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March 31, 2018 | Author: Anonymous | Category: N/A
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La riforma fondiaria degli anni Cinquanta e la frammentazione del latifondo di Armando Finodi

1. Una delle dinamiche della frammentazione del latifondo: l’Ente Maremma

Nel corso degli anni Cinquanta, con l’approvazione della legge di riforma fondiaria, l’Ente di riforma – nel medio e alto Lazio fu l’ Ente Ma remma1– procedette all’ e s p ropriazione di vasti appezzamenti terrieri a coltura estensiva appartenenti a grandi p roprietari (proprietari che furono debitamente indennizzati) e all’assegnazione di quote e poderi nei confronti di ex-braccianti ed ex-mezzadri. La riforma fu una grande stagione dell’agricoltura italiana contemporanea, una grande operazione sociale e territoriale, “il primo interve n t o riformatore nella struttura fondiaria che la

storia nazionale abbia conosciuto”2. In molti territori del Parco, l’agricoltura nata dalla riforma ha segnato un passaggio fondamentale per comprendere il paesaggio contemporaneo: assieme alla vendita di lotti edificabili da parte degli stessi grandi proprietari e all’assegnazione di “particelle” comunali ricavate da terreni precedentemente soggetti agli usi civici o alle università agrarie, l’Ente Maremma costituisce uno dei percorsi storici che nel secondo dopoguerra portarono dai latifondi indivisi all’attuale, diffusa frammentazione delle proprietà. La legge di riforma stabiliva le modalità dell’esproprio e della riassegnazione, e riguardava i territori “suscettibili di trasformazione fondiaria o agraria” (art. 1 della

[Vo r rei dedicare questo articolo alla mia famiglia, una famiglia di assegnatari.De s i d e ro anche ringraziare per la gentile disponibilità alcuni dirigenti e funzionari dell’ A.R.S.I.A.L.: l’ing. Carlo Gabrielli, il geom. Be n venuto Schiaffini (Patrimonio ex Riforma fondiaria) e il dott. Guido Ghini (Archivio storico)]

1 Le leggi, presentate da Alcide De Gasperi, furono tre: la legge per la Sila (promulgata il 12 maggio 1950, legge n. 230), la cosiddetta “legge stralcio” (che preve d e va un programma di scorporo e di riforma su vasta scala, promulgata il 21 ottobre, legge n. 841) e la legge del 27 dicembre 1950 della Regione siciliana. La “legge Sila” e la “legge stralcio”, correlate, sono state ripubblicate in M. Rosi, La Riforma fondiaria e la legge stralcio, Bologna, Edizioni Agricole, 1951. L’Ente Maremma venne istituito con D.P.R. 7 febbraio 1951 n. 66. La denominazione originaria era “Ente per la Colonizzazione della Maremma Tosco-Laziale e del Territorio del Fucino”; con la legge 9 agosto 1954 n. 639 venne creato un nuovo e distinto ente di riforma nel Fucino. Oltre al Comprensorio della Maremma, la riforma operava nel Compr. del Delta Padano, nel Compr. del Fucino, nel Territorio del Garigliano e Volturno, nel Terr. del Sele, nel Compr. Apulo-lucano, nel Compr. della Sila, nel Compr. della Sicilia e nel Compr. della Sardegna. Negli anni Settanta gli enti di riforma divennero enti regionali per lo sviluppo agricolo. La documentazione dell’Ente Maremma è oggi conservata nell’Archivio storico dell’A.R.S.I.A.L. (l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio), costituito nel 1997 e attualmente in fase di riordino. 2 P. Bevilacqua, Presentazione a P. Bevilacqua (a c. di), Storia dell’agricoltura italiana in età contempora nea, vol. I, Spazi e paesaggi, Venezia, Marsilio, 1989, p. XVIII.

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“legge stralcio”): le quote da espropriare venivano calcolate secondo il reddito dominicale delle proprietà (art. 4). Un terzo dei terreni soggetti ad espropriazione, il cosiddetto “terzo residuo”, in ogni caso non superiore ai 300 ettari (ha), poteva essere inizialmente conservato dal proprietario che si impegnava a compiervi opere di trasformazione ed appoderamento approvate dall’Ente: ad opere compiute, egli ne doveva consegnare la metà all’Ente (dopo il pagamento dell’indennizzo di espropriazione e il rimborso delle spese di trasformazione) e poteva infine mantenere la proprietà dell’altra metà (artt. 8 e 9). La legge di riforma non si applicava invece ai “terreni a coltura intensiva formanti aziende agrarie organiche ed efficienti, condotte in forme associative con i lavoratori e provviste di impianti strumentali moderni e centralizzati […]” (art. 10). Il Comprensorio della Maremma ToscoLaziale era esteso per 995.390 ha, e compre n d e va territori delle province di Pisa (10 Comuni interessati), Livorno (3), Siena (3), Grosseto (28; l’intera provincia), Viterbo (24), Roma (28). Il regime fondiario del Comprensorio era caratterizzato dalla grande proprietà: il 53% della superficie produttiva era di proprietà di aziende superiori ai 500 ha3. L’ Ente Ma remma espropriò 178.871 ha e ne assegnò in totale 171.768, realizzando 7.983 poderi e 11.506 quote agricole; i poderi (dall’ a m p i ezza media di 18 ha) occuparono il 75,3% della superficie assegnata, mentre le quote (dall’ a m p i ezza media di

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3,3 ha) ne occuparono il 22,3%4. Nel Lazio, al 1961, erano stati complessivamente espropriati 62.628 ha (32.944 ha nella provincia di Viterbo e 29.684 ha in quella di Roma) e riassegnati 57.723 ha5. Il Centro di Colonizzazione di Prima Porta, che compre n d e va territori nei Comuni di Roma, Formello, Castelnuovo di Porto, Campagnano di Roma, Sacrofano, Riano, Fiano, Mazzano Romano, Nazzano, Capena, Morlupo, Rignano Flaminio, Torrita Tiberina, espropriò complessivamente 5.165 ha6. Al netto del terzo residuo, inizialmente furono assegnati tra poderi e quote circa 540 ettari a Sacrofano, 430 a Mazzano, 420 a Formello, 290 tra Campagnano e Magliano (unico Comune fino al 1958), 210 a Castelnuovo, 160 a Riano, 70 a Morlupo; altri terreni furono assegnati all’interno del Comune di Roma, tra la via Cassia e la via Flaminia. Dopo i lavori di trasformazione imposti dall’Ente nei terreni del terzo residuo, si procedette poi ad ulteriori assegnazioni. I latifondisti furono indennizzati al prez zo di mercato e per di più videro valorizzati i t e r reni rimasti di loro proprietà grazie alle i n f r a s t ru t t u re e ai mercati che la riforma garantiva ad un’agricoltura fino ad allora quasi esclusivamente estensiva, con bassi investimenti e scarsa resa per ettaro. Gli indennizzi di espropriazione diedero allora ai grandi proprietari la possibilità di inve s t i re nel miglioramento fondiario o nei settori industriale e edilizio, bilanciando in questo modo il drastico calo della rendita. I terreni vennero assegnati ad unità fami-

3 A. V. Simoncelli – E. Della Nesta, Dalla Riforma fondiaria allo sviluppo agricolo. Archivio storico 19501977, Roma-Grosseto, ETSAF – ERSAL, 1991, p. 43. 4 Ib., p. 101. 5 Al 1961 “erano state assegnate 7.545 quote per una superficie complessiva di 24.392 ha, formati 2.543 poderi su 31.448 ha, di cui 183 poderi ex mezzadrili, per 3.476 ha, oltre 407 ettari assegnati ad istituzioni varie. Complessivamente 10.271 fra quote e poderi su una superficie di 57.723 ha; la parte non assegnata era costituita da strade, fossi, aree fabbricate e da 971 ettari ancora da assegnare; mentre 1.562 ha erano in attesa di giudizio o di permuta e 1.026 soggetti a vincoli ed espropri militari. In particolare, per la provincia di Roma sono stati costituiti 1.467 nuove unità poderali su una superficie di 17.289 ha, unità poderali ex mezzadrili per una superficie di 1.217 ha e 2.725 quote su una superficie di 8.474 ha” (Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste – Ispettorato agrario compartimentale del Lazio, L’agricoltura nel Lazio (1861–1960), Roma, 1964, p. 63). 6 A. V. Simoncelli – E. Della Nesta, Dalla Riforma fondiaria allo sviluppo agricolo cit., p. 94.

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gliari di braccianti o di mezzadri particolarmente numerose che dimostrarono di non avere altre fonti di reddito derivanti, ad esempio, dalla pastorizia o dal manovalato nell’edilizia. “Le assegnazioni ai contadini avve n n e ro per sorteggio fra gli aventi diritto, mediante contratto di vendita con pagamento rateale del prezzo in 30 anni al tasso dell’1% e con riservato dominio a favore dell’Ente fino all’integrale riscatto. Il prezzo fu fissato in 2/3 dell’indennità di espropriazione con l’aggiunta di non oltre il 44% del costo sostenuto dall’ Ente per le opere di trasformazione eseguite nel fondo assegnato, e cioè con la totale esclusione da ogni addebito per le opere di interesse collettivo. Dopo tre anni di prova il contratto dive n i va definitivo e non poteva perciò essere risolto se non per gravi inadempienze dell’assegnatario o per sua esplicita richiesta”7. L’ Ente allegava ai contratti stipulati con i “lavoratori manuali della terra” il Capitolato contenente le con dizioni di assegnazione e vendita dei terre n i: l’assegnatario dove va ave re cura del terreno e “f i s s a re residenza stabile nel fondo se dotato di abitazione” (art. 4); ogni fondo, nel suo complesso, era indivisibile (art. 9)8. La legge n. 379 del 1967 (Modificazioni al le norme sulle riforma fondiaria) permise in seguito il pagamento anticipato delle annualità e la successiva vendita dei terreni ad altri coltivatori, per accorpare le proprietà e favorire forme di imprenditorialità rurale; dopo la scadenza del trentennio previsto per il riscatto dal riservato dominio a favo re dell’Ente, la legge n. 191 del 1992 (Limita zione trentennale del divieto di frazionamen to delle unità poderali per la ricostruzione del le unità produttive) consentiva infine il frazionamento dei terreni assegnati, rispecchiando in parte la situazione di fatto.

Nei vasti territori della Maremma e della Tuscia romana, l’Ente costruì soltanto due borghi residenziali; per il resto, si prescelse l’insediamento sparso, facendo sorgere ogni casa colonica sul rispettivo podere, ma con almeno un “Centro di servizi” in mez zo alla maglia poderale. I poderi assegnati erano talvolta distanti l’uno dall’ a l t ro, oppure formavano appena piccoli gruppi. Un altro motivo della scelta dell’insediamento sparso fu l’allevamento bovino per la produzione del latte e la macellazione della carne su cui si incentrò la nuova economia rurale: le stalle, concentrate in un borgo, avrebbero messo a serio rischio l’igiene pubblica e avrebbero reso troppo oneroso il trasporto del foraggio e delle lettiere. Per evitare l’isolamento delle nuove famiglie e stimolare lo spirito di comunità, i casali non furono costruiti al centro del podere, ma al margine della strada interpoderale, e spesso nei punti di confine tra un terreno e l’altro. Con i casali disseminati in ampi territori, fu più costosa e laboriosa la costruzione di una regolare rete viaria (anche soltanto strade sterrate), e fu assai lenta la fornitura di acqua e corrente elettrica, che seguì anche di una decina di anni l’insediamento delle famiglie. Invece, nei primissimi anni fu costante l’assistenza agronomica e finanziaria. “Tutti gli assegnatari sono stati portati a compilare individualmente, in collaborazione con il tecnico dell’Ente, il piano annuale delle colture e la prenotazione dei servizi da chiedere alla loro Cooperativa di servizio”9. Inoltre, molte furono le iniziative promosse dall’Ente per favorire il progresso sociale dei contadini assegnatari, come i Consigli di Comunità, le Consulte di Centro e soprattutto le Cooperative, “per trasformare in comunità l’eterogeneo aggregato umano venuto a formarsi nelle zone di nuovo insediamento”10. Corsi di

7 La Riforma fondiaria in Maremma, Roma, Ente Maremma (Ufficio Stampa e Documentazione), 1966, p. 34. 8 Il Capitolato è riportato nei Documenti allegati a questo volume, come Documento n. 5. 9 La Riforma fondiaria in Maremma cit., p. 56. Le “Cooperative assegnatari” erano società a responsabilità limitata (Statuto, art. 1), senza finalità speculative, nate per l’attuazione dei progetti di riforma sotto la direzione dell’Ente (art. 2). Una copia dello Statuto delle cooperative fra assegnatari è conservata presso il Museo storico-etnografico e Punto informativo del Parco “Casolare 311”. 10 Ib., p. 61.

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agronomia di base istru ivano gli ex-braccianti sulla conduzione del fondo, anno dopo anno; seguirono corsi specialistici, per i potatori o per i trattoristi, corsi di economia domestica per le donne, soggiorni estivi in campeggi e località di villeggiatura. La nuova economia rurale stimolava grandemente la produzione industriale di macchine agricole, fertilizzanti e pesticidi, anche grazie alle agevolazioni previste dai piani quinquennali di sviluppo dell’agricoltura (i “Piani verdi” del 1961 e del 1966) e alle promozioni all’acquisto dei trattori Fiat attuate dalla Federc o n s o rzi, la Federazione nazionale dei consorzi agrari11. Nelle parole di Giuseppe Medici – primo pre s i d e n t e dell’Ente Maremma tra il 1951 e il ’53 –, l’obiettivo era di “creare una nuova civiltà contadina che ripos[asse] su una vitale economia agraria”12. La riforma fu preparata e accompagnata da una vasta pubblicistica parlamentare, economica, sociale ed agronomica; gli stessi Enti promossero studi e pubblicazioni. Dal 1950 al 1964 l’Annuario dell’agri coltura italiana, pubblicato dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria, dedicava regolarmente un capitolo all’attuazione della riforma, con tabelle e cartine dei territori espropriati e assegnati. Alla fine degli anni Cinquanta, un’inchiesta condotta da Felipe Nery Moschini sulla vita sociale e lavorativa degli assegnatari ammetteva che il “processo di trasformazione di mentalità” promosso dalla riforma (da brac-

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cianti o mezzadri a coltivatori diretti) non poteva che essere “travagliato e lungo”13. Più tardi, alla metà degli anni Settanta, una ricerca dell’ Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (fondato del 1959 dallo stesso Medici) analizzava sul medio-lungo periodo l’efficienza delle nuove aziende, misurava la presenza dei giovani oppure l’esodo dalle campagne (un fenomeno, questo, assai consistente nel Mez zogiorno), offriva le prime interpretazioni storiografiche14. L’indagine dell’Insor attestò che, a livello nazionale, si era mantenuto oltre l’80% delle assegnazioni (97.640 su 121.621)15, grazie alle opere di miglioramento fondiario (dissodamenti, spietramenti, sistemazioni idriche, piantagioni, allevamenti), alle infrastrutture (case coloniche e altri edifici rurali, strade, centri di servizio, piccoli impianti di trasformazione dei prodotti agricoli), all’assistenza dei funzionari dell’Ente. Tra i limiti che si ascriveranno alla riforma, invece, allora e poi negli anni a seguire, vi saranno innanzitutto l’ i n a d e g u a t ezza delle terre espropriate e delle assegnazioni rispetto alle rivendicazioni sociali, il dirigismo politico nei modi di attuazione e il clientelismo nella gestione degli enti e della nuova economia agraria, anche attraverso l’azione della Coldiretti e della Federconsorzi16. Al contrario, dopo la metà degli anni Sessanta, diminuì la grande attenzione del governo per le aree e le problematiche sociali ed economiche della riforma, quando la politica agraria nel suo complesso sarebbe stata subordinata

11 Tra il 1950 e il 2000, il numero dei trattori in Italia è aumentato di sei volte, contro le tre volte circa in Francia e in Germania (R. Fanfani, L’agricoltura in Italia, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 25). 12 G. Medici, Introduzione a La Riforma fondiaria cit., p. 19. 13 F. Nery Moschini, La riforma fondiaria agraria in Maremma, Firenze, Vallecchi, 1958, p. 331. L’inchiesta era stata condotta con interviste dirette su un campione del 4% delle famiglie assegnatarie di poderi con casale in tutto il Comprensorio della Maremma. 14 Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (Insor), La Riforma fondiaria: trent’anni dopo, Milano, Angeli, 1979, 2 voll.; dopo la sintesi dell’indagine proposta da Corrado Barberis, gli interventi del dibattito e i contributi tematici, cfr. in part. A. Parisella, Movimento contadino e riforma fondiaria: orientamenti e problemi della recente storiografia, vol. I, pp. 379-419. 15 C. Barberis, Avvio al dibattito, in Insor, La Riforma fondiaria: trent’anni dopo cit., vol. I, p. 36. 16 Cfr. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943-1988, Torino, Einaudi, 1989, pp. 160-87, G. Crainz, Storia del miracolo italiano. Culture, identità e trasformazioni fra anni cin quanta e sessanta, Roma, Donzelli, 1996, pp. 87 sgg., e R. Fanfani, L’agricoltura in Italia cit., p. 20. Ginsborg, come già Nery Moschini negli anni Cinquanta, ha rilevato che la riforma non ebbe un ruolo decisivo nell’indirizzare l’elettorato rurale verso i partiti di governo.

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allo sviluppo industriale del Paese17 e successivamente inserita nella contrattazione del mercato comune europeo. La necessità di ricavare quote e poderi per un numero più alto possibile di richiedenti indusse a sua vo lta i riformatori ad un frazionamento dei latifondi che parve a molti eccessivo già al momento dell’assegnazione, e in contrasto con la coeva tendenza agronomica a favo r ire aziende medio-grandi: ad esempio, “la sempre maggiore incidenza della meccanizzazione in agricoltura e la necessità di introdurre […] forme di produzione industrializzata”18 male si accordavano con la dimensione famigliare dei poderi con poco più di dieci ettari, per non parlare delle piccole quote di tre ettari o ancora meno. Il frazionamento si è in seguito moltiplicato con la divisione del terreno originale fra più eredi e con la vendita di piccoli lotti edificabili. 2. Un’area-campione al centro geografico del Parco: Le Perazzeta/ I Poderi (Formello), tra il bosco di Sacrofano e la periferia di Roma

La località Le Perazzeta è un territorio collinare di circa 180 ettari situato nel lembo sud-orientale del Comune di Formello, tra il centro storico di Formello (distante circa 6 km), il bosco di Sacrofano e la periferia a nord di Roma (via di Valle Muricana, La Giustiniana e Prima Porta), proprio nel centro geografico del Parco (Fig. 28). La vicenda di quest’area-campione mostra alcuni motivi di fondo di storia dell’agricoltura e le rapide trasformazioni territoriali della provincia romana settentrionale nel Novecento: la tradizione del latifondo, la frammentazione delle grandi proprietà

(in questo caso attraverso la riforma fondiaria), la civiltà dei casali, la crisi dell’economia rurale degli anni Ottanta, il rischio di una pro g re s s i va “periferizzazione” delle campagne, l’istituzione di un’area protetta. Boschi e praterie, coltivazioni e casali all’ ombra identitaria del paese, periferia della grande città: in quest’area si sono susseguiti (e in qualche modo sono compresenti) tutti i paesaggi attualmente presenti all’interno del Parco e nei suoi immediati confini. Per questo motivo, anche se nel nostro territorio le aziende medie e grandi (cioè con una superficie maggiore di 20 ettari per azienda) occupano ancora ben la metà della Superficie Agricola Totale (SAT)19, le Peraz zeta sono davve ro un piccolo laboratorio territoriale rappresentativo dell’intero Parco di Veio, che, alle soglie della conurbazione romana, rappresenta pienamente la nuova concezione di area protetta nata negli anni Sessanta: una concezione che include paesaggi naturali, campagne e aree antropizzate in una globale politica del territor i o20. Alle

17 P. Pezzino, Riforma agraria e lotte contadine nel periodo della ricostruzione, in “Italia contemporanea”, n. 122, 1976, p. 87. 18 G. Mammarella, L’Italia contemporanea (1943-1985), Bologna, Il Mulino, 1985, p. 170. 19 Le risorse del Parco di Veio, in Sviluppo rurale: il nuovo modello agricolo europeo al servizio della colletti vità, atti del convegno (Isola Farnese, Castello Farnese, 16-18 gennaio 2003), Campagnano di Roma, Ente Parco di Veio, 2003, p. 32. 20 Cfr. ACLI Anni Verdi – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Guida all’uso del Parco, Roma, Editoriale AESSE, II ediz., 2001

Figura 28. Paesaggio rurale contemporaneo nato dalla riforma fondiaria, tra Formello, Sacrofano e Prima Porta (Archivio fotografico del Parco di Veio)

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Pera z ze t a, inoltre, è stato allestito il museo storico-etnografico delle comunità del Parco. La Contrada Le Perazzeta compare già nel Catasto Gregoriano della prima metà del XIX secolo, da cui si apprende che vi preva l e vano il “bosco”, il “prato”, il “pascolo boscato” e il “pascolo”21. Il toponimo rimanda ai pera z z i, i peri selvatici che emergevano dalla vegetazione in gran parte cespugliosa. L’ultimo documento cartografico di questo angolo di campagna romana prima della riforma è la tavoletta dell’Istituto Geografico Mil i t a re Italiano (I.G.M.I.) denominata “F. 143 II SE Formello”22, il cui ultimo aggiornamento risale alla ricognizione del 1950: se non fosse per la ferrovia tra La St o rta e Cesano, potrebbe benissimo rimandare ad un paesaggio di metà Ottocento. Nella regione collinare a nord di Roma, tra la via Cassia e la via Flaminia, prevaleva nettamente l’insediamento accentrato23, con l’esigua popolazione raccolta all’interno dei paesi – quasi sempre sorti su speroni tufacei – e nelle immediate vicinanze. Lontano dai centri abitati e dalle vie di comunicazione, le Perazzeta erano un latifondo incolto e utilizzato soprattutto per il pascolo ovino: da novembre a maggio, pastori abru z zesi e reatini vi portavano le loro greggi. Nel corso della prima metà del secolo, i terreni più fertili (in genere i prati

