I casi di fallimento del mercato

March 20, 2018 | Author: Anonymous | Category: Impresa, Scienze economiche, Microeconomia
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I casi di fallimento del mercato Per casi di fallimento del mercato si intendono tutti quei casi in cui il sistema economico non è in grado di raggiungere la piena efficienza in quanto i fattori impiegati non sono utilizzati in modo ottimale. La dottrina economica individua quattro ipotesi principali: 1. i beni pubblici puri 2. le esternalità 3. i mercati non concorrenziali 4. l’asimmetria informativa

I beni pubblici I beni pubblici puri sono quei beni per i quali non è possibile., in un ipotetico mercato, individuare la domanda ed un relativo prezzo di equilibrio. Secondo questa teoria i beni pubblici sono tali non perché vengono offerti dallo Stato, ma vengono offerti dallo Stato in quanto sono beni pubblici. I beni pubblici presentano infatti due caratteristiche fondamentali: non rivalità e non esclusione. Per non rivalità s’intende che l’uso che può fare un soggetto del bene pubblico non entra in rivalità con l’uso che può farne un altro soggetto, non diminuisce quindi la quantità di bene pubblico di un altro individuo (ex la giustizia, la difesa, l’ordine pubblico). Il vantaggio che può ricavare un individuo dalla presenza delle forze dell’ordine sul territorio non diminuisce il vantaggio che possono trarne contemporaneamente gli altri individui. Per non esclusione s’intende che non è possibile escludere alcun individuo dal godimento del bene pubblico, indipendentemente dal prezzo che l’individuo si dichiari disposto a pagare. Se a 100 individui chiedessimo quanto ciascuno è disposto a pagare per la difesa otterremmo molto probabilmente 100 risposte differenti. A questo punto si parla di pseudo domanda, significa che per questo bene (la difesa) non è possibile individuare un prezzo di equilibrio in un ipotetico mercato. Siamo in presenza di un fallimento del mercato. In questo caso la dottrina ritiene che debba essere lo Stato ad offrire il bene o il servizio.

I tipi di beni Non Rivalità Rivalità

Le Esternalità

Esclusione Beni misti (TV a pagamento, Sky) Beni privati

Non Esclusione Beni pubblici Beni soggetti a congestione (Parcheggio gratuito)

Per esternalità s’intendono tutti quei fenomeni economici posti in essere da privati o dallo Stato che producono vantaggi o svantaggi alla collettività senza che sia possibile individuare il beneficiario o il responsabile del danno economico provocato e nemmeno quantificare il vantaggio che dovrà pagare il beneficiario o l’ammontare del risarcimento da addebitare a colui che ha provocato il danno. Si parla di esternalità positive quando un soggetto economico produce un vantaggio ad altri senza che sia possibile individuare i soggetti beneficiati e/o quantificare il vantaggio economico prodotto (ex la riqualificazione di un’area industriale dismessa effettuata da un privato la quale determina un incremento di valore degli immobili che si trovano nell’area senza che i proprietari di questi immobili abbiano fatto alcunché per ottenere questo risultato). Per esternalità negative s’intendono invece quei fenomeni posti in essere da un soggetto economico che producono danni alla collettività senza che il soggetto responsabile possa essere chiamato a risarcire il danno e/o senza che sia possibile quantificare il danno da addebitare al responsabile (ex: inquinamento di un fiume per effetto degli scarichi delle imprese insediate lungo il corso d’acqua).

Costo sociale

E’ P

Costo privato

E

esternalità 0

Q’

Q

q

Il modo per internalizzare le esternalità consiste nell’addebitare all’impresa inquinante le esternalità stesse, aggiungendole al costo privato dell’impresa, la quale passerà dal punto di equilibrio E al punto E’, ottenuto dall’incontro tra Costo sociale (Costo privato + Esternalità) e prezzo P. Si individuano tre soluzioni per arrivare all’equilibrio E’: a) Le imposte pigouviane b) La via contrattuale c) La via coercitiva.

Nel primo caso occorrerà individuare imposte da addebitare alle imprese inquinanti, ex: tasse ecologiche (la difficoltà consiste nel quantificare l’importo esatto in termini di efficienza e gli individui realmente responsabili del danno). Nel secondo caso, soluzione percorribile quando il fenomeno coinvolge pochi individui ed il danno è facilmente quantificabile, l’esternalità viene internalizzata attraverso un contratto tra la parte che ha subito il danno e quella che lo ha provocato, che si assume l’obbligazione di indennizzare la parte offesa. Il terzo rimedio consiste nell’obbligo imposto dallo Stato alle imprese inquinanti di dotarsi di strumenti ed apparecchiature idonee ad eliminare o comunque contenere gli effetti negativi dell’esternalità (ex: depuratori, ecc). l’efficacia di questa soluzione è strettamente correlata con l’entità e, soprattutto, la certezza delle sanzioni previste come deterrente.

