Le reazioni da mezzo di contrasto: il trattamento

March 20, 2018 | Author: Anonymous | Category: N/A
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La Radiologia Medica - Radiol Med 107 (Suppl 1 al N. 4): 42-52, 2004 Edizioni Minerva Medica - Torino

Le reazioni da mezzo di contrasto: il trattamento G. MARTINELLI - F. PETRINI* - E. GAMBERINI

Premessa L’incidenza riportata in letteratura di complicanze radiologiche attribuite alla somministrazione di mezzi di contrasto (MdC) risulta fortunatamente abbastanza bassa, con valori inferiori all’1% e con una mortalità di 1/55.000 esami. Fra queste, le reazioni tossiche sono legate a meccanismi specifici fisico-chimici e alla dose del MdC, oltre che alle condizioni già compromesse del paziente. Le reazioni però più temute, forse perchè meno prevedibili ma soprattutto perchè costituiscono vere e proprie emergenze cliniche, sono quelle allergiche. Pur non esistendo una definizione universalmente accettata, queste sono distinte classicamente in reazioni anafilattiche, immunomediate, e anafilattoidi, non mediate da immunoglobuline. La reazione anafilattica necessita di un momento di sensibilizzazione e della produzione anticorpale (IgE) nei confronti di un antigene. Nell’anamnesi dei soggetti che la sviluppano una storia di atopia è un indicatore a bassa specificità e sensibilità. Le reazioni anafilattoidi colpiscono più frequentemente i soggetti giovani già portatori di altre importanti patologie, ma ancora più facilmente i soggetti con storia di atopia (tra l’altro sempre più frequenti), asmatici o con problemi cardiovascolari. Pur non trattandosi di vere reazioni anafilattiche, il rilascio di istamina (più pronto da parte dei basofili dei soggetti atopici) e di altri mediatori chimici farmacologicamente attivi (leucotrieni C4, D4 e E4), produce un quadro clinico a volte praticamente indistinguibile dall’anafilassi classica. Clinicamente vengono identificati cinque diversi tipi di gravità di reazione allergica: — Grado I: segni cutanei (prurito, eritema, orticara, flushing, angioedema). — Grado II: sintomi cardiocircolatori misurabili ma non tali da richiedere la rianimazione (nausea, diarrea, vomito, ipotensione, tachicardia, tosse, broncospasmo con difficoltà a inspirare). — Grado III: sintomatologia a rischio vitale (collasso cardiovascolare, tachi-bradicardia, aritmie, broncospasmo severo). — Grado IV: arresto respiratorio, ACC. — Grado V: morte. La sintomatologia clinica può manifestarsi acutamente

durante, al termine dell’infusione, o essere ritardata di 24-48 ore dall’esame: la gravità di queste reazioni e la rapidità dell’evoluzione dipendono non solo dalle manifestazioni cliniche strettamente correlate, ma anche dalle precedenti condizioni del paziente e, soprattutto, dalla prontezza del trattamento. La maggior parte delle reazioni risultano idiosincrasiche e non prevedibili, ma un’attenta anamnesi potrebbe consentire di individuare alcuni fattori di rischio e permettere di impostare un piano di profilassi e di trattamento immediato efficace fin dai primi sintomi, in particolare in caso di reazione anafilattica, che altrimenti può condurre rapidamente allo shock ed al conseguente arresto cardiocircolatorio (ACC). Per tale motivo nel percorso diagnostico-terapeutico vanno seguiti protocolli di trattamento ispirati alle Linee Guida (LG) internazionalmente riconosciute come valide per le condizioni di periarresto e per il trattamento dell’ACC (Linee Guida dell’European Resuscitation Council-ERC, Americen Heart Association-AHA, International Liason Committee on Resuscitation-ILCOR, Italian Resuscitation CouncilIRC). Le recenti modifiche apportate a tali LG hanno indotto a rivedere la traccia delineata nella precedente edizione di questo manuale, sia per quanto riguarda le manovre più avanzate (si veda gli Algoritmi di ALS), che per l’introduzione della defibrillazione precoce come concetto basilare anche nel primo soccorso (BLS-D). L’evidenza scientifica è infatti sufficiente a sostenere l’efficacia della defibrillazione nella reversione della maggior parte dei ritmi cardiaci di presentazione dell’ACC non traumatico. La defibrillazione è tanto più efficace quanto più precoce, e ciò ha portato anche in Italia a riconoscere il defibrillatore semi-automatico esterno (DAE) come utilizzabile anche da parte di personale laico, purchè debitamente addestrato (Legge 120 del 3 aprile 2001); a maggior ragione la defibrillazione precoce deve essere resa possibile negli ambienti gestiti da personale sanitario che non siano non immediatamente raggiungibili da parte di medici esperti nella rianimazione avanzata. Va quindi enfatizzato il principio secondo cui ogni operatore sanitario debba conoscere e saper attuare le manovre di primo soccorso all’emergenza, nel rispetto di quella che viene descritta come «catena della sopravvivenza» e che verrà poi completata con il soccorso avanzato dell’Anestesista Rianimatore.

Anestesia e Rianimazione - Università degli Studi - Bologna - *Anestesia e Rianimazione - Università G. D’Annunzio - Chieti-Pescara.

G. Martinelli et al: Le reazioni da mezzo di contrasto: il trattamento

Fig. 1. — La catena della sopravvivenza.

La presenza delle attrezzature e dei farmaci necessari al supporto delle funzioni vitali ed alla rianimazione avanzata negli ambienti dove si svolgono manovre radiologiche con MdC, potrebbe consentire il rapido trattamento dell’ACC fin da prima dell’arrivo del personale medico specializzato, che potrà poi decidere se continuare le procedure rianimatorie con il DAE, piuttosto che applicare un defibrillatore manuale (che richiede da parte del medico il riconoscimento dei ritmi elettrici dell’ACC e quindi competenze più approfondite e specifiche). In considerazione del fatto che le Linee Guida vanno applicate alla luce della situazione contingente, delle dotazioni, delle risorse disponibili e degli skills del personale (fra i paesi dell’Europa per esempio il ruolo del personale non medico è molto diverso, e ancor più lo è rispetto agli USA), in ambito intra-ospedaliero è raccomandabile che la Radiologia definisca le procedure in accordo con il personale di riferimento per l’urgenza; il «carrello per le emergenze», che può essere determinante nel rendere più agile il soccorso al paziente a rischio in un Servizio diverso dall’area dell’emergenza, andrà attrezzato in funzione della logistica locale. Definire in modo preciso le procedure di intervento (schematiche, di rapida consultazione e diffuse a tutto il personale), oltre alla responsabilità della loro gestione, è il primo passo per mantenere efficiente il servizio al momento dell’imprevisto. Tutto ciò impone comunque di intraprendere anche un piano di addestramento (e mantenimento) alle competenze e alle skills necessarie ad affrontare il primo soccorso e i principi di base della rianimazione, programmando corsi teorico-pratici dedicati a tutto il personale sanitario (sia medico che non) che opera in Radiologia. Il percorso di formazione e di educazione continua in tema di emergenze (per altro uno degli obiettivi principali ECM identificati dal Ministero della Salute anche in ambito intra-ospedaliero), va affidato a personale qualificato e deve prevedere la ripetizione del training ogni anno; la disciplina anestesiologica costituisce uno dei maggiori riferimenti in questo ambito e il progetto di collaborazione fra le Società Scientifiche SIRM e SIAARTI vuole essere di stimolo alla realizzazione di programmi locali di ECM dedicata a queste tematiche.