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vallivi) venivano affittati da uno dei proprietari, Pietro Santi, ai braccianti formellesi interessati per la coltivazione stagionale di cereali, in cambio della cosiddetta corri sposta, la quarta parte della produzione. Una impervia carrareccia, quasi impercorribile d’ i n verno, conduceva da Formello in queste lande desolate: per di più, alle Tre Fo s s a t e, appena prima di arriva re alle Pera z ze t a, si interrompeva. Con la riforma, nel Comune di Formello f u rono espropriati possedimenti delle famiglie Chigi, Santi e Paolocci. L’ En t e Ma remma frazionò i terreni in appez z amenti di 3 ettari circa e in poderi di 1112 ettari, li assegnò a famiglie di braccianti formellesi e costruì una casa colonica in ciascun podere di 12 ettari. Gl i appezzamenti erano vicini al paese e furono assegnati – assieme ad una quota di poco più di mez zo ettaro di oliveto – a c o l o ro che possedevano terre insufficienti al proprio fabbisogno; i poderi e i casali (26 in tutto il Comune) erano per lo più ai confini del territorio comunale, in suoli in genere da dissodare, e furono assegnati a braccianti fino ad allora quasi nullatenenti. I quindici casali delle Perazzeta ve n n e ro costruiti nel corso del 1954 e furono consegnati tra il 1956 e il ’57: erano del tipo a scala esterna con abitazione sov r a p p o s t a al ru s t i c o. Al pianterreno c’erano la stalla

21 Archivio di Stato di Roma, Catasto Gregoriano, “Comarca di Roma. Governo, e Comune di Formello. Mappa ridotta di Monte Aguzzo, sezione 2 (Comarca, 60); Brogliardo da Tavolo di Monte Aguzzo, sez. II di Formello (Comarca, 60)”. 22 La carta, di impareggiabile efficacia didattica, è stata ingrandita ed è esposta nella prima sala del Museo storico-etnografico Casolare 311. Ricordiamo che la Ca rta topografica d’Italia, rilevata e stampata dall’I.G.M.I. (con sede a Firenze), consiste in 285 “fogli” alla scala 1:100.000, ognuno dei quali copre una superficie di circa 1.500 kmq. I fogli sono divisi in quattro parti uguali, dette “quadranti”, alla scala 1:50.000 e raffiguranti una superficie di circa 375 kmq, graficamente ingrandite fino alla misura di un foglio. A loro volta, i quadranti sono divisi in altre quattro parti, dette “tavolette”, a scala 1:25.000 e raffiguranti una superficie di circa 96 kmq, ingrandite allo stesso modo. La tavoletta “F. 143 II SE Formello” si legge dunque: foglio 143, secondo quadrante, tavoletta di sud-est, Formello. Ogni tavoletta prende infatti il nome dal fenomeno territoriale che la caratterizza (un paese, una montagna ecc.) e riporta anche tutti i toponimi conosciuti. Gli ultimi aggiornamenti delle tavolette riguardanti l’Italia centrale risalgono però alla metà del Novecento: le nuove versioni potranno testimoniare i repentini cambiamenti territoriali dell’ultimo cinquantennio, con una chiarezza che soltanto il simbolismo cartografico può evidenziare (rispetto, ad esempio, alle fotografie aeree). Le tavolette sono regolarmente in vendita in alcune librerie specializzate. 23 Cfr. M. R. Prete – M. Fondi, La casa rurale nel Lazio settentrionale e nell’Agro romano, Torino, Loescher, 1957, p. 110.

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per 6 bovini, il granaio e un magazzino; al primo piano c’era invece l’abitazione, corredata da un elementare arredamento: il pavimento in mattonelle di graniglia, la stufa-cucina economica, un lavandino di granito, un serbatoio per l’acqua in eternit, il water24. Assieme al casale ve n i vano consegnati anche il porcile (la p o rc a re c c i a, in dialetto), il pollaio (il g a l l i n a ro), la letamaia (la stabbiara). Un casale su tre ave va anche un piccolo forno a legna. L’Ente, inoltre, f o r n i va vacche da lavo ro, vacche da latte ed una serie di attrezzi (dalla barrozza all’aratro, fino alla bicicletta) agli assegnatari che ne erano sprovvisti e che ne facevano richiesta; il costo di queste ulteriori forniture ve n i va aggiunto alla quota del riscatto del podere. Le condizioni di vita nei nuovi casali furono dure e, per almeno dieci anni, più d u re di quelle che dove va sopport a re chi era rimasto a vive re in paese. La strada interpoderale era appena tracciata. Per fare la spesa si andava a Formello, con la bar rozza o p p u re a dorso d’ a s i n o. Non c’era né l’acqua né la corrente elettrica. L’acqua si pre n d e va con i barili alla fonte di Ac q u a v i va, distante circa due chilometri, mentre le vacche si portavano ad abb e ve r a re direttamente alla fonte; questo, fino alla metà degli anni Sessanta. L’illuminazione era garantita dalle candele o dalla bombola del gas. In o l t re, con il pagamento per le rate del riscatto e dei servizi forniti dall’Ente (lavori agricoli, attrezzi e vacche, sementi, iscrizione al servizio sanitario e assicurazione obbliga-

torie), molti assegnatari finivano per indebitarsi, e alcuni decisero di rinunciare al terre n o. In questi casi, i poderi vennero riassegnati ad altre famiglie, provenienti soprattutto dalle Ma rc h e . Alle Perazzeta era previsto un Centro di servizi costituito da ricoveri per i macchinari della cooperativa, magazzini per l’ a p p rovvigionamento di mangimi, sementi e fertilizzanti e da una scuola elementare, che fu poi realizzato in località Pineto, nell’adiacente territorio di Sa c rofano, da quel momento “Borgo Pineto” o semplicemente, per gli assegnatari della zona, Il Ce n t ro. A Borgo Pineto si terranno i corsi di formazione promossi dall’Ente e avrà sede la cooperativa “Il Pineto”. Il Centro era sovracomunale, servendo poderi dislocati tutt’intorno, all’interno dei Comuni di Fo r m e l l o , Sa c rofano e Roma. “C’era fame di terra”25. Dopo le concessioni ad affitto ve n t i n ovennale delle “p a rticelle” della Tenuta comunale (avvenute nel 1913, nel 1920, e nel 1945-48), dopo più di un sessantennio di occupazioni e lotte per l’uso delle terre padronali e nel mez zo delle nuove tensioni sociali d e l l’immediato dopoguerra26, l’ a s s e g n azione delle quote e dei poderi da parte d e l l’ Ente Ma remma rappresentò un momento fondamentale per la comunità formellese. Secondo il Progetto di coloniz zazione per Formello redatto dai tecnici d e l l’ Ente, nel paese furono raccolte 279 domande di assegnazione, ridotte a 239 dopo un primo vaglio di idoneità: tra i richiedenti preva l e vano gli affittuari (112)

24 Cfr. R. Toman, La casa rurale nel comprensorio della Maremma Tosco-Laziale, pubbl. a c. dell’Ente Maremma, s.d. Oltre ad opere di bonifica, strade e borghi di servizi, l’Ente Maremma realizzò 5.423 costruzioni ex-novo, prevalentemente sparse e con relativi annessi; furono invece 2.339 le costruzioni riattate (A. V. Simoncelli – E. Della Nesta, Dalla Riforma fondiaria cit., p. 69). 25 È la testimonianza di un agricoltore formellese, Germano Zavagnini (Radici e tradizioni contadine nel Territorio di Formello dal primo ‘900 a seguire, Formello, Comune di Formello – Istituto Comprensivo di Formello, 2002, p. 106). 26 Cfr. P. Ugolini, Un paese della campagna romana, Formello. Storia e economia agraria, Roma, Istituto Nazionale di Economia Agraria, 1957, pp. 130-42; P. Pezzino, Riforma agraria e lotte contadine nel periodo della ricostruzione cit., pp. 58-88; P. Chirico, Il movimento contadino dall’Unità al secondo dopo guerra, in questo volume.

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Figura 29. Braccianti e donne formellesi in cammino verso le terre assegnate dall’Ente Maremma in un fotogramma del cinegiornale Raccolta d’autunno. La ripresa è effettuata dalla Torre di Villa Versaglia e mostra un edificio rurale oggi scomparso (Archivio storico dell’Istituto Luce)

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e i braccianti (54)27. Le testimonianze raccolte nel corso della ricerca Radici e t radizioni contadine nel Territorio di Formello condotta dalle insegnanti della Scuola El e m e n t a re di Formello tornano spesso sulla riforma, quasi sempre con toni commossi. Nella percezione di molti assegnatari di allora è assai poco avvert ibile la strategia di allentamento della p ressione sociale sulle terre, di dispersione dell’unità di classe del mondo bracciantile e di controllo delle campagne attuata con la riforma dalla De m o c r a z i a Cristiana, il vasto progetto di cre a re un ceto medio rurale vicino alle forze politiche moderate. Come ricordano Edmondo Finocchi (classe 1912) e Germano Za vagnini (1914-99), infatti,

Quando l’Ente Maremma ci ha dato le terre è stato solo perché tutto il popolo aveva manifestato violentemente e la lotta era dura senza paura. Noi lavo r a vamo la terra, sapevamo fare solo quello. E quindi j’avemo levato tutta la terra al principe e gli ulivi che c‘erano sopra; a me m’è toccata quella terra davanti alla villa.28

Si allude qui alle quote di uliveto e non ai poderi; l’opposizione è con la famiglia Chigi e con la seicentesca Villa Versaglia (Villa Chigi o semplicemente la Villa), uno dei segni più fastosi del potere nobiliare. Un cinegiornale de “La Settimana Incom”, intitolato Raccolta d’autunno e datato 15 dicembre 1952 (Fig. 29), enfatizza gli effetti della riforma nel territorio

27 Ente Maremma, Comune di Formello – Progetto di colonizzazione, s.i.p. 28 Radici e tradizioni contadine nel Territorio di Formello cit., p. 106.

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di Formello mostrando proprio gli uliveti attorno alla villa; la voce narrante spiega come Anche a queste magnifiche terre si è estesa la riforma agraria. La piccola Versailles di Formello, già proprietà di un principe romano, è stata in parte assegnata a 207 famiglie contadine. Unitisi in una cooperativa promossa dall’Ente Riforma, i nuovi proprietari fanno nell’oliveto il loro primo raccolto. Una doppia gioia arride nei loro volti: quella di raccogliere e quella di raccogliere per sé. Dal frantoio si è ottenuta la molitura a metà prezzo: l’olivo, ultima messe dell’anno, aggiunge al pane e al vino il terzo alimento fondamentale dell’uomo. Niente mancherà sulla mensa negli ultimi giorni delle feste, e la sansa darà nelle stufe un cordiale tepore. Sarà vero, quest’anno, l’albero di Natale! E anche i somarelli sanno che la vita sarà migliore: d’ora in poi, li aiuteranno le macchine!29

Le immagini mostrano straordinarie vedute dall’alto di Formello, la sede della c o o p e r a t i va “La Se l v i a t a”, uomini e donne che raccolgono le olive, fino alla chiusura pittoresca di un somare l l o. Gli oliveti dei Chigi attorno alla villa ve n n e ro frazionati per lo più in una cinquantina di quote di 6000 mq ciascuna; la Villa, invece, fu acquisita dall’Ente ma non riassegnata. Il numero delle famiglie affermato nel filmato (207) si riferisce più in generale all’insieme delle famiglie formellesi coinvolte nella riforma. Gli assegnatari vengono già definiti “n u ovi proprietari”, senza accenno alle rate del riscatto della quota che talvolta anche qui

i n d u s s e ro qualche assegnatario a riconseg n a re il contratto nelle mani dell’ Ente. Si sottolineano allora la “doppia gioia” di chi si è svincolato dal dominio feudale e il contributo che l’olio darà all’ a l i m e n t azione e al benessere delle famiglie. De l tutto retorici sono invece il riferimento alla sansa accesa nelle stufe e l’immagine di calore domestico che evoca quel “cordiale tepore”; l’oleificio, in realtà, rivendeva la sansa ad un impianto di trasformazione di Passo Corese, che vi ricava va olio di sansa e tavolette combustili. Nessuna sequenza, inoltre, mostra le “macchine” ricordate proprio in chiusura dalla voce narrante, e che saranno in effetti una delle novità più importanti della riforma. Alle Perazzeta la riforma intervenne invece in un territorio isolato ed incolto; l’ operazione territoriale promossa dall’Ente Ma remma fu in questo caso così decisiva , e a tal punto portatrice di una nuova identità, che al toponimo ufficiale se ne sovrappose un altro, quello appunto de I Poderi, un toponimo d’uso mai registrato sulle carte. “Ai poderi”, si iniziò a dire, o “giù a li poderi”, a rimarc a re un senso di distanza geografica e culturale dal paese30. Con il dissodamento e la civiltà dei poderi e dei casali si modellava il paesaggio rurale contemporaneo. Per prima cosa si seminarono cereali (grano, orzo e biada): infatti, “in un primo tempo l’Ente si trovò nella necessità di sviluppare al massimo la coltivazione del grano, sia per dare un immediato reddito agli assegnatari, sia perché i terreni appena dissodati non erano in grado di ospitare colture esigenti, sia perché gli assegnatari non erano nella mag-

29 Archivio storico dell’Istituto Luce, Raccolta d’autunno, La Settimana Incom 879, 15/12/1952 (00:01:07). Fondata nel 1938, la società di produzione Incom (Industria Cortometraggi Milano) si specializzò dapprima in documentari di argomento politico e bellico, e poi, dal 1946 al ’65, realizzò e distribuì i cinegiornali “La Settimana Incom”, a cadenza bisettimanale. Sull’immagine della politica di De Gasperi nei cinegiornali de “La Settimana Incom”, cfr. P. Craveri, Il cinegiornale nell’età degaspe riana, in A. Sainati (a c. di), La Settimana Incom. Cinegiornali e informazione negli anni ’50, Torino, Lindau, 2001, pp. 133-42. 30 Secondo l’inchiesta condotta da F. N. Moschini nell’intero Comprensorio, la difficoltà a vivere lontano dal paese era uno dei tratti che emergevano nella vita sociale dei nuovi assegnatari dei poderi.

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gioranza capaci di custodire il bestiame”31. Quando l’insediamento degli assegnatari divenne stabile, oltre ai cereali si impiantarono erbai, oliveti e vigneti. L’Ente concedeva una ventina di eucalipti con funzione frangivento e un centinaio di olivi per ogni podere, mentre l’impianto di un vigneto era lasciato all’iniziativa del singolo conduttore del fondo. Successivamente, ogni fattoria sarà finalizzata alla produzione e alla vendita del latte: nei primi anni Sessanta, non appena fu tracciata la strada interpoderale, un camioncino passava ogni mattina a ritirare le brocche. Al posto del latifondo, sorsero, nella prospettiva del riscatto trentennale, nuove piccole proprietà. Il nuovo regime rurale fu poi accompagnato dalla meccanizzazione sempre più diffusa, assieme all’uso ingente della concimazione chimica. Scorrendo le tante copie del Libretto Movimento Anticipazioni di scorte e numerario che registrava i rapporti economici e agronomici tra ogni assegnatario e l’Ente32, si notano subito queste due i m p o rtanti novità: vi sono appuntati, infatti, i lavori meccanici di aratura, morganatura e semina con i mezzi meccanici dell’Ente, assieme a consegne regolari di nitrato ammonico, perfosfato minerale, calciociamide. Entravano così a far parte del paesaggio, oltre agli animali da lavoro (asini e vacche da traino) e agli attrezzi a traino animale (la barro z z a, l’aratro, l’erpice, la seminatrice, la falciatrice, il rastrellone), anche i mezzi meccanici della cooperativa di assegnatari che l’Ente ave va promosso (due trattori cingolati, aratri e morgani, una trebbia e una pressa a cintoni), e poi, dalla metà degli anni Sessanta, i primi trattori gommati e la lun-

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ga serie dei nuovi attrezzi offerti dalla coeva, rapidissima meccanizzazione dell’agricoltura italiana. Già alla fine degli anni Sessanta, ogni famiglia di assegnatari possedeva un trattore. Trasformazioni territoriali, trasformazioni sociali. Famiglie di braccianti divennero famiglie di coltivatori diretti, futuri piccoli proprietari. La meccanizzazione riguardava anche la vita sociale: in poco più di un decennio, biciclette, basti d’asino e barrozze furono affiancati dal piccolo motociclo Ducati 65 e dalle motociclette Gilera, Moto-Guzzi, MV Agusta e dalle Vespe Piaggio, e poi sostituiti dalle prime automobili, le Fiat 500 e 60033. Nelle feste popolari promosse dall’Ente già nella seconda metà degli anni Cinquanta, comparivano anche le nuove motociclette, segno di benessere e di emancipazione. Le pubblicazioni ufficiali non mancavano di farlo notare. Nel numero del dicembre 1956 della rivista Maremma – lo stesso numero che ospitava un’immagine dell’inaugurazione della cooperativa “Il Pineto”, al suono della banda musicale di Formello –, il paginone centrale riuniva fotografie delle “Feste della Trebbiatura”, “la Festa della nuova Maremma, risorta con la riforma agraria”: le immagini immortalavano i discorsi di rito delle autorità politiche e religiose, le inaugurazioni, gli spettacoli, i giochi tradizionali, dalla corsa dei sacchi alle partite di calcio. Si mostrava, appunto, anche che Alle gare naturalmente partecipano con entusiasmo i più giovani, che ne approfittano per fare bella mostra delle motociclette e delle vespe. Segno anche questo del migliorato tenore di vita.34

31 La Riforma fondiaria cit., p. 46. “Mentre nel 1953 i cereali costituivano il 62,4% del valore della produzione lorda vendibile, nel 1964 essi ne hanno costituito solo il 29,4%; nello stesso periodo i prodotti animali salirono dal 10% al 37,6% e le colture orticole e floreali dal 4,1% al 19,3%”. 32 Alcune copie dei “libretti” sono conservate presso il Museo storico-etnografico “Casolare 311”. 33 A livello nazionale, “le moto sono un milione nel 1955, 4 milioni nel 1960 e crescono poi molto più lentamente fino al tetto di 4 300 000 del 1963. Sono sopravanzate ora dalle automobili: 1 milione al 1956, 2 milioni al 1960, 5 milioni e mez zo nel 1965” (G. Crainz, Storia del miracolo italiano cit., pp. 84-5). 34 Il paginone centrale delle “Feste della Trebbiatura 1956”, ingrandito, è esposto presso il Museo storico-etnografico “Casolare 311”. Ma a Borgo Pineto (come pure a Formello) non si organizzarono mai feste della trebbiatura: la fotografia dell’inaugurazione della cooperativa “Il Pineto” era inserita ad arte nella strategia unificante della “grande famiglia della nuova Maremma”, come recitava il sommario che raccoglie le foto e le didascalie.

La riforma fondiaria degli anni Cinquanta

Con la riforma, una parte importante del mondo contadino degli attuali Comuni del Pa rco, un mondo vasto e insieme ancora semi-arcaico, entrava nella incipiente società dei consumi, entrava davve ro n e l l’ Italia contemporanea avviata al rapido processo di industrializzazione. Prima ancora dei contadini, stava infatti cambiando l’ Italia. So r p rende, rispetto alla sostanziale, secolare immobilità agro n omica e sociale della campagna romana, il ritmo accelerato di queste trasformazioni, di questo passaggio epocale: appena una generazione. Nella seconda metà degli anni Settanta la mungitrice elettrica sostituiva la mungitura manuale e il piccolo treppiedi di legno, la b a n c h e t t a. Le consegne del latte a c o o p e r a t i ve private o alla Centrale del Latte di Roma hanno sostenuto l’economia dei casali per tutti gli anni Settanta e Ot t a n t a . Con la crisi dell’agricoltura italiana e laziale degli anni Novanta (dalla politica comunitaria del set-aside, che premia la messa a riposo dei terreni, al ridimensionamento delle quote latte), invece, assieme alla diminuzione della popolazione a t t i va nel settore primario35, si è assistito alla fine di molte delle aziende agricole delle Perazzeta e, quindi, al riuso e talvo lta al degrado delle arc h i t e t t u re rurali, al-

la parcellizzazione dei terreni, alla diffusione anche in aree agricole di nuove costruzioni residenziali, a deprecabili casi di abusivismo edilizio. In molte aree rurali del Pa rco, negli stessi anni, aumentavano le microaziende e la “pluriattività famigliare”, in cui l’agricoltura costituisce soltanto una delle attività dell’azienda, affidata alla generazione più anziana e comunque concentrata nei momenti della semina e della raccolta. I terreni delle Perazzeta si coltivano ancora, ma l’agricoltura e l’ a l l e vamento non costituiscono più l’attività principale per almeno la metà delle famiglie originarie e non lo sono affatto per i nuovi residenti. Allo stesso tempo, una massiccia edilizia spontanea ha riempito i margini di via di Valle Muricana, la strada provinciale che conduce da Prima Porta a Sa c rofano passando per Borgo Pineto: la periferia della città36 è arrivata a lambire quello che cinquant’anni fa era uno sperduto latifondo. Rispetto a questa “rurbanizzazione”37 che uniforma tristemente identità e paesaggi, il patrimonio storico-architettonico della campagna romana settentrionale, costituito da casali di diverse epoche e da altre architetture rurali, potrebbe rappresentare “un momento fondamentale per imprimere forza e significatività alla qualificazione delle zone periferiche”38, restituendo alle

35 Nella provincia romana la percentuale di addetti all’agricoltura è scesa dal 4,5% al 3,3% della popolazione attiva nel decennio 1971-81, e infine ad una percentuale inferiore al 3% nel decennio successivo (A. Gallo, L’agricoltura in provincia di Roma, Roma, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Roma, 1991, p. 26). Un’analisi recente sulle condizioni dell’agricoltura nella provincia di Roma è L. Moretti, Geografia dei sistemi agricoli italiani. Lazio, Roma, Società Geografica Italiana, 1999, pp. 91-132. 36 Cfr. F. Barra, L’insediamento urbano ai confini del Parc o, in questo volume. Italo Insolera ha più volte denunciato la “periferizzazione pluridirezionale” che ha investito nel dopoguerra lo spazio rurale attorno a Roma, derivante dall’espansione edilizia delle periferie della città ma anche dei paesi limitrofi. Nel Comune di Formello, ad esempio, la popolazione è passata dai 2810 abitanti del 1971 ai 9435 del 2000 (fonti: Comune di Formello / ISTAT) . 37 Per “rurbanizzazione” si intende quel “p rocesso di trasformazione del territorio che vede pro g re s s ivamente insediate funzioni e attività extra-agricole (industrie, centri commerciali, servizi) nelle campagne” (M. G. Grillotti Di Giacomo, Una geografia per l’agricoltura, Roma, Società Ge o g r a f i c a Italiana, 2000, vol. II, p. 323). Spesso la rurbanizzazione si accompagna a fenomeni quali lo sconsiderato consumo di spazio, la speculazione edilizia, l’individualismo sociale. 38 G. De Vecchis, L’agricoltura: un contributo per la qualificazione di aree urbane periferiche, in C. Palagiano – G. De Santis (a c. di), Atti del III Seminario Internazionale di Geografia Me d i c a, Perugia, Rux, 1989, p. 315.

