Il ruolo della metodica CGH array nella diagnostica

April 7, 2018 | Author: Anonymous | Category: Scienza, Medicina, Psichiatria
Share Embed


Short Description

Download Il ruolo della metodica CGH array nella diagnostica...

Description

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Mario Petrini Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica Direttore Prof. Riccardo Zucchi Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Giulio Guido

________________________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

Il ruolo della metodica CGH array nella diagnostica delle sindromi dismorfogenetiche con disabilità neuropsichica in età evolutiva

RELATORE CHIAR.MO PROF. Giovanni Cioni

CANDIDATO Giulia Gori

ANNO ACCADEMICO 2014/ 2015

Indice

Riassunto .......................................................................................................................................1 Parte generale................................................................................................................................5 Capitolo1- Sindromi dismorfogenetiche con disabilità intellettiva in età evolutiva.....................6 1.1 L’iter diagnostico..................................................................................................................7 1.2 L’analisi genetica .................................................................................................................9 1.2.1 Le anomalie cromosomiche .......................................................................................9 1.2.2 Il cariotipo ................................................................................................................11 1.2.3 L’analisi array - CGH ..............................................................................................12 1.2.4 Next generation sequencing .....................................................................................17 Capitolo 2- Sindromi dismorfogenetiche più frequenti in neuropsichiatria infantile ...............20 2.1 La sindrome di Down .........................................................................................................20 2.2 La sindrome di Noonan ......................................................................................................21 2.3 La sindrome di Angelman ..................................................................................................22 2.4 La sindrome di Prader- Willi .............................................................................................23 2.5 La sindrome di Rett ............................................................................................................24 2.6 La sindrome dell’X fragile .................................................................................................25 2.7 La sindrome di Klinefelter .................................................................................................26 2.8 La sindrome di Turner .......................................................................................................26 2.9 La sindrome da delezione del cromosoma 1p36 ................................................................27 2.10 La sindrome da microdelezione/ microduplicazione 1q21.1 ...........................................28 2.11 La sindrome da delezione del cromosoma 2q37 ..............................................................29 2.12 La sindrome da delezione 3q29 ........................................................................................30 2.13 La sindrome di Wolf-Hirschhorn ....................................................................................30 2.14 La sindrome di Williams ..................................................................................................31 2.15 La sindrome da inversione/ duplicazione del cromosoma 8 ...........................................32 2.16 La sindrome da inversione/ duplicazione del cromosoma 15 .........................................33 2.17 La sindrome da microdelezione/ microduplicazione 15q11q13 ......................................34 2.18 La sindrome da microdelezione/microduplicazione 16p11.2 ..........................................35 2.19 La sindrome da microduplicazione 16p13.11 ..................................................................36 2.20 La sindrome di Smith- Magenis.......................................................................................36 2.21 La sindrome di Phelan-McDermid ..................................................................................37

2.22 La sindrome da duplicazione Xq28..................................................................................38 2.23 La sindrome Di George ....................................................................................................39 2.23.1 Eziopatogenesi ......................................................................................................39 2.23.2 Quadro clinico ......................................................................................................41 2.23.3 L’iter diagnostico e la gestione del paziente ........................................................45 Parte sperimentale……………………………………………………………………………...47 Capitolo 3- Analisi sperimentale.................................................................................................48 3.1 Ipotesi di studio e scopi ......................................................................................................49 3.2 Analisi del campione ..........................................................................................................49 3.3 La sindrome Di George ......................................................................................................52 3.3.1 Descrizione del campione........................................................................................52 3.3.2 Pazienti e Metodi .....................................................................................................54 3.3.3 Analisi dei singoli casi clinici .................................................................................55 3.4 Risultati ottenuti attraverso la metodica array- CGH .......................................................64 3.5 Analisi del fenotipo neuropsicologico e confronto con la letteratura ..............................65 3.6 Discussione .........................................................................................................................67 Conclusioni..................................................................................................................................69 Bibliografia……………………………………………………………………………………..71 Ringraziamenti…………………………………………………………………………………76

Riassunto Le patologie dismorfogenetiche sono caratterizzate da complessi quadri clinici contraddistinti da dismorfismi, malformazioni congenite multiple e, nella maggior parte dei casi, disabilità intellettiva di grado variabile. La patologia malformativa complessa mostra un’elevata prevalenza alla nascita (2-4% dei nati vivi). L’inquadramento clinico e diagnostico del bambino con anomalie congenite multiple è un processo complesso, che può avviarsi già in epoca prenatale e completarsi ben oltre il periodo neonatale, coinvolgendo numerosi e diversi specialisti. L’iter diagnostico inizia con un’approfondita indagine anamnestica, ponendo particolare attenzione sia sul pedigree familiare che sulle eventuali situazioni di sofferenza preperinatale. Si passa poi all’esecuzione dell’esame obiettivo che può evidenziare la presenza di un fenotipo caratteristico: dismorfismi particolari della facies e degli arti, come anche alterazioni di organi o apparati che potranno guidare il sospetto diagnostico. Tuttavia il fenotipo clinico dismorfologico può anche non essere presente, non potendosi escludere una patologia malformativa complessa. L’apporto delle tecniche di citogenetica e genetica molecolare (array-based comparative genomic hybridization, next generation sequencing, etc.), negli ultimi anni sempre più estese nell’applicazione clinica, possono rivelarsi determinanti per una precisazione eziologica, soprattutto laddove la clinica sia poco evocativa, ed anche per una valutazione della correlazione genotipo-fenotipo, anche in termini di evoluzione della storia naturale e di follow-up. Una corretta definizione diagnostica, inoltre, è il presupposto di una consulenza genetica alla famiglia, volta all’ identificazione di soggetti a rischio per la ricorrenza della condizione e alle opportunità di prevenzione attraverso procedure di diagnosi preconcezionale o prenatale. Le patologie dismorfogenetiche in età evolutiva possono inquadrarsi in forme sindromiche definibili con la presenza contemporanea di più difetti della morfogenesi, anomalie minori, difetti antropometrici sulla base di un’unica causa; e forme non sindromiche, in cui il fenotipo clinico sintomatologico può rappresentare l’unica manifestazione della patologia. In qualche caso, le sindromi malformative possono essere identificate attraverso specifiche caratteristiche fenotipiche, immediatamente riconoscibili nel loro insieme. Tale aspetto è ovviamente modificato dalle caratteristiche peculiari di ciascun individuo che rendono ancora più difficile la diagnosi. Inoltre, alcuni fenotipi sindromici variano con il tempo,