Prevenzione La prevenzione migliore delle reazioni allergiche è ancora basata sulla identificazione dei soggetti a rischio. Una

43 indagine anamnestica semplice ma mirata, effettuata preferenzialmente in anticipo (2 giorni) rispetto alla procedura che necessita di MdC può essere condotta anche partendo da un questionario autocompilato dal paziente. Possono essere considerati potenzialmente a rischio: — i soggetti asmatici; — i soggetti allergici a diverse sostanze che fanno ricorso a trattamento farmacologico continuo o periodico; — i soggetti con allergia nota ai MdC; — i soggetti con allergia al lattice. Ovviamente, specie per l’allergia al lattice, la prima forma di prevenzione della reazione prevede di evitare il contatto con l’allergene quando possibile. Un numero sempre maggiore di soggetti risulta afflitto da allergia al lattice: l’importanza dell’indentificazione anamnestica dei soggetti a rischio e della definizione di un percorso “latex free” vale per tutte le strutture sanitare, compresa la Radiologia. Per quanto riguarda i farmaci da iniettare, a tutt’oggi non ci sono evidenze sufficienti ad assicurare l’efficacia del pretrattamento farmacologico preventivo che è comunque ancora utilizzato in pazienti con precedenti episodi o allergie note. Il pretrattamento è basato sulla somministrazione di steroidi, antistaminici e H1 e H2 antagonisti (gli H1 e H2 antagonisti secondo molti studi ridurrebbero gli effetti istaminomediati). Si riporta un esempio di schema: — dosi ripetute di dimetilprednisolone 32 mg, approssimativamente 12 e 2 ore prima della somministrazione del MdC, oppure prednisone 50 mg ogni 6 ore, iniziando 18 ore prima del test, associate a — difenidramina 50 mg i.m. + cimetidina 300 mg os. oppure clorfeniramina 8 mg per os. o i.m. un’ora prima del test + ranitidina 300 mg da una a tre ore prima del test. Molti lavori tuttavia contestano l’utilità di tale pretrattamento e alcuni hanno ipotizzato addirittura un potenziale rischio. Rimane comunque indubbio che si possano suggerire alcune misure indirettamente utili nella prevenzione delle manifestazioni più gravi in caso di evento allergico, quali: — incannulamento di una via venosa adeguata, oltre che ad iniettare il MdC, anche a gestire il trattamento in emergenza (agocannula di calibro elevato, in sede sicura e con fissaggio accurato); — utilizzo sistematico del monitoraggio delle funzioni vitali: monitor portatili per tracciato elettrocardiografico, PA non invasiva automatica (NIBP) e pulsossimetria sono oggi così maneggevoli da essere raccomandabili, almeno sui casi selezionati; — disponibilità immediata di materiale adeguato, facilmente reperibile e funzionante per l’emergenza (carrello con devices, apparecchiature e farmaci); — controllo periodico dello stato delle suddette dotazioni (funzionamento delle attrezzature, scadenze e rifornimento dei farmaci), con identificazione di un responsabile e di procedure scritte; — addestramento al monitoraggio e primo soccorso delle funzioni vitali del personale che opera in Radiologia, utilizzo di protocolli aderenti alle LG e programmazione di CME periodicamente ripetuto

44 — modulistica predisposta per l’informazione dei soggetti a rischio, la refertazione dell’evento avverso e la registrazione dei dati. La corretta comunicazione viene considerata alla base della prevenzione ed un punto cruciale dell’organizzazione sanitaria. I pazienti colpiti da reazioni gravi andranno indirizzati ad approfondire la diagnostica; da qui l’importanza di rilasciare al paziente un referto, certificando il tipo di reazione verificatasi ed il trattamento attuato. Allo stesso tempo andrebbe adottata la segnalazione dell’evento avverso, utile al monitoraggio epidemiologico e al programma di Risk Management dell’azienda sanitaria.

Dotazione consigliata per l’emergenza La dotazione di massima elencata deve risultare standardizzata in base alla logistica locale, possibilmente concordata insieme al personale delle emergenze afferenti alle strutture di usuale riferimento, di facile reperibilità (carrello trasportabile) e regolarmente revisionata dal personale preposto (pertanto andrebbero preparati Protocolli dedicati, Checklist e Schede di revisione).

Carrello emergenze Si raccomanda di adottare un carrello specificatamente dedicato al soccorso nelle emergenze, facilmente spostabile negli ambienti, eventualmente a cassettiera, suddividendo il materiale secondo il protocollo ABC. Si suggerisce di esporre in posizioni chiave i Protocolli e gli Algoritmi di gestione dell’emergenza. Materiale generale: — guanti monouso 3 misure; — guanti sterili varie misure; — mascherine monouso con visiera; — cappellini monouso; — disinfettante; — garze sterili; — sondini naso-gastrici di 3 misure; — 1-2 siringhe 50 ml raccordo a cono; — siringhe (da 2,5-5-10-20 ml); — set deflussori per via venosa e raccordi per connessione a più vie; — spremisacca a pressione; — agocannule endovenose (20-18-16-14 G); — set per incannulamento venoso centrale*; — laccio emostatico; — cerotto; — forbici; — stick per determinazione glicemia. Attrezzature e presidi specifici: — fonendoscopio; — monitor defibrillatore con possibilità di rilevazione dell’ECG dalle piastre di defibrillazione (da utilizzare se richiesto dall’équipe di emergenza), si consiglia defibrillatore automatico esterno (DAE) con piastre adesive;