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Figura 30. Attrezzi contadini nel “Casolare 311”, Museo storico-etnografico e Punto informativo del Parco, allestito in un casale assegnato dall’Ente Maremma negli anni Cinquanta. Strumenti semplici e insieme preziosi, testimoni della millenaria vocazione agricola del nostro territorio

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popolazioni locali senso di identità, radicamento e rivalutazione delle origini, attivazione della memoria collettiva, appart enenza ad una cultura e ad un paesaggio. È infatti proprio negli hinterlands più o meno vasti che si corre il rischio di assistere ad una ulteriore “perdita di leggibilità del paesaggio italiano”39, dovuta ai modi repentini e non pianificati dello sviluppo. I rapidi mutamenti dell’agricoltura contemporanea rendono i casali dell’Ente Maremma un patrimonio culturale, e non soltanto di tipo architettonico – anche perché l’evoluzione del lavo ro imponeva agli assegnatari delle modifiche e delle aggiunte alle strutture originarie, come lo stanzino del latte o le tettoie per mettere al riparo i macchinari, o

semplicemente nuovi alloggi. I casali dell’Ente Maremma costituiscono soprattutto un patrimonio sociale ed ambientale40, un bene culturale inteso nel suo rapporto simbolico con lo spazio geografico e la perc ezione collettiva. “I beni culturali non sono semplicemente collocati in un luogo, ma piuttosto generano il paesaggio, e rendono riconoscibili i luoghi in cui sono situati. Funzionano come punti di origine dello spazio geografico e come marche d’identità territoriale”41: l’ identità territoriale non soltanto della civiltà dei poderi nati dalla riforma fondiaria, ma di tante comunità rurali all’interno del Parco. In uno dei casali delle Perazzeta, inoltre, è stato allestito il museo–fattoria “Casolare 311”, primo ed unico museo storico-etnografico delle nostre comunità e Punto informativo del Parco, nato dalla collaborazione tra l’Ente Parco e il Gruppo di studio Il Paesaggio come patrimonio storico. Successivamente, il museo ha ottenuto il sostegno del Comune di Formello ed il patrocinio della Provincia di Roma e del Comune di Sacrofano. Nel museo, che prende il nome dal numero del podere ai tempi della riforma, sono stati raccolti gli strumenti del lavo ro contadino manuali e a traino animale (Fig. 30), ed è stata ricostruita una cucina tradizionale; vi si organizzano regolarmente visite guidate

39 E. Turri, Semiologia del paesaggio italiano, Milano, Longanesi, 1979, p. 3. Il caso romano è uno dei casi-limite: con l’aumento demografico del dopoguerra, “tutta l’ a rea comunale ha subito trasformazioni radicali e i paesaggi –considerati nel loro complesso – si sono sovrapposti in rapida stratificazione” (E. Pa r a t o re, Il suburbio geo-agrario di Ro m a, Roma, Istituto di Studi Romani, 1979, p. 14). 40 L’architettura rurale è il “c o n n e t t i vo sociale e ambientale del paesaggio agrario” (S. Agostini, Arc h i t e t t u ra ru rale: la via del recupero, Milano, Angeli, 1999, p. 28). Dalla metà degli anni Ot t a n t a , si affida anche all’agriturismo il compito di “salvaguardia del patrimonio rurale, naturale ed edilizio” (L. R. n. 36/1997, Norme in materia di agriturismo, art. 1, a sua volta ispirata alla l. 5 dicemb re 1985, n. 730, Disciplina dell’agriturismo). 41 V. Guarrasi, Prefazione a C. Caldo – V. Guarrasi, Beni culturali e geogra f i a, Bologna, Pàtron, 1994, p. 12.

La riforma fondiaria degli anni Cinquanta

per scuole e associazioni, corsi tematici, letture e proiezioni, iniziative per la promozione della cultura rurale e popolare. Se nel Lazio i musei etnografici hanno avuto origine dalla consapevo l ezza del rapido tramonto delle culture tradizionali42, il “Casolare 311” si propone come osservatorio del rapp o rto tra spazi agricoli e urbanizzazione, ricostruendo le culture delle comunità della campagna romana settentrionale del Novecento (in particolare tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta) e documentando le trasformazioni del paesaggio. Il paesaggio agrario del nostro territorio, infatti, costituito da campi di grano e da erbai, da pascoli e boschi, da oliveti e piccoli vigneti, da architetture rurali, costituisce un patrimonio storico e naturalistico insieme, un bene culturale diffuso e un presidio am-

bientale. Un recente convegno organizzato dal Parco (Sviluppo rurale: il nuovo modello agricolo europeo al servizio della collettività, Isola Farnese, Castello Farnese, 16-18 gennaio 2003) ricordava il concetto di “multifunzionalità dell’agricoltura”: l’agricoltura fornisce alla società non soltanto prodotti alimentari e occupazione lavorativa, ma anche funzioni e servizi legati alla tutela del territorio43, al benessere sociale, al re c u p e ro delle tradizioni, al turismo e al tempo libero. L’istituzione del Parco, inoltre, offre ad agricoltori, allevatori e imprenditori la possibilità di valorizzare le coltivazioni biologiche e la qualità delle produzioni, di offrirle ai mercati con il marchio del Parco, di associare al gusto genuino di un prodotto tipico la storia di un territorio e l’evocatività delle sue espressioni culturali.

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42 Cfr. S. Puccini, Il Lazio e i suoi musei etnografici. Tra ritardi e recuperi, persistenze e trasformazioni, in S. Puccini – P. L. Cataldi – M. T. Brandizzi, I musei etnografici del Lazio. Collezioni, raccolte e musei della civiltà contadina, Viterbo, Regione Lazio (Assessorato all’agricoltura) – Università degli studi della Tuscia (Di p a rtimento di economia agro f o restale e dell’ambiente rurale), “Quaderni di Informazione Socioeconomica”, n. 4, 2002, pp. 11-41. L’autrice riprende il concetto di “coscienza del prezzo pagato” nel passaggio dal lavoro contadino a quello industriale espresso da Alberto Maria Cirese in Oggetti, segni, musei. Sulle tradizioni contadine, Torino, Einaudi, 1977, pp. 25-6. 43 Anche lo Statuto del Parco considera le attività agricole un fattore di tutela ambientale e di mantenimento dei paesaggi tradizionali (art. 32, 2d).

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L’insediamento urbano ai confini del Parco di Francesca Barra

1. Premessa

Appare indispensabile premettere che il perimetro del Parco di Veio, istituito dalla Legge Regionale 29/97, non include le zone attualmente urbanizzate né nell’area del Comune di Roma né nelle zone che appartengono al territorio di altri Comuni (Fig. 31). Il territorio del Parco che “affaccia” sulla città di Roma corrisponde quasi alla metà della superficie dell’area protetta, con una popolazione pari al 75% degli abitanti interessati1, e ha caratteristiche insediative, morfologiche e sociali legate all’urbanizzazione, soprattutto nella parte compresa all’interno del Grande Raccordo Anulare. L’attenzione degli studiosi non si è mai soffermata in modo specifico su questa porzione di città. Dal punto di vista degli studi architettonici e urbanistici, il fatto che la città di Roma abbia avuto una fortissima espansione, pianificata e non, in direzione sud-est ha guidato le ricerche p re valentemente verso quel quadrante, che ha presentato maggiori problemi e sfide urbanistiche. Gli studi sociologici si sono focalizzati sulle aree di maggior problematicità sociale, generalmente corrispondente a quelle più densamente e rapidamente popolate. La mancanza di una vocazione industriale della periferia nord della città, la pre1 Dati dell’Ente Parco.

Via Cassia

Via Flaminia

Grande Raccordo Anulare

valenza di insediamenti residenziali, la relativa lentezza nell’ a c c rescimento della popolazione hanno contribuito a re n d e re meno acuti tutti quei problemi tipici del-

Figura 31. I confini del Parco di Veio

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le periferie che attirano l’attenzione dell’opinione pubblica prima, della politica poi, e degli studiosi in un momento ancora successivo. Naturalmente, alcuni studi sono stati s volti in occasione del va ro dei dive r s i piani regolatori o delle loro varianti che si sono succeduti negli anni, ma si tratta p re valentemente di perimetrazioni e indicatori di tipo quantitativo che in questa sede sarebbe poco interessante riportare. 2. La zona urbana del Parco

Il Parco di Veio si inserisce a cuneo all’interno del tessuto urbano della città di Roma seguendo il tracciato delle vie Cassia e Flaminia fin quasi al punto in cui queste antiche strade consolari si riuniscono. Si tratta di una zona della città relativamente prossima al centro2 in termini di distanza, cha amministrativamente fa parte del XX Municipio3. Il nucleo centrale e più antico di tale unità amministrativa è situato nella zona di Ponte Milvio, edificato nei primi anni del Novecento. La restante parte dell’insediamento urbano è stata costruita a norma del Piano Regolatore del 1931: corso Francia, Farnesina e Acqua Traversa, con spazi verdi attrezzati al Foro Italico, al Parco delle Nazioni, al Parco della Farnesina. Fra i nuclei abitativi recenti all’interno del G.R.A., vanno annoverati i centri residenziali di Tomba di Nerone, lungo la via Cassia, e di Grottarossa, lungo la via Flaminia, un insediamento produttivo a Tor di Quinto ed un centro residenziale a Saxa Rubra. Per la porzione di territorio all’esterno del G.R.A., ulteriori insediamenti sono presenti lungo la via Cassia, in un’area prevalentemente agricola nelle zone della Giustiniana, La Storta e Olgiata, oltre ad

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un’ulteriore zona con forti presenze sia di abusivismo che spazi verdi nelle zo n e Osteria Nu ova, Sacrofanese, Santa Cornelia, nonché l’antico borgo medievale di Cesano. Lungo la via Flaminia sorgono invece le borgate storiche Prima Porta e Labaro, sviluppatesi fuori dal piano regolatore. Gli abitanti del Municipio Roma XX, al 7 giugno 2001, sono 146.000. La popolazione, pari a quella di una grande città italiana, è in leggero e costante aumento, per i nuovi insediamenti dovuti allo spopolamento progressivo del centro storico. Si tratta di un territorio complesso sul quale insistono un gran numero di temi che meriterebbero una riflessione; in questa sede, però, gli argomenti trattati saranno principalmente due: - la storia degli insediamenti urbani lungo le due vie consolari al margine del Parco; - la viabilità e i trasporti nella zona limitrofa al Parco. È particolarmente importante l’aspetto relativo agli insediamenti urbani poiché il Parco può costituire una possibilità di riqualificazione per quei quartieri che hanno maggiori difficoltà ad integrarsi correttamente nella città a causa della loro origine non pianificata. Zone come Grottarossa, Labaro e Prima Porta possono trovare nel Parco un’occasione per riallacciare una relazione sfilacciata con il territorio, per costruire nuove identità e opportunità sia economiche che sociali. 3. La crescita della città nell’area urbana del Parco

L’area di più antica edificazione è quella intorno a Ponte Milvio, edificata ai primi del Novecento con un intervento dell’Istituto Case Popolari. Le altre zone nascono prima della seconda guerra mon-

2 Cinque chilometri circa dal punto del Parco più interno alla città fino a Porta del Popolo. 3 Il territorio del XX Municipio è pari a 18.670 ettari, di cui 7.174 occupati dal Parco, il 38,4% del territorio municipale (dati dell’Ente Parco su elaborazione Istat).

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diale, intorno alle direttrici di traffico e in prossimità delle attività agricole (Tomba di Nerone, Prima Porta, Giustiniana). A questi primi insediamenti si aggiungono, dai primi anni del dopoguerra, con un’ulteriore accelerazione negli anni Sessanta, altri nuclei che sono andati a riempire lo spicchio di territorio compreso tra Cassia e Flaminia e si sono successivamente espansi lungo le due direttrici di traffico, specialmente lungo la Cassia. I quartieri di questa zona si inscrivono dunque in un processo di edificazione estremamente intenso, caratterizzato dalla diffusione della “palazzina” del tipo a quattro piani più attico, che era all’epoca la tipologia caratteristica degli insediamenti pensati per i ceti medi. In particolare, la zona di Vigna Clara è il frutto di un’intensa attività della Società Generale Immobiliare4, che fu uno dei principali attori dell’espansione urbana romana negli anni Cinquanta e Sessanta. Dal punto di vista della pianificazione, è importante notare che nelle zone oggi confinanti con il Parco di Veio non era prevista un’intensa crescita urbana; il piano regolatore del 1931 prevedeva infatti un’espansione della città verso est5. Già allora, però, esistevano nuclei di urbanizzazione lungo le vie consolari, tra cui proprio la zona di Labaro, che fu lasciata a se stessa. La variante di piano del 1942 non si occupa della nostra zona, tranne che per un riferimento ad una sistemazione dell’area nord-ovest della città come zona residenziale destinata ad abitazioni signorili, uffici pubblici, sedi di partito e attrezzature sportive. Erano dunque previste una nuova zona residenziale nell’area di Tor di Quinto destinata alla costruzione di palazzine e un nuovo asse di viabilità che è l’attuale corso Francia, una nuova arteria sulla quale doveva confluire l’intero traffico proveniente dall’area settentrionale del-

la città. Inoltre, dal punto di vista delle infrastrutture, la variante del 1942 prevede la realizzazione di un cimitero nella zona di Prima Porta, l’attuale Cimitero Flaminio. Quando nel 1962 fu varato il nuovo piano, le aree che erano già comprese nel piano precedente, come Tor di Quinto, furono introdotte nella cosiddetta zona D, ovvero zona di “completamento”. Le aree cresciute invece al di fuori del piano regolatore fino a quella data furono in seguito inserite in tale piano come zone di “ristrutturazione urbanistica” (dette zone F): si tratta dei nuclei edificati sorti lungo il percorso della via Cassia, in particolare nella zona di Grottarossa, e lungo la via Flaminia, a Prima Porta e Labaro. In quegli anni, un “censimento” delle borgate e dei suoi abitanti segnala 37.000 persone lungo la via Cassia nei nuclei di Cesano, Anguillara, Giustiniana e Tomba di Nerone, e 12.000 abitanti lungo la via Flaminia nel nucleo di Prima Porta. L’area del Parco di Veio entrò gia allora nella zona N, cioè quella adibita a verde pubblico. Contemporaneamente, nell’aprile del 1962 entrò in vigore la legge 167, che favoriva l’acquisizione da parte dei Comuni di aree destinate all’edilizia economica e popolare, seguita due anni dopo dall’approvazione dei piani di zona per l’attuazione di questa legge a Roma. Per quello che riguarda la zona di nostro interesse, gli unici interventi erano previsti a Prima Porta e a Castel Giubileo. In particolare, l’intervento di Prima Porta fu attuato dall’Istituto Autonomo Case Popolari. Nonostante questo intervento e l’adozione del piano, l’abusivismo non si fermò, tanto che nella variante 1978-80 del piano stesso vengono censiti ulteriori 10.600 abitanti lungo la via Cassia nei nuclei di Cesano, Osteria Nuova, Torrione Cerquetta e Valle della St o rta, oltre a 7.000

4 Cfr. P. O. Rossi, Roma. Guida all’architettura moderna. 1909-2000, Roma-Bari, Laterza, 2000, scheda n. 106, e V. Vidotto, Roma contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp. 283-84. 5 P. O. Rossi, Roma. Guida all’architettura moderna cit., schede n. 33 e 77.

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abitanti in più lungo la via Flaminia nei nuclei di S. Cornelia, Sacrofanese km 3 e 5 e Veientana Vetere. Dal punto di vista dell’intervento di pianificazione, vi furo n o due ulteriori tappe, le varianti 1974 e 1978, che in sostanza prescrivevano interventi di urbanizzazione primaria, in particolare dal punto di vista della rete idrica e fognaria e dell’illuminazione pubblica. Un ulteriore strumento urbanistico è stato quello del “PRU” (che riguard a va Programmi di Riqualificazione e Recupero Urbano), caratterizzato da una larga flessibilità e da una maggiore attenzione al territorio, con lo scopo di far emergere la struttura urbana dei quartieri interessati attraverso indicazioni riguardanti gli spazi pubblici, le nuove funzioni, i servizi, il sistema della mobilità, la preservazione e la valorizzazione del sistema ambientale. 4. Le borgate di Prima Porta e Labaro

Prima Porta, precedentemente alla prima guerra mondiale, contava solo poche centinaia di abitanti6 in un piccolo nucleo intorno all’antica chiesa dei SS. Urbano e Lorenzo7. Nella zona vi erano altri abitanti, ma erano sparsi sul territorio nei diversi casolari che punteggiavano la campagna. A Prima Porta esisteva anche una stazione di posta con un’annessa osteria raggiungibile dalla città con un servizio di

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Omnibus a cavalli, tanto nota ai viaggiatori da essere citata nel Baedeker8. Anche se scarsa, vi fu una certa crescita della popolazione, tanto che nel 1877 il Comune provvide a dotare l’insediamento di una scuola rurale triennale9, segno che l’incremento della popolazione non era solo dovuto all’immigrazione ma anche alla crescita demografica delle famiglie residenti. L’ulteriore ampliamento di quest’insediamento fu senz’altro favorito da una legge varata nel 1910, che stabiliva un’esenzione da ogni tipo di prelievo fiscale per 20 anni a favore di coloro che si stabilissero nell’Agro romano10; in seguito, nel 1919, si estesero gli stessi benefici ad insediamenti che “sorgessero ai margini delle strade o circostanti le stazioni ferroviarie e tranviarie”. Queste norme favorirono lo sviluppo dell’area di Prima Porta, che rispondeva ai requisiti previsti da entrambe le leggi. Si nota infatti, a partire da questo periodo, un aumento della popolazione registrata nello stato delle anime della parrocchia: se nel 1901 si contano un migliaio di persone, dieci anni dopo se ne contano 1123, nel 1921 1440, nel ‘31 1002 per poi passare ad un numero più che raddoppiato, nel 1936, quando si registrano ben 2175 abitanti. La presenza del treno favorì l’installazione di alcune attività industriali, tra cui quella dei laterizi, che si iniziò a spostare qui dalla zona di Tor di Quinto e dalla Valle

6 Censite nello stato delle anime della parrocchia nel 1829 vi erano 200 persone, nel 1886 207. Già a quell’epoca un buon numero dei censiti non era originario della zona ma immigrato, sia dalle regioni limitrofe (in special modo l’Abruzzo) sia da alcune province del Nord. Nonostante l’immigrazione, la popolazione si manteneva costante, probabilmente perché i lavoratori non si stabilivano in zona con le famiglie, tanto che tra il 1855 e il 1914 nella parrocchia sono registrati solo 199 bambini. Cfr. E. Camaleone, Prima Porta ad Saxa Rubra, in “Capitolium”, 1966, n. 7-8. 7 I dati disponibili sulla consistenza numerica della popolazione sono tuttavia poco precisi, probabilmente a causa della loro origine non omogenea. Nella monografia di Lando Bortolotti sull’agro romano, infatti, vengono registrati 150 abitanti nel 1881, ma vi è un riferimento alle tenute agricole dell’epoca: è dunque possibile che lo scarto numerico di popolazione sia dovuto al fatto che vi erano 150 persone censite nella tenuta ed altre al di fuori di questa che pure gravitavano intorno alla parrocchia. Cfr. L. Bortolotti, Roma fuori le mura: l’Agro Romano da palude a metropoli, Roma-Bari, Laterza, 1988, p. 15. 8 L. Bortolotti, Roma fuori le mura cit., p. 48. 9 Ib., p. 107. 10 Ib., p. 211.

