facendo studi funzionali trovo che quella variazione determina una minore trascrizione di quel gene e quindi una minore produzione della proteina. Questo è uno SNP funzionale, cioè uno SNP cui è legato un effetto a livello della proteina. Sono varianti che di per sé non danno una patologia. L’analisi di linkage non parametrici (studio di coppie di fratelli) stabiliscono se c’è una discrepanza tra quello che ci si attende che due fratelli condividano normalmente e quello che noi vediamo, quindi si basano sulla condivisione di alleli di un marcatore da parte di individui affetti all’interno della stessa famiglia.

In una qualsiasi regione del genoma, due fratelli condividono due alleli nel 25% dei casi, un allele nel 50% e nel 25% dei casi nessun allele in comune: questo è ciò che capita normalmente. Questo è ciò che ci aspettiamo di vedere, tranne che in una regione, dove probabilmente risiede il gene di suscettibilità per quella malattia: in questo punto è molto più frequente che i due fratelli condividano lo stesso allele o entrambi gli alleli. Le proporzioni 25%-50%-25% sono mantenute in tutto il genoma, tranne che in quella regione dove si trova il gene di suscettibilità.

Qui si entra nel concetto del LINKAGE DISEQUILIBRIUM: il linkage classico stabilisce una concatenazione tra un allele di un determinato polimorfismo e un locus-malattia all’interno di una famiglia (segregano insieme). Il linkage disequilibrium è una associazione allelica non casuale all’interno di una popolazione: per esempio, nella spondilite anchilosante il 98% dei pazienti ha l’allele HLA-B27, il che non significa che tutti coloro che hanno l’allele HLA-B27 sviluppano la malattia, ma quasi la totalità dei pazienti ha quell’allele, quindi c’è un’associazione allelica non casuale tra quel gruppo di pazienti e quell’allele.

Posso studiare il linkage disequilibrium tramite studi di associazione o tramite il Trasmission Disequilibrium Test (TDT): secondo le leggi di Mendel, ci si aspetta che un allele segreghi fino al 50%. Posso studiare se un allele è trasmesso dai genitori al figlio affetto più frequentemente rispetto ai controlli (> 50%). 47

a/b

c/d

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a/c

a/c

b/d

b/b

a/d

c/d

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c/d b/c

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a/b

c/d

a/d a/a

Qui abbiamo tutti individui sani: l’allele “a” è’ stato trasmesso 6 volte su 12, con una probabilità del 50%, quindi è nella norma. Se invece andiamo a prendere una serie di soggetti i cui figli sono ammalati, vediamo che in questo caso la trasmissione avviene 10 volte su 12, creando un divario significativo tra quello che ci si attende per caso tra il 50% che mi aspetto e l’83% che osservo.

a/ b

c/ d

a/ d

a/ c a/ c

b/ d

b/ b

a/ d a/ c

a/ c Phenocopy

a/ c

c/ b

b/ a c/ d

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c/ a a/ d

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c/ a

c/ b

a/ c a/ d

c/ a

c/ d

a/ b

a/ d a/ a

Se questo allele è associato alla patologia, significa che in qualche modo ogni volta che ho un paziente ritrovo più frequentemente la presenza di quell’allele.

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K1 J1 I1 H1 Mutazione G1 N -> D N F1 E1 D1 C1 B1 A1

K1 J1 I1 H1 10 G1 generaz. D F1 E1 D1 C1 B1 A1

K2 J2 I2 H1 90 G1 generaz. D F1 E1 D1 C2 B2 A2

K1 J1 I1 H1 G1 D F1 E1 D1 C1 B1 A1

Abbiamo un cromosoma iniziale, su cui abbiamo molti loci: a un certo punto il locus N è mutato in D. Via via che si va avanti nella popolazione, si hanno ricombinazioni per cui a un certo punto il cromosoma iniziale si riduce a un frammento talmente piccolo che difficilmente ricombinerà ulteriormente: questo è detto BLOCCO IN DISEQUILIBRIUM  quel tratto di DNA è sempre lo stesso, G1-D-F1, e segrega sempre all’interno del gruppo di pazienti affetti. Bisogna poi capire all’interno di quel pezzo qual è la variante che da la suscettibilità. Il linkage disequilibrium diminuisce con le generazioni e le frazioni di ricombinazione. In realtà il nostro genoma si eredita in blocchi, perché alcune parti sono talmente piccole che sono sempre in disequilibrium e vengono sempre trasmesse dal genitore al figlio. Concetto importante  possiamo avere un’associazione con uno SNP, ma in realtà bisogna tenere in considerazione non il singolo SNP, ma il blocco in disequilibrium con quella malattia, perché in realtà lo SNP funzionale che determina la suscettibilità non è quello identificato, ma un altro presente nello stesso blocco.

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