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— pasta conducente; — saturimetro a polso; — sfigmomanometro, si consiglia misuratore automatico della PA incruenta (NIBP); — aspiratore portatile; — flussimetro e sistemi di assistenza in flusso O2, fonte di ossigeno; — (pompa a siringa per infusione continua farmaci*). Dotazione farmacologica: iniettabili per via endovenosa (oltre a sacche 250-500 ml di soluzioni infusionali, cristalloidi e colloidi): — adrenalina; — amiodarone; — atropina; — adenosina; — diazepam, midazolam, lorazepam*; — diltiazem; — dopamina; — eparina sodica; — flumazenil*; — glucosio 33%; — furosemide; — idrocortisone; — lidocaina; — metoprololo; — nitroglicerina; — bicarbonato di sodio 8,4%*; — magnesio solfato; — calcio cloruro; — (Propofol)*; — (Curari) *. Preparazioni spray inalazione: — salbuamolo; — beclometasone; — ipratropio bromuro. Dotazione per la gestione delle vie aeree: — maschere facciali sterilizzate trasparenti (misura n. 45-6); — pallone di Ambu da adulto, con ingresso e reservoire per ossigeno; — cannule orofaringee (tipo Guedel o Mayo) misure 2-34 (sterilizzate o disposable); — Laryngeal Mask Airway (LMA) n. 4, o Combitube (n. 37); — laringoscopio completo di manico, lame (media e lunga), pile cariche, lampadine di riserva (se previste nella lama)*; — tubi tracheali (TT)cuffiati naso-orali disposable (2 per misura, n. 6-7-8)*; — pinza di Magill (misura per adulto)*; — mandrino corto malleabile (disposable), o suoi sostituti («gum elastic bougie»)*; — gel lubrificante per TT; — sondini per aspirazione orale e endotracheale (disposable, varie misure);

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— circuito respiratorio raccordabile alla fonte di O2; — raccordi corrugati angolati per TT* e filtri antibattericiantivirali*; — CO2 detector (colorimetrici; capnografi di III generazione)/ODD (Oesophageal Detector Device)*; — materiale per accesso rapido tracheale (set per cricotirotomia)*. *L’elenco è estremamente particolareggiato e vuole solo costituire uno schema da personalizzare: per rendere più rapido e agevole il soccorso avanzato nelle sedi che non hanno accesso semplice a un Servizio di Emergenza, sono stati inclusi in questa lista attrezzature (sono riportate in misure per adulto) e farmaci abitualmente utilizzati dagli Anestesisti Rianimatori.

Trattamento Oltre ovviamente alla sospensione dell’infusione del MdC, la terapia delle reazioni più gravi quali l’angioedema localizzato alla laringe, quello generalizzato, l'asma grave e lo shock (in particolare quello anafilattoide), è principalmente basata sulla somministrazione di adrenalina e di rimpiazzo volemico con infusione di cristalloidi. Nei casi più gravi con compromissione delle funzioni vitali, il subitaneo intervento del personale sanitario presente che sappia procedere anche oltre le manovre di prima assistenza, può ripristinare una stabilità dei parametri vitali che, se corretti tardivamente (trasportando per es. il soggetto senza soccorrerlo sul posto), diventerebbero più difficilmente recuperabili. Le reazioni anafilattoidi ai mezzi di contrasto sono, come già accennato, simili a quelle anafilattiche, anche se non sono legate a ipersensibilità. La distinzione è poco importante in relazione al trattamento di un attacco acuto, che andrà modulato in base alla gravità del caso. Non esiste un trattamento standard da attuare in assoluto, in quanto i meccanismi scatenanti sono diversi, le situazioni variabili e il coinvolgimento di organi differente da caso a caso, per cui il quadro clinico può presentarsi sia in forma leggera, che fatale. Il collasso cardiovascolare è la manifestazione più comune, causato dalla vasodilatazione e dalla perdita di plasma dal letto circolante. Le principali alterazioni cardiocircolatorie sono dovute all'ipotensione come problema di fondo e poi all'adrenalina somministrata terapeuticamente. Le manovre raccomandate sono: — sospendere l’infusione del MdC; — chiamare aiuto e allertare il soccorso avanzato; — interrompere tutti i farmaci eventualmente in corso (per es.sedativi); — posizionare il paziente in posizione supina (se il piano rigido ci si troverà avvantaggiati in caso di RCP). Può risultare utile (anche se può rendere ancora più difficoltosa la respirazione) la posizione anti-shock; — mantenere sotto controllo la pervietà delle via aeree, somministrare O2 al 100% ad alto flusso (10-15 l/min); la comparsa di edema del volto deve far temere l’ostruzione delle vie aeree, trattabile solo con l’intubazione;

45 — somministrare fluidi: cristalloidi (25-50 ml/kg) preferiti in fase iniziale ai colloidi, che comportano anch’essi rischio allergico; mantenere controllo PA; se l'ipotensione risulta grave e non risponde rapidamente all'adrenalina: può essere necessaria la rapida infusione di liquidi fino a 2 l; — somministrare adrenalina im. se presenti segni di shock, edema delle vie aeree o evidenti difficoltà respiratorie. La dose di 50 mg (10 mg/kg nei bambini) può essere ripetuta dopo 510 minuti in assenza di miglioramento clinico. Per la somministrazione im. la diluizione suggerita è 1/1000, mentre per l’uso ev si usa diluizione 1/10.000 (mai 1/1000); l'uso di adrenalina ev dovrebbe essere riservato a personale medico qualificato consapevole delle indicazioni e dei rischi, che titrerà la dose sulla risposta in base al monitoraggio ECG (1220 mg nelle reazioni di Grado II; 100-200 mg in quelle di Grado III, se necessario anche passando a infusione continua 0.05-0.1 mg/kg/min); — somministrare antistaminici ev lentamente e controllando PA; — somministrare salbutamolo per via inalatoria; se il broncocospasmo è il problema principale e persistente, considerare la somministrazione di aminofillina ev (attenzione a emodinamica); — somministrare corticosteroidi ev (non tanto per l’episodio acuto, quanto per prevenire ulteriori complicanze); 0.25-1g di idrocortisone nelle reazioni IgE mediate, 30-35 mg/kg di metilprednisolone nel caso si sospetti l’azione del complemento; — può rendersi necessario infondere catecolamine in continuo; — nel caso persista lo shock, il ruolo del bicarbonato di sodio è indicato per il persistere dell’acidosi; il controllo dell’emogasanalisi guida nel trattamento; — anche se il problema si risolve, tenere il paziente in osservazione per almeno 24 ore, monitorando le funzioni vitali; — una volta risolta la crisi, indirizzare il soggetto a approfondimento allergologici. Comportamento in caso di arresto cardiaco: il BLS-D e l’ALS La morte come risultato di reazione anafilattica avviene usualmente in asistolia con grave ipossia con grave deplezione circolatoria. Pertanto: — è fondamentale l'espansione rapida del volume ematico ed un uso tempestivo e deciso di adrenalina in concomitanza ad antistaminici e terapia steroidea, come per altro raccomandato anche nei casi non fatali; — le procedure di soccorso devono necessariamente provvedere anche all’arresto respiratorio con mezzi adeguati ad un ambiente medicalizzato, ma tenendo conto della presumibile scarsa dimestichezza del personale presente con le manovre del soccorso. Con queste premesse deve essere seguito il percorso di trattamento dell'ACC, schematizzato nell’Algoritmo universale, che non richiede in prima istanza di identificare il ritmo cardiaco di presentazione (al monitor defibrillatore), ma solo di identificare se questo è defibrillabile o meno, per poi proseguire con il soccorso avanzato.