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dell’Inferno. Questo piccolo nucleo iniziò a crescere subito dopo il primo conflitto mondiale, alimentato in modo abbastanza costante dall’arrivo di immigrati, tra i quali si registra anche la presenza di una numerosa colonia veneta. L’insediamento prese la forma di una borgata intorno agli anni Trenta, con l’arrivo in quest’area dei lavoratori della tenuta Cartoni11. Nonostante le attività industriali, gli abitanti erano allora ancora pre valentemente dediti all’agricoltura e Labaro offriva un panorama tipicamente agricolo. A via Rubra vi erano anche villini di agiati romani, non lontani dal Mausoleo La Celsa, tuttora inserito nel parco di una villa privata. Nonostante questi insediamenti sorgessero al di fuori delle prescrizioni del piano regolatore, non li si può definire abusivi in senso stretto, poiché quando questi sorsero nessuna legge stabiliva una regolamentazione per la costruzione al di fuori del Piano Regolatore Generale, salvo l’obbligo di una licenza. L’ulteriore sviluppo di questa zona è legato poi alla presenza della linea ferroviaria Roma Nord, che, prima dell’avvento della motorizzazione di massa, ne ha garantito l’accessibilità. É proprio grazie alla facilità degli spostamenti garantita dalla ferrovia, infatti, che intorno agli anni Quaranta l’industria delle fornaci va crescendo, lungo via del Labaro, per sfruttare l’abbondante terra argillosa e l’acqua del Tevere12. E Labaro diviene così un polo di attrazione per ulteriore manodopera non residente nella borgata, che da Roma raggiungeva facilmente la fabbrica con il “trenino”. La consistenza numerica della popolazione iniziò a farsi di una certa importanza tan-

to che una delibera del Governatore di Roma stabilì, nel 1927, l’insediamento di uffici dello stato civile in 23 località dell’Agro, deliberando inoltre molti altri provvedimenti spiccioli specialmente nel campo dell’igiene e della sanità pubblica; tali delibere furono attuate tra il 1932 e il 1935, con l’insediamento di una condotta sanitaria nell’area di Prima Porta13. Il nucleo abitativo comincia ad ampliarsi verso la fine del secondo conflitto mondiale, quando la condizione di Roma come “città aperta” attirò grandi quantità di persone, prevalentemente provenienti dalla Ciociaria, dall’Abruzzo e dalle stesse campagne romane, che si stabilirono sia a Labaro sia a Prima Porta, che già si presentava come borgata consolidata. Gli anni della ricostruzione, con le numerose occasioni di impiego specialmente nel settore edile, confermarono l’attrattività dei due insediamenti: una grande quantità di manovali e muratori provenienti dal meridione affluì in quel periodo a Labaro. Inoltre, nel 1946, la realizzazione del cimitero Flaminio impiegò fino a duemila operai per diversi mesi, molti dei quali si stabilirono in zona. Naturalmente, questo afflusso di popolazione causò un’ondata di abusivismo detto “di necessità”: i terreni, allora adibiti ad uso agricolo, furono lottizzati e venduti da alcuni grandi proprietari14, creando così il tipico panorama della periferia abusiva romana. Questi “quartieri” hanno assunto una fisionomia tipica, caotica e arbitraria, fatta di casette minime e senza alcun tipo di infrastruttura e servizi. Tale processo fu incrementato dalla partenza dei lavori per la diga di Castel Giubileo, che si svolsero tra 1948 e il 1951

11 Le vicende di questa tenuta sono poco chiare. Bortolotti riporta l’acquisizione da parte del comune di 14 ettari di questa tenuta nel 1912, allo scopo di contrastare le speculazioni, ma non vi è traccia di una consistente presenza di proprietà pubblica del terreno in zona. Cfr. L. Bortolotti, Roma fuori le mura cit., pp. 219-20. 12 I resti di questa attività sono ancora visibili lungo via Targioni Tozzetti, tra la strada e il Tevere. 13 L. Bortolotti, Roma fuori le mura cit., p. 276. 14 Un elemento di attrazione fu senz’altro il prezzo non alto dei terreni, che erano valutati intorno alle 110-150 lire al metro quadrato. Cfr. E. Camaleone, Prima Porta ad Saxa Rubra cit.

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I COMUNI DEL PARCO Roma (XX Municipio)

Castelnuovo di Porto

Magliano Romano

Abitanti (31/12/2000): 146.356. Superficie totale: 150.760 ha. Superficie nel Parco: 7.174 ha. Area del Parco interessata: 47,9%. Area del Comune interessata: 4,8%.

Abitanti (31/12/2000): 7.209. Superficie totale: 3.084 ha. Superficie nel Parco: 1.066 ha. Area del Parco interessata: 7,1%. Area del Comune interessata: 34,6%.

Abitanti (31/12/2000): 1.317. Superficie totale: 2.114 ha. Superficie nel Parco: 466 ha. Area del Parco interessata: 3,1%. Area del Comune interessata: 22,0%.

Sacrofano

Campagnano di Roma

Morlupo

Abitanti (31/12/2000): 5.886. Superficie totale: 2.849 ha. Superficie nel Parco: 2.373 ha. Area del Parco interessata: 15,8%. Area del Comune interessata: 83,3%.

Abitanti (31/12/2000): 8.874. Superficie totale: 4.607 ha. Superficie nel Parco: 774 ha. Area del Parco interessata: 5,2%. Area del Comune interessata: 16,8%.

Abitanti (31/12/2000): 7.078. Superficie totale: 2.386 ha. Superficie nel Parco: 270 ha. Area del Parco interessata: 1,8%. Area del Comune interessata: 11,3%.

Formello

Mazzano Romano

Riano

Abitanti (31/12/2000): 2.542. Superficie totale: 2.884 ha. Superficie nel Parco: 515 ha. Area del Parco interessata: 3,3%. Area del Comune interessata: 17,9%.

Abitanti (31/12/2000): 6.410. Superficie totale: 2.535 ha. Superficie nel Parco: 134 ha. Area del Parco interessata: 0,9%. Area del Comune interessata: 5,3%.

Abitanti (31/12/2000): 9.435. Superficie totale: 3.111 ha. Superficie nel Parco: 2.212 ha. Area del Parco interessata: 14,8%. Area del Comune interessata: 71,1%.

ad opera della SIT15 e a cui lavorarono anche operai provenienti dalla provincia di Terni: si calcola che, ad opera ultimata, la metà dei lavoratori impiegati nella costruzione si stabilirono nella zona con le loro famiglie. La composizione operaia dell’insediamento è confermata anche in epoche successive: all’inizio degli anni Settanta, infatti, nella zona F il 3,1% della popolazione attiva lavora nel settore primario, 10,2% nell’amministrazione pubblica, 37% nei servizi privati e infine un 49% nel settore secondario16. Ad un’analisi più dettagliata, però, emerge che un 33% della popolazione attiva residente è impiegata nel settore edile. Ad ulteriore conferma di un insediamento la cui principale risorsa era il lavoro in edilizia, ricordiamo che un censimento del 1976 sugli impiegati nel settore testimonia che, su un totale di

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22.076 impiegati edili residenti a Roma, 1548 unità (cioè poco più del 7%) erano residenti nella zona Labaro – Prima Porta. A causa del basso livello di quota rispetto al Tevere, questa zona ebbe per molto tempo problemi di tipo idrogeologico che acuirono le condizioni insediative già disagiate a causa della mancanza di opere di urbanizzazione primaria. Si verificarono infatti diverse inondazioni sia prima della realizzazione della diga nel 1947 che dopo la conclusione dei lavori, nel settembre del 1957, e nel novembre del 1962 e del 1963; la presenza della diga, anzi, fu indicata come causa dei ripetuti episodi finché la tragica alluvione del settembre 1965 indusse all’approvazione, il mese successivo, di un progetto del Genio Civile per la realizzazione dell’arginatura della marana17. La realizzazione di questi lavori, negli an-

15 Società Idroelettrica Tevere, ora ENEL. 16 C. Vallat, Rome et ses borgate 1960 – 1980: des marques urbaines à la ville diffuse, Roma, École Française de Rome, 1995, p. 189.

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ni 1967-68, fece sorgere la necessità di eliminare l’edilizia abusiva di fondovalle; inoltre, parallelamente a questi lavori e con ulteriori demolizioni, fu realizzata ad opera del Comune una nuova strada in sostituzione della precedente, distrutta dall’allagamento. Nonostante questi problemi idrogeologici, negli anni Sessanta il processo abusivistico raggiunse il parossismo, quando con il boom economico si verificò un frazionamento ulteriore dei terreni e la nascita di un abusivismo non più di necessità ma speculativo, aggiungendo così all’insediamento originario di case minime costruite con il lavoro familiare insediamenti di tipo borghese, palazzine “di lusso” e ville. Per seguire l’espansione demografica con il conseguente incremento delle costruzioni sono significativi alcuni dati: nella borgata di Labaro il 17% degli edifici è stato costruito prima del 1946, il 44% tra il 1946 e il 1961 (tali costruzioni sono state legalizzate con il piano del 1962), un ulteriore 31% tra il ’62 e il ’70 e, infine, un residuo 8% tra il ’70 e il ’7618. É interessante rilevare come dal punto di vista del consumo del suolo l’insediamento nella fase dal ’46 al ’61 sia stato maggiore a causa della dispersione delle costruzioni su tutto il terreno disponibile tra la marrana e la via Flaminia, mentre le costruzioni nelle fasi successive sono andate a densificare il tessuto abitativo riempiendo i vuoti rimasti. L’incremento della popolazione e della densità abitativa ha portato anche, in mancanza di una pianificazione della viabilità, a problemi di traffico molto forti.

Il Piano regolatore del 1962 prevedeva di saldare i due nuclei mediante la realizzazione di nuovi interventi di edilizia pubblica (il piano di zona n. 9: “Prima Porta”) e di edilizia privata (le convenzioni “Colli d'Oro”, “La Valchetta” e “Poggio Villa Rubra”). L’intervento di edilizia residenziale pubblica, nelle previsioni del piano di zona, era finalizzato principalmente a trasferire nell’area collinare gli abitanti già insediati nei tessuti edilizi abusivi preesistenti del fondovalle, ritenuti giustamente a rischio prima della realizzazione degli argini del fosso di Prima Porta. Sulle aree vallive, il piano di zona prevedeva quindi l’esproprio, la demolizione, la “ristrutturazione urbanistica” e la realizzazione del verde e dei servizi necessari. Erano previste inoltre opere di urbanizzazione primaria come le condotte dell’ a c q u a19, l’illuminazione pubblica, la viabilità20. Sui nuclei originari di Labaro e di Prima Porta, costituiti da tessuti spontanei che il Piano Regolatore legittimò come zone di “ristrutturazione urbanistica” (zona F1), i piani particolareggiati hanno invece dato scarsi risultati in termini di riordino viario e di dotazione di aree pubbliche. 5. La viabilità intorno al Parco: le vie consolari e le ferrovie

La vocazione prettamente residenziale del territorio urbano ai confini del Parco fa sì che quotidianamente una grande quantità di persone, ognuno con la propria auto-

17 La marana o marrana era un canale che permetteva il deflusso delle acque verso il Tevere. 18 C. Vallat, Rome et ses borgate 1960 – 1980 cit., pp. 38-41. 19 La borgata era servita in minima parte dall’acquedotto dell’Acqua Marcia, ma coloro che non potevano usufruire di questo servizio si avvalevano di pozzi o delle autobotti dell’ACEA. Cfr. E. Camaleone, Prima Porta ad Saxa Rubra cit. 20 La precaria situazione del servizio delle acque si è protratta per molti anni dopo la decisione di dotare la zona dei servizi di base, tanto che nel 1978 una buona parte delle abitazioni di Labaro erano servite delle autobotti. In pratica, la parte settentrionale appartenente alla zona F aveva l’acqua corrente mentre la parte meridionale della borgata, appartenente alla zona O, non aveva alcun servizio, e lo smaltimento delle acque era “assicurato” dalla vicina marrana che si riversava direttamente nel Tevere. Si veda a proposito: C. Vallat, Rome et ses borgate 1960 – 1980 cit., pp. 166-67, e AA. VV., Labaro, una borgata romana attraverso un’esperienza didattica, Roma, Edizioni scientifiche associate, 1978.

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mobile, si sposti lungo gli assi viari principali dalle propaggini più esterne della città verso quelle più centrali e provviste di servizi. I fenomeni di congestione del traffico interessano dunque tutto il settore e specialmente la zona meridionale del nostro territorio. A Labaro e a Prima Porta la viabilità risente del fatto che tali insediamenti sono in larghissima parte abusivi; la speculazione infatti ha determinato un tessuto viario insufficiente che ha come unico sbocco la via Flaminia, che funge anche da collegamento tra i due nuclei. La viabilità nell’area, non solo nella zona all’interno del Comune di Roma ma più in generale nel territorio del Parco, è piuttosto datata. Tutti i percorsi stradali import a n t i , tranne la Cassia-bis e il G.R.A., esistevano già nel secondo dopoguerra. Allo stesso tempo, il fenomeno del pendolarismo dalla periferia verso la città è sempre più rileva nte: si stima che circa 10.000 persone, quotidianamente, per studio o per lavo ro, si spostino verso il centro di Roma, di cui più della metà in automobile. Per quanto riguarda i due principali assi viari di accesso alla città, la via Cassia nel primo tratto è interessata da un fenomeno di urbanizzazione intensissimo, con viabilità laterale a “pettine” e uno stato di congestione endemico che per essere modificato necessiterebbe di un intervento radicale di riqualificazione. La congestione della circolazione sulla via Cassia non ha affatto fermato un processo di urbanizzazione intenso e poco controllato: se nel 1944 lungo la consolare non c’erano altro che alcune ville isolate21 e pochi insediamenti piccoli e dispersi con una densità abitativa molto bassa, venti anni dopo gli insediamenti sono cre-

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sciuti in dimensioni e densità, in particolare nell’area di Tomba di Ne rone, prendendo l’aspetto di città vera e propria pur senza saldarsi al nucleo urbano22. La via Flaminia, dal punto di vista del transito, è più scorrevole, a causa della minore presenza di funzioni di tipo urbano e residenziale, che non sono comunque assenti; allo stesso tempo, la Flaminia lamenta un tracciato sinuoso e uno scarso collegamento con la viabilità interna. L’area del Parco è inoltre servita da due linee ferroviarie, che seguono il tracciato delle vie consolari: la Roma-BraccianoViterbo (spostata verso ovest rispetto alla Cassia) e la Roma-Civita CastellanaViterbo. La linea ferroviaria che dalla stazione di Roma Trastevere andava a Viterbo passando per Bracciano: inaugurata nel 1894, fu una delle prime a servire la zona nord della capitale; a questa si aggiunse nel 1909 una tramvia lungo la via Flaminia sostituita nel 1932 da una vera e propria ferrovia che attraverso un tunnel a r r i va va (e arriva tuttora) a Pi a z z a l e Flaminio23. Il percorso iniziale della tramvia era invece diverso da quello della successiva ferrovia: partiva in un primo tempo da Piazza della Libertà e in seguito da viale delle Milizie. Il sistema ferroviario, in prospettiva, è destinato ad arricchirsi con la realizzazione della terza linea di Metropolitana, la Linea C, che giungerà a nord in corrispondenza della cintura ferroviaria, nel nuovo nodo di interscambio di Vigna Clara. La realizzazione di questo progetto snellirebbe il traffico automobilistico e favorirebbe l’accessibilità al Parco e al suo patrimonio storico e naturalistico.

21 Ricordiamo in particolar modo Villa Manzoni, le cui vicende sono complesse e che ancora oggi giace in uno stato di penoso abbandono. 22 C. Vallat, Rome et ses borgate 1960 – 1980 cit., pp. 75 sgg. 23 L. Bortolotti, Roma fuori le mura cit., p. 124. Cfr. A. Finodi, Viaggiatori, corrieri e osterie di posta sulle vie Cassia e Flaminia, in questo volume, paragr. 7, “Dalla carrozza alla ferrovia”.

L’insediamento urbano ai confini del Parco

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P. O. Rossi, Roma. Guida all’architettura moderna. 1909-2000, Roma-Bari, Laterza, 2000 M. Sanfilippo, La costruzione di una capita le: Roma, 1870-1911, Cinisello Balsamo, Silvana, 1994 Id., La costruzione di una capitale: Roma, 1911-1945, Cinisello Balsamo, Silvana, 1994 Id., La costruzione di una capitale: Roma, 1945-1991, Cinisello Balsamo, Silvana, 1994 A. M. Seronde Babonaux, De l’urbs à la vil le, Rome croissance d’une capitale, préface de Giulio Carlo Argan, Cergy, EDISUD/Mondes méditerranéens, 1980 C. Vallat, Rome et ses borgate 1960 – 1980: des marques urbaines à la ville diffuse, Roma, École Française de Rome, 1995 V. Vidotto, Roma contemporanea, RomaBari, Laterza, 2001

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Documento n. 1 Carta di fondazione del monastero dei SS. Cornelio, Felice, Lucio e Innocenzo del 2 aprile 1041. Stefano, “nobil. vir.” figlio di Leone “qui voc. de Nomiculatore”, con il consenso della moglie Maroza “nobiliss. fem.”, dona a Leone, abate del monastero dei SS. Cornelio, Felice, Lucio e Innocenzo, posto nel territorio di Selva Candida, alcune terre con prati, vigne, orti e muli-

no, situate nello stesso territorio, attorno al monastero. Il documento è pubblicato in: P. Fedele, Le carte del mona stero dei Ss. Cosma e Damiano in Mica Aurea, “ASRSP”, 22, (1899), doc. n. XLV, pp. 79-81. Sono evidenziati in grassetto i principali toponimi citati nella presente ricerca e tutte le chiese p a r rocchiali, denominate pievi, insistenti nel territorio dell’antica Veio.

+ In nomine domini Dei salvatoris nostri Iesu Christi. Anno Deo propitio pontificatus domni nostri Benedicti summi pontifici et universali (univers) noni papae, in sacratissima sede beati Petri apostoli nono, indictione nona mense (mens) aprelis die secunda. Quicquit enim in ac vita possidere videtur, quamvis dulcius videtur, cito cum amato relinquitur, proinde restad ut ad meliora appetad que sibi eternaliter lucrari debeant hacquirant. Et ideo quoniam constad me Stephanus nobili viro domnus Leo qui vocatur de Nomiculatorem olim filio presentem et consentientem in oc mihi Marozza nobilissima femina coniuge meam, hac die do, dono, cedo, trado et inrevocabiliter largior simulque concedo ex meo iure in tuo iam iure do[mi]nioque (donioque) obtimam legem trasoffero atque trasscribo, nullo me cogentem neque contradicentem aut vim facientem, set propria spontanea mea voluntate, vobis domnus Leonem virum venerabili presbiterum et monachum atque coangelico abbate de venerabili monasterio sanctorum Christi martirum Cornelii, Felis, Luci atque Inocentii, qui situm est in territorio Silbe Candide [Selva Candida], et per vos namque in cuncta congregatione monachorum fratrarum introeuntibus in servitio et laudem Dei commorantibus vestrisque successoribus in perpetuum, pro Dei omnipotentis amore omniumque sanctorum nostre anime salutis, et de quondam suprascripto meo genitore et veniam delictorum nostrorum simulque pro vestris sacris hac pias orationes, quas pro salutem animarum nostrarum diebus ac noctibus facere non cessatis, quaprobter remunero et dono vobis vestrisque successoribus im perpetuum.

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Idest totam vel integra meam videlicet portionem de terra sementaricia de quantacumque infra subscripti affines conclauduntur, cum portionem de vineis et ortuis, sive de aquimolum unum qui per tempore (temp) moleant infra se abentibus et de terris rationalis, campis, passcuis, pratis, scoropetis, montibus et vallibus, plageis et planizeis, cultam vel incultam, vacuam et plenam, cum finibus terminis limitibusque suis, et cum omnibus a suprasciptam meam videlicet portionem generaliter et in integrum pertinentibus. Constituto territorio Silbe Candide [Selva Candida] in circuitu iam dicto vestro monasterii (moni), quod est inter affines, ab uno videlicet latere ribo decurrentes fine fontana que vocatur Becla usque in caba qui dicitur de Ponticelli, et sicuti dividit ibso ribo inter ibsa videlicet terra et alia terra que est de heredes de Crescentio Domini gratias olim prefectus, et aliis consortibus, et a secundo latere iam dicta caba de Ponticelli sicuti vadit per ibsa caba usque in via carraria, et sicuti dividit ibsa caba inter ibsa terra et terra et silba de heredes de quondam Britto qui vocatur de Agella cum aliis consortibus, et a tertio latere iam dicta via carraria, et sicuti vadis usque i staffile qui est possitus in capo de valle Capogatti, et deinde vadit usque in cabartina qui dicitur de Cornalitu, et da ibsa cabartina sicuti vadit per via qui descendit de monte qui vocatur Acuzzo [odierno monte Aguzzo], usque in alio staffile qui est possitus iusta via, et a quarto latere sicuti vadit da ibso videlicet staffile per arboribus designati et petre ficte, usque in iam dicta fontana Becla, et recte in suprascripto ribo. Infra os vero fines de totam meam videlicet portionem de terris, pratis, vineis et ortuis, sive de aquimolum unum in integrum, nullam reserbationem exinde facio. Iuris cui existens. Hunde et anc a die presenti donationis chartula vobis contradidi, hec omnia sicut superius legitur ut a presenti die habeatis, teneatis, possideatis, in usum et salarium vestrum semper existans et maneas, fine tenus, im perpetuum. Pro quibus numquam a me neque ab heredibus et successoribus meis neque etiam a nullam magna parbaque persona a me summissa aliquam aliquando habebitis questionem aut calumnia, etiam contra omnes homines stare nos una cum heredibus nostris et defendere promittimus vobis vestrisque successoribus in perpetuum, hec omnia que anc a die presenti donationis chartula seriem textus eloquitur inviolaviliter conserbare atque adimplere promitto. Nam quod absit siccontra hec que ut superius notata sunt vel ascripta leguntur contra agere presumsero et cuncta non obserbabero, tunc daturo me promitto una cum heredibus meis vobis vestrisque successoribus ante omne litis initium pene nomine auri obtimi libra una ebritias et post penam absolutionis manentem anc donationis chartula seriem in suam nihilominus manead firmitatem. Quam scribendam rogavi Martinus scriniarius sanctae Romanae (rom) Eccelsie, in mense et indictione suprascripta nona. Signum + manus suprascripto Stephanus nobili viro et hanc chartula donationis fieri rogavit. Signum + manus suprascripta Marozza nobilissima femina et consentiens a suprascripto suo viro que supra legitur. + Johannes vir magnificus qui vocatur de Betraula. + Netto vir magnificus filio Baruncio. + Sifrido vir magnificus negotiens. + Candulphus vir magnificus sutor. + Omodei filio Martino macellario. + Ego Martinus scriniarius sanctae Romanae Ecclesie, qui supra scriptor huius chartule post testium subscriptionis et traditionis facta complevi et absolvit.