1

pertanto una determinata diagnosi può risultare agevole in uno specifico momento e più difficile in altri. Molto importante nell’inquadramento clinico di questi pazienti è il follow up, sia che sia stata raggiunta la diagnosi definitiva genetica sia, a maggior ragione, se così non è stato: si dovrà verificare l’evoluzione clinico-neuropsicologica che nel tempo potrà essere variabilmente disponibile. In ogni caso, la presenza di dismorfismi o di numerose anomalie minori implica una corretta valutazione dello sviluppo psicomotorio del soggetto. Nell’ultimo decennio, le tecniche di analisi molecolare (ad esempio la polymerase chain reaction, PCR) hanno rappresentato e rappresentano tuttora un valido metodo d'indagine sia in campo clinico sia nella diagnostica di un numero sempre maggiore di malattie genetiche. Soprattutto nel campo dei disordini monofattoriali, cioè nelle sindromi causate dall'alterazione di un singolo gene, le tecniche della biologia molecolare si sono rivelate vincenti. Il numero delle malattie genetiche identificabili mediante l’analisi del DNA cresce parallelamente alla determinazione di nuovi geni responsabili della malattia. Negli anni, abbiamo assistito anche ad una evoluzione delle tecniche citogenetiche: l’indagine primaria iniziale, costituita dal cariotipo, è andata sostituendosi progressivamente dall’analisi array-based Comparative Genomic Hybridization (array-CGH). Probabilmente, negli anni a venire, ulteriori vantaggi potranno essere apportati dall’ingresso nella pratica clinica delle tecnologie Next Generation Sequencing (NGS): la NGS, conosciuta anche come “sequenziamento profondo” (deep sequencing), i cui principali vantaggi sono l’elevata capacità di analisi e l’altissima sensibilità, garantita dall’enorme quantità di dati e dall’accuratezza delle sequenze ottenute. E' una nuova tecnologia che consente, grazie alla produzione di miliardi di sequenze di DNA in forma di corti frammenti, di costruire una “mappa” dei geni alterati nelle patologie. Questo sistema tecnologico è infatti in grado di assicurare la lettura multipla (100.000 letture) e parallela di singoli frammenti di DNA di lunghezza tra 400-500 basi, consentendo quindi, in un’unica corsa di analisi, di ottenere oltre 40 milioni di basi analizzate. In particolare, la metodica array CGH ha permesso di elevare la soglia diagnostica rispetto al cariotipo rilevando la presenza di microdelezioni e/o microduplicazioni (Copy number variations, CNV) a carico di tutti i cromosomi. Inoltre, permette di analizzare l’intero genoma del soggetto attraverso un’unica indagine. E’ quindi chiaro come l’era genetico-molecolare abbia modificato la diagnostica clinica, sia a livello prenatale che postnatale. 2

Nella parte sperimentale del presente lavoro si è analizzato: A) L'incidenza di sensibilità e patogenicità dell'array CGH nei pazienti giunti all’IRCCS Stella Maris per disturbi del neurosviluppo e con quadri di anomalie congenite multiple di natura da determinare nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2010 e il 31 dicembre 2015, nei quali l'esame CGH array è stato condotto per lo studio patogenetico del loro disturbo I soggetti sottoposti ad analisi array sono in totale 1045, di cui 351(33.6%) sono risultati portatori di sbilanciamenti cromosomici. Poiché tra i 351 positivi 87 (24.8%) risultano avere aberrazioni multiple, sia ereditate che de novo, il totale delle CNVs rilevate ammonta a 454. L’ereditarietà dell’anomalia genetica è stata studiata in 194 CNVs su 454 (42.7%); nei restanti casi il bambino risulta adottato (7 casi, 1.5%) oppure l’analisi genetica a carico dei genitori risulta tuttora da eseguire o in corso di studio (253 casi, 55.7%). Dei 194 studiati, in 156 (80.4%) è stata confermata l’ereditarietà per via materna o paterna, nei restanti 38 (19.6%) la CNV non è stata ritrovata in nessuno dei genitori; si parla pertanto di aberrazione de novo. Riguardo alla patogenicità delle CNVs, 116 su 454 (25.6%) risultano patogene o probabilmente patogene. B) Approfondimento clinico e valutazione di un piccolo gruppo di pazienti affetti da sindrome Di George diagnosticati con array CGH. La sindrome Di George è una delle sindromi più frequenti in neuropsichiatria infantile ed è una patologia dismorfogenetica rara dovuta alla delezione del cromosoma 22q11.2, con un’incidenza di 1: 3000 nati vivi. Dal punto di vista clinico, è caratterizzata principalmente da cardiopatia congenita, immunocompromissione di grado variabile, difetti del palato che determinano deficit nell’alimentazione e nell’acquisizione del linguaggio. Il fenotipo neuropsicologico comprende un livello cognitivo variabile, generalmente tra i limiti inferiori della norma e un deficit di grado lieve- moderato. Relativamente all’aspetto comportamentale, si presentano spesso quadri caratterizzati da deficit di attenzione ed iperattività (attention deficit hyperactivity disorder, ADHD), impulsività, condotte oppositivo- provocatorie, labilità attentiva.