46 Le forme gravi di broncospasmo conseguenti a somministrazione di MdC possono anch’esse portare alla morte improvvisa. L’eccesso di catecolamine associato all’ipossia può condurre ad eventi fatali; sono particolarmente a rischio gli asmatici noti. L’arresto cardiaco nei pazienti affetti da asma bronchiale è stato associato a: — grave broncospasmo che determina asfissia; — pneumotorace iperteso, anche bilaterale; — aritmie cardiache associate all’uso terapeutico di agonisti beta adrenergici; — ipotensione e bradicardia mediate da riflessi vasovagali; — turbe della conduzione cardiaca, probabilmente mediate da una reazione immunologica alterata in alcuni pazienti. L’intervento clinico principale deve essere il trattamento aggressivo delle crisi asmatiche gravi ed acute prima che queste degenerino in arresto. La sequenza degli interventi può variare, ma generalmente comprende una combinazione degli agenti farmacologici successivamente indicati e perciò da includere nel carrello delle emergenze. Durante tutte le manovre di soccorso il monitoraggio va continuato, in modo clinico e strumentale. Per il soccorritore, la preoccupazione principale deve essere un paziente che peggiora progressivamente e non risponde ai diversi approcci terapeutici. In questa situazione è fondamentale seguire una procedura che deve essere nota a tutti gli operatori del settore e da attuare, nella consapevolezza che il successo non può essere raggiunto in modo diverso, come ormai dimostrato dalla letteratura specializzata. Le Linee Guida da seguire sono quelle denominate Basic Life Support (BLS) - Defibrillazione precoce (D) e Advanced Life Support (ALS). Interventi chiave per impedire l’ACC nella crisi asmatica — Fornire O2 a concentrazione sufficiente per raggiungere una PaO2 di 90 mmHg o più (monitoraggio saturimetria ed emogasanalitico). Usare O2 a flusso elevato in maschera facciale, ma tenersi pronti per dover passare rapidamente ad un accesso più invasivo in caso di arresto respiratorio; — somministrare β2 -agonisti nebulizzati; il metaproterenolo è divenuto la terapia base in tutto il mondo, ma anche altre molecole simili possono essere usate con notevole efficacia. Normalmente, in caso di emergenza, il trattamento è aggressivo, con dosi di 5 mg ogni 15-20 minuti aumentabili, fino a tre volte (15-30 mg/h). È da considerare che l’overdose di tale farmaco può provocare tachicardia che può deteriorare in FV/TV; — terapia con nebulizzazioni a base di anticolinergici. Con la disponibilità di inalatori dosati di ipratropio bromuro, questa modalità viene utilizzata sempre più spesso. L’ipratropio può anche essere utilizzato come nebulizzazione umida ad una dose di 0,5 mg con β2 agonisti; — somministrare corticosteroidi ev a dosi adeguate. Nei casi di emergenza, il trattamento standard prevede la somministrazione immediata di corticosteroidi per i pazienti con asma grave e in pericolo di vita. Questi agenti devono essere somministrati contemporaneamente all’ossigeno e ai β2 agonisti, senza attendere per determinare l’effetto dei

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β2 agonisti. Usare idrocortisone, 8-10 mg/kg ev, ripetuto ogni 6 ore; — somministrare adrenalina ev. Questo trattamento aggressivo può riuscire ad evitare il ricorso alla ventilazione artificiale nell’asma grave. Il dosaggio per l’adulto risulta di 100-200 mg di adrenalina somministrata in 5 minuti e ripetibile nei 5 successivi. Un’infusione di 0,05-0,1 mg/kg/min può essere necessaria poi per mantenere la broncodilatazione; — somministrare β agonisti ev. Il salbutamolo può essere somministrato per infusione venosa e può essere efficace in pazienti che non tollerano il farmaco per via inalatoria. Si inizia con una dose di 0,1 mg/kg/min aumentandola fino a un massimo di 6,0 mg/kg/min e controllando la possibile tachicardia; — aminofillina e bicarbonato di sodio si sono dimostrati inefficaci nell’aumentare l’effetto degli altri farmaci e, considerati gli effetti collaterali, non sono raccomandati nel trattamento dell’anafilassi. Il bicarbonato inoltre si è dimostrato potenzialmente dannoso e non viene in pratica più usato nell’ACC se non dopo periodi protratti di rianimazione in quanto aumenta i livelli di plasmatici di CO2. L’utilizzo andrà riconsiderato dal rianimatore che si fa carico delle manovre avanzate successive ad una rianimazione protratta; per questo motivo può essere utile tenerne in dotazione nel carrello; — magnesio solfato ev. Numerosi Autori hanno riportato successi nel trattamento delle crisi asmatiche somministrando magnesio solfato nei pazienti refrattari al trattamento inalatorio con agenti adrenergici e corticosteroidi. Pur non essendo sempre efficace, il magnesio è facilmente disponibile e può essere somministrato con pochi effetti collaterali a una dose di 2-3 g endovenosi e a una velocità di 1 g/min (1 g di magnesio solfato = 98 mg di magnesio elementare); — ricorrere all’intubazione tracheale e alla ventilazione artificiale. Ci sono situazioni in cui una ossigenazione ed una ventilazione adeguate non sono possibili in maschera facciale; il Rianimatore esperto ricorre alla sedazione-intubazione in rapida sequenza (RSI), ma tutto ciò comporta l’uso di miorilassanti e ipnoinduttori (farmaci di competenza specialistica), oltre ad una manualità con la tecnica laringoscopica che non è facile da acquisire in altri ambiti. In alternativa alla ventilazione in maschera facciale che risulti difficile, sono perciò stati inseriti recentemente nelle LG due devices, semplici da usare anche per i non esperti perchè non richiedono laringoscopia: la maschera laringea (LMA) e, come alternativa poco diffusa in Italia, il Combitube. Questi, pur non fornendo la protezione delle vie aeree garantita dal TT, si sono dimostrati salvavita specie nel soccorso ad opera di personale non abituato ad intubare. BLS-D e ALS dopo arresto cardiaco da asma grave Partendo dal presupposto che il sistema migliore per superare un arresto cardiaco è quello di prevenirlo, in caso di arresto cardiocircolatorio secondario ad asma grave l’Algoritmo di comportamento dovrebbe essere quello sotto riportato per le reazioni anafilattiche, basato sul presupposto del passaggio allo step successivo solo in caso di risoluzione del precedente (fig. 2). In questa chiave va interpretato l’Algoritmo Universale dell’Arresto Cardiaco riportato oltre.