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Documento n. 2 Legenda descrittiva e Indice che corre d ano la pianta della Tenuta di S. Co rn e l i o copiata il 12 agosto 1830 dalla mappa originale custodita presso il convento dei Padri Agostiniani di S. Maria

Novella, a Bracciano. Il documento è c o n s e rvato presso l’ A rchivio di Stato di Roma (Collezioni di disegni e piante, Ca rtella n. 94, Bobina n. 34, sequenza n. 510).

[Legenda descrittiva ] Pianta della Tenuta di S. Cornelio spettante al Ven. Convento dei RR.PP. Agostiniani di S. Maria Novella di Bracciano, posta nell’ A g ro Romano fuori la Po rta Flaminia, come costa dal libro delle Piante di detta Po rta a carte 28 (o 48) esistente nell’ Offizio delle Strade a Piazza Rondanini e dalla Pianta Topografica dell’Agro Romano n. 11 fatta dall’AgrimensoreGio. Batta Cingolani dalla Pergola, e data alle stampe da Gregorio Rossi in Roma l’anno 1692, le quali stampe in oggi si vendono in Roma alla Calcografia Camerale. [Indice] A. Terra lavo ra t i va con diversi alberi di Qu e rcia, e sodiva con sterpi, e fonte murata, e ripe di fossi in Vocabolo “Pozzalone” di R(ubbia) B. Terra lavo ra t i va con Casa in Vocabolo la “Rimessa del Casale” “ C. Terreno sodivo con fonte, ed Alberi, e fosso, e parte lavorativo in Vocabolo la “Fonte dé Caldarelli” R(ubbia) D. Terra Prativa con siepe da tre lati in Vocabolo il“Prato del Casale” “ E. Terra lavorativa con Qu e rcie, e Fonte, e ripe de Fossi in Vocabolo la “Rimessa Grande” “ F. Terra lavo r a t i vacon Vestigie della Chiesa di S. Co rnelio, e ripe de fossi sodive con fonte in Vocabolo“le Muraccie”…di m.a (misura).“ G. Terra sodiva con sterpi e Macchia cedua in Vocabolo “il Qu a rt i c c i o l o” di m.a (misura) “ H. Terra lavorativa con diverse Qu e rcie, morali, e sterpi in Vocabolo “Le Ce rq u e” “ I. Terra, che era Prato in oggi lavorativa in Vocabolo il “Prato Grande” L. Terra lavorativa con Quercie, in Vocabolo “Monte d’ Oro” “ M. Terra lavo ra t i va con Quercie, sterpi, e ripe de fossi in Vocabolo “Le Ro t e” “ N. Terra sodiva sterposa macchiosa, ripe de fossi, e lavorativa con Quercie “

36.1.1.075 24.1.3.580 1.0.3.204 1.2.3.047 37.2.2.074 5.3.2.121 11.3.3.345 40.0.0.243 8.0.1.056 12.0.0.070 6.1.3.219 8.1.2.197

In totale Rubbia centonovantaquattro, quarte ze ro, quart a ro l i o siano scorzi due, e staioli centotrentuno “ 194.0.2.131 Eq u i valente in misura Romana a Rubbia centonovantaquattro, quarte zero, scorzi due, quartucci zero, e staioli centotrentuno “ 194.0.2.0.131 Copiata dalla Mappa Originale esistente presso li R.R.P.P. suddetti Roma li 12 Agosto 1830

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Documento n. 3 Relazione della visita economica a Scrofano compiuta da Alessandro Lante per conto della Congregazione del Buon Governo, nel marzo 1790. Il documento

è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma (Congregazione del Buon Governo, serie IV, b. 742).

Alla Sacra Congregazione del Buon Governo. Visita economica della Communità di Scrofano fatta da Monsignor Alessandro Lante nel mese di Marzo 1790. Eminentissimi e reverendissimi signori

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Semplicità di costumi, negligenza di maniere, povertà di fortuna sono i caratteri che distinguono la maggior parte degli abbitanti del piccolo paese di Scrofano; non dispregevoli al certo, ove alcun sappia per un poco distrarsi dal fumo, e dallo strepito delle popolose città. […] La entrata più ragguardevole della comunità di Scrofano consiste nella vendita del taglio della Macchia, che a lei appartiene. Eppure si è tentato dai communisti di diminuire questo capo di entrata per quanto è stato loro possiblie. Mentre allorché ne segue la delibera si divide con istrano abuso il prezzo in annua risposta da pagarsi alla comunità; ed in tanti mezzi grossi per Scudo a favore della Chiesa comunitativa di S. Biagio. Tal che ne seguon due mali: Il primo, che allorché non occorron restauri della chiesa suddetta, questi mezzi grossi facilmente si disperdono […]. Il Secondo, che per tal modo si deludono le leggi della Sacra Congregazione, la quale non vuole che senza il suo permesso si spenda il Denaro Comunitativo. Il provento del macello di Scrofano è di pertinenza della Comunità, e la prestanza che dalla medesima si accorda al Proventiere ascende a scudi sessanta la quale anzi per quest’anno è convenuta accrescere fino a scudi cento, giacché altrimenti non si trova l’Oblatore, e più che in altro luogo è necessario a Scrofano pel copioso numero di malati in tempo d’estate. Ma all’opposto di tutti gli altri luoghi ho ritrovato, che dal Proventiere non si pagavano i frutti della prestanza suddetta, i quali certamente si devono a una Comunità che è gravata di debiti fruttiferi […]. […] Se la maggior parte della popolazione di Scrofano languisce nella miseria non così deve dirsi della communità, la quale è fornita di utilissimi provvedimenti. Una vasta macchia cedua, donde ritrae un lucroso affitto, ed il dominio di tutte le erbe del territorio, per cui ella riparte una certa annua colletta sopra il bestiame costituiscono il principale alimento delle tre pubbliche casse ed hanno sempre esentato gli Scrofanesi da qualunque personale e reale contribuzione. Perché sebbene tanto l’intiero ritratto dell’ a ffitto della macchia, che il prez zo delle erbe territoriali siano di special pertinenza della Cassa Communitativa, pure sovrabbondano la medesima eccessivamente di rendite affatto sempre trapasso de’ sov r a vanzi in favore delle altre due casse Camerale e Privilegiata, affinché potessero senza aggravio del popolo sostenere i rispettivi lor pesi. Di ciò rendono incriticabile testimonianza le tabelle fissate nella visita dell’anno 1763, la succinta dimostrazione delle quali si annette in sommario al numero III. E qui solo mi sia permesso di far riflettere, che niuna delle tre casse era di quel tempo gravata di

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alcuna sorte di debito; onde non essendo per alcuna necessaria dote di ammort i z z a z i one; non si facea dalla cassa communitativa alle altre due casse trapasso maggiore di quello, che richiedevano gli annui lor pesi, e tutto l’annuo soprava n zo delle pubbliche rendite consistente in scudi 155 rimaneva come era di ragione a pro della Cassa C o m m u n i t a t i va.[…] Giacché il riparto sopra il bestiame nella somma di scudi 500, o pochi o molti fossero gli animali depascenti, era sempre lo stesso, e l’affitto novenniale della macchia diviso come gli era in tante rate uguali da pagarsi dal Conduttore per ciaschedun anno, ne pre s e n t a va per se medesimo il decennale ritratto, e insiemamente l’annuo fruttato. […] Ma la communità di Scrofano ha pur non dimeno dovuto socc o m b e re alla medesima sorte di presso che tutte le communità dello Stato con creare debiti fruttiferi ora per soddisfare alle straordinarie tasse del Tribunale delle Strade, ora per provvedere ai bisogni del suo popolo affannato da imperiose carestie e quando finalmente per mitigare la sorte delle communità sue sorelle afflitte e desolate dal flagello del terremoto. […] A tal effetto radunato il Consiglio con l’intervento dei deputati ecclesiastici fu risoluto d’imporre una colletta generale di scudi 100 e di accrescere il rip a rto sopra il bestiame che non è altro in sostanza se non che il prezzo delle erbe di altri 100 scudi. […].

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Documento n. 4 Rapporto per il Consiglio dei Ministri redatto nel 1869 che riferisce di una petizione collettiva delle comunità contro la legge del 1849, la legge che consentiva a pro-

prietari ed affittuari di riscattare i fondi dal diritto di pascolo comune. Il documento è c o n s e rvato presso l’Archivio di Stato di Roma (Ministero dell’In t e rn o, b. 488).

R a p p o rto per il Consiglio dei Ministri Oggetto: Se convenga o no di adottare una qualche provvidenza sulle affrancazioni dalla servitù di pascere.

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La Santità di No s t ro Si g n o re ha ingiunto al Riferente di sottoporre all’esame di questo eccelso Consesso la Supplica umiliataLe dai Comunisti di S. Oreste, i quali rappresentano immiserita quella popolazione per le affrancazioni eseguite in sequela della Legge del 29 dicembre 1849. In questa istanza si conclude che a rimuove re tale ingente pregiudizio altro rimedio non vi ha che di ord i n a re una nuova Legge che chi vuole affrancare i suoi fondi, oltre la indennità a chi di ragione, debba recingerli e piantarli per intero. De ve qui il Riferente manifestare a questo Eccelso Consesso che sarebbe nel vivo desiderio del Santo Pa d re che si studiasse il modo di rendere meno pregiudizievole all’agricoltura ed alla piccola industria pastorizia dei paesi, la succennata Legge del 1849. Ciò permesso è in prima ad esaminare se sia giusto ed equo il rimedio che viene p roposto dagli abitanti di S. Oreste, cioè di ingiungere agli affrancanti l’obbligo di recingere i loro fondi e farvi le piantagioni ossia ridurli a miglior coltura non ostante che abbiano pagato la indennità ossia il prezzo del pascolo dal qual re d imono i loro terre n i . In questa discussioni è d’uopo in prima di osserva re che a forma del diritto comune, e della giurisprudenza costante dei Tribunali, fu mai sempre ritenuto come principio inconcesso, che nelle servitù affermative o consuetudinarie di pascere , potesse il possessore dei fondi rustici, senza corrispondere una indennità, liberarli da tale servitù col solo recingerli e ridurli a miglior coltura. Nello scopo di port a re un incremento all’agricoltura la sa(cra) mem(oria) di Pi o VII nel suo Motu Proprio del 15 Se t t e m b re 1802, volendo estendere il beneficio delle affrancazioni anche alle servitù negative, dispose che oltre al pagamento delle indennità, ave s s e ro gli affrancanti a re c i n g e re i loro terreni ed a ridurli a miglior coltura per ottenere la liberazione dei medesimi dalla servitù del pascolo. Questo onere imposto dal recingimento, e della miglior coltura, come troppo grave non valse ad allettare i possidenti dei prede(tti) rustici all’affrancazione; quindi ben pochi si determinarono a giovarsi del diritto loro compartito del surriferito Motu Pro p r i o. Insistendo quindi per parte della Città di Corneto e di molti ragguardevoli Signori, perché una Legge saggia e ben regolata stabilisse le norme d e l l’affrancazioni tanto sui fondi soggetti alla servitù affermativa quanto su quelli affetti dalla negativa e pro i b i t i va, dopo molti studi intrapresi fin dal principio del Pontificato del Regnante Sommo Pontefice dopo gli opinamenti delle va r i e C o n g regazioni a tale scopo deputate, e preso in esame quanto è stato dedotto dai possessori dei fondi e dalle Comunità interpellate, finalmente nel 29 Di c e m b re 1849 la Commissione Gove r n a t i va di Stato promulgava in proposito una

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Notificazione nel proemio della quale si legge: Fino dal cadere del secolo decorso il Governo Pontificio vide il bisogno di portare un positivo incre m e n t o all’Agricoltura ponendo un limite alla servitù di pascolo e procurando l’affrancazione dei terreni che ne erano gravati; poiché si conobbe per esperienza, che a causa di tali servitù molti possessori sono costretti di lasciare delle fertili terre incolte, e spogliate di ogni miglioramento. Si soggiunge quindi, che quantunque da tali prov v i d e n ze siasi ottenuto un parziale vantaggio, tuttavia sembrò impossibile di raggiungere il fine, che il Governo si pro p o n e va senza adottare una più generale misura. In rapporto al modo ed ai vincoli, cui dee soggiacere l’Affrancante nel P(aragrafo) 1. si statuisce, che tutti i terreni qualunque sia la natura e la indole della servitù di pascere, possono dalla medesima liberarsi col pagamento della indennità: “i fondi soggetti alla servitù di pascere possono affrancarsi con le norme seguent i” P. 2. il prezzo o indennità dell’affrancazione sarà o in terreno o in un’annua p restazione pecuniaria. Si soggiunge poi al P. 10: È in facoltà del proprietario del fondo di esonerarsi dalla detta indennità dimostrando che la servitù deriva va da sola consuetudine ed era meramente affermativa e facoltativa, ed assumendo inoltre il peso di re c i n g e re il fondo e ridurla interamente a miglior coltura; questa facoltà deve essere sperimentata nel perentorio termine di un triennio decorrendo dal 1 Ot t o b re 1860. Dalla lettera, e dallo Spirito delle qui trascritte disposizioni di Legge, sembra al Riferente, che l’obbligo di re c i n g e re il fondo e di ridurlo a miglior coltura non venga imposto, che a quelli i quali non pagano la indennità. Ed in siffatta differenza la nuova Legge ha seguito il disposto della Legge comune, che nella servitù affermativa consuetudinaria di pascere, ravvisando un diritto nato dal silenzio e bonomia dei padroni del fondo, lo riconobbe risolubile senza pagamento di indennità tosto che il proprietario lo recingesse e lo riducesse a miglior coltura. No n potea peraltro la nuova Legge, allorché si trattava della servitù negativa, stabilire lo stesso principio coll’assoggetare il proprietario a re c i n g e re e migliorare il fondo; poiché le servitù negative e pro i b i t i ve avendo a loro fondamento i contratti o centinarie che stabiliscono il miglior titolo del mondo, come suol dirsi, il padrone del terreno, non poteva liberarsi dalla servitù che pagando il giusto prezzo della medesima. Sottoposto poi il proprietario a sborsare il prezzo della servitù non vi sarebbe un motivo ragionevole per il quale avesse a richiedersi il recingimento del fondo e la miglior coltura per conseguire l’affrancazione. Ed è in questo senso, che fu interpretata dal Consiglio di Stato e da questo Consesso la Legge del 29 Di c e m b re 1849, allorché nelle riforme statutarie che si pro p o n e vano per l’ a p p rovazione Sovrana volendosi addossare ai proprietari dei t e r reni il peso di recingerli, fu mai sempre escluso quest’ o n e re a carico dei possessori di fondi affrancati dalla servitù di pascere. E frequentemente pressato il Mi n i s t e ro dell’Interno ad ord i n a re che ve n i s s e ro chiusi i fondi affrancati che si trova vano in mez zo a molti altri soggetti alla servitù di pascere, mai sempre rispose alle Delegazioni, che di un tal peso non potevano gravarsi i terreni affrancati dalla servitù, quantunque riconoscesse quanto grave fosse il pregiudizio che sperimentavano i proprietari dei bestiami, poiché agli animali depascenti era ben difficile l’impedire che sconfinassero e quindi le querele di danno dato erano quasi inevitabili. Rapporto poi alla miglior coltura è a ricordarsi il reclamo avanzato dai Comunisti di S. Anatolia, i quali si opponevano all’affrancazione di una regione montuosa

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nella quale per la sterilità del suolo non era praticabile alcun miglioramento, ma soltanto un meschino pascolo per il bestiame caprino e pecorino. Fattosi rapporto dal Mi n i s t e ro a questo Eccelso Consesso fu il medesimo di avviso che non pot e va rendersi alcuna provvidenza né ammettere alcuna eccezione che limitasse il diritto di affrancare e la Santità di No s t ro Si g n o re nella udienza del 22 Gennaio 1853 approvò l’opinamento del Consiglio dei Min i s t r i . Pare quindi al Riferente, che non sia luogo ad esitare sulla interpretazione della Legge del 29 Di c e m b re 1849 in esecuzione di qualunque obbligo nell’affrancante sia di recingere sia di ridurre a miglior coltura il fondo da redimersi dalla servitù di pascere . Non sembra poi al Riferente che col re c i n g e re e ridurre il fondo a miglior coltura ne venga di necessaria conseguenza il benefico effetto di dare ai piccoli possessori del bestiame il modo id continuare in questa industria; poiché il solo utile può ridondare a beneficio dei possessori dei fondi rustici che affrancano per rit r a r re maggiori prodotti dal suolo e per meglio prov ve d e re al pascolo del loro bestiame non mai a soccorso dei possessori dei bestiami che privi siano di fondi capaci a mantenere il loro gregge; e poiché per questi s’implora dalla suprema autorità la modificazione della Legge del 29 Di c e m b re 1849, è facile l’ i n t e n d e re che colla riforma che si propongono di ottenere non conseguiscono direttamente il rimedio ai loro bisogni. Né deve inoltre omettersi il grave riflesso che la miglior coltura del fondo nel senso delle servitù consuetudunarie che si vo r rebbe imporre agli affrancanti a forma del P. 11. della surriferita Legge, consistendo precipuamente nella piantagione dei t e r reni, è chiaro che costituisce il prezzo del pascolo, avesse il possessore del fondo a subire un dispendio sì grave, e sostenere altresì la spesa di re c i n g e re il fondo con stagionate (che dopo un qualche tempo conviene rimuove re) non vi sarà alcuno, che si voglia determinare ad affrancare i suoi fondi. Per questi riflessi il Riferente è di avviso che i Comunisti di S. Oreste si siano limitati a chiedere non l’abolizione della Legge, come cosa più difficile a potersi c o n s e g u i re, ma la ingiunzione del vincolo agli affrancanti di re c i n g e re e migliorare il loro fondo, ben comprendendo che imposto un tal peso gravosissimo, non si r i t rove rebbe forse alcuno che si determinasse ad affrancare i suoi terreni e così ind i rettamente conseguire lo scopo che vogliono raggiungere di re n d e re in fatto priva di effetto la Legge delle affrancazioni. A l t ronde poi il pre t e n d e re, che tutti i fondi si riducano a migliore coltura cond u r rebbe le cose all’eccesso; poiché il diritto consuetudinario, ed affermativo di p a s c e re (che per il decorso del triennio è divenuto nei suoi effetti negativo) essendo nella generalità quasi in tutti i luoghi stabilito il vincolo delle piantagioni, che si vo r rebbe imporre, venendo a costituire la principale industria, ben pochi fondi re s i d u e re b b e ro, che esclusivamente fossero destinati alla seminazione dei cerali, e particolarmente del grano; mentre che poi il raccolto di questo prodotto della terra, forma il precipuo alimento dell’uomo ed in oggi si muove lamento, che troppo tenue sia la sementa del grano, come non corrispondente ai bisogni delle popolazioni. Essendo però nei desideri del Santo Pa d re che una qualche provvidenza venga adottata a sollievo delle popolazioni, che dalla Legge del 29 Di c e m b re ebbero a s o f f r i redetrimento, mentre i ricchi possessori dei fondi sperimentarono non lieve vantaggio colla liberazione dei loro fondi dalla servitù del pascolo, il Riferente ha rivolto la sua attenzione nel ricerc a re quele sarebbe il modo di secondare i voti dei

