MetodiFisicaApplicata_cap9_AltreTecniche AA2011 2012

March 20, 2018 | Author: Anonymous | Category: Ingegneria, Elettrotecnica
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CAPITOLO 7: ANALISI SEM, ACCELERATORI ELETTROSTATICI, ANALISI TXRF, POLARIZZAZIONE X, USO DI CAPILLARI

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Analisi SEM Acceleratori elettrostatici Tecniche sperimentali moderne dell’analisi XRF 3.1 Analisi XRF a riflessione totale TXRF (Total Reflection XRF) 4 Impiego di capillari di vetro per la focalizzazione della radiazione di eccitazione

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ANALISI SEM

L’analisi XRF mediante eccitazione con elettroni può essere eseguita nel modo più semplice con una sonda di elettroni, tuttavia, di solito è eseguita ricorrendo al microscopio elettronico a scansione, perciò è usualmente denominata SEM (Scanning Electron Microscope). In effetti, nella collisione alla superficie dell’oggetto analizzato con gli elettroni si producono,oltre i raggi X di fluorescenza caratteristica, le diverse radiazioni indicate schematicamente nella figura 1. In particolare, si può ricorrere per la analisi superficiale agli elettroni secondari, prodotti nella ionizzazione, o agli elettroni retro-diffusi. In entrambi i casi si ottiene sul display di controllo l’immagine corrispondente all’intensità di elettroni proveniente da ciascun punto della zona della superficie irraggiata. In alternativa agli elettroni, selezionando una riga di emissione caratteristica XRF, può ottenersi l’immagine della mappa di distribuzione superficiale di un dato elemento ricorrendo, eventualmente, alla rappresentazione in falso colore per ogni elemento rivelato (cfr fig 23). In conclusione, l’analisi SEM non è, a rigori, sinonimo di analisi XRF al microscopio. Notiamo come dato di maggiore importanza che, tranne che per monete e altri piccoli oggetti che possono essere introdotti in una camera a vuoto, l’analisi SEM richiede un prelievo e pertanto non è un’analisi non distruttiva. In particolare, non è applicabile direttamente a un dipinto, come é il caso dell’analisi PIXE. Con la tecnica SEM si può analizzare un dipinto solo ricorrendo a un microprelievo e realizzando una sezione adatta all’analisi al microscopio. Se l’oggetto in analisi non è conduttore per evitare la generazione di una tensione dovuta all’accumulo di carica elettrostatica nel campione è necessario ricorrere a una doratura o a una ricopertura con carbonio preliminare del campione da analizzare. Peraltro, dall’analisi XRF con microscopio elettronico, si può ottenere l’analisi stratigrafica dello strato di colore. È interessante osservare nella figura 2 il confronto tra un microscopio elettronico e un acceleratore di protoni. Ovviamente, vi è una grande differenza di dimensioni, ma un aspetto che giustifica il confronto è che, anche nel caso dei protoni, si può ottenere la focalizzazione del fascio incidente confinata ad un’area di analisi di ampiezza confrontabile con quella della sonda di elettroni. Ricordiamo che nel caso di un acceleratore, per esempio nell’analisi dei dipinti, si ha il vantaggio di operare in aria. Un aspetto fondamentale che contraddistingue l’analisi XRF con gli elettroni dall’analisi PIXE è costituito dalla molto più intensa generazione di radiazione di bremsstrahlung nell’intorno della area irradiata. Nella figura 3 è riportato il confronto del percorso degli elettroni e dei protoni nel caso che il materiale sia rame. Le energie considerate nei due casi corrispondono circa alla stessa velocità e, quindi, a sezioni d’urto di ionizzazione confrontabili (cfr. figura 4). 769928120