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REAZIONI ANAFILATTICHE: ALGORITMO DI TRATTAMENTO Storia di severe reazioni allergiche con difficoltà respiratoria e/o ipotensione specialmente se presenti segni cutanei

Ossigenoterapia ad alti flussi appena possibile (1)

Stridore, sibili, distress respiratorio o segni clinici di shock (2)

Adrenalina Bambini

50 µg im 120 µg im 250 µg im 500 µg im

6 mesi-6 anni 6-12 anni

Adulti

Ripeti dopo 5 minuti se non miglioramento clinico

Antistaminico (clorfenamina) Bambini

1-6 anni 6-12 anni

Adulti

2,5-5 mg im 5-10 mg im 10-20 mg im

Considerare in aggiunta

Per tutte le reazioni severe o ricorrenti e pazienti asmatici

Se i segni di shock non regrediscono al trattamento farmacologico Cristalloidi ev

Idrocortisone Bambini Adulti

1-6 anni 6-12 anni

50 mg im o ev lenta 100 mg im o ev lenta 100-500 mg im o ev lenta

Bambini Adulti

20 ml/kg di peso corporeo 1-2 l

Può rendersi necessaria l’infusione rapida e la ripetizione della dose

(1) Un β2-agonista può essere usato come misura aggiuntiva se il broncospasmo è severo e non risponde rapidamente agli altri trattamenti. (2) Se lo shock è valutato come immediatamente pericoloso quod vitam cominciare CTE e ALS.

Fig. 2. — Algoritmo di trattamento nelle reazioni anafilattiche.

zione sanguigna sufficiente a proteggere il cervello da un Rianimazione cardio-polmonare (RCP) Basic Life Support e Defibrillazione Precoce (BLS-D) danno ischemico. A scopo didattico l’arresto cardiaco può esArresto cardiaco Con il termine arresto cardiaco o cardiocircolatorio (ACC) si intende la incapacità del cuore di mantenere una circola-

sere considerato come un’improvvisa cessazione dell’attività del muscolo cardiaco con conseguente arresto della circolazione sanguigna. Il termine spesso utilizzato «improvviso» cerca di differenziare, senza tuttavia riuscirci comple-

48 tamente, l’arresto cardiaco che giunge inaspettato in un soggetto che non ci si attendeva dovesse morire, da quello che rappresenta invece l’ epilogo di una malattia in fase terminale, di per se stessa irreversibile e quindi non proponibile per un trattamento rianimatorio. Le cause più frequenti di arresto cardiaco improvviso, oltre al politrauma, sono l’infarto del miocardio, i disturbi del ritmo, lo scompenso cardiaco con edema polmonare, lo shock di qualsivoglia origine (anafilattico, emorragico ecc), l’embolia polmonare massiva, la folgorazione, l’asfissia e l’arresto respiratorio. Va comunque ribadito che ad un arresto primitivamente cardiocircolatorio segue sempre nell’arco di uno o due minuti un arresto del respiro e viceversa: un arresto respiratorio (per esempio da ostruzione delle vie aeree) comporta sempre, se non trattato, un successivo arresto cardiocircolatorio. I termini arresto cardiaco, arresto cardiocircolatorio, arresto respiratorio o cardiorespiratorio sono quindi da considerarsi sinonimi da un punto di vista pratico, anche se ciascuno di essi sottintende una diversa causa. Dal punto di vista elettrocardiografico, indipendentemente dalla causa che lo ha generato, si parla di ACC nelle seguenti condizioni patologiche: — asistolia; — fibrillazione ventricolare (FV); — attività elettrica senza polso (PEA); — tachicardia ventricolare (TV) senza polso. L’asistolia rappresenta l’ assenza completa di attività elettrica, e quindi meccanica, del cuore. L’ ECG mostra una linea piatta. La FV consiste in una attività elettrica scomposta, disordinata delle cellule cardiache che non si contraggono simultaneamente, dando origine ad una attività meccanica cardiaca assolutamente inefficace, con grave insufficienza circolatoria. Dal punto di vista ECGrafico la fibrillazione ventricolare si mostra con un caratteristico tracciato oscillante. Con il termine PEA si definisce una condizione caratterizzata da una normale attività elettrica del cuore non accompagnata da efficace attività contrattile. Questa condizione è più difficile da diagnosticare in quanto l’ECG può risultare simile a quello normale; solo il rilievo dei segni clinici (assenza dei polsi, apnea, ecc) consente la corretta interpretazione del quadro clinico. La TV senza polso è una tachiaritmia estrema a complessi ventricolari, inefficace nel mantenere una adeguata perfusione degli organi; per questo attualmente è considerata uno dei ritmi di ACC e rientra quindi nell’Algoritmo Universale. L’evento comune alle situazioni descritte è rappresentato dall’assenza di una gittata cardiaca efficace per sostenere il circolo; la mancata vascolarizzazione comporta sofferenza tessutale tanto più pronunciata quanto maggiore è il tempo di ischemia. Ogni organo ha una resistenza diversa: le cellule cerebrali sono le più sensibili e riportano danni irreversibili dopo soli 3-4 minuti di ischemia. Per questo motivo che i tempi di intervento del soccorritore sono estremamente ristretti: un minimo ritardo nell’inizio delle manovre rianimatorie può comportare gravi danni neurologici irreversibili. La diagnosi dell’arresto cardiocircolatorio, indipendentemente dal tracciato elettrocardiografico, si basa sul riscontro dei seguenti sintomi e segni:

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— stato di incoscienza: la mancata perfusione cerebrale comporta l’immediata perdita di coscienza (il soggetto non apre gli occhi spontaneamente e non risponde alla stimolazione verbale e tattile); — assenza di respiro (apnea): non si osserva escursione della gabbia toracica e non si rileva aria in uscita dalla bocca e dal naso. Se l'arresto è primitivamente cardiaco la respirazione può essere inizialmente presente, ma tenderà rapidamente ad arrestarsi attraversando una fase di “gasping” in cui il respiro è caratterizzato da tentativi inefficaci di inspirazione (boccheggiante) con la sola apertura della bocca. L’apnea si può presentare anche in assenza di arresto di circolo (per esempio nella overdose da oppiacei o nelle gravissime crisi asmatiche), per cui l’evidenza dell’assenza del respiro non può far fare da sola la diagnosi di arresto cardiaco; — assenza di polso e di segni di circolo: non sono rilevabili alla palpazione i polsi centrali (carotideo), né tanto meno quelli periferici. La ricerca del polso carotideo si effettua posizionando le dita subito al di sotto dell' arco della mandibola, all’angolo tra trachea e muscolo sterno-cleido-mastoideo. L'assenza dei soli polsi periferici non è specifica per l'arresto cardio-circolatorio: è quindi solo l’assenza contemporanea del polso centrale e del respiro che consente il riconoscimento dell'arresto cardio-respiratorio ed impone l’inizio immediato delle manovre rianimatorie. La misurazione della pressione arteriosa, l’auscultazione del battito cardiaco con il fonendoscopio, la valutazione dei riflessi pupillari e qualsiasi altra indagine diagnostica, comportano soltanto inutili perdite di tempo. Tecniche di rianimazione cardiopolmonare (RCP) I primi tentativi di rianimare vittime di arresto cardiorespiratorio datano circa 6000 anni: già nella Bibbia veniva infatti descritto un intervento di rianimazione respiratoria con la tecnica del «bocca a bocca». Nel 1892, Maas descriveva la tecnica della compressione sternale esterna per il trattamento di un arresto cardiaco indotto dal cloroformio. È però solo dal 1960 che viene proposta l’associazione delle due tecniche di assistenza ventilatoria (bocca a bocca o similari) e circolatoria (massaggio cardiaco esterno), tesi abbondantemente sostenuta dalla letteratura che ne comprova l'efficacia. Da allora il personale sanitario viene preparato per fronteggiare situazioni di emergenza e più recentemente i corsi di formazione sono stati estesi anche a personale cosiddetto «laico». La percentuale di sopravvivenza dei soggetti colpiti da arresto cardiaco improvviso dipende primariamente dal tempo che intercorre tra l’evento e la messa in atto delle manovre rianimatorie e dalla correttezza di queste. Altri importanti fattori prognostici sono lo stato di salute precedente del soggetto, l’età e il tipo di arresto (fibrillazione ventricolare asistolia, ecc). Obiettivo delle manovre rianimatorie è garantire una sufficiente ossigenazione e circolazione del sangue per preservare gli organi nobili (cervello e cuore in particolare) dal danno derivante dal mancato arrivo di ossigeno. Affinché l’intervento risulti efficace è indispensabile che il soggetto sia supino su una superficie rigida per rendere efficace la compressione toracica, che le manovre siano attuate non appena

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accertato l’ACC e che non siano mai interrotte se non per pochi secondi (per cui è fondamentale che la situazione venga coordinata da un leader che impartisce ordini a chi lo supporta). Per facilitarne l’apprendimento mnemonico, la successione delle manovre di rianimazione cardiopolmonare viene indicata con le lettere A-B-C: airway, breathing e circulation (circolazione). Per ognuna le azioni da compiere sono prima verificare, poi agire. La prima verifica è quella della assenza di coscienza, dopodichè si procede nell’ABC. A (Airway). Pervietà delle vie aeree. — Affinchè la respirazione artificiale possa risultare efficace è assolutamente indispensabile che le vie aeree siano pervie al flusso aereo. La tripla manovra che reinstaura tale pervietà nel soggetto incosciente consiste nella: — iperestensione del capo; — apertura della bocca; — sublussazione della mandibola con sollevamento del mento. Questa manovra evita l’ostruzione delle vie aeree causata dalla caduta della lingua che si verifica in tutti gli individui privi di coscienza per ipotono dei muscoli faringei. Particolare cautela nell’esecuzione della manovra di iperestensione del capo deve essere prestata nei soggetti con problemi alla colonna cervicale, per la possibilità di provocare lesioni del midollo spinale o danni alle strutture vascolari del collo. In alcune situazioni le vie aeree possono essere ostruite da protesi dentarie, sangue, vomito, ecc. che bisogna rimuovere manualmente (si raccomanda l’uso di guanti protettivi) o con l’ausilio di un aspiratore per garantire una completa pervietà delle stesse. B (Breathing). La ventilazione artificiale. — Il metodo più semplice ed immediato di ventilazione ed ossigenazione del soggetto in arresto respiratorio in ambiente non attrezzato è la ventilazione bocca a bocca. Dopo essersi assicurati della pervietà delle vie aeree il soccorritore deve: — effettuare una profonda inspirazione; — appoggiare le proprie labbra a quelle del soggetto in modo da garantire una buona tenuta (l’interposizione di un fazzoletto o di una garza è fortemente raccomandata); — espirare energicamente e controllare l’espansione del torace dell'individuo dopo averne tappato il naso con una mano; — allontanare il volto per facilitare l’espirazione passiva dalle vie aeree. L’aria espirata dal soccorritore contiene una percentuale di ossigeno inferiore a quella atmosferica (18 vs 21%), ma comunque sufficiente per prevenire i danni ipossici cerebrali. La frequenza di insufflazione deve essere prossima a quella fisiologica (14-16 atti per minuto nell’adulto). Nel bambino andrà ovviamente ridotta la quantità di aria insufflata e la frequenza di ventilazione sarà aumentata in funzione dell’ età (sino a 40 atti al minuto nel neonato). Se la bocca dell'infortunato non è agibile per lesioni da traumi si deve effettuare una ventilazione bocca (del soccorritore)-naso (del soggetto). Nei neonati spesso si opta per una ventilazione bocca a bocca-naso. La respirazione bocca a bocca in ambito ospedaliero è so-