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Comunisti di S. Oreste, e di tante altre Comuni, che mai sempre mossero lamenti per le conseguenze che avve n n e ro dalla surriferita Legge. Poiché in fatto si è dovuto ve r i f i c a re che la Legge sulle affrancazioni spogliò le popolazioni del diritto civico di pascere senza alcun incremento dell’agricoltura, essendo rimasti incolti i fondi come lo erano prima dell’affrancazione, di modo che il pascolo, il quale era in prima presso i cittadini, divenne in seguito, esclusivamente ad ogni altro, di spettanza del solo proprietario del fondo affrancato. Avuti a calcolo tali riflessi volendosi port a re un qualche rimedio alla classe povera delle popolazioni, il Riferente per il conseguimento dello scopo, che si vo r re bbe raggiungere, sarebbe costretto ad abbracciare e pro p o r re il partito estremo ossia la soppressione della Legge. Certamente questo espediente per molti rapporti non si presenta conveniente al Governo, che dopo tanti studi si determinò ad emanare la Legge sulle affrancazioni. Non è inopportuno peraltro il fare osserva re a vantaggio dei piccoli possessori di bestiame, che nello spazio di venti anni i possessori dei fondi, che erano smaniosi affrancare i loro terreni, hanno avuto tempo più che sufficiente ad appagare pienamente i loro desideri; quindi è che hanno avuto luogo numerosissime affrancazioni, di modo che in oggi il reliquato dei fondi dei quali si potesse chiedere la redenzione dalla servitù, si ridurrebbe di ben poca cosa; arre s t e rebbe però la totale rovina dei molti possessori di ristretta quantità di bestiame, che nella massima parte solo in questa industria ritrovano il mantenimento delle loro famiglie. Per il bene dei pochi perciò non parrebbe conveniente aggrava re la condizione dei molti; non essendo conforme all’equità, che il ricco possidente venga colmato di favori, mentre il pove ro ne senta gravissimo detrimento. De ve però il Riferente per ragione di ufficio far conoscere a questo On o r a n d o Consesso che la soppressione della Legge del 29 Di c e m b re 1849 fu nel 1862 istantemente richiesta dalle Comuni di Campagnano, Castel Nu ovo di Porto, di Morlupo, di Rignano di S. Oreste, di Cesano, di Formello, di Mazzano, di Monte Rosi, di Castel S. Elia, di Fabrica, di Vignanello, di Vallerano, di Ronciglione, di Carbognano, di Bassano, di Bracciano, di Riano, e di Magliano Pecorareccio. Queste Comuni si rivo l s e ro al Santo Pa d re esponendogli; che lo scopo della legge sulle affrancazioni tendeva a port a re un positivo incremento all’Agricoltura, che però l’avidità di pochi, i quali affrancando le loro terre vengono a ritrarne un maggior lucro col destinarle al semplice pascolo dei bestiami viene a distru g g e re le provvide cure di quella legge, ed è per arre c a re danni incalcolabili alla industria degli innumere voli piccoli agricoltori, che per il passato hanno sempre contribuito alla floridezza dello Stato sui generi di prima necessità”. E soggiungevano a dimostrazione di tale proposizione “che di fatto spogliati essi da una parte del diritto di pascere i loro pochi bestiami, e dall’altra non trovando le terre per seminare se non ad un prez zo eccessivo, e non mai udito pel passato è di necessità, che vadano a dismettere lentamente la loro industria, consumarsi ogni ave re e ridursi in una totale disperazione unitamente alla classe povera, che per lo stesso motivo viene ad esser privata delle sue giornaliere fatiche”. Im p l o r a vano quindi “di porre un impedimento alle affrancazioni, ed impedire, che procedendo contro la sua istituzione siano il depauperamento di tutti i sudditi, eccettuati i soli ricchi, che senza di ciò vivono vita comoda ed agiata”. Fattosene su tale dimanda Rapporto al Consiglio dei Ministri nel 20 Gennaio 1862, fu di avviso, che “sarebbe improvida qualunque innovazione alla Legge del 29 Di c e m b re 1849 sulle affrancazioni dalla servitù di pascere”, e nel 1. Febbraio

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s u c c e s s i vo la Santità di No s t ro Si g n o re sanzionava l’opinamento del Consiglio dei Ministri. C o n t ro siffatta risoluzione il Riferente non potrebbe opporre se non che essendo ormai decorsi altri Sette anni, e dalla emanazione della Legge Venti, ha la medesima quasi esaurito il suo corso. Che quindi l’abolizione della Legge per le affrancazioni future spiegherebbe la sua forza sopra un residuo ben limitato, e quantunque tenue pure sarebbe di un sollievo alla classe povera delle popolazioni. Questo consultissimo Consesso peraltro nella molta sua saggezza e previdenza potrà ritrova re altro partito, che reputi più indicato e conveniente nell’attualità delle circ o s t a n ze. È in ogni caso però il Riferente in attesa dell’ Opinamento di questo Onorando Consesso per farne quindi Relazione al Santo Pa d re che mostrò desiderio di arrecare un qualche rimedio a Chi si fece ad implorarlo dalla sua Clemenza.

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Documento n. 5 Il capitolato delle condizioni di assegnazione e vendita che l’Ente Maremma allegava ai contratti stipulati con i “lavoratori manuali della terra”, negli anni

Cinquanta del Novecento. Una copia del documento è consultabile presso il Museo storico-etnografico e Punto informativo del Parco “Casolare 311”.

CAPITOLATO CONTENENTE LE CONDIZIONI DI ASSEGNAZIONE E VENDITA DEI TERRENI DA PARTE DELL’ENTE DI COLONIZZAZIONE DELLA MAREMMA TOSCO-LAZIALE E DEL TERRITORIO DEL FUCINO Art. 1 Il presente capitolato pienamente accettato dal Sig. ……………………… è parte integrante ed essenziale del contratto avente per oggetto la vendita con patto di riservato dominio del fondo ivi descritto, stipulato in data ……………………… rogito Notar ……………………… fra il predetto lavoratore manuale della terra e l’Ente, e viene allegato al contratto stesso. Art. 2 La vendita è fatta a corpo e non a misura, nello stato e condizioni in cui il fondo si trova, con tutti gli annessi, connessi e diritti, con tutte le servitù attive e passive, apparenti e non apparenti, continue e discontinue e con ogni altro onere, peso o vincolo, quantunque non denunziati nel contratto. Il fondo è venduto nello stato di fatto e diritto in cui l’Ente lo possiede ed ha il diritto di possederlo; la vendita non può dar luogo ad azione per lesione, né diritto ad aumento o diminuzione di prezzo per qualunque errore od omissione nella descrizione del fondo, e per qualunque differenza fra la superficie indicata nel contratto e quella effettiva, ancorché eccedente la misura prevista dall’articolo 1538 C.C. intendendosi la vendita fatta espressamente senza garanzia a termini dell’art. 1487 C.C. L’Ente non assume altra garanzia o obbligazione, se non per il caso di evizione, e in tal caso sarà tenuto solo al rimborso del prezzo pagato, in tutto o in parte proporzionale, secondo che la evizione sia totale o parziale, escluso qualsiasi altro compenso o indennizzo. Art. 3 Secondo il disposto dell’art. 18 della Legge 12-5-1950 n. 230, la vendita è sottoposta a condizione risolutiva espressa, per un periodo di prova di tre anni, a partire dalla data di stipulazione del contratto. Conseguentemente, il contratto sarà risolto di pieno diritto, qualora durante detto periodo di anni 3 l’Ente, a suo insindacabile giudizio, ritenga l’assegnatario non idoneo ad assolvere ai suoi doveri, con speciale riferimento alle capacità tecniche di conduzione del fondo assegnato, e al completamento delle opere di miglioramento e trasformazione fondiaria iniziate dall’Ente. L’assegnatario è tenuto a partecipare agli eventuali Consorzi di miglioramento fondiario promossi dall’Ente, ed a seguire comunque nei termini e modi prescritti dall’Ente le opere di miglioramento fondiario e agrario dall’Ente stesso indicate. L’assegnatario è inoltre obbligato, ai sensi dell’art. 23 della legge citata, per la durata di venti anni dalla stipulazione del contratto, a far parte delle cooperative e Consorzi che l’Ente avrà promosso o costituito, ovvero promuoverà e costituirà, per garantire l’assistenza tecnica ed economico-finanziaria alle nuove piccole proprietà coltivatrici.

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La inadempienza di tale obbligo comporta la decadenza dell’assegnazione, che è pronunziata dall’Ente. Art. 4 L’acquirente è inoltre tenuto, anche per il periodo successivo al triennio di prova, e fino al pagamenti integrale del prezzo: a) a fissare residenza stabile nel fondo se dotato di abitazione; b) a coltivare il fondo direttamente, con il concorso dei famigliari e con scrupolosa cura e diligenza, secondo le direttive dell’Ente e le regole e le esigenze della moderna agricoltura. La conduzione del fondo non potrà in nessun modo essere ceduta o subconcessa a terzi e sarà nullo di pieno diritto ogni atto contrario a tale divieto; c) ad attuare, nei modi e nei termini dall’Ente le opere necessarie per completare il piano di trasformazione e miglioramento predisposto dall’Ente stesso e dai Consorzi operanti sul territorio; d) a mantenere nel fondo il quantitativo necessario di scorte vive e morte, indicato dall’Ente; e) a mantenere le zone boschive secondo le buone norme forestali; f ) ad avere cura dei fabbricati, opere e manufatti o impianti esistenti nel fondo e a provvedere alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria, in modo che non venga menomata la loro consistenza ed efficienza; g) ad impedire usurpazioni e abusi, in pregiudizio della proprietà, e in ogni caso a portare subito a conoscenza dell’Ente qualsiasi fatto o evento dannoso, anche se fornito, in pregiudizio della proprietà, provvedendo, ove occorra, a denunziarlo alle competenti Autorità; h) a stipulare la polizze di assicurazione che l’Ente prescriverà a garanzia degli investimenti fondiari e della produzione. Art. 5 Nel servirsi delle strade, canali, fontanili, sorgenti ed altri beni di uso comune, l’acquirente è obbligato ad osservare le norme e disposizioni dell’Ente e dei Consorzi costituiti o costituendi per l’esercizio e la manutenzione, e a far parte dei medesimi. In ogni caso l’acquirente dovrà servirsi dei beni di uso comune secondo la loro destinazione, in modo che non rechi ad essi danno, e non impedisca eguale uso agli altri aventi diritto. Art. 6 Fermo il disposto dell’art. 3 la inosservanza degli obblighi indicati negli artt. 4 e 5 da parte dell’acquirente – protratta dopo formale contestazione e invito ad adempeire comunicato dall’Ente con lettera raccomandata – a norma dell’art. 1454 C.C. – darà luogo alla risoluzione del contratto.

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Art. 7 Il pagamento delle singole rate come altro pagamento dovuto all’Ente in esecuzione o dipendenza del contratto, dovrà essere effettuato presso l’Istituto di Credito che sarà designato dall’ente entro giorni otto dalla data di scadenza e non potrà essere sospeso o differito per nessun motivo, fatto od evento anche imprevisto o imprevedibile, accettandosi dall’acquirente la clausola «solve et repete». Le scadenze operano di pieno diritto, senza bisogno di costituzione in mora o di altro atto o avviso qualsiasi. Il mancato pagamento di due rate consecutive di prezzo darà luogo alla risoluzione del contratto a danno e spese dell’acquirente. Tuttavia, qualora il mancato pagamento della rata annuale del prezzo sia imputabile a condizioni gravi ed eccezionali, particolarmente sfavorevoli alla produzione del fon-

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do, l’Ente potrà consentire il differimento anche per un intero anno. In tal caso, decorreranno a carico dell’acquirente gli interessi di mora, nella misura legale, sulle somme dovute e non pagate. Art. 8 L’acquirente dovrà rimborsare all’ Ente l’importo di ogni eventuale imposta, tassa o contributo p e rtinente al fondo assegnatogli per il periodo successivo alla data di inizio del godimento. Tale importo, maggiorato degli interessi al tasso del 3,50%, sarà aggiunto – qualora non venga rimborsato con separato versamento – alla rata del prezzo immediatamente successiva. L’Ente ha facoltà di riscuotere con le norme, la procedura e i privilegi stabiliti per l’imposta fondiaria, tutti i contributi comunque dovuti, ai sensi dell’art. 24 della legge 12 maggio 1950, n. 230. Art. 9 Il fondo, in tutto il suo complesso, è indivisibile. In caso di decesso dell’acquirente, prima del pagamento integrale del prezzo, gli succedono nel possesso del fondo, in comunione pro-indiviso, i discendenti in linea diretta, o in mancanza il coniuge non legalmente separato per sua colpa, semprechè abbiano i requisiti di cui all’art. 16 della Legge 12-5-1950, n. 230. In caso contrario, il terreno ritornerà nella disponibilità dell’Ente per nuove assegnazione, e gli eredi dell’assegnatario avranno diritto ad essere rimborsati delle quote di ammortamento versate dal loro dante causa, ed ottenere una indennità nella misura dell’aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti recati dall’assegnatario indipendentemente da quelli compiuti dall’Ente. Art. 10 Verificandosi uno dei casi di risoluzione del contratto previsti negli articoli precedenti del presente capitolato, l’acquirente dovrà rilasciare il fondo a completa e libera disponibilità dell’Ente a semplice richiesta di quest’ultimo. All’atto del rilascio verrà redatto verbale di consistenza del fondo in contraddittorio dell’acquirente, e, ove questi non sia presente, con l’interventi di due testimoni. Qualsiasi eccezione o contestazione sollevata dall’acquirente non potrà sospendere o ritardare il rilascio del fondo. Art. 11 Avvenuta la risoluzione si procederà alla definitiva liquidazione e chiusura dei conti, e la parte che ne risulterà debitrice dovrà pagare il proprio debito in danaro contante al momento della chiusura stessa. In tale liquidazione saranno accreditate all’acquirente le quote capitale comprese nelle rate annuali di prezzo già pagate, con esclusione degli interessi, ed inoltre una indennità nella misura dell’aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti da lui recati indipendentemente da quelli compiuti dall’Ente. Saranno, d’altra parte, addebitate all’acquirente tutte le somme da lui dovute per rate arretrate di interessi, per rimborso di imposte, tasse e contributi, per danni e spese, e per ogni altro eventuale titolo. Art. 12 Per vigilare sull’adempimento degli obblighi previsti dal contratto e dal presente capitolato, nonché per eseguire ogni opera o lavoro di competenza dell’ Ente, ai fini della attuazione della riforma fondiaria, funzionari, tecnici ed operai dell’ Ente potranno accedere liberamente in ogni momento al fondo e sue pertinenze, senza bisogno di preavviso, a compiere ogni rilievo, indagine, o attività che ritengano opportuni, per il con-

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seguimento degli scopi sopraindicati. Art. 13 Nel caso che l’Ente debba compiere sul fondo delle opere di interesse comune anche ad altri fondi, l’assegnatario acquirente autorizza fin da ora l’Ente stesso ad occupare, in via diretta e definitiva, quelle parti del fondo in nessun caso eccedenti nell’insieme il 15% della sua superficie, che, a giudizio dell’Ente, occorreranno allo scopo. In tale ipotesi gli sarà corrisposto un congruo indennizzo e sarà modificato il piano di ammortamento. Art. 14 È riservata all’ Ente la più ampia facoltà di farsi sostituire o rappresentare da altri En t i o Istituti nei diritti, poteri ed obblighi ad esso derivanti dal presente contratto, e nel relativo esercizio.

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Documento n. 6 Testimonianza di Pietro Nori (classe 1917), anziano bovattiere formellese, sul-

la gara del solco dritto.

“La rivalità tra formellesi e campagnanesi era molto sentita. Quando i campagnanesi a cavallo venivano a Formello e passavano nella discesa dello Scuretto, noi je tiravamo i sassi. Quando a noi formellesi capitava de annà a Campagnano, i sassi ce li tir a vano loro. La gara se faceva il martedì de Pasqua, tutti gli anni, anche quando pioveva. Noi part ivamo dai Monti di Cesano; i campagnanesi partivano da Monte Razzano. Dovevamo arrivà al piazzale del Santuario del So r b o. Un anno, prima della guerra, parteciparono anche i bovattieri di Sacrofano, partendo dalle Solfarate. Dopo la seconda guerra mondiale, la gara si è fatta ancora per due-tre anni e poi non più. I giovani non ce tenevano più, preferivano fare i muratori e i manovali. Si part i va la mattina presto, alle quattro, quando era ancora notte. Noi formellesi eravamo in quattro o in cinque. L’aratro e il giogo se cargavano sull’imbasto del somaro e dal paese se port a vano fino alla valle del Sorbo, dove pascolavano le mie vacche, Margherita e Solidea. Qui se metteva il giogo alle vacche e sul giogo se legava il timone dell’aratro, che se trascinava sù fino ai Monti de Cesano. A volte s’andava qualche giorno prima a perlustrà il territorio. Alle prime luci dell’alba iniziavamo. Per prima cosa se piantavano le canne per tracciare il primo tratto del solco: con due canne allineate con quella che uno dei nostri teneva piantata sul piazzale del santuario, se vedeva se la linea era dritta; sventolando un fazzoletto bianco a destra o a sinistra, egli ci diceva dove mettere le canne de mezzo. La canna sul piazzale aveva in cima una carta bianca. Le canne noi le chiamavamo biffe. Io manovravo l’aratro. Il solco s’interrompeva all’inizio di una boscaglia o di un fosso: allora se passava dove se poteva passà e il solco riprendeva dall’altra parte. Ogni nuovo tratto, sempre in linea con il precedente e con la canna sul piazzale del santuario, se chiamava ripresa. Nelle zone scoscese, la fetta di terra sollevata dall’aratro cadeva verso valle, e allora uno di noi doveva risistemarla ai bordi del solco, perché sennò il solco non se distingueva bene. Capitava che, una volta scesi verso valle, non se vedeva più il solco a monte, e né se vedevano le canne. Allora uno di noi saliva su un albero e da lì poteva guardare, dicendo a noialtri dove iniziare la ripresa. L’ultima ripresa arrivava fino al piazzale del santuario, dove c’aspettava la folla che usciva dalla messa. Alla fine se mangiava tutti insieme vicino al santuario. Se raccontava che un tempo ce se giocava una concia [un pezzo avvolto di pelle di bufala che collegava il giogo al timone di un carro o di un aratro]; noi invece non ce giocavamo niente. Non c’erano né vinti né vincitori; ogni gruppo diceva che il proprio solco era il più dritto, e che un terreno scomodo e più riprese provavano una maggiore abilità. La sera se ne discuteva ore ed ore, davanti a un fiasco di vino”. [L’intervista è stata effettuata nel dicembre 2004]

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La Convenzione europea del paesaggio*

Preambolo Gli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmatari della presente Convenzione, Considerando che il fine del Consiglio d’Europa è di realizzare un’unione più stretta fra i suoi membri, per salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che sono il loro patrimonio comune, e che tale fine è perseguito in particolare attraverso la conclusione di accordi nel campo economico e sociale; Desiderosi di pervenire ad uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l’attività economica e l’ambiente; Constatando che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro; Consapevoli del fatto che il paesaggio coopera all’elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell’Europa, contribuendo così al benesse-

re e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell’identità europea; Riconoscendo che il paesaggio è in ogni luogo un elemento importante della qualità della vita delle popolazioni: nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana; Osservando che le evoluzioni delle tecniche di produzione agricola, forestale, industriale e pianificazione mineraria e delle prassi in materia di pianificazione territoriale, urbanistica, trasporti, reti, turismo e svaghi e, più generalmente, i cambiamenti economici mondiali continuano, in molti casi, ad accelerare le trasformazioni dei paesaggi; Desiderando soddisfare gli auspici delle popolazioni di godere di un paesaggio di qualità e di svolgere un ruolo attivo nella sua trasformazione; Persuasi che il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo; Tenendo presenti i testi giuridici esistenti a livello internazionale nei settori della

* Il testo della Convenzione è tratto da Comitato per la Bellezza – Centro Studi TCI (a c. di), Un Paese spaesato. Rapporto sullo stato del paesaggio italiano. Anno 2001, Milano, Touring Club Italiano, 2001 (I Libri Bianchi del Touring Club Italiano, n. 12), pp. 108-113.

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salvaguardia e della gestione del patrimonio naturale e culturale, della pianificazione territoriale, dell’autonomia locale e della cooperazione transfrontaliera e segnatamente la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale (Berna, 19 settembre 1979), la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico d’Europa (Granata, 3 ottobre 1985), la Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico (rivista) (La Valletta, 16 gennaio 1992), la Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Madrid, 21 maggio 1980) e i suoi protocolli addizionali, la Carta europea dell’autonomia locale ( Strasburgo, 15 ottobre 1985), la C o n venzione sulla biodiversità (Rio, 5 giugno 1992), la Convenzione sulla tutela del patrimonio mondiale, culturale e naturale (Parigi, 16 novembre 1972), e la Convenzione relativa all’accesso all’informazione, alla partecipazione del pubblico al processo decisionale e all’accesso alla giustizia in materia ambientale (Aarhus, 25 giugno 1998); Riconoscendo che la qualità e la diversità dei paesaggi europei costituiscono una risorsa comune per la cui salvaguardia, gestione e pianificazione occorre cooperare; Desiderando istituire un nuovo strumento dedicato esclusivamente alla salvaguardia, alla gestione e alla pianificazione di tutti i paesaggi europei; Hanno convenuto quanto segue: CAPITOLO I – DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 – Definizioni Ai fini della presente Convenzione:

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a. “Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni;

b. “Politica del paesaggio” designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l’adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio; c. “Ob i e t t i vo di qualità paesaggistica” designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita; d. “Salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal loro valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipi d’intervento umano; e. “Gestione dei paesaggi” indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali; f. “Pianificazione dei paesaggi” indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi. Articolo 2 – Campo di applicazione Fatte salve le disposizioni dell’articolo 15, la presente Convenzione si applica a tutto il territorio delle Parti e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Essa comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati. Articolo 3 – Obiettivi La presente Convenzione si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, al gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo.