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Il percorso estremamente irregolare degli elettroni è effetto della minore massa rispetto quella dei protoni. Ulteriore conseguenza dalla minore massa elettronica é che si hanno grandi valori per il valore della decelerazione che é la causa della generazione di radiazione di bremsstrahlung. Un esempio di confronto tra spettro XRF eccitato con elettroni e uno spettro dallo stesso campione geologico eccitato con protoni è riportato nella figura 5. Seguendo il criterio di valutare il rapporto segnale/fondo, che abbiamo illustrato sia per le analisi PIXE che XRF, ci aspettiamo, dunque, per gli elettroni una molto minore sensibilità in termini di m.d.l (minimum detection limit). Nel caso di una ceramica, gli elementi minoritari sono il più delle volte presenti in piccoli aggregati di composti specifici. Questi punti di concentrazione possono essere esaminati singolarmente con una sonda di elettroni, rendendo così possibile rivelare, e rappresentare, la corrispondente mappa di distribuzione discontinua della concentrazione di ciascun elemento minoritario. La concentrazione, così messa in evidenza, in valore medio é confrontabile con quelle rivelabili col metodo PIXE. In definitiva, nel caso di ceramiche ,terrecotte e materiale della stessa natura, con la tecnica SEM è possibile ottenere la distribuzione superficiale dei diversi elementi, non un’analisi quantitativa, propriamente detta, del valore di concentrazione relativa analoga a quella che si ottiene con le analisi XRF e PIXE nel caso di materiali di composizione microscopicamente omogenea. Cenni alla strumentazione per l’analisi PIXE e RBS Abbiamo già detto che, storicamente, la prima misura di diffusione di ioni dotati di una opportuna energia cinetica per effetto della collisione con un sottile strato di metallo è stata eseguita da Rutherford nel 1911 bombardando con le particelle α emesse dal Radio226 una sottile lamina di oro. Abbiamo già studiato in dettaglio l’analisi RBS, sviluppata in tempi più recenti, per la quale si utilizzano di solito ioni He doppiamente ionizzati con energia dell’ordine di pochi MeV ottenuti mediante un acceleratore elettrostatico. Il modello più semplice di sorgente di ioni He , che rimpiazza il Radio 226 ,usato in origine, è dato da una sorgente a radio frequenza presentata in figura 6. Sottoponendo ad una radiofrequenza di valore opportuno il gas elio, contenuto a bassa pressione in un’ampolla di pirex, si ottiene preliminarmente, l’effetto di ionizzazione del gas, cioè si produce elio ionizzato (ovvero nello stato di plasma). La condizione di parziale trasformazione del gas in plasma si realizza in condizioni di pressione molto bassa ( ≈ 10 mbar ). Gli ioni positivi di elio prodotti nel plasma vengono indirizzati al canale di uscita dall’ampolla contenitrice mediante un campo di repulsione elettrostatica generato da un anodo situato all’interno a tensione positiva. Con lo stesso tipo di sorgente si possono ottenere protoni impiegando idrogeno al posto di elio e selezionando le nuove condizioni di radio-frequenza e di pressione ottimali per l’idrogeno

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ACCELERATORI ELETTROSTATICI

Gli acceleratori impiegati nell’analisi RBS e PIXE hanno la fondamentale caratteristica di essere limitati, per i motivi già visti, a fornire un’energia dell’ordine di pochi MeV . Nella maggioranza dei casi, vengono utilizzati acceleratori elettrostatici Van De Graaf a stadio singolo. In un acceleratore elettrostatico a stadio singolo la sorgente di ioni è collocata nella testa o terminale, che può raggiungere una tensione positiva dell’ordine di alcuni megaVolt. Gli ioni positivi, quindi dello stesso segno del terminale, sono indirizzati all’ingresso del tubo acceleratore, all’interno del quale é generata la condizione di vuoto spinto( migliore di 10-5mm.Hg), e sono accelerati contro il campione bersaglio, che é a potenziale 0 . L’energia cinetica finale,E, degli ioni, in elettronvolt, é data dal prodotto