49 stituita da quella effettuata attraverso presidi che si interpongono tra il paziente e il soccorritore: la cannula orofaringea doppia di Safar che elimina il problema della caduta della lingua ed evita il contatto con le labbra del soggetto; la maschera facciale semplice con un sistema insufflativo e una valvola espiratoria protettiva per il soccorritore. Il pallone autoespansibile (Ambu), la maschera facciale e la cannula orofaringea singola di Guedel o Berman, costituiscono però l’equipaggiamento standard per la rianimazione cardiopolmonare di base in ambiente medicalizzato. La maschera viene applicata al volto del soggetto e trattenuta da una mano del soccorritore che nel contempo mantiene iperestesa la testa dell'infortunato; con l’ altra mano il soccorritore procede alla insufflazione di aria mediante compressione ritmica del pallone. Non è necessario rimuovere il pallone durante l’espirazione, in quanto il sistema di ventilazione è munito di apposita valvola espiratoria. L’arricchimento della miscela di gas insufflati con O2 tramite la connessione ad una fonte di erogazione (eventualmente con l’interposizione di un pallone reservoire) è fortemente raccomandata per migliorare la performances dell’assistenza vitale di base. C (Circulation). Il massaggio cardiaco esterno (MCE). — Il massaggio cardiaco esterno deve essere praticato contemporaneamente alle tecniche di ventilazione artificiale: la ventilazione permette all’ossigeno di raggiungere il sangue a livello polmonare, il MCE sospinge il sangue ossigenato verso gli altri organi, in particolare verso il cervello. Si ricorda che per eseguire tale manovra, il paziente deve essere già stato posizionato supino, su una superficie rigida. La posizione supina, con gli arti inferiori sollevati (per esempio sostenuti da una sedia o da un secondo soccorritore) per evitarne l’inutile perfusione (definita anti-shock), non risulta più raccomandata; potrebbe invece essere utile in tutte le condizioni di marcata ipotensione a cuore battente. Anatomicamente il cuore si trova tra due strutture rigide: la colonna vertebrale posteriormente e lo sterno anteriormente. Il flusso ematico prodotto dal massaggio cardiaco esterno risulterebbe come conseguenza sia della diretta compressione del cuore, schiacciato tra le due strutture rigide, sia dalle variazioni di pressione intratoracica causate dai movimenti della gabbia: in tal modo si ottiene l’eiezione di una certa quantità di sangue che, pur essendo nel migliore dei casi solo 1/3 di quella normalmente espulsa da un cuore battente sano, è sufficiente per garantire una minima perfusione degli organi nobili. L’elasticità della gabbia toracica infatti assicura la riespansione del torace ed il ritorno venoso con un efficace riempimento del cuore per la successiva eiezione. La tecnica del massaggio cardiaco può essere descritta come segue: normalmente il soccorritore si pone in ginocchio al lato del soggetto sdraiato per terra, appoggiando il palmo delle mani sovrapposte sulla metà inferiore dello sterno-2 dita sopra il suo margine inferiore premendo con una certa forza in modo deciso così da abbassare lo sterno di almeno 3-5 cm. Si raccomanda di esercitare la pressione il più possibile verticalmente, scaricando sulle braccia diritte il peso del proprio tronco eseguendo il movimento a perno sulle anche. Nei pazienti adagiati su letti, barelle o lettini radiologici la tecnica di massaggio rimane quella usuale posizionandosi inginocchiati sul letto o in posizione laterale più elevata con

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ALGORITMO BLS-D ABC

Polso assente

Applicare il DAE ed effettuare la analisi

SHOCK INDICATO

SHOCK NON INDICATO

DEFIBRILLARE x 3 se indicato

RCP PER 3 MINUTI (1 minuto se immediatamente post defibrillazione)

Valuta il polso

Valuta il polso

Polso assente

Polso assente Polso presente

RCP per 1 minuto

Valuta il polso

-Valuta B e intervieni se neccessario -Valuta A e intervieni se neccessario

Polso assente

CONTINUA IL PROTOCOLLO DAE FINO A DISPONIBILITÀ DI ALS Figura 3A. — Algoritmo del Basic Life Support e Defibrillazione Precoce.

un gradino di rialzo, in modo da poter mantenere le braccia estese e verticali sullo sterno durante la manovra di compressione toracica. La frequenza di compressione deve essere vicina alla fre-

quenza cardiaca fisiologica e cioè tra 80 e 100 cicli al minuto. Oggi viene consigliata la sequenza 2 insufflazioni seguite da 15 compressioni sternali, sia che il soccorritore sia uno, sia che si alternino 2 soccorritori. Il MCE è molto faticoso per

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ALGORITMO UNIVERSALE PER LA GESTIONE DELL’ARRESTO CARDIOCIRCILATORIO NELL’ADULTO ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO

Pugno precordiale se indicato

Algoritmo BLS se indicato

Connettere il monitor defibrillatore

Valutare il ritmo

+/- Controllo del polso FV/TV

Durante la RCP Correggere le cause reversibili➀

Non FV/TV

Se non già fatto: Defibrillare fino a 3 volte se necessario➆

1 minuto di RCP

• controllare elettrodi, posizione delle piastre, connessioni • Tentare/verificare: -vie aeree e ossigeno➁ -acceso venoso • Somministrare adrenalina 1 mg e.v. ogni 3 minuti

3 minuti di RCP 1 solo minuto se immediatamente dopo defibrillazione

Considerare amiodarone➂, atropina➃, pacing➄, tamponi➅

Fig. 3B. — 1) Ipossia, ipovolemia, ipo/iperpotassiemia, ipotermia, pneumotorace iperteso, tamponamento cardiaco, disordini tossico/terapeutici, ostruzioni tromboemboliche e meccaniche dei grossi vasi. 2) Se in grado procedere ad intubazione tracheale; in caso contrario considerare Combitube e LMA, altrimenti proseguire con cannula di Guedel come da algoritmo BLS-D. 3) 300 mg in 20 ml di soluzione glucosata 5% o fisiologica. 4) 3 mg in bolo e.v. una volta sola. 5) Se asistolia ventricolare, bradicardia estrema, PEA con frequenza 360 J poi sempre a 360 J.

cui è consigliabile che i due soccorritori si avvicendino ogni circa 2 minuti. L’RCP va continuata sino a quando non si ottenga un'attività cardiaca e respiratoria spontanea o sia intervenuto il personale specialistico dell’emergenza per continuare il trattamento con le manovre di ALS (Advanced Life Support). Nella RCP la valutazione della ripresa del ritmo va eseguita dopo il primo minuto e successivamente circa ogni minuto per 10 secondi, mentre la chiamata dell’Anestesista-Rianimatore

per iniziare il trattamento ALS, andrà fatta appena possibile, quando è stata diagnosticato l’ACC (fig. 34-3B). D (Defibrillazione precoce). Il Defibrillatore Semi Automatico (DAE). — La defibrillazione consiste nell’erogare una adeguata corrente elettrica (misurata in Ampère) che, attraversando in un breve intervallo di tempo (4-5 msec) una quota sufficiente di massa miocardia (massa critica) renda il miocardio refrattario all’onda di attivazione che