La Convenzione europea del paesaggio

CAPITOLO II PROVVEDIMENTI NAZIONALI Articolo 4 – Ripartizione delle competenze Ogni Parte applica la presente Convenzione e segnatamente i suoi articoli 5 e 6, secondo la ripartizione delle competenze propria del suo ordinamento, conformemente ai suoi princip costituzionali e alla sua organizzazione amministrativa, nel rispetto del principio di sussidiarietà, tenendo conto della Carta europea dell’autonomia locale. Senza derogare alle disposizioni della presente Convenzione, ogni Parte applica la presente Convenzione in armonia con le proprie politiche. Articolo 5 – Provvedimenti generali Ogni Parte si impegna a: a. riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità; b. stabilire e attuare politiche paesaggistiche volte alla protezione, alla gestione, alla pianificazione dei paesaggi tramite l’adozione delle misure specifiche di cui al seguente articolo 6; c. avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nelle definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche menzionale al precedente capoverso b; d. integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle altre politiche che possono avere un’incidenza diretta o indiretta sul paesaggio. Articolo 6 – Misure specifiche A Sensibilizzazione Ogni Parte si impegna ad accrescere la sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità

pubbliche al valore dei paesaggi, al loro ruolo e alla loro trasformazione. B Formazione ed educazione Ogni Parte si impegna a promuovere: a. la formazione di specialisti nel settore della conoscenza e dell’intervento sui paesaggi; b. dei programmi pluridisciplinari di formazione sulla politica, la salvaguardia, la gestione e la pianificazione del paesaggio destinati ai professionisti del settore pubblico e privato e alle associazioni di categoria interessate; c. degli insegnamenti scolastici e universitari che trattino, nell’ambito delle rispettive discipline, dei valori connessi con il paesaggio e delle questioni riguardanti la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione. C Identificazione e valutazione 1. Mobilitando i soggetti interessati conformemente all’articolo 5.c, e ai fini di una migliore conoscenza dei propri paesaggi, ogni parte si impegna a: a.i. individuare i propri paesaggi, sull’insieme del proprio territorio; ii. analizzare le caratteristiche, nonché le dinamiche e le pressioni che li modificano; iii. seguirne le trasformazioni; b. valutare i paesaggi individuati, tenendo conto dei valori specifici che sono loro attribuiti dai soggetti e dalle popolazioni interessate. 2. I lavori di individuazione e di valutazione verranno guidati dagli scambi di esperienze e di metodologie organizzati trale Parti, su scala europea, in applicazione dell’ a rticolo 8 della presente Convenzione. D Obiettivi di qualità paesaggistica Ogni Parte si impegna a stabilire degli obiettivi di qualità paesaggistica riguardanti i paesaggi individuati e valutati, previa consultazione pubblica, conformemente all’articolo 5.c.

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E Applicazione Per attuare le politiche del paesaggio, ogni Parte si impegna ad attivare gli strumenti di intervento volti alla salvaguardia, alla gestione e/o alla pianificazione dei paesaggi. CAPITOLO III COOPERAZIONE EUROPEA Articolo 7 – Politiche e programmi internazionali Le Parti si impegnano a cooperare perché venga tenuto conto della dimensione paesaggistica nelle loro politiche e programmi internazionali e a raccomandare , se del caso, che vi vengano incluse le considerazioni re l a t i ve al paesaggio. Art. 8 – Politiche re c i p roca e scambio di inform a z i o n i Le Parti si impegnano a cooperare per rafforz a re l’efficacia dei prov vedimenti p resi ai sensi degli articoli della pre s e n t e C o n venzione, e in particolare a: a. prestarsi re c i p rocamente assistenza, dal punto di vista tecnico e scientifico, tramite la raccolta e lo scambio di esperienze e di lavori di ricerca in materia di paesaggio; b. favo r i re gli scambi di specialisti del paesaggio, segnatamente per la formazione e l’informazione; c. scambiarsi informazioni su tutte le questioni trattate nelle disposizioni della p resente Convenzione. Articolo 9 – Paesaggi transfro n t a l i e ri Le Pa rti si impegnano ad incoraggiare la cooperazione transfrontaliera a livello locale e regionale, ricorrendo, se necessario, a l l’elaborazione di programmi comuni di valorizzazione del paesaggio.

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Articolo 10 – Controllo dell’ a p p l i c a z i one della Conve n z i o n e 1. I competenti Comitati di esperti già istituiti ai sensi dell’ a rticolo 17 dello

Statuto del Consiglio d’Europa sono incaricati dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’ Eu ropa del controllo dell’ a pplicazione della Convenzione. 2. Dopo ogni riunione dei Comitati di esperti, il Segretario Generale del Consiglio d’ Eu ropa trasmette un rapporto sui lavori e sul funzionamento della C o n venzione al Comitato dei Min i s t r i . 3. I Comitati di esperti propongono al Comitato dei Ministri i criteri per l’ a s s egnazione e il regolamento del Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa. Articolo 11 - Premio del Paesaggio del Consiglio d’ Eu ro p a 1. Il Premio del Paesaggio del Consiglio d’ Eu ropa può essere assegnato alle collettività locali e regionali e ai loro consorzi che, nell’ambito della politica paesaggistica di uno Stato Parte contraente della p resente Convenzione, hanno attuato una politica o preso dei prov vedimenti volti alla salva g u a rdia, alla gestione e/o alla pianificazione sostenibile dei loro paesaggi che dimostrino una efficacia dure vole e possano in tal modo serv i re da modello per le altre collettività territoriali europee. Tale riconoscimento potrà ugualmente venir assegnato alle organizzazioni non gove r n a t i ve che abbiano dimostrato di fornire un apporto part i c olarmente rilevante alla salva g u a rdia, alla gestione o alla pianificazione del paesagg i o. 2. Le candidature per l’assegnazione del Premio del Paesaggio del Consiglio d’ Eu ropa saranno trasmesse ai Comitati di esperti di cui all’articolo 10 dalla Parti. Possono essere candidate delle collettività locali e regionali transfrontaliere, nonché dei raggruppamenti di collettività locali o regionali, purché gestiscano in comune il paesaggio in questione. 3. Su proposta dei Comitati di esperti di cui all’articolo 10, il Comitato dei Ministri definisce e pubblica i criteri per l’assegnazione del Premio del Paesaggio del Consiglio d’ Eu ropa, ne adotta il re g o-

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lamento e conferisce il premio. 4. L’assegnazione del Premio del Paesaggio del Consiglio d’ Eu ropa stimola i soggetti che lo ricevono a vigilare affinché i paesaggi interessati vengano salva g u a rdati, gestiti e/o pianificati in modo sostenibile. CAPITOLO IV – CLAUSOLE FINALI A rticolo 12 – Relazioni con altri stru m e nti giuridici Le disposizioni della presente Convenzione non precludono l’applicazione di disposizioni più severe in materia di salvaguardia, gestione o pianificazione dei paesaggi contenute in altri strumenti nazionali od internazionali vincolanti che sono o saranno in vigore. Articolo 13 – Firma, ratifica, entrata in vigore 1. La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Sarà sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Se g re t a r i o Generale del Consiglio d’Europa. 2. La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data in cui dieci Stati membri del Consiglio d’Europa avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dalla Convenzione conformemente alle disposizioni del precedente paragrafo. 3. Per ogni Stato firmatario che esprimerà successivamente il proprio consenso ad essere vincolato dalla Convenzione, essa entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione. Articolo 14 – Adesione 1. Dal momento dell’entrata in vigore del-

la presente Convenzione, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa potrà invitare la Comunità Europea e ogni Stato e u ropeo non membro del Consiglio d’ Eu ropa ad aderire alla presente Convenzione, con una decisione presa dalla maggioranza prevista dall’ a rt i c o l o 20.d dello statuto del Consiglio d’Europa, e all’unanimità degli Stati parti Contraenti aventi il diritto a sedere nel Comitato dei Ministri. 2. Per ogni Stato aderente o per la Comunità Europea in caso di adesione, la presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data del deposito dello strumento di adesione presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa. Articolo 15 – Applicazione territoriale 1. Ogni Stato o la Comunità Europea può, al momento della firma o al momento del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, designare il territorio o i territori in cui si applicherà la presente Convenzione. 2. Ogni Parte può, in qualsiasi momento successivo, mediante dichiarazione indirizzata al Se g retario Generale del Consiglio d’Europa, estendere l’applicazione della presente Convenzione a qualsiasi altro territorio specificato nella dichiarazione. La Convenzione entrerà in vigore nei confro nti di detto territorio il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data in cui la dichiarazione è stata ricevuta dal segretario Generale. 3. Ogni dichiarazione fatta in virtù dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata per quanto riguarda qualsiasi territorio specificato in tale dichiarazione, con notifica inviata al Segretario Generale. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese che segue un periodo di tre mesi dalla data del ricevimento della notifica da parte del Segretario Generale.

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Articolo 16 – Denuncia 1. Ogni Parte può, in qualsiasi momento, denunciare la presente Convenzione, mediante una notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa. 2. Tale denuncia prenderà effetto il primo giorno del mese che segue un periodo di tre mesi dalla data in cui la notifica è stata ricevuta da parte del Segretario Generale. Articolo 17 – Emendamenti 1. Ogni parte o i Comitati di esperti indicati nell’articolo 10 possono proporre degli emendamenti alla presente Convenzione. 2. Ogni proposta di emendamento è notificata per iscritto al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, che a sua volta la trasmette agli Stati membri del Consiglio d’Europa, alle altre Parti contraenti e ad ogni Stato europeo non membro che sia stato invitato ad aderire alla presente Convenzione ai sensi dell’articolo 14. 3. Ogni proposta di emendamento verrà esaminata dai Comitati di esperti indicato all’articolo 10 e il testo adottato a maggioranza dei tre quarti dei rappresentanti delle Parti verrà sottoposto al Comitato dei Ministri per l’adozione. Dopo la sua adozione da parte del Comitato dei Ministri secondo la maggioranza prevista dall’articolo 20.d dello statuto del Consiglio d’ Eu ropa e all’unanimità dei rappresentanti degli Stati Parti Contraenti aventi il diritto di part e c ip a re alle riunioni del Comitato dei Ministri, il testo verrà trasmesso alle Parti per l’accettazione. 4. Ogni emendamento entra in vigore, nei confronti delle Parti che l’abbiano accettato, il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui tre Parti Contraenti membri del Consiglio d’Europa avranno informato il Segretario Generale di averlo accettato. Per qualsiasi altra Parte che l’avrà accettato successivamente, l’emendamento entrerà in vigore il primo giorno del mese 182

successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui la detta Parte avrà informato il Segretario Generale di averlo accettato. Articolo 18 – Notifiche Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà agli Stati membri del Consiglio d’Europa, a ogni Stato o alla Comunità Europea che abbia aderito alla presente Convenzione: a. ogni firma; b. il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione; c. ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione, conformemente agli articoli 13, 14 e 15; d. ogni dichiarazione fatta in virtù dell’articolo 15; e. ogni denuncia fatta in virtù dell’articolo 16; f. ogni proposta di emendamento, così come ogni emendamento adottato conformemente all’articolo 17 e la data in cui tale emendamento entrerà in vigore; g. ogni altro atto, notifica, informazione o comunicazione relativi alla presente Convenzione. In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a questo fine, hanno firmato la presente Convenzione. Fatto a Firenze, il 20 ottobre 2000, in francese e in inglese, facendo i due testi ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d’ Eu ropa. Il Se g retario Ge n e rale del Consiglio d’Europa ne trasmetterà copia cer tificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa, nonché a ciascuno degli Stati o alla Comunità Europea invitati ad aderire alla presente Convenzione.

Indici

Indice delle abbreviazioni ACF, Archivio Storico di Formello ACS, Archivio Centrale di Stato APC, Archivio Parrocchiale di Campagnano APF, Archivio Parrocchiale di Formello ArchCl, Archeologia Classica ASC / ACap, Archivio Storico Capitolino ASDCC, Archivio Storico della Diocesi di Civita Castellana ASR, Archivio di Stato di Roma ASRSP, Archivio della R. Società Romana di Storia Patria ASV, Archivio Segreto Vaticano BAV, Biblioteca Apostolica Vaticana LP, Liber Pontificalis MonAntLinc, Monumenti Antichi. Serie Miscellanea dell’Accademia Nazionale dei Lincei NSc, Notizie degli Scavi di Antichità PBSR, Papers of the British School at Rome

Altre abbreviazioni usate nei testi A.R.S.I.A.L.: Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio ha: ettaro I.G.M.I.: Istituto Geografico Militare Italiano INEA: Istituto Nazionale di Economia Agraria Insor: Istituto Nazionale di Sociologia Rurale S.A.T.: Superficie Agricola Totale S.I.T.: Società Idroelettrica Tevere Indice dei nomi di luogo Abruzzo, 154n, 155 Acqua Traversa, 152 Acquafredda, 25 Alatri, 34 Albalonga, 19 Albano, 65 Lago di, 115n Ancona, 113, 117n Anguillara S., 89, 95 Aniene, 53n Teverone, 53n Ardeatina (via), 30n, Arezzo, 44 e n, 117n Arrone, 25 Assisi, 44 Aurelia (via), 25, 30n

Baccanello, 95 Baccano, 72, 91, 100, 109, 111 e n, 112, 113, 114, 116 e n, 124, 132 Bardella, 95 Bassano, 169 Belmonte, 116 Bettona, 44 Boccea (via), 56n Via Cornelia, 56n Bologna, 111 Bomarzo, 60, 95 Borghetto, 113 Borghetto Muti (vedi Giustiniana) Borgo Pineto, 143, 146n, 147 Bracciano, 25, 46, 48, 49, 71, 72, 95, 112, 116 e n, 117, 126, 131, 158, 169 lago di, 38 Sabatinus Lacus, 38 Burgus S. Johannis, 57 Calcata, 37 Campagnano di Roma, 70, 71, 72, 74, 75, 80, 83-93, 95, 116, 124, 127, 129, 130, 132, 133, 134, 138, 156, 169, 175 Campetti, 21, 22, 24 Campidoglio, 23 Cantalupo, 95 Capena, 18, 21, 138 Caporetto, 129 Capranica, 100 Caprarola, 97n, 102n Carbognano, 169 Casale Agrifoglio, 54 Casale del Fosso, 18, 19, 24 Casale della Giustiniana, 54n Casale di Grotta Rossa, 117

183

Casale di Muracciole, 28 Casale Due Torri, 48 Casale Pian Roseto, 24, 48 Cassia (via), 22, 28, 33n, 41, 48, 54n, 57n, 60, 69n, 75, 100, 105, 106, 109, 111-13, 117, 124, 138, 142, 151-58 Via Claudia, 30n e 48 Via Clodia, 22, 48 Via Cassia-bis, 158 Castel de Cerri, 49 Castel Giubileo, 153, 155 Castel S. Elia, 41, 169 Castellaccio, 36, 38, 43 Castelli (vedi Castelli romani) Castelli romani, 115n Castelnuovo di Porto, 71n, 72, 73, 75, 80, 106, 110, 111, 113 e n, 114, 115, 117, 130, 131, 133, 134, 138, 156 Castel nuovo, 114 Castel Nuovo di Porto, 169 Castro, 53, 96, 100 Ceri, 20 Cerveteri, 71, 95 Cesano, 38, 54, 63, 65, 71, 72, 84, 91, 152, 153, 169 Massa Cesana, 38, 39 e n, 42n Monti di, 74, 175 Chiusi, 44, 117 e n Cimina (via), 60, 100 Ciociaria, 155 Città di Castello, 44 Civita Castellana, 28, 58, 60, 113, 114, 115, 116 e n, 117, 126, 158 Civitavecchia, 69, 70, 117n Colle S. Agata, 25 Como, 95 Cornelia (via) (vedi via Boccea) Corneto ( vedi Tarquinia) Corso Francia, 152, 153 Cortona, 44 Cremera, 17, 21, 28, 91, 117 Due Torri, 49 Egitto, 22 Europa, 108, 122n

184

Fabrica, 169 Falerii Veteres, 18, 21, 58 Fano, 115n Farfa, 35, 72 Farnesina, 152

Farneta, 44 e n Fiano, 116, 138 Ficulle, 117 Fidene, 21 Fidenae, 21 Firenze, 19, 111, 112, 117 e n, 122n Flaminia (via), 22, 28, 30n, 41, 48, 54, 59, 69n, 75, 105, 106, 113-16, 117, 124, 131, 138, 141-49, 151-58 Foligno, 113, 115n, 117n Formello, 19 e n, 22, 27, 28, 43, 46, 47, 48, 49, 50, 54, 55, 56n, 63, 65, 71, 72 e n, 77, 80, 83-93, 95, 111, 127 e n, , 138, 141, 156, 169, 175 Castri Formelli, 42 Castrum Formelli, 45 Foro Italico, 152 Frascati, 117 Fucino, 137n Fundo Banioli, 57 Galeria, 33, 38, 54, 56n, 65, 95 Gallese, 116n Garigliano, 137n Giustiniana, 54, 141, 152, 153 Borghetto Muti, 54 Grande Raccordo Anulare, 151, 152, 158 Grosseto, 138 Grotta Gramiccia, 18, 24 Grottarossa, 152, 153 Janula (lago) ( vedi Monterosi) Isola Conversina, 56 e n Isola Farnese, 18, 22, 23, 28, 39, 49, 53-66, 71, 72, 73, 77, 95-103, 116 e n, 117, 125n, 131, 134 Agelli, 37 Insula de Agella, 53, 56 Insula pontis Veneni, 54, 65, 66 L’Isola, 47 Lisola, 100 La Storta, 48, 54n, 75, 100, 111 e n, 114, 152 Labaro, 152, 153, 154, 155, 156, 157, 158 Lazio, 18, 72, 125, 128, 129, 131, 132n, 134, 135, 138 Livorno, 138 Loreto, 113

Los Angeles, 91 Lucus Feroniae, 25 Macchia della Comunità, 24 Macchia Grande, 21 Malborghetto, 105, 113 e n, 114, 117 Maglianella, 25 Magliano Romano, 42n, 72, 80, 138, 156 Manlius, 42n Magliano Pecorareccio, 71, 72, 91, 169 Maremma, 131, 137n, 139 Marche, 143 Martignano, 116n Lago di, 91 Massa Cesana ( vedi Cesano) Mazzano Romano, 36, 41n, 43, 58, 71, 72, 80, 91, 126, 127, 131, 134, 138, 156, 169 Modena, 115 Monte Aguzzo, 19, 24, 43, 49, 72, 142n Monte Acuzzo, 43 Monte Campanile, 24 Monte Cucco, 134 Monte delle Rose, 134 Monte Gelato (mola di), 30, 33, 36, 37, 38, 43, 37n, 58 Monte Mario, 25 Monte Michele, 19, 20, 24, 48 Monte Oliviero, 24, 49 Monte Razzano, 74, 175 Monte Roncione, 25 Monte Soratte, 41, 115 Monte Tiberio, 46 Monte Tondo, 14 Monte Vaccareccia, 48 Monterano, 95 Monterosi, 37, 100, 109, 111 e n, 114, 115n Lago di, 42 (Ja n u l a, lago) Monte Rosi, 112, 169 Monticchio Olgiata, 24 Morlupo, 55, 69n, 71 e n, 72, 80, 117, 127, 131, 133, 138, 156 Castrum Morlupo, 73 Municipium Augustum Veiens (vedi Veio) Narni, 38, 113, 114 Nazzano, , 138 Nemi Lago di, 115n Nepi, 22, 34, 37, 38, 41 e n,

Indici

56 e n, 60, 93, 114 Olgiata, 152 Oliveto Grande, 19 Orte, 38, 60 Orvieto, 21 Osteria Nuova, 152, 153 Otricoli, 113, 114 Palo, 95 Pantanicci, 27, 44 Pantano del Grano, 25 Parco della Nazioni, 152 Parma, 96 Passo Corese, 145 Perazzeta, 141-49 Perugia, 44, 117n Piano della Comunità, 17n, 21 Piazza d’Armi, 17n, 20 Picazzano, 18, 19, 24 Pietra Pertusa, 42, 63 Pineto, 143 Piordo, 17 Pisa, 117n Pisciacavallo, 24 Poggio della Chiesa, 27 Ponte Galeria, 30n Ponte Milvio, 48n, 49, 125, 152 Ponte Molle, 109 Ponte Sodo, 21 Ponzano, 116n Porta Angelica, 34n Porta Flaminia, 111, 113n Porta del Popolo, 111, 152n Porto, 44, 45, 46n, 64, 95 Portus, 44n Portonaccio, 21, 23 Portuense (via), 30n Pozzuolo, 24 Prato La Corte, 49 Prima Porta, 37, 56n, 75, 113 e n, 114, 117, 124, 125 e n, 141, 147, 153, 154, 155, 156, 157, 158 Quaranta Rubbie, 19 Quattro Fontanili, 18, 24 Ravenna, 60 Riano, 55n, 71 e n, 72, 73, 80, 114, 117, 130, 131, 134, 156, 169 Rieti, 69n Rignano F., 113 e n, 114, 115, 138