3

8 pazienti affetti da sindrome Di George diagnosticati all'IRCCS Stella Maris sono stati oggetto di studio attraverso un’analisi retrospettiva dalle cartelle e in due di essi è stato possibile assistere personalmente alle valutazioni cliniche effettuate presso l’istituto. In tali pazienti, la metodica array CGH permette non solo di fare diagnosi, ma determina anche la dimensione dello sbilanciamento e rileva i geni eventualmente coinvolti. Su questa base, e anche alla luce del fatto che in alcuni pazienti Di George non c'era un fenotipo suggestivo, si può affermare come questo studio possa supportare le recenti evidenze rispetto alle possibilità diagnostiche nell'ambito della disabilità neuropsichica, anche laddove non ci sia un chiaro orientamento diagnostico. Si può quindi evincere quale sia l’importanza di implementare nella pratica clinica l'utilizzo dell'array CGH in soggetti con disturbi del neurosviluppo. Questo studio conferma, inoltre, l’evidenza dell’elevata sensibilità diagnostica della metodica array CGH nei pazienti con disturbi del neurosviluppo e/o anomalie congenite multiple considerati idiopatici, dimostrando come spesso siano in realtà causati da sbilanciamenti cromosomici submicroscopici.

4

Parte generale

5

Capitolo 1 Sindromi dismorfogenetiche con disabilità intellettiva in età evolutiva Le patologie dismorfogenetiche sono caratterizzate da complessi quadri clinici contraddistinti da dismorfismi, malformazioni congenite multiple e, nelle maggior parte dei casi, disabilità intellettiva di grado variabile. La patologia malformativa complessa mostra un’elevata prevalenza alla nascita (2-4% dei nati vivi).1 L’inquadramento clinico e diagnostico del bambino con anomalie congenite multiple è un processo complesso, che può avviarsi già in epoca prenatale e completarsi ben oltre il periodo neonatale, coinvolgendo numerosi e diversi specialisti. Queste patologie sono collocabili o meno all’interno di una sindrome clinica conosciuta; si distinguono in questo modo forme sindromiche (ad esempio, sindrome di Down) e forme non sindromiche. L’iter diagnostico inizia con una esaustiva e corretta raccolta anamnestica, per continuare con un esame obiettivo volto ad evidenziare le caratteristiche dismorfiche. In qualche caso, le sindromi malformative possono essere identificate attraverso specifiche caratteristiche fenotipiche, immediatamente riconoscibili nel loro insieme. Tale aspetto è ovviamente modificato dalle caratteristiche peculiari di ciascun individuo che rendono ancora più difficile la diagnosi. Inoltre, alcuni fenotipi sindromici variano con il tempo, pertanto una determinata diagnosi può risultare agevole in uno specifico momento e più difficile in altri. Ecco perché una valutazione seriata del paziente a distanza di intervalli precisi, può essere di notevole ausilio nella formulazione di un sospetto diagnostico. In ogni caso, la presenza di dismorfismi o di numerose anomalie minori implica una corretta valutazione dello sviluppo psicomotorio del soggetto, poiché spesso è presente una disabilità intellettiva di grado variabile.2 Con il termine “disabilità intellettiva” (Intellectual Disability, ID) si intende un disturbo del neurosviluppo, caratterizzato da insorgenza in età evolutiva, che include deficit intellettivi e adattivi negli ambiti della concettualizzazione, della socializzazione e delle capacità pratiche.

6

Il range di deficit spazia da limitazioni pressochè circoscritte dell’apprendimento e del controllo delle funzioni esecutive ad una compromissione globale delle abilità sociali o intellettive.3 Per poter formulare una diagnosi di disabilità intellettiva in accordo al DSM-V, devono venir soddisfatti i seguenti 3 criteri: A. Deficit delle funzioni intellettive, come il ragionamento, la soluzione di problemi, la pianificazione, il pensiero astratto, il giudizio, l’apprendimento scolastico o l’apprendimento dall’esperienza, confermato sia da valutazione clinica che da prove d’intelligenza individualizzate e standardizzate. B. Deficit del funzionamento adattivo che si manifesti col mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e degli standard socio-culturali per l’indipendenza personale e la responsabilità sociale. Senza supporto continuativo, i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana, quali la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita indipendente, in più ambiti diversi, come la casa, la scuola, il lavoro e la comunità. C. Insorgenza dei deficit intellettivi e adattivi nell’età evolutiva.4 I livelli di gravità vengono definiti sulla base del funzionamento adattivo e non più sui punteggi di quoziente intellettivo (QI); infatti si ritiene che il funzionamento adattivo determini, nelle aree della concettualizzazione, della socializzazione e delle abilità pratiche, il livello di supporto necessario a mantenere una condizione di vita accettabile. Si continuano a distinguere 4 livelli di gravità (lieve, moderato, grave e profondo) ma, diversamente dal DSM-IV, il QI non rappresenta più il criterio principale. Esso è un punteggio, ottenuto tramite l’utilizzo di test standardizzati, con lo scopo di equiparare lo sviluppo cognitivo dell'individuo (età mentale) alla sua età cronologica.5

1.1 L’iter diagnostico L’incidenza di disabilità intellettiva nella popolazione generale è stimata intorno all’1-3%. Ad oggi, solo nel 50% delle forme caratterizzate da disabilità intellettiva si riesce a giungere ad una diagnosi.6 Il primo step dell’iter diagnostico è costituito dalla raccolta anamnestica. Durante la ricostruzione anamnestica, deve essere posta una particolare attenzione verso tutti gli eventi pre- perinatali che potrebbero essere alla base della ID, quali: 7



possibile origine lesionale-esitale, conseguente ad infezioni fetali e postnatali, neurotossicità causata da farmaci o alcol, traumi peri- postnatali, eventi vascolari, prematurità.