52 viene pertanto interrotta. A questo stato di refrattarietà in genere subentra il «risveglio» dei segnapassi naturali che ripristinano l’ordine elettrico ed un ritmo organizzato. L’efficacia dello shock elettrico dipende dalla «disponibilità» del cuore a lasciarsi defibrillare (soglia di defibrillazione), dalla energia elettrica erogata e dalla resistenza che si oppone alla propagazione della corrente (impedenza toracica). Nella FV e nella TV senza polso la defibrillazione è la terapia più efficace per ottenere un ritorno di circolo spontaneo e la sua efficacia è tanto maggiore quanto più è precoce. Il DAE analizza il ritmo con sensibilità e specificità prossime al 100% e fornisce l’indicazione allo shock elettrico, che non potrà essere erogato se il DAE riconosce un ritmo per cui la defibrillazione non è indicata. Su questo presupposto il DAE è legalmente utilizzabile oggi in Italia anche da parte di personale laico non addestrato. Una manovra che solo qualche volta permette di convertire una aritmia (per esempio una tachicardia ventricolare o una bradicardia spiccata) in un ritmo sinusale normale, ma è gravata da rischi e va evitata in linea di massima, è rappresentata dal pugno sul torace. Questo va infatti praticato solo se vi è stata perdita di conoscenza e diagnosi di ACC «testimoniato» da personale addestrato in corso di monitoraggio e in assenza di defibrillatore. L’ACC deve essere differenziato da altre condizioni con perdita di coscienza. Lipotimia Una perdita di conoscenza di breve durata causata dalla temporanea diminuzione dell'afflusso di sangue e quindi di ossigeno al cervello, è definita lipotimia. Tale evento è spesso preceduto da un corollario di sintomi definito genericamente come «malore», costituito da instabilità e perdita di equilibrio, pallore del viso, cute fredda e improvvisa sudorazione. Il soggetto deve essere posizionato supino in modo da favorire la perfusione cerebrale e può risultare utile anche sollevare le gambe e allentare gli indumenti troppo stretti. In caso di perdita di coscienza, ma respirazione e circolazione conservate, è consigliato sistemare il soggetto in posizione laterale di sicurezza dopo essersi assicurati della presenza del polso e del respiro. Se entro pochi minuti la persona non riprende coscienza, è necessario chiamare il sistema di soccorso specialistico preposto. La posizione di sicurezza serve ad evitare che un soggetto in stato di incoscienza possa inalare materiale gastrico. Infatti quando si verifica una perdita di coscienza i riflessi di protezione delle vie aeree (tosse e deglutizione) sono inadeguati e pertanto si può verificare la penetrazione di materiale rigurgitato dallo stomaco nelle vie aeree con gravi conseguenze (polmoniti «ab ingestis»). In caso contrario andranno iniziate le manovre rianimatorie secondo lo schema A-B-C. Per porre l’ infortunato in posizione di sicurezza bisogna:

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— inclinare la testa del paziente verso il lato destro iperestendendola in modo che le vie respiratorie restino libere; — allentare gli indumenti per favorire la respirazione; — inserire la mano sinistra della persona sotto le natiche con il palmo rivolto verso l'alto, con gamba e braccio omolaterali estesi; — appoggiare il braccio destro sul torace e flettere l’ arto inferiore destro appoggiandolo sul sinistro; — sorreggere la testa con una mano, afferrare gli abiti a livello dell’anca destra e fare ruotare dolcemente il paziente verso il soccorritore; — posizionare le braccia piegate e le gambe con le caviglie sovrapposte; — mantenere la testa iperestesa per la pervietà delle vie aeree. Crisi epilettica La crisi epilettica è dovuta a irritazione della corteccia cerebrale prodotta da diverse cause e si manifesta con perdita improvvisa della coscienza, crisi convulsive, mascella serrata, bava alla bocca, rotazione degli occhi verso l'alto e cianosi da anossia per spasmo dei muscoli respiratori. In questi casi il principale compito del soccorritore è teso ad impedire che il soggetto con le convulsioni arrechi del male a se stesso e a salvaguardare le sue funzioni vitali secondo il noto protocollo A-B-C. Importante è anche evitare lesioni da morso della lingua per spasmo, inserendo tra i molari un oggetto di plastica dura, quale una cannula di Gueduel (non utilizzare oggetti metallici che possono danneggiare i denti), e prevenire lesioni alla testa, mantenendo il capo appoggiato sopra un panno morbido. All’esaurirsi della crisi convulsiva il soggetto, ancora incosciente, si troverà in un profondo stato di prostrazione. Sarà quindi opportuno girarlo in posizione di sicurezza e attendere l'arrivo dei soccorsi specialistici preposti per il suo successivi trattamento specifico. Bibliografia AAGBI: Association of Anaesthetists of Grain Britain and Ireland. Suspected anaphylactic reactions associated with anaesthesia, 2003 – www.aagbi.org AHA-ILCOR: American Heart Association in collaboration with International Liason Committee on Resuscitation. Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular Care. An International Consensus on Science. Circulation 102(suppl1): 1-384, 2000. CocMD.com. Anaphylactic Reactions Source. www.adversereactions.com ERC: European Resuscitation Council. Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular care. Resuscitation 46: 1-443, 2000. ESUR: Prevention of generalized reactions to contrast media: a consensus report and guidelines. Eur Radiol 11: 1720-1728, 2001.

Ewan PW: Anaphylaxis. BMJ 316: 14421445, 1998. Gavlas M, Sadana A, Metcalf S: Guidelines for the managment of anaphylaxis in the emergency department. J Accid Emerg Med 15: 96-98, 1998. IRC: Italian Resuscitation Council. ALS Advanced Life Support, Manuale di rianimazione cardiopolmonare avanzata, 2001(versione italiana) Mertes PM, Laxenaire MC: Allergic reactions occurring during anesthesia. EJA 19: 240-262, 2002. RCR: Advice on the managment of reactions to intravenous contrast media. Board of Faculty of Clinical Radiology. The Royal College of Radiolgists, London 1996. RCR: Risk Management in Clinical Radiology. Board of Faculty of Clinical Radiology. The Royal College of Radiologists, London 2002 – www.rcr.ac.uk

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