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E = e  Q V dove Q è la carica positiva dello ione e V la tensione del terminale(cfr. figura 7). La tensione di un acceleratore elettrostatico è generata dalle cariche positive, depositate per mezzo di un effluvio elettrico, generato da un pettine di punte con tensione di circa +10 kV (charging screen), continuamente, su una cinghia isolante, e trasportate meccanicamente sul terminale. Il valore dell’alta tensione raggiunta dal terminale è direttamente legato alla carica elettrica corrispondente alle condizioni di equilibrio dalla legge fondamentale della elettrostatica: V = QT / C dove C è la capacità del terminale verso massa e QT è il valore della carica del terminale alla tensione stabile di equilibrio. Il particolare, indicato in figura come Corona points, rappresenta il dispositivo per la stabilizzazione della tensione del terminale mediante la regolazione di una piccola corrente di scarica fra una serie di punte metalliche e il terminale stesso. Il regime di conduzione elettrica nei gas nel quale si manifesta questa corrente è detto a Corona. Si noti che il fatto che la sorgente di ioni con il generatore della radio frequenza per produrre il plasma siano alloggiati nel terminale ad alta tensione, all’interno del contenitore di acciaio del gas di isolamento ad alta pressione, implica che l’alimentazione elettrica del generatore r.f., sia ottenuta mediante un alternatore azionato dalla stessa cinghia che trasporta le cariche positive al terminale. Analogamente, la collocazione di ogni necessario strumento di controllo deve essere realizzata all’interno del terminale. Tuttavia, il fatto che l’alta tensione ha valore modesto e che le sorgenti di ioni di H e di He hanno semplici modalità di generazione e di controllo, fa sì che l’impiego di un acceleratore elettrostatico a stadio singolo, come quello descritto, sia una soluzione conveniente, dal punto di vista della semplicità di realizzazione, per l’impiego nelle la tecniche di analisi PIXE e RBS, benché il riferimento di massa per la strumentazione, all’interno del terminale, sia alla tensione di alcuni Mega Volt rispetto il riferimento del laboratorio. L’alta tensione è soltanto condizione necessaria per il processo di accelerazione. Per ottenere un fascio di ioni accelerato, e focalizzato sul bersaglio, è necessario generare un campo elettrico costante lungo il percorso degli ioni stessi all’interno di un tubo acceleratore. Il campo elettrico di accelerazione costante si ottiene ricorrendo alla partizione regolare della tensione lungo il tubo acceleratore- dall’alta tensione del terminale fino la base del tubo a potenziale di massa- mediante un partitore resistivo formato da una serie di resistenze di valore Ri lungo il quale scorre la corrente stabile di scarica: I

VT  Ri i

In condizioni di stabilità della tensione VT , questa corrente è pari alla corrente di carica, corrispondente al trasporto di cariche con la cinghia, con la piccola correzione dovuta alla corrente di regolazione della scarica a corona. Il terminale è supportato da una colonna di piatti metallici separati fra di loro da isolatori di vetro (cfr. figure 8 e 9). Ogni resistenza del partitore è collegata fra 2 piatti consecutivi cosicché la tensione ,Vi ,dell’i-esimo piatto a partire dalla base è ottenuta dalla legge di Ohm:

R  V R i

Vi

i

i

n

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dove n é il numero di resistenze totale. Si ottiene, così, una crescita lineare, del potenziale a partire dal valore 0 del piatto di base, lungo la colonna di piatti, perciò detti equipotenziali, fino al valore di tensione del terminale. Detta d la distanza fra due piatti consecutivi il campo elettrico é dato da: E