Riserva del Bagno, 19, 24 Roma, 18, 19n, 21, 23, 25, 27, 28, 29, 30, 32, 33 e n, 34, 35 e n, 36, 37, 38, 41, 43n, 60, 69, 70, 71, 73, 74, 80, 105n, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 121, 122, 123, 125, 128, 129 e n, 130, 131, 132, 135n, 138, 141, 142, 143, 147, 149n, 151-158 Ronciglione, 53, 96, 100, 112, 169 S. Anatolia, 167 S. Oreste, 166, 168, 169 Sabatinus Lacus (vedi Lago di Bracciano) Sacrofano, 56n, 63, 65, 84, 116, 138, 141, 147, 156, 175 Scrofano, 46, 49, 71 e n, 75, 76, 91, 95, 116, 117, 131, 132, 164-65 Scrofanum, 37 Via Sacrofanese, 152, 154 San Liberato, 58 San Giovanni in Nono, 64 San Gregorio, 95 San Vincenzo, 49 Santa Cornelia / San Cornelio, 22, 27-50, 58, 61, 152, 154, 161-63 Santa Rufina, 25, 38, 56n, 58, 62, 95 Santo Pietro, 49 Saracinisco, 95 Saxa Rubra, 152 Sele, 137n Selva Candida, 33, 38, 39 e n, 42n, 43, 44n, 56 e n, 62, 64, 72 Siena, 112, 138 Sorbo Castrum Sorbi, 83, 85 Santuario della Madonna del, 74, 83-93 Valle / valli del, 74, 88-90 Spezzamazza, 46, 49 Stracciacappe, 72, 124 Sutri, 22, 38, 60, 100 Tarquinia, 41, 166 Tenuta Cartoni, 155 Terni, 113 Terracina, 68n Tevere, 17, 18, 19, 21, 25, 38, 42, 53, 59, 69, 70, 131, 155 e

n, 156, 157n Teverone (vedi Aniene) Tivoli, 115n Tomba di Nerone, 48, 152, 153, 158 Tor di Quinto, 30n, 131, 152, 153, 154 Torrione Cerquetta, 153 Torrita Tiberina, 138 Toscana (Granducato di ), 77 Trastevere,44n, 55 Treja, 36, 60 Trea, 37 Trevignano R., 71, 95 Trionfale (via), 111 Tuscania, 41 Tuscia Tuscia romana, 33, 38n, 139 Vaccareccia, 19, 24, 55 La Vachareza, 55n Vacchereccia ( vedi Vaccareccia) Valca, 124 Valchetta, 17, 21, 48, 124 Valentano, 69n Valle dell’Inferno, 154 Valle della Storta, 153 Valle La Fata, 18, 24 Vallerano, 169 Varca, 55 Veio, 17-26, 27, 28, 30, 59, 62, 83, 115, 116, 117 Veientana (via), 24, 48, 154 Municipium Augustum Veiens, 22, 48, 58 Venezia, 110 Repubblica di, 77 Vetralla, 100 Vico, 112 Vicovaro, 95 Vigna Clara, 153, 158 Vignacce, 21, 22 Vignanello, 169 Vigne di Formello, 49 Villa di Livia, 117 Viterbo, 69n, 100, 111, 112, 117, 138, 158 Volterra, 45 Volturno, 137n

185

Indice dei nomi di persona Adorni, B., 97n, 103 Adriano I, 22, 27, 29, 30, 31, 33, 34, 35, 36, 39, 43, 60, 83 Adriano IV, 43 en, 57, 65 Agapito II, 54 Agatho, 34 Agostini, S., 148n Alberi, B., 51 Alberico II, 41 e n, 42 Alberto (canonico di S. Pietro in Vaticano), 45 Alessandro VII (Fabio Chigi), 48, 72, 122n Alfieri, V., 113 e n Amadei, M., 16 Amat di San Filippo, P., 118 Amore, O., 16 Amulio, 19 Anacleto II, 65 Anco Marzio, 19 Andrea (abate), 55 Angeleri, G., 117n Angelo (prete), 65 Anguillara (famiglia), 72, 73 Annibaldi (famiglia), 72 Annibaldi, R., 71 Antonio della Pedacchia, 96, 98 Arnaldi (famiglia), 72 Artaria, E., 107 Artaria, P., 107 Ashby, T., 47n, 51 Astronumus, 35 e n Augusto, 17, 22, 58 Aulo Cornelio Cosso, 21 Auvray, L., 44n, 65n Aversano, V., 79n

186

Baedeker, K., 107 Barberis, C., 135n, 136, 140n Barbieri, C., 106, 107n Bardelli, D., 110n Bartoloni, G., 17n, 26 Barozzi, J. da Vignola, 96, 97 e n, Bartoccini, F., 121n, 135 Battelli, G., 56n, 66 Bella (religiosa femina), 64 Belli, G. G., 113n Benedetto IX, 39n Benedetto XIV, 114 Benedetto Campanino, 42 Benedetto del Soratte, 33n, 38n, 41n Berlinguer, G., 159 Bernardi, E., 149

Bertolini, O., 36n, 51, 59n, 60n, 62n, 67 Bertrand, G., 118 Besutti, G., 94 Bevilacqua, P., 13n, 16, 121n, 135, 137n, 149 Biagioli, G., 66 Bignami Odier, J., 110n Bignamini, I., 119 Bilancia, F., 26, 55n Biscia (famiglia), 73 Boanelli, F., 56n, 72n Bogliari, F., 127n, 128n, 130n, 131n, 132n, 133n, 135 Boitani, F., 19n Bolaffi, G., 122n, 136 Boncompagni (famiglia), 132 Boncompagni Ludovisi (famiglia), 73 Borbone (famiglia), 73 Bordini, C., 119 Borghese (famiglia), 73, 132 Borgia (famiglia), 72 Borromeo (famiglia), 72 Borroni, B., 108n Bortolotti, L., 121n, 123n, 124n, 125n, 128 e n, 135, 149, 154n, 155, 159 Braghetta, V., 87 Brandizzi, M. T., 149n, 150 Braudel, F., 108n, 117n Brezzi, C., 127n, 134n, 136 Brezzi, P., 64n, 67 Brilli, A., 110n, 119 Brusciato, D., 95 Burattino (vedi Miselli, G.) Burzio, T., p7 Caddi (famiglia), 73 Cadolini, G., 122n Caffiero, M., 75n, 78n, 81, 122n, 125n, 126n, 127n, 136 Caizzi, B., 119 Caldo, C., 148n, 150 Calisse, C., 39n, 51 Callisto II, 44 e n, 56n, 64 Camaleone, E., 154n, 155n, , 157n, 159 Camporesi, P., 115n Canina, L., 116 n, 117 Canonici, C., 16, 69n, 71n, 72n, 81 Cantalamessa, G., 85n Caracciolo, A., 76n, 82, 94, 122n, 123n, 124n, 125n, 126n, 127n, 128n, 129n,

130n, 131n, 132n, 133n, 135n, 136, 149 Caravale, M., 94 Carbonara, A., 119 Carbonetti, C., 56n, 67 Carcani, M., 117 e n Carocci, S., 56n, 67 Casmirri, S., 135n, 136 Casula, C. F., 127n, 134n, 136 Cataldi, P. L., 149n, 150 Cavalcanti, R., 45 Cavallo, D., 119 Cazzola, 149 Cecchi, D., 92n, 94 Cesare, 22 Cesaroni, G., 135n Cesi (famiglia), 72, 73 Chigi (famiglia), 71, 72, 73, 84, 89, 91, 110, 112, 142, 144 Fabio Chigi ( vedi Alessandro VII) “Fienile Chigi”, 111 Flavio Chigi, 86, 116 Ludovico Chigi, 132 Palazzo Chigi di Formello, 19n, 72 e n Villa Versaglia (“Villa Chigi”), 72 e n, 144, 145 Chiricozzi, P., 81 Chiumenti, L., 26, 55n Christie, N., 27, 29n, 33 e n, 43n, 44n, 45n, 46, 51, 67 Cingolani, G. B., 69, 70 Cinthius, 64 Cirese, A. M., 149 e n Clemente III, 44 Clementi, R., 81, 106n Clerici, L., 118 Cocciante, B., 48 Codogno, O., 106 Colonna (famiglia), 73 Colonna, G., 17n, 23n, 26 Consalvi, E., 69n Editto Consalvi, 77, 78 Conti, S., 55n, 56 e n, 67, 79n, 81, 83n, 84n, 94 Coppi, A., 51, 54 e n, 116n Cornelio (pontefice come Cornelio I e santo), 27, 32 Cossa, G., 98 Costanzo I (Cloro), 58 Coste, J., 51, 56n, 67 Crainz, G., 134n, 135n, 136, 140n, 146n, 149 Craveri, P., 145n

Indici

Crescenzi (famiglia), 38, 43 e n Cristofani, M., 26 Curci, A., 117n Curis, G., 122n, 136 D’Ancona, A., 118 Dal Passo, F., 119 Day, J., 119 De Brosses, Ch., 106 e n, 112 e n, 115 e n De Caprio, V., 105n De Clementi, A., 71n, 74n, 75n, 79n, 81, 125n De Gasperi, A., 137n, 145n De Luca, G. B., 70 De Luca, L., 89, 94 De Minicis, E., 63n De Rosa, P. A., 119 De Santis, G., 147n De Seta, C., 110n, 119 De Vecchis, G., 147n Del Drago (famiglia), 73, 126, 131, 132 Del Signore, F., 90, 91 Dell’Angelo, C., 135n, 136 Della Nesta, E., 138n, 143n, 150 Della Ratta Rinaldi, F., 72n Della Seta, P., 159 Delogu, P., 14n, 16, 61 e n, 67 Delpino, F., 17n, 116n, 26 Di Mauro, L., 110n Dionigi d’Alicarnasso, 18 Dominici, M. C., 159 Drago Troccoli, L., 26 Dubbini, R., 119 Duchesne, L., 31n, 32n, 34n, 35 e n, 51 Enzensberger, H. M., 115n Eschinardi, F., 70 Eufrosino della Volpaia, 47 e n, 71 Eugenio IV, 45n Eustazio, 37, 62 Fanfani, R., 140n, 150 Farina, G., 81 Farnese (famiglia), 73, 100 Alessandro Farnese, 53, 95, 96, 97 e n Palazzo Farnese (di Caprarola), 97n,102n Fea, C., 116n Fedele, C., 103, 119 Fedele, P., 38n, 42n, 51, 56n,

64n, 66, 67 Federici, V., 66 Felice (pontefice come Lucio I e santo), 27, 32 Felice, N., 83n Feriozzi, S., 76n, 81 Ferraioli (famiglia), 73, 131 Ferrarotti, F., 159 Ferri, P., 119 Finocchi, E., 144 Finodi, A., 16, 107n, 119, 149 Floridi, G., 112 Fondi, M., 142n Fonseca, C. D., 121n, 136 Fontana, C., 86 Fosi, I., 103, 105, 109n, 111n, 119 Francovich, R., 61n, 67 Friz, G., 105, 119 Frommel, C. L., 97n, 103 Frutaz, A. P., 81 Fusco, M. A., 110n Gabrici, E., 26 Gabrielli, C., 137n Gaeta, M. I., 132n, 133n Galletti, P. L., 57 e n, 66 Gallo, A., 147n Gargioli, M. V., 150 Gentiloni Silverj, S., 67 Gervasi, A. M. M., 89 Ghini, G., 137n Giacomini (famiglia), 134 Giarrizzo, G., 130n, 131n, 136 Gimondo (figlio do Obicione), 65 Ginsborg, P., 140n Giordano, G., 55n Giorgio, 37, 62 Giovanni (prete), 56 Giovanni XVII, 55 Giovanni XIX, 39 e n, 64 Giovanni XXIII (antipapa), 84 Giovanni di Matozio Ilperini, 66 Giovanni Grammatico, 39 Goethe, J. W., 106, 108 e n, 115n Gori, A., 92 Gorlani, L., 81 Gracilis, 34 Graziano (figlio di Obicione), 65 Gregorio VII, 64 Gregorio X, 45 Gregorio XVI, 69n, 72 Gregorovius, 35n Grendi, E., 94 Grillotti Di Giacomo, M. G., 147n

Guarrasi, V., 148n Guidoni, E., 81 Gurreri, F., 124n, 136 Jacini, S., 123 e n Jones, P. J., 51 Kahane, A., 26, 58n, 59 e n, 60, 67 Kant, I., 115 Kehr, P. F., 44n, 46n, 64n, 65n, 66 King, A. C., 37n, 58n Hermanin, F., 85n, 94 Iacoangeli Penteriani, M. P., 39n, 41n, 42n, 51 Ildebrando, 65 Ilperini, D., 66 Innocenzo (pontefice come Innocenzo I e santo), 27, 32 Innocenzo IV, 44 Insolera, I., 147n, 159 Iuozzo, C., 109n, 111n La Ragione, F., 86 e n, 88 e n, 94 Lante, A., 76 Leone (abate), 42 Leone (numenculator), 35, 43 Leone III, 35 Leone III Isaurico, 60 Leone IV, 33, 62 Leone IX, 33n, 36 e n, 62 Leone XII, 69n Liutprando, 60 Liverani, P., 22n, 26 Livio, 17 Llewellyn, P., 31n, 35n, 51 Londei, L., 16 Lotz, W., 103 Lucio (pontefice come Lucio I e santo), 27, 32 Ludovico II, 38 Ludovico il Pio, 35 Maczak, A., 119 Magarotto, A., 16 Mammarella, G., 141n Mammuccari, R., 81, 119 Mantini, B., 51 Marano, A., 16 Marazzi, S., 51, 60n, 67 Maria (honesta femina), 42 Mariani, S., 81 Marini, G., 34n, 39n, 51, 54n,

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64n, 66 Mariotti Bianchi, U., 117n Martini, A., 45n Martino V, 84 Martirano, G., 135n, 136 Marziale, 17 Matteo (dell’Isola Conversina), 84 Marozia, 43 Mauro, M., 81 Medici, G., 140 e n Medici, R. F., 135n, 136 Menotti (famiglia), 130 Mercurio, F., 121n Messineo, G., 114 n, 119 Metalli, E., 81, 122n, 136 Milella, N., 79 Miselli, G., 107, 110 e n, 111 e n, 112 e n, 114 e n, 116 e n Misson, M., 110 Monsagrati, G., 72n Montemartini, G. L., 127n Moreno, D., 81 Moretti, D., 16, 81, 111n Moretti, L., 147n, 150 Morfea, M., 16 Moroni, G., 116n Mozzetti, S., 49 Murray, J., 107 Nardini / Nardino, F., 28 e n, 29, 46 e n, 47n, 51, 116 e 129nn Nardoni (famiglia), 72 Nazio, M. P., 16 Negri, P., 119 Nenci, G., 76n, 122n, 125n, 127n, 131n, 135n, 150 Nerini, F., 94 Nery Moschini, F., 140 e n, 145n Nibby, A., 54 e n, 55 e n, 67, 116n Niccolò III, 84 Nicolò V, 45 Nobili Vitelleschi, F., 123n, 136 Nori, L., 127n Nori, P., 175 Noyé, G., 61n, 67

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Obicione, 57, 64, 65n Olgiati, A., 53, 95, 96, 97n Olschki, F., 118 Onorio III, 55 Orsini (famiglia), 65, 71, 72, 73, 83, 84, 85, 87, 89, 90, 91, 95 Francesco Orsini, 85

Gentile Orsini, 84 Giordano Orsini, 45n Paolo Giordano Orsini, 53, 95 Vicino Orsini, 95 Ottone III, 83 Palagiano, C., 147n Palazzo, A. L., 150 Pallottini, R., 134n Panepuccia, C., 81, 106n Paolo III, 100 Paolocci (famiglia), 142 Papa, A., 136 Paratore, E., 148n Parisella, A., 81, 127n, 129n, 130n, 131n, 132n, 134n, 135n, 136, 140n, 150 Paroli, L., 61n, 67 Partner, P., 37 e n, 51 Pascalino, P., 81 Pasquale I, 35 Pasquale II, 64 Passigli, S., 56n, 67, 81 Patrizi, P., 114 Patterson, H., 26, 61n Pavan, P., 55n Pelagio II, 59 Penteriani, U., 39n, 41n, 42n, 51 Pescarzoli, A., 118 Petroni, A., 109 Pezzino, P., 141n, 143n, 150 Pflugk-Harttung, J., 55n, 57n, 66 Piccioni, L., 16 Pierleone, 57, 64, 65n Pierleoni (famiglia), 57, 64, 66 Pierlorenzi, N., 117n Pietro (figlio di Obicione), 65 Pietro (figlio di Pierleone), 64 Pine-Coffin, R. S., 118 Pio VI, 95 Pio VII, 69n Pio IX, 117 Portelli, S., 127n Potter, T. W., 17n, 26, 37n, 58 e n, 60n, 67 Prete, M. R., 142n Properzio, 17 e n Puccini, S., 149n, 150 Raggio, O., 81 Raidetto, G., 95 Ranucius (famiglia), 41 Ranzato, G., 122n, 136 Ratumena, 23

Ravaglioli, A., 111n Recchia, A. P., 105, 109n, 111n, 119 Rinaldi, D., 16 Robertson, C., 103 Romolo, 18, 19 Rosi, M., 137n, 150 Rospigliosi (famiglia), 73 Rossi, G., 70n, 75n, 81, 123n, 136 Rossi, G. A., 111n Rossi, P. O., 153n, 159 Rossi-Doria, A., 150 Rovagna, R., 76n, 81 Ruffilli, R., 69n Ruggeri, A., 111n Ruggero II, 65n Ruspoli (famiglia), 73 Sainati, A., 145n Salierno, V., 118 Salvi, L., 16 Sandri, L., 110n Sanetti, S., 76n, 81 Sanfilippo, M., 121n, 135n, 136, 159 Sanguigni, S., 66 Sansa, R., 76n, 77n, 81, 105 Santacroce, G., 55n Santi (famiglia), 142 Savelli (famiglia), 72 Savelli, M., 84 Sbardella, B., 87 Scacchi, D., 69n Scaramellini, G., 119 Scardozzi, M., 123n, 124n, 136 Schiaffini, B., 137n Schiaparelli, L., 33n, 36n, 43n, 51, 62n, 66 Schiavo, M., 16 Schivelbusch, W., 108n, 118n, 119 Scotoni, L., 53n, 54 e n, 55, 67 Sensi, M., 94 Sereni, E., 81, 150 Sergio III, 38, 39 e n, 42n Serlupi, G. F., 95, 97 Seronde Babonaux, A. M., 159 Servio, 18n Sforza, A., 95 Sgrilli, A., 118 Sgubini Moretti, A. M., 17n, 26 Sicari, G., 118 Silvestrelli, G., 55 e n, 83n, 84n, 94, 95n, 96n, 103

indici

Simoncelli, A. V., 138n, 143n,150 Sivo, V., 121n, 136 Smith, S., 75n, 90n, 94 Sodano, C., 51 Stassi, F., 16 Stefani, E., 26 Stefano II, 36 Stefano (cardinale), 45 Stefano (nobilis vir), 43 Steingräber, S., 17n Stipa, M., 81, 86n, 94 Stopani, R., 111n Strangio, D., 121n, 135 Tarquinio il Superbo, 23 Tarquinio Prisco, 23 Tebaldi (famiglia), 83 Stefano Tebaldi, 83 Teodoro, 35 Terenghi, V., 93n Thoenes, C., 97n, 103 Thomas, K., 115n Threipland, L. M., 26, 58n, 59 e n, 60, 67 Tocci, G., 81 Todesco, L., 97, 98 Toiati, P., 111n Toman, R., 143n Tomassetti, G., 26, 34n, 36, 55 e n, 51, 56n, 67, 81, 84 e n, 94, 116n Torelli, M., 17n, 26 Totone di Nepi, 34 e n Toubert, P., 39n Trastulli, P. E., 119 Trevignano, P., 55n Trifone, B., 42n, 51, 55n, 66, 83n, 94 Tullio Ostilio, 19 Turri, E., 148n, 150 Tuttle, R. J., 97n, 103 Ugolini, P., 81, 83n, 94, 143n Urbano III, 43 Urbano VIII, 34n Vallardi, G., 107 Vallardi, P., 107 Vallat, C., 156n, , 157n, 159 Vallauri, C., 132n, 134n, 136 van Kampen, I., 26, 149 Varotti, A., 122n, 136 Vecchio, B., 77n Vendittelli, M., 56n, 67 Venturi, F., 119

Vetromile, E., 81 Vidotto, V., 16, 153n, 159 Vignola, (vedi Barozzi, J. da Vignola) Vitali, A., 95 Volpi, G., 126 Volpi, R., 69n, 81 Volponi, F., 92 von Humboldt, A., 115 e n Vulca, 23 Walcher Casotti, M., 103 Ward-Perkins, J. B., 17n, 26, 29, 31n, 48n, 54 e n, 52, 58 e n, 59 e n, 60, 62 e n, 67 Whitehouse, D. B., 60n Wickam, C. J., 39, 40n, 52, 55n, 56 e n, 61 e n, 62 e n, 63, 64n, 67 Wilpert, G., 85n Wilton, A., 119 Worster, D., 115n Zaccaria, 30n, 34, 61 Zavagnini, G., 143n, 144 Zevi, F., 26 Zilli, I., 75n, 81 Indice delle cose notevoli Agricoltura e allevamento, 7376, 121-25 Azienda del Campo, 74 Bovattieri, 74, 122 Masseria, 74 Mercanti di campagna, 74, 122 Pastorizia, 75, 121-22 Procoio, 74 Frammentazione del latifondo, 137-41 Agro romano, 69-70, 121-25 Bosco (uso del), 76-78 British School at Rome, 15, 17n, 29, 32, 37, 40 e n, 41, 43, 46, 48, 58, 59 Campagna romana (percezione della), 111-16 Catasti Catasto Alessandrino, 48, 53, 113 Catasto Gregoriano, 93, 142 Comunità, 71-73 Bonifiche, 72, 112, 124

Domusculta Capra c o ru m, 30-44 Ente Maremma (vedi Riforma fondiaria) Ferrovia, 117-18, 157-58 Feudalesimo, 71-73, 98-100 Incastellamento, 53-66, 71, 83-85 Malaria, 75, 121-22 Osterie, 100-03, 111-15 Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, 69 Religiosità, 31-33, 40-45, 75, 83-93 Culto dei santi patroni, 75 Culto mariano, 75, 83-93 Riforma fondiaria, 137-50 Stato pontificio, 69-79 Toponimi, 79-80 Università agrarie, 126 Usi civici, 78-79, 125 Veio Veio etrusca, 17-26 Veio romana, 22, 58-59 Sito di Veio nel m e d i o e vo, 53-66 Mito di Veio in età moderna, 28-29, 116-17 Viaggio Itinerari postali, 105-18 Letteratura di, 105-18

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