cause malformative, riconducibili a disturbi dell’ontogenesi del sistema nervoso centrale.



cause genetiche, legate principalmente ad errori durante la meiosi o meno frequentemente durante la mitosi post-zigotica. Il meccanismo meiotico in cui possono verificarsi sbilanciamenti genetici è il crossing over e riguarda lo

scambio

di

porzioni

omologhe

di

materiale

genetico

fra

due cromatidi appartenenti a due cromosomi diversi di una coppia di omologhi. Se ci sono delle differenze genetiche tra gli omologhi, il crossingover può produrre in un cromatidio nuove combinazioni geniche e può quindi favorire la comparsa di alterazioni genetiche. Dopo la formazione dello zigote, raramente si può verificare una non disgiunzione mitotica, cioè la cellula non divide equamente il proprio patrimonio genetico e genera due cellule figlie con un numero diverso di cromosomi; in questo caso, si parla di mosaicismo genetico.

Convenzionalmente, le forme genetiche di disabilità intellettiva sono suddivise in due grandi categorie: le forme sindromiche, associate con caratteristiche cliniche, radiologiche, metaboliche o biologiche, e le forme non sindromiche, in cui il fenotipo comportamentale rappresenta l’unica manifestazione della patologia.6

Nelle forme genetiche, per valutare se le mutazioni siano ereditate o meno, risulta importante condurre un’anamnesi familiare volta ad identificare: 

una storia familiare di ID in linea materna, che potrebbe essere ricondotta ad una ereditarietà di tipo X-linked, in cui i soggetti che più spesso esprimono la patologia sono gli individui di sesso maschile. La più frequente di queste è la sindrome dell’X fragile, per quanto occorra considerare anche tutte le altre forme di ID X-linked.



storie di consanguineità, che potrebbero essere associate a forme autosomicorecessive o a sindromi di tipo metabolico.



assenza di familiarità, in cui il soggetto in studio rappresenta il primo membro affetto.

8

La fase successiva nell’approccio alla ID dovrebbe prevedere l’esame obiettivo, durante il quale viene posto rilievo sia sui parametri auxologici (ad es. macro- microsomia, macromicrocefalia), che su eventuali quadri dismorfologici particolarmente evocativi, correlabili ad una sindrome nota (ID sindromica). Viene inoltre sottolineata l’importanza rivestita dalla presenza di eventuali segni neurologici o neuromuscolari che potrebbero orientare la diagnostica verso condizioni specifiche come ad esempio miopatie, distrofie muscolari congenite, distrofie miotoniche, paraplegie spastiche complesse, neuropatie ecc. Oltre a ciò, è importante valutare l’eventuale presenza di un peggioramento del quadro cognitivo del bambino, che potrebbe orientare la diagnosi verso forme metaboliche o eredodegenerative.7 Qualora, infine, non sia presente un fenotipo caratteristico sul piano fisico ma comunque degno di nota su quello cognitivo-comportamentale, sono indicate le più moderne tecniche genetiche volte alla definizione eziologica della disabilità intellettiva non sindromica. A questo proposito, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole avanzamento in campo diagnostico grazie all’avvento di metodiche quali l’array-based comparative genomic hybridization (array-CGH) e la più recente next generation sequencing (NGS).

1.2 L’analisi genetica 1.2.1 Le anomalie cromosomiche Le anomalie cromosomiche si distinguono in numeriche e strutturali. Le anomalie numeriche dei cromosomi o aneuploidie cromosomiche vengono distinte in: 

monosomie, quando è presente una sola copia del cromosoma anziché due



poliploidie, quando sono presenti più copie di uno stesso cromosoma; le più diffuse sono le trisomie, ossia la presenza di tre copie.

Errori numerici possono risultare a seguito di: 

un’alterata segregazione cromosomica nelle cellule che daranno origine alle cellule germinali



un processo di non disgiunzione durante la prima o la seconda divisione meiotica, che può portare ad un anomalo numero di cromosomi nello spermatozoo o nell’ovocita



errori mitotici durante le prime divisioni nello zigote neoformato.

9

I riarrangiamenti strutturali possono essere bilanciati o sbilanciati, se comportano o meno una perdita o un guadagno di materiale genetico, e possono essere distinti in: 1. Delezioni, che consistono nella perdita più o meno estesa di un frammento di cromosoma. Vengono classificate come terminali, se avvengono nella parte finale del cromosoma (nei telomeri), e interstiziali, quando, in seguito alla rottura di un cromosoma in due punti, avviene la perdita del frammento intermedio e i punti di rottura vengono saldati tra di loro. 2. Duplicazioni, che consistono nella presenza di due copie di uno stesso frammento nello stesso cromosoma; si dicono in tandem quando il segmento è ripetuto nello stesso orientamento, inverse quando il frammento duplicato ha una direzione opposta rispetto al frammento originario. 3. Inversioni, che consistono nella rotazione di 180° di un frammento. Esse non comportano perdite di materiale genetico ma possono determinare la perdita di funzionalità di geni importanti, se i punti di rottura da cui hanno origine ricadono all’interno della struttura di un gene o nelle regioni regolatrici della trascrizione. Le inversioni possono essere di due tipi: pericentriche, se il segmento che subisce la rotazione include il centromero, e paracentriche, se non lo comprende. 4. Traslocazioni, che implicano un trasferimento di materiale tra due o più cromosomi diversi. Possono essere di due tipi: reciproche o Robertsoniane. La traslocazione reciproca consiste in uno scambio bidirezionale di materiale genetico tra due cromosomi non omologhi. Essa avviene sempre in seguito a rotture del DNA, a causa delle quali si formano dei frammenti di cromosoma liberi che, per errori nel processo di riparazione, sono saldati in maniera errata ad un altro cromosoma non omologo, dando così origine a due cromosomi derivati; in questo caso si tratta di traslocazioni bilanciate. Nella traslocazione Robertsoniana, invece, due cromosomi acrocentrici (centromero in posizione subterminale) non omologhi si rompono a livello dei centromeri e i bracci lunghi si ritrovano attaccati a un unico centromero. I bracci corti si uniscono a loro volta a formare il prodotto reciproco, che generalmente contiene geni non essenziali e viene abitualmente perduto entro poche divisioni cellulari. 5. Cromosomi ad anello, detti anche ring, sono originati dalla rottura di entrambi i bracci di un cromosoma, dalla perdita delle regioni distali alla rottura e dalla riunione delle due estremità in una struttura ad anello.8