I mercati non concorrenziali Anche le forme di mercato non concorrenziali (monopolio, oligopolio e concorrenza monopolistica) rappresentano un caso di fallimento del mercato in quanto in queste tipologie di mercato non si raggiunge mai l’efficienza economica e l’ottimale allocazione delle risorse. Sia il monopolista che l’imprenditore che opera in oligopolio o in concorrenza monopolistica, seppure in misura differente, riescono sempre a ritagliarsi un’area di extraprofitto e ad offrire il bene o il servizio ad un prezzo superiore a quello della concorrenza perfetta ed in quantità inferiori, significa allora che il mercato fallisce, non è efficiente. Naturalmente anche nell’oligopolio si verifica l’inefficiente impiego dei fattori produttivi, addirittura con le collusioni ed i cartelli le imprese oligopolistiche possono concordare prezzi, aree di influenza, contingentamenti alla produzione, ostacoli, barriere di varia natura, all’ingresso di nuovi concorrenti.

P, Cme, Cma, Rma, D

m P 11

c

P2 D Rma 0 r t

qm

qc

q

Le imprese non concorrenziali avranno convenienza a posizionarsi nel punto di equilibrio m vendendo la quantità qm al prezzo P1 (lucrando un extraprofitto) piuttosto che spingersi fino al punto c, vendendo la quantità qc al prezzo P2 e rinunciare all’extraprofitto. Lo Stato per evitare questo fenomeno di inefficienza interviene con normative antitrust finalizzate a favorire la concorrenza sui mercati ed a debellare le concentrazioni monopolistiche. In situazioni di monopolio naturale poi interviene direttamente ad offrire il bene o il servizio con un’impresa pubblica, che non avrà come fine l’extraprofitto ma l’economicità (pareggio costi e ricavi) della gestione. In questo modo si potrà avere una quantità maggiore del bene o del servizio in questione a prezzi più bassi rispetto a quelli che si avrebbero in un regime di monopolio privato.

Asimmetria informativa L’asimmetria informativa è un caso di fallimento del mercato in cui, diversamente da quanto avverrebbe in un regime di concorrenza perfetta, non si verifica la trasparenza, vale a dire che non tutti gli operatori del mercato hanno le stesse informazioni. Esempio dei limoni spremuti Ipotizziamo che ci siano 200 venditori di automobili usate apparentemente uguali. 100 venditori saranno disposti a vendere le loro automobili, in ottimo stato, al prezzo di € 10.000. gli altri 100 venditori, in possesso di automobili apparentemente simili alle precedenti ma in pessimo stato di funzionamento, limoni spremuti, saranno invece disposti a vendere il proprio automezzo al prezzo di € 5.000. Se dal lato dell’offerta abbiamo 200 venditori, dal lato della domanda ci sono 200 potenziali acquirenti, 100 dei quali sarebbero disposti ad acquistare un’automobile in ottimo stato al prezzo di € 11.000 ed una in cattive condizioni al prezzo di € 6.000. A questo punto il mercato potrebbe collocarsi in una posizione di equilibrio: 100 individui acquisterebbero 100 automobili in ottimo stato al prezzo oscillante tra € 10.000 ed € 11.000, e altri cento acquisterebbero i limoni spremuti al prezzo oscillante tra € 5.000 ed € 6.000. Essendo le 200 automobili indistinguibili in apparenza i compratori hanno il 50% di probabilità di acquistare un’auto buona. Il valore atteso delle auto in commercio sarebbe dato dalla media tra € 6.000 ed € 11.000, ovvero € 8.500. Tale situazione plausibile e razionale dal punto di vista oggettivo genererebbe però inefficienza nel mercato. I proprietari dei catorci saranno ben disposti a vendere le loro automobili al prezzo di equilibrio di € 8.500, lucrando una differenza di € 3.500 per ogni auto venduta. Naturalmente di diverso avviso saranno i proprietari delle auto in ottimo stato che non accetteranno di vendere le loro auto (stimate € 10.000) al prezzo di equilibrio di € 8.500 andando incontro ad una perdita € 1.500, questi ultimi si ritireranno quindi dal mercato. A causa dell’asimmetria informativa, data dal fatto che, a differenza degli acquirenti, solo i venditori conoscono realmente il valore del bene offerto, verranno venduti sul mercato solo i limoni spremuti e rimarranno invendute le automobili in buono stato. Si verifica quindi un fallimento del mercato. Per evitare questo lo Stato deve emanare normative finalizzate alla maggior trasparenza possibile (obbligo di informazione sulle caratteristiche dei prodotti, strumenti di tutela del consumatore, ecc.) e sanzionare i comportamenti illeciti o illegali (ex: insider trading nei mercati finanziari) con sanzioni esemplari al fine di evitare la presenza di posizioni di privilegio per operatori che possiedono, relativamente ad un certo mercato, un livello di informazioni (in termini quantitativi e qualitativi) maggiore di altri.

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