I  Ri Vi  d d

Il valore di campo elettrico massimo, limitato dall’isolamento consentito dal gas ad alta pressione contenuto nel tank, é dell’ordine, di 50 kV/ cm Ciascun piatto equipotenziale è collegato a un elettrodo del tubo acceleratore, all’interno del quale è mantenuta, come già detto, la condizione di vuoto. In tale modo, lungo l’asse interno del tubo esiste lo stesso campo costante generato dal partitore resistivo esterno (cfr. figura 9). Gli ioni della sorgente iniettati dal terminale a alta tensione sono focalizzati in modo da produrre un sottile fascio di ioni lungo l’asse del tubo acceleratore. A questo scopo, gli elettrodi del tubo sono dotati di un’apertura centrale circolare che consente il moto (e l’accelerazione) degli ioni lungo l’intera lunghezza del tubo. Descrizione dell’acceleratore Tandem Nel caso dell’accelerazione di ioni di elevato Z , per esempio di ioni di carbonio 14 (Z=6), è necessario ricorrere a un acceleratore elettrostatico a doppio stadio, denominato Tandem,del quale l’applicazione più diffusa nel campo dell’Archeologia é la datazione con il carbonio 14 mediante la spettrometria di massa con acceleratore ( Accelerator Mass Spectrometry:AMS). La complicazione fondamentale nel caso di un acceleratore elettrostatico a stadio singolo è come già detto, quella di generare e controllare il fascio di ioni positivi alloggiando e alimentando la strumentazione necessaria alla produzione degli ioni all’interno del terminale che può raggiungere nei più grandi acceleratori una tensione dell’ordine, o, raramente, ancora maggiore, di 10 MegaVolt. Questo rappresenta un problema superabile in modo relativamente semplice nel caso di ioni leggeri, per esempio protoni o deutoni. Sarebbe, invece, in pratica, impossibile accelerare con un sistema a stadio singolo ioni di Z più elevato. Si ricorre proprio per questo all’acceleratore elettrostatico Tandem (cfr. figure 10 e 11 ). In un acceleratore tandem la caratteristica fondamentale consiste nella sua configurazione simmetrica costituita dal terminale ad alta tensione, nella posizione centrale, e da due tubi acceleratori per gli ioni collegati dalle parti opposte del terminale stesso. Nel tubo di ingresso gli ioni (questa volta negativi) viaggiano verso il terminale, a tensione positiva. Al terminale l’energia degli ioni é quella acquisita nel primo stadio di accelerazione:

Ei  e  V Nel terminale, positivo ,gli ioni subiscono un processo di stripping per collisione in un bersaglio costituito da un sottile foglio di carbonio o da un piccolo spessore di gas a bassa pressione contenuto in un tubo, di alcuni millimetri di diametro, della lunghezza di, circa, 20 centimetri. Per effetto dello stripping lo ione perde un certo numero, k, di elettroni appartenenti all’atomo (dipendente in valore medio dalla energia di collisione). In conseguenza, lo ione diventa positivo con carica k e ed è ulteriormente accelerato verso il bersaglio, a potenziale 0. Nel bersaglio gli ioni hanno energia finale, Ef, data dalla somma delle energie acquisite nei 2 stadi di accelerazione: E f  1  k  e  V

La generazione di ioni negativi è la difficoltà aggiuntiva rispetto l’acceleratore a stadio singolo. Per gli ioni leggeri il problema è abbastanza semplice: é sufficiente fare attraversare una tenue atmosfera di vapori di cesio agli ioni H + o He+ dotati di energia cinetica di valore 769928120

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modesto perché si abbia con probabilità non trascurabile l’effetto di adding (effetto opposto allo stripping), cioè di trasferimento di due elettroni dal cesio, che è un atomo alcalino nel quale l’ elettrone esterno ha bassa energia di legame, allo ione positivo che diviene negativo. Si noti che l’energia di legame dell’elettrone aggiunto a un atomo neutro per formare uno ione negativo è trascurabile rispetto quella degli elettroni delle shelles atomiche. Il vantaggio evidente di un’accelerazione a doppio stadio è di ottenere a parità di alta tensione una molto maggior energia finale impiegando un grado di ionizzazione positiva maggiore di uno. Si consideri che produrre ioni con elevato grado di ionizzazione non è semplice da ottenersi per qualsiasi atomo,in genere, se non ricorrendo al processo di stripping di uno ione a energia relativamente alta. E’ fondamentale nel Tandem che, grazie al cambio di segno della carica dello ione all’interno del terminale centrale, da negativa singola a positiva multipla, si incrementa l’effetto di accelerazione senza ricorrere a un aumento della tensione. Grazie al cambio di segno della carica ionica, l’intero percorso di accelerazione inizia dalla sorgente di ioni negativi, a potenziale 0, e termina, ancora a potenziale 0 , per gli ioni, che sono diventati positivi . La generazione di ioni negativi è la difficoltà aggiuntiva rispetto l’acceleratore a stadio singolo. Ancora una volta, per gli ioni leggeri il problema è abbastanza semplice. È sufficiente fare attraversare una tenue atmosfera di vapori di cesio agli ioni H + o He+ di bassa energia perché si manifesti con probabilità non trascurabile l’effetto di adding (effetto opposto allo stripping), cioè di trasferimento di due elettroni dal cesio allo ione positivo che diviene negativo. Una fondamentale utilizzazione dell’acceleratore tandem è nella tecnica di spettrometria di massa con acceleratore, applicata alla datazione con C14 (cfr. figura 11). In generale, la misura di concentrazioni di C14 é estremamente bassa ( dell’ordine di 10-6 ppm) e non misurabile con la spettrometria di massa convenzionale. Analogamente che per la spettrometria di massa tradizionale, con l’impiego dell’ acceleratore la discriminazione della massa degli ioni é basata sulla selezione del fattore caratteristico:

EM Q2 dove i simboli indicano energia cinetica,massa e carica dello ione. Nel caso del carbonio 14 il problema della misura della concentrazione è reso complicato dall’ esiguità del valore di concentrazione. Come già detto, la concentrazione massima che é quella per un campione moderno è dell’ordine di 10-12 . Esiste, inoltre, il problema dell’interferenza con gli ioni negativi dell’isobaro del C14, N14, prodotti nell’atmosfera residua nelle condizioni di vuoto spinto dell’iniettore dell’acceleratore. Inoltre,ancora nel caso della datazione con C14 , il problema di generare gli ioni negativi dal carbonio estratto dal reperto da datare pone complicati problemi di micro manipolazione. Essi sono risolti, in un primo stadio di preparazione, producendo micro campioni di grafite pura con il carbone estratto dell’oggetto da datare e, successivamente, ricorrendo alla collisione a bassa energia con atomi di cesio per generare ioni di carbonio negativi. Nell’intera procedura della spettrometria di massa con acceleratore, per ottenere la discriminazione degli ioni di carbonio di massa 14 da quelli di massa 12 e 13 , a parte la fase iniziale per la produzione di ioni negativi di carbonio di qualsiasi massa nell’iniettore, si ricorre a una combinazione di processi sia elettrici che magnetici sofisticata. Con questa é possibile ottenere la datazione di campioni microscopici (di meno di 1 mg). La datazione con il carbonio 14 richiede,in generale, una procedura di calibrazione. Per ciò che concerne l’Arte e l’Archeologia, la calibrazione é basata sul confronto sistematico di campioni di legno antichi già datati mediante la dendrocronologia. Attualmente, nel campo

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archeometrico si é raggiunta la possibilità di misurare età con limite superiore dell’ordine di 50.000 anni e con errore fra 10 e 30 anni (!). Infine, con la spettrometria di massa con acceleratore si riduce drasticamente il tempo di misura in confronto al tempo richiesto nel metodo tradizionale basato sulla misura dell’attività di C14 nel campione. Al giorno d’oggi, in pratica, la totalità delle datazioni con il carbonio in archeologia sono eseguite con acceleratore tandem.