10

1.2.2 Il cariotipo L’analisi del cariotipo rappresenta la tecnica “storica” utilizzata per molti anni come indagine di prima linea nella diagnostica delle patologie dismorfogenetiche e delle ID considerate idiopatiche. L'analisi del cariotipo è una rappresentazione ordinata del corredo cromosomico di un individuo. Per la sua determinazione, le cellule vengono trattate con la colchicina, una sostanza che si lega ad una proteina dei microtubuli, la tubulina, e ne causa la depolimerizzazione. Ciò determina un effetto antimitotico sulla cellula che viene bloccata allo stadio di metafase per la mancata genesi del fuso mitotico. In metafase, i cromosomi si presentano come strutture ben definite, facilmente individuabili e riconoscibili al microscopio. A questo punto, si utilizzano sostanze che si fissano selettivamente a determinate zone, dando luogo ad un caratteristico aspetto a bande: bande Q, G o R secondo la tecnica di colorazione utilizzata. Il bandeggio che ne deriva è specifico e costante per ogni coppia di cromosomi omologhi e riflette il diverso grado di condensazione della cromatina. Si distinguono due fasi: 

denaturazione e/o digestione enzimatica dei cromosomi.



colorazione con coloranti specifici per il DNA che consente di individuare il braccio p (corto) e q (lungo) dei cromosomi, le regioni e subregioni, cioè le bande e sottobande che riflettono il diverso grado di condensazione dei cromosomi mitotici, con alternanza tra una serie di bande chiare e scure.

La fase seguente comprende l’osservazione al microscopio: i cromosomi vengono contati, analizzati e fotografati. Successivamente, attraverso programmi informatici, i cromosomi vengono selezionati e poi appaiati a due a due in base alle dimensioni, alla posizione del centromero e al bandeggio. Le coppie quindi sono numerate in ordine decrescente di grandezza e i cromosomi sessuali sono indicati come X e Y. Si arriva così alla determinazione del cariotipo. Sono state sviluppate tecniche che consentono la valutazione delle cellule in profase o prometafase (high-resolution analysis), aumentando quindi la risoluzione dell’esame a 3 Mb, contro quella di 5 Mb del cariotipo tradizionale. Questa indagine permette di evidenziare eventuali anomalie cromosomiche, sia numeriche (aneuploidie), che strutturali (traslocazioni, delezioni ed inversioni).8,9

11

Figura 1Cariotipo umano normale (//it.wikipedia.org)

1.2.3 L’analisi array-CGH Negli ultimi anni, l’analisi array-CGH ha rivoluzionato l’approccio diagnostico alle patologie dismorfogenetiche. Oggi, anche grazie ad un rapporto costo-beneficio accettabile, questa metodica viene utilizzata come indagine di prima linea nei pazienti con ritardo globale dello sviluppo (Developmental Delay, DD), ID, disturbi dello spettro autistico (Autistic Spectrum Disorder, ASD) e anomalie congenite multiple considerati idiopatici.8,10 Tale tecnica non solo identifica anomalie cromosomiche di tipo numerico a carico dei 22 autosomi e dei cromosomi sessuali, ma consente anche un’accurata delineazione di segmenti cromosomici duplicati o deleti (copy number variations, CNVs). 10 Questa metodica ha incrementato la soglia diagnostica del 15- 20% rispetto al cariotipo, la metodica più utilizzata precedentemente in caso di ID, che attualmente dovrebbe essere limitata ad individui con sindromi cromosomiche note (es. sindrome di Down) o con una storia familiare di riarrangiamenti cromosomici o di poliabortività. 11