TECNICHE SPERIMENTALI MODERNE DELL’ANALISI XRF Le modifiche migliorative, introdotte progressivamente a partire dagli anni '80, nei metodi sperimentali di esecuzione della analisi XRF ha come conseguenza l’aumento del rapporto segnale/fondo. La riduzione del valore del fondo rappresenta il metodo fondamentale di ottenere per il minimum detection limit. il più basso valore possibile. Si ricordi che nell’analisi XRF il fondo è dovuto al processo di diffusione della radiazione di eccitazione dal campione in analisi verso il rivelatore e che ciò genera un segnale del rivelatore sovrapposto ai picchi di fluorescenza X caratteristica. Un efficace metodo per ottenere una riduzione dell’intensità per la diffusione della radiazione di eccitazione dal campione in direzione del rivelatore è basato sull’eccitazione della fluorescenza X caratteristica mediante radiazione X polarizzata linearmente. Nella diffusione da un generico ostacolo di un’onda piana di radiazione X , si ha che l’intensità di diffusione è nulla nella stessa direzione del vettore elettrico dell’onda incidente. Se, dunque, si posiziona il rivelatore esattamente in direzione del vettore elettrico di una radiazione X polarizzata linearmente, il valore di intensità del fondo é minimo. D’altra parte, la probabilità di emissione della fluorescenza X caratteristica, che è emessa isotropicamente, rimane invariata. La polarizzazione lineare è la caratteristica fondamentale della luce di sincrotrone, cioè della radiazione X prodotta da un acceleratore circolare di elettroni nel quale la radiazione X è generata, per effetto di bremsstrahlung, dall’accelerazione centripeta degli elettroni che si muovono in un’orbita circolare. La traiettoria è determinata da una serie di magneti deflettori (cfr. figura 12). L’energia è fornita agli elettroni da cavità elettriche risonanti con opportuna relazione di fase lungo la traiettoria stessa. Il moto degli elettroni é stabile in quanto l’energia fornita dalle cavità risonanti compensa la perdita di energia per irraggiamento. La radiazione (o luce) di sincrotrone è polarizzata linearmente sul piano dell’orbita degli elettroni e ha caratteristiche di intensità e di risoluzione dell’energia che rendono il sincrotrone uno strumento ideale per le tecniche di analisi non distruttive basate sui raggi X . Principalmente, per l’analisi per diffrazione X Nel campo dell’archeometria, le caratteristiche di portabilità e di basso costo della strumentazione sono di interesse predominante. Si ricorre, perciò a un metodo per ottenere radiazione X di eccitazione polarizzata economico e semplice basato ancora sulle proprietà della diffusione della radiazione X . Il metodo consiste nell’inviare sul campione la radiazione diffusa a 90° da uno schermo diffusore di materiale leggero. La radiazione X diffusa a 90° è polarizzata in modo che la direzione del vettore elettrico é ortogonale al piano determinato dalle direzioni ( tra esse ortogonali) della radiazione incidente e della radiazione diffusa (cfr. figura 13). Questo metodo di eccitazione della fluorescenza X caratteristica produce un netto aumento del rapporto segnale/fondo, ma ha lo svantaggio che si ha una drastica riduzione dell’intensità della radiazione di eccitazione incidente sul campione. Per questo motivo, é necessario utilizzare un tubo X di potenza molto maggiore di quella dei tubi utilizzati in un sistema XRF standard.