12

La tecnica si basa sulla comparazione quantitativa del DNA del paziente (DNA TEST, ottenuto da prelievo ematico) con un DNA di controllo (REFERENCE DNA), proveniente da un soggetto sano. I due DNA vengono marcati con molecole fluorescenti (verde per il REFERENCE DNA e rossa per il DNA TEST) e fatti incubare su un microarray, costituito da un supporto di vetro ricoperto da frammenti di DNA definiti sonde. Poiché ognuna di queste rappresenta una specifica regione del genoma umano, maggiore è il numero di sonde utilizzate e maggiore sarà l’efficacia della metodica. Attualmente sono disponibili diverse tipologie di piattaforme array-CGH. Queste possono essere suddivise in due categorie principali, a seconda del tipo di sonde presenti sull’array: “BAC- arrays” e “oligo- arrays”. I BAC- arrays sono considerati arrays di vecchia generazione. Sono caratterizzati da sonde di tipo BAC (Bacterial Artificial Chromosome), che si ottengono per clonaggio di frammenti di genoma umano attraverso l’utilizzo di un vettore artificiale di DNA basato sul plasmide F, isolato da E. coli. Le sonde hanno dimensioni medie di circa 160.000 paia di basi e danno quindi una bassa specificità e una bassa risoluzione. Gli oligo-arrays hanno invece un numero molto più elevato di sonde di piccole dimensioni (da 20 a 100 paia di basi), solitamente ottenute per sintesi; grazie alle dimensioni ridotte e alla maggior specificità delle sonde, rappresentano un notevole progresso tecnologico nell'analisi array-CGH.12 Al termine dell’incubazione, entrambi i tipi di DNA si saranno legati ai cloni presenti sull’array e si procederà quindi all’analisi del segnale fluorescente. In caso di assetto cromosomico normale, il rapporto tra le due emissioni è bilanciato (1:1). Qualora vi siano nel DNA TEST delle delezioni (assenza di un cromosoma o parte di esso), il rapporto tra quest’ultimo ed il DNA di controllo sarà di 1:2 (monosomia completa o parziale). Nel caso di duplicazioni (presenza di un cromosoma soprannumerario o parte di esso) il rapporto tra il DNA TEST e quello di controllo sarà di 3:1 (trisomia completa o parziale). A differenza delle tecniche tradizionali utilizzate per indagini mirate a livello di specifici loci cromosomici, l’array-CGH consente l’analisi dell’intero genoma umano, la localizzazione esatta della regione genomica alterata ed i geni in essa contenuti.11

13

Figura 2 Array- based comparative genomic hybridization (riferimento bibliografico n. 8)

Per quanto riguarda le CNVs, studi di popolazione suggeriscono che la maggior parte di esse non è ricorrente. Esse si possono classificare in: 13 •

Patologiche, comprendenti anomalie associate a sindromi conosciute, varianti de

novo o ereditate da un genitore con fenotipo simile, ampi microriarrangiamenti. •

Probabilmente patologiche, comprendenti anomalie che interessano geni o regioni

genomiche la cui associazione con fenotipi clinici non è ancora stata chiaramente definita ma può essere supposta dai database. •

Benigne, comprendenti varianti polimorfiche riportate in molti individui sani in più

di uno studio. •

Probabilmente benigne, comprendenti microduplicazioni o microdelezioni non

precedentemente descritte ma ereditate da un genitore apparentemente sano. In questi casi occorrerebbe effettuare una valutazione cognitivo- comportamentale del genitore portatore dello sbilanciamento. •

Varianti ad incerto significato clinico (VOUS), comprendenti alterazioni non

descritte o con definizioni discordanti nei vari database.

14

La loro interpretazione, ad oggi, risulta difficoltosa in molti casi, ad esempio quando la variazione ritrovata non risulta presente nei database esistenti e la sua patogenicità resta sconosciuta (VOUS) oppure quando la CNV potenzialmente patologica risulta ereditata da un genitore apparentemente sano.14 Questi dati vanno valutati con cautela, in quanto l’alterazione ritrovata nel genitore può contribuire al fenotipo del figlio attraverso meccanismi di penetranza incompleta, effetti epigenetici o in seguito alla formazione di mosaicismi.15 Si stima che circa il 12% del genoma sia coperto da CNVs.

16

Inoltre, la presenza di un

numero inaspettatamente grande di varianti strutturali, di dimensioni intermedie (1Kb-3Mb), anche nel genoma di individui sani ha sottolineato che le CNVs costituiscono una grande fonte di variabilità fenotipica nell’uomo e quindi molto probabilmente contribuiscono in modo preponderante alla diversità umana.

15

Figura 3 Algoritmo per l'interpretazione dei microarray in pazienti con DD, ID, MCA e ASD idiopatici (riferimento bibliografico n. 18)

ASD: Disturbo Spettro Autistico; DD: Ritardo globale di Sviluppo; MR: Ritardo Mentale; MCA: Anomalie Congenite Multiple; RR: rischio di ricorrenza in altri membri della famiglia

16

Quindi i vantaggi diagnostici legati all’utilizzo dell’analisi array-CGH sono rappresentati dalla possibilità di sequenziare l’intero genoma attraverso un unico esame, a differenza delle tecniche precedenti, e dall’individuazione delle CNVs, anche di dimensioni microscopiche. Questa tecnica presenta però anche dei punti deboli, quali la capacità di rilevare anomalie cromosomiche solo se non bilanciate. Questo perché le anomalie cromosomiche bilanciate come le traslocazioni reciproche, le inversioni, o i cromosomi ad anello, non influenzano le CNVs e quindi non determinano una alterazione del segnale fluorescente al momento dell’esame.17 Per quanto riguarda i mosaicismi, grazie all’utilizzo di array ad elevata risoluzione (single nucleotide polymorphism array, SNP array) si riesce, grazie alla maggior risoluzione della genotipizzazione ottenibile aumentando l’intensità delle sonde, a rilevare livelli inferiori circa al 5%. In questi casi le performance del cariotipo e dell’array risultano comparabili, poiché il cariotipo può comunque perdere molti mosaicismi, sia perché le varianti potrebbero non essere presenti nella popolazione linfocitaria analizzata, sia perché i linfociti portatori della mutazione potrebbero non riprodursi in vitro. 18 I vantaggi del SNP array includono una maggior flessibilità nella selezione delle sonde e la possibilità di evidenziare aree di omozigosità, per esempio in caso di disomie uniparentali, cioè quando entrambi i cromosomi omologhi derivano da un unico genitore, o in casi di consanguineità non sospettati sulla base dell’anamnesi. Tale metodica è gravata però dalla presenza di un rapporto “segnale-rumore” sfavorevole rispetto alle metodiche che utilizzano sonde oligonucleotidiche più lunghe.18

1.2.4 Next generation sequencing Per quanto riguarda il futuro della diagnostica, esso è verosimilmente legato alla next generation sequencing (NGS) che, a differenza delle tecniche tradizionali, consente di sequenziare moltissimi frammenti di DNA in parallelo. Con la NGS è possibile effettuare un’indagine genetica senza dover necessariamente ipotizzare un gene responsabile a priori.