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2.1 ANALISI XRF A RIFLESSIONE TOTALE TXRF (TOTAL REFLECTION XRF) Anche questa variante, fortemente migliorativa per la sensibilità dell’analisi XRF, è basata sulla riduzione dell’effetto di sovrapposizione della radiazione eccitante, diffusa dal campione, con la radiazione dello spettro XRF. Si ricordi che il segnale di fondo che si sovrappone alle righe caratteristiche di fluorescenza X è generato dalla non completa rivelazione nel rivelatore dell’energia della radiazione di eccitazione diffusa su di esso. Si tratta di un effetto percentualmente piccolo, ma ciò è compensato nel caso di campioni di natura non metallica (per esempio, ceramiche) dal fatto che la diffusione è dominante sull’effetto fotoelettrico dal quale deriva l’emissione XRF dagli elementi minoritari del campione. In questo metodo, denominatoTotally Reflexion XRF(TXRF), si ricorre al sistema di ottenere che la diffusione della radiazione di eccitazione alla superficie del campione irraggiata sia al di fuori della direzione normale alla superficie stessa, cioè al di fuori della direzione determinata dalla posizione del rivelatore della fluorescenza X caratteristica. Nella figura 14 è rappresentato il confronto della disposizione sperimentale del metodo TXRF con il metodo XRF standard. Il punto centrale è che si utilizza il fenomeno della diffusione totale della radiazione X di eccitazione da una superficie piana analogo a quello che si verifica, in ottica, alle lunghezze d’onda del visibile. Come è noto, se consideriamo la propagazione di un’onda piana in un mezzo omogeneo trasparente (per esempio acqua o vetro) in una direzione che forma un angolo acuto con la superficie piana di separazione con un mezzo di minore rifrangenza (per esempio aria), si ottiene un valore massimo per l’angolo formato dalla direzione di propagazione con la superficie di separazione, al di là del quale si ha l’effetto di riflessione totale verso l’interno del mezzo rifrangente. Cioè, l’intensità trasmessa verso l’esterno del mezzo rifrangente assume valore nullo per un angolo interno di incidenza maggiore di un valore limite. Nel caso analogo dei raggi X , che hanno lunghezze d’onda dell’ ordine del nanometro, si ha l’ aspetto fondamentale che per le lunghezze d’onda X, un materiale leggero, come il vetro, ha un indice di rifrazione minore di 1 , cioè:minore di quello dell’aria. Ne consegue che il fenomeno della riflessione totale avviene per X che si propagano in aria alla superficie di separazione idealmente piana fra aria e supporto del deposito di campione in analisi. L’angolo rispetto la superficie di separazione supporto-aria per ottenere la riflessione totale su un supporto amorfo di silicio a energia dell’ordine di 15 keV ( Mo Kα) ha un valore massimo, molto piccolo, dell’ordine di alcuni mRad. In effetti, il sistema,come mostrato nelle figure 16 e 17, è basato su due riflettori piani consecutivi complanari. Il primo di essi agisce da filtro per la parte dello spettro di eccitazione del tubo a più alta energia,dovuto all’effetto di assorbimento della radiazione a maggior energia nel primo riflettore. Come è mostrato in particolare nella figura 16 , lo spettro prodotto dal tubo X é filtrato da un sottile spessore di zinco, per cui,come discusso nella parte introduttiva, l’emissione primaria del tubo si riduce principalmente alla righe X di fluorescenza del molibdeno. Ciò spiega ,come mostrato nella stessa figura 16, che lo spettro di dal supporto di silicio puro presenta lo spettro dovuto alla diffusione ,coerente e incoerente delle righe k del molibdeno che rappresenta la radiazione di eccitazione della fluorescenza x caratteristica dal campione depositato sul secondo riflettore (cfr fig 17). Una chiara rappresentazione schematica della realizzazione del sistema a riflessione totale mediante l’impiego di un tubo X é rappresentato nella figura 18. . E’fondamentale che la superficie del supporto sia lavorata fino ad un grado di levigatezza compatibile con il fatto che possa essere considerata piana per le lunghezze d’onda X .Questa condizione è ottenuta anche con materiale poco costoso quale il plexiglass. L’unico problema di natura pratica è che la superficie non deve essere graffiata, neppure lievemente. E’necessaria la preparazione preliminare del campione, consistente nella diluizione con un