Esistono diversi sistemi NGS: 

Whole genome sequencing (WGS), che permette il sequenziamento dell’intero genoma.

17



Whole exome sequencing (WES), che permette il sequenziamento dell’esoma, cioè la porzione di genoma costituita da esoni. Essi rappresentano le strutture codificanti del nostro DNA.



Targeted sequencing (TS), che può essere focalizzato o esteso a molti geni.19

Tutti questi sistemi, condividono almeno tre passi fondamentali: la preparazione e immobilizzazione del DNA (cioè la preparazione della cosiddetta sequencing library), la reazione di amplificazione e la reazione di sequenziamento. Il sistema più utilizzato rimane, ad oggi, il TS o sequenziamento di pannelli di geni; al momento attuale esistono pannelli includenti geni afferenti allo stesso tipo di patologia, ad esempio per encefalopatie epilettiche, ID/ASD, malformazioni corticali, leucopatie, malattie mitocondriali, malattie neuromuscolari. Questi pannelli consentono di analizzare contestualmente più geni possibili cause di quadri patologici, restringendo il campo delle possibili varianti riscontrabili e riducendo le difficoltà di interpretazione. Il punto di forza di questa metodica è sicuramente rappresentato dalla elevata sensibilità nell’individuazione di alterazioni genetiche; per contro, al momento attuale, rileviamo ancora numerose debolezze, quali il costo molto elevato, la complessità nella preparazione delle sonde e sicuramente la mancanza di infrastrutture adeguate all’analisi della massiva mole di dati ricavati attraverso la NGS.20 Per questo motivo, tale metodica è al momento prevalentemente utilizzata con finalità di ricerca. Un ulteriore svantaggio dipende dal fatto che non sempre questo tipo di analisi riesce ad assicurare il sequenziamento totale dei singoli geni. Ad esempio in caso di regioni ricche in G/C (guanina/ citosina), di ampie delezioni e duplicazioni, di ampie sequenze ripetute, è consigliabile associare la NGS ad una metodica quale l’array-CGH. Inoltre, risulta indispensabile affrontare anche gli aspetti etici della questione, inerenti principalmente alle tecniche WGS e WES. Infatti, tra i dati potrebbero essere presenti informazioni genetiche sensibili, non previste e non richieste. Queste riguardano varianti predittive di malattie che non si sono ancora manifestate clinicamente o varianti di suscettibilità allo sviluppo di neoplasie. Quest’ultimo aspetto è rilevabile anche attraverso la metodica array-CGH, sebbene l’interpretazione delle alterazioni ritrovate possa spesso risultare difficoltosa. E’ dibattuto, pertanto, se sia lecito informare il paziente qualora l’alterazione riscontrata non sia correlata allo scopo principale del test per cui il soggetto ha prestato il proprio consenso. Ancora più complesso è il caso in cui venga rilevata in modo 18

accidentale una mutazione di cui non si conosce l’effetto, né immediato né futuro. E’ necessario quindi, attraverso il consenso informato, lasciare che sia il paziente a decidere quali informazioni vuole ricavare dall’esame.21

19

Capitolo 2 Sindromi dismorfogenetiche più frequenti in neuropsichiatria infantile Di seguito saranno descritte le sindromi più frequenti in assoluto, diagnosticate per la maggior parte attraverso l’analisi del cariotipo e le analisi molecolari; dopodichè, anche in relazione allo studio eseguito sul database array IRCCS Fondazione Stella Maris nel quinquennio 2010-2015, saranno approfondite maggiormente quelle identificabili attraverso la metodica array-CGH.

2.1 La sindrome di Down La sindrome di Down, detta anche trisomia 21, è la più comune anomalia cromosomica nell'uomo. Essa è solitamente associata a un deficit sul piano cognitivo e caratterizzata dalla presenza di anomalie congenite multiple. Il fattore che maggiormente influenza l'incidenza della sindrome di Down è l'età materna. Infatti, oltre i 35 anni di età la probabilità di concepire un figlio affetto da tale condizione aumenta considerevolmente. Tuttavia solo circa 1 caso su cinque ha una madre di età superiore ai 35 anni. Secondo l'organizzazione mondiale della sanità, l'incidenza della sindrome è di circa 1 su 700 nati vivi. Se tuttavia si dovessero prendere in considerazione i concepimenti con trisomia 21, questi dati sarebbero molto più elevati poiché circa il 75% di queste gravidanze si concludono con un aborto o con la nascita di un feto privo di vita. Dal punto di vista genetico, ci sono tre situazioni principali che possono dare origine a questa sindrome: •

Trisomia 21 (94% dei casi), causata da una non- disgiunzione durante la prima o la

seconda divisione meiotica. •

Traslocazione Robertsoniana in uno dei genitori (4% dei casi), generalmente si

assiste ad una traslocazione 14;21. In questi soggetti esiste un’alta probabilità che si crei un gamete con cromosoma 21 sovrannumerario. •