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attacco chimico in soluzione. In alternativa, si può ricorrere più semplicemente alla riduzione del campione in fine polvere e alla successiva sospensione in soluzione acquosa. Si procede, quindi, alla deposizione di una goccia e alla sua essiccazione sotto lampada I.R. sul supporto di materiale leggero (idealmente, quarzo amorfo).(fig 19 ).Si ottiene in tal modo un deposito sottilissimo che non ha effetti di assorbimento della radiazione caratteristica emessa come rappresentato schematicamente nella figura 20.Trascurando la piccola deviazione subita alla superficie del supporto, la radiazione incidente, attraversa il campione lungo la sua estensione piana, realizzandosi così il massimo per l’efficienza geometrica di eccitazione. Allo stesso tempo, la fluorescenza caratteristica misurata dal rivelatore, che è posto a piccola distanza dal campione (migliorandosi così anche l’efficienza geometrica di rivelazione che raggiunge circa il 50% ) attraversa lo spessore microscopico del deposito di campione, in pratica, senza effetti di auto-assorbimento. L’effetto combinato dei diversi fattori illustrati migliora drasticamente la sensibilità di anlisi, XRF che può raggiungere e superare 10-3 ppm (cfr. figura 21). A questi livelli di concentrazione il problema dominante di laboratorio è di evitare contaminazioni casuali, cioè di raggiungere condizioni di pulizia estrema e mettere in atto quelle precauzioni nelle manipolazione del campione che caratterizzano i laboratori altamente specializzati. In quanto alla determinazione quantitativa, nell’analisi TXRF non occorre alcuna correzione né per l’auto-assorbimento né per effetti di eccitazione secondaria. Tuttavia, il deposito in superficie è omogeneo nella composizione a livello microscopico, ma irregolare nella distribuzione della densità superficiale per via del metodo di deposizione sul supporto. Pertanto l’analisi quantitativa si ottiene aggiungendo preliminarmente, nella soluzione chimica o nella sospensione acquosa, un’aggiunta,accuratamente determinata quantitativamente di un elemento sicuramente non presente nel campione in analisi.. Si procede, quindi, al confronto diretto fra l’intensità delle singole righe di fluorescenza X con quella della riga caratteristica dell’elemento estraneo introdotto, che costituisce uno standard interno, presente nello stesso spettro (Nello spettro di figura 21 si noti la presenza del picco di rubidio che costituisce lo standard interno). Per l’analisi quantitativa ,la concentrazione di un generico elemento, rivelato dalla sua riga caratteristica, si ottiene dal rapporto con l’intensità della riga dello standard. L’unica correzione riguarda i rapporti delle sezioni d’urto XRF, nonché il rapporto dei valori dell’efficienza intrinseca del rivelatore che- lo ricordiamodipende dalla energia della radiazione X . Aggiungiamo in ultimo che, ovviamente, questa tecnica non è da considerarsi analisi non distruttiva e che, seppure intrinsecamente semplice e poco costosa, produce risultati di analisi confrontabili con quelli ottenuti con l’attivazione neutronica. Il massimo dell’efficacia nella riduzione del contributo di fondo si ottiene combinando insieme l’eccitazione con radiazione polarizzata, nel caso ottimale prodotta dal sincrotrone, con l’effetto di riflessione totale dal supporto liscio. In questo modo già illustrato nella figura 12, infatti, si ottiene che il contributo dominante di diffusione, che è generato dal supporto, sia diretto fuori dal rivelatore e, in aggiunta, il contributo minoritario dovuto alla diffusione dalla superficie scabra, a livello microscopico, del deposito di campione è eliminato per effetto della polarizzazione lineare della radiazione di eccitazione. Con questo sistema è possibile conseguire risultati di rivelazione fino a livelli di concentrazione minimi, come quello già mostrato nella figura 21.

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IMPIEGO DI CAPILLARI DI VETRO PER LA FOCALIZZAZIONE DELLA RADIAZIONE DI ECCITAZIONE

Il più recente sviluppo della tecnica XRF è rappresentato dall’impiego di sistemi di capillari di vetro, che rendono possibile focalizzare su un’area microscopica la radiazione di eccitazione. 769928120

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Il funzionamento di un capillare di vetro per focalizzare i raggi X è direttamente ricavabile da quanto illustrato sul fenomeno della riflessione totale degli X alla superficie di separazione aria-vetro. Nel caso di un capillare, si ha l’effetto di convogliamento dei raggi X lungo il capillare dovuto alla riflessione totale alla superficie interna. Si realizza, cioè, per i raggi X una situazione analoga a quella di una fibra ottica per la radiazione visibile. Nel caso più semplice si utilizza un unico capillare cilindrico che costituisce in pratica un collimatore, che restringe la radiazione di eccitazione su aree di diametro dell’ordine di 100 micron (si veda l’esame della corona ferrea Cap 01). Sono stati in tempi più recenti progettati sistemi di focalizzazione basati su un capillare con sezione longitudinale parabolica (cfr. figura 22). In modo da migliorare l’effetto di focalizzazione all’uscita del capillare. L’ innovazione più recente consiste in sistemi multi-capillari, ricavati all’interno di un blocco di vetro, che costituiscono una sorta di fascio di canali che raccolgono la radiazione inviata a una superficie di ingresso relativamente estesa e la concentrano sull’area microscopica in analisi. Il sistema può essere associato ad un microscopio ottico nel quale la posizione dell’oggetto in esame è variata mediante un sistema automatico di precisione di movimentazione “x-y”. La zona selezionata per l’analisi X è identificata attraverso la contemporanea osservazione al microscopio ottico. Selezionando mediante l’analizzatore multicanale una riga caratteristica, si ottiene la mappa di distribuzione superficiale dei diversi elementi, con il grande vantaggio che l’analisi si esegue in atmosfera, in confronto al microscopio elettronico a scansione con il quale si opera sotto vuoto( Cfr. fig 22 e 23).

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