Mosaicismo (2% dei casi), è un evento postzigotico e la condizione è presente in un

numero variabile di cellule. 20

Gli individui con la sindrome possono avere alcune o tutte le seguenti caratteristiche fisiche: microgenia (mento piccolo), fessure degli occhi oblique con pieghe della pelle all'angolo interno degli occhi (epicanto), ipotonia muscolare, ponte nasale piatto, un'unica piega palmare, macroglossia, viso piatto e largo, collo corto, macchie bianche su occhio e iride (macchie di Brushfield), eccessiva lassità articolare, spazio eccessivo tra alluce e il secondo dito, e dita corte. I parametri di crescita, come altezza, peso e circonferenza cranica risultano inferiori nei bambini affetti rispetto ai loro coetanei. La maggior parte delle persone con sindrome di Down presenta una disabilità intellettiva che va da lieve a moderata. Comunemente questi individui hanno una buona comprensione del linguaggio, ma mostrano un ritardo nell'esprimersi verbalmente. Anche le abilità motorie mostrano dei ritardi e questo può interferire sullo sviluppo cognitivo del bambino. La metodica che attualmente si utilizza per la diagnosi è il cariotipo, che può essere effettuato anche a livello prenatale.22

2.2 La sindrome di Noonan La Sindrome di Noonan (SN) è caratterizzata da bassa statura, dismorfismi facciali tipici e difetti cardiaci congeniti. L'incidenza della SN è stimata tra 1/1.000 e 1/2.500 nati vivi. La sindrome si trasmette come carattere autosomico dominante. Nel 50% circa dei casi, la malattia è causata dalle mutazioni missenso nel gene PTPN11 (12q24.1). Recentemente, mutazioni in altri geni della via metabolica di RAS-MAPK (KRAS, SOS1, NRAS e RAF1) sono stati identificati in una piccola percentuale di pazienti con SN. L'analisi delle mutazioni può essere effettuata sui campioni di sangue e dovrebbe essere raccomandata ai soggetti con sospetto diagnostico di SN. Ad ogni modo, la diagnosi non può essere esclusa sulla base del test molecolare, in quanto la sensibilità dello screening combinato di tutti i geni noti permette la conferma in meno del 75% dei pazienti. I principali segni facciali della SN sono l'ipertelorismo con rime palpebrali rivolte verso il basso, ptosi e orecchie a basso impianto retroruotate con elice ispessito. I difetti cardiaci più comunemente associati con questa condizione sono la stenosi polmonare e la cardiomiopatia ipertrofica. Altri segni associati sono collo corto, deformità della gabbia toracica, ritardo 21

mentale lieve, criptorchidismo, difficoltà di alimentazione durante l'infanzia, tendenza al sanguinamento e displasia linfatica. La diagnosi viene in genere effettuata attraverso l’utilizzo di tecniche molecolari (ad es PCR), volte ad identificare la presenza della mutazione. Con cure e consulenze specialistiche, la maggior parte dei bambini con SN ha crescita e funzioni normali nell'età adulta. Segni e sintomi si attenuano con l'età e molti adulti con SN non richiedono cure mediche specialistiche.23,24

2.3 La sindrome di Angelman La sindrome di Angelman (AS) è una malattia neurologica, di origine genetica, caratterizzata da grave disabilità intellettiva e dismorfismi facciali caratteristici. La sua prevalenza è stimata tra 1/10.000 e 1/20.000. La AS è causata da diversi meccanismi genetici, come la delezione nella regione critica 15q11.2-q13 (60-75% dei casi), la disomia uniparentale paterna (2-5%), un difetto dell'imprinting (2-5%) e la mutazione del gene UBE3A (10%). Nel 5-26% dei pazienti non è stato identificato il difetto genetico. I pazienti appaiono normali alla nascita. Nei primi 6 mesi di vita possono manifestarsi disturbi dell'alimentazione e ipotonia, seguiti da ritardo dello sviluppo tra i 6 mesi e i 2 anni. In genere i sintomi caratteristici della AS si manifestano a partire dal primo anno di vita, con grave ID, assenza del linguaggio, crisi di riso associate a movimenti stereotipati delle mani. Sono spesso presenti microcefalia, macrostomia, ipoplasia mascellare, prognatismo e disturbi neurologici con andatura da 'burattino', atassia e attacchi epilettici. Altri segni clinici comprendono l'iperattività senza aggressività, il basso livello di attenzione, l'eccitabilità, i disturbi del sonno associati ad una riduzione della necessità di dormire. Sono spesso presenti tratti autistici. Con l'avanzare dell'età, i segni tipici della malattia diventano meno accentuati e si caratterizzano per l'aspetto grossolano del viso, la scoliosi a livello delle vertebre toraciche e i disturbi del movimento. E’ comune l'iperpigmentazione dell'iride e della coroide.25, 26

22

2.4 La sindrome di Prader- Willi La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara, caratterizzata da anomalie ipotalamo-ipofisarie, che esita nel rischio di obesità patologica durante l'infanzia e nell'età adulta. Risulta spesso associata a disabilità intellettiva, difficoltà di apprendimento e a disturbi comportamentali o problemi psichiatrici. La malattia colpisce circa 1/25.000 nati. Questa patologia è eterogenea sia dal punto di vista clinico che da quello genetico. E’ causata da diversi meccanismi genetici, come la delezione nella regione critica 15q11.2-q13 (7580% dei casi), la disomia uniparentale materna (2-5%), un difetto dell'imprinting (2-5%). Questi meccanismi risultano molto simili a quelli causanti la AS, ma in questo caso viene a mancare il contributo genetico paterno; nella Angelman, invece, è la componente materna a venir meno. Dal punto di vista clinico, è associata a grave ipotonia nel periodo neonatale e nei primi due anni di vita e alla insorgenza di iperfagia; l'ipotonia grave alla nascita comporta problemi alla deglutizione e all'allattamento e un ritardo dello sviluppo psicomotorio, ma tende ad attenuarsi parzialmente con l'età. Sono stati spesso segnalati aspetti fenotipici peculiari (fronte stretta, occhi a mandorla, labbro superiore sottile e bocca rivolta verso il basso) e mani e piedi molto piccoli (mani
View more...

Comments

Copyright © 2017 DOCUMEN Inc.