Nelson Manuale di Pediatria

May 11, 2018 | Author: Anonymous | Category: Scienza, Medicina, Endocrinologia
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SEZIONE

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ENDOCRINOLOGIA Nicholas Jospe

166 Valutazione endocrinologica C A P I T O L O

© 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.

L’apparato endocrino regola le funzioni vitali corporee mediante messaggeri ormonali. Gli ormoni sono definiti messaggeri circolanti, con azione a distanza dall’organo (ghiandola) di origine dell’ormone. Gli ormoni possono essere regolati da cellule nervose e gli agenti endocrini possono fungere da neurotrasmettitori. Vi è rapporto anche tra l’apparato endocrino e il sistema immunitario; gli autoanticorpi possono determinare un eccesso o un difetto di produzione di un ormone. Le manifestazioni di un disturbo endocrino sono correlate alla risposta del tessuto periferico al difetto o all’eccesso dell’ormone stesso. L’azione dell’ormone può anche essere paracrina (che agisce sulle cellule strettamente adiacenti alla cellula di origine dell’ormone) o autocrina (che agisce sulla stessa cellula di origine dell’ormone); gli agenti che hanno questo comportamento sono denominati fattori invece di ormoni (Fig. 166-1). Questi ultimi in genere sono regolati da un meccanismo di feedback in modo

FIGURA 166-1 Rappresentazione schematica dei meccanismi di azione degli ormoni e dei fattori di crescita. Sebbene gli ormoni

siano caratteristicamente prodotti nelle ghiandole endocrine e trasportati alle sedi di azione a distanza attraverso il torrente circolatorio (meccanismo endocrino), i fattori di crescita peptidica possono essere prodotti localmente dalle stesse cellule bersaglio (modalità autocrina di azione) o dalle cellule adiacenti (azione paracrina). (Da: Wilson JD, Foster DW [eds]: Williams Textbook of Endocrinology, 8th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1992, p 1007.)

che la produzione è legata al suo effetto o alla sua concentrazione nella circolazione. I disturbi endocrini in genere si manifestano in una delle quattro forme elencate qui di seguito. 1. Per eccesso di ormone: nella sindrome di Cushing, vi è un eccesso di glucocorticoidi; se questo eccesso è secondario a una secrezione autonoma da parte del surrene, viene soppresso l’ormone adrenocorticotropo (ACTH, Adrenocorticotropic Hormone). 2. Per difetto di ormone: nel deficit di glucocorticoidi, il livello di cortisolo è inadeguato; se il difetto è a livello del surrene, l’ormone trofico è elevato (ACTH). Nel diabete mellito di tipo I (DM1) la secrezione di insulina è bassa o assente. 3. Per un’anomala risposta dell’organo bersaglio all’ormone: nello pseudoipoparatiroidismo, vi è una resistenza all’ormone paratiroideo (PTH, Parathyroid Hormone). 4. Per un allargamento della ghiandola, che può avere effetti più come conseguenza dell’aumento di volume che della funzione. In presenza di un grosso adenoma ipofisario non funzionante, si determinano anomalie del campo visivo e altri segni e sintomi neurologici anche se non vi è alcuna produzione di ormone da parte del tumore. Gli ormoni peptidici agiscono tramite specifici recettori di membrana cellulare; quando l’ormone si lega al recettore, il complesso ormone-recettore innesca una reazione a cascata di messaggeri intracellulari che determinano gli effetti biologici. Il numero e l’avidità di legame di recettori per gli ormoni peptidici può essere regolato dagli ormoni. Gli ormoni steroidei agiscono legandosi ai recettori intranucleari e il complesso ormone-recettore trasloca nel nucleo, dove si lega al DNA e induce un’ulteriore attivazione genica. L’interpretazione dei livelli sierici di ormone dev’essere correlata ai loro fattori specifici di controllo. Per esempio, un dato valore di PTH può essere normale in un paziente con valori di calcemia nella norma, ma inadeguato in un paziente ipocalcemico con ipoparatiroidismo parziale o eccessivo in un paziente ipercalcemico con iperparatiroidismo.

ASSE IPOTALAMO-IPOFISARIO L’ipotalamo controlla molti sistemi endocrini direttamente o tramite la ghiandola pituitaria. I centri di regolazione superiori del sistema nervoso centrale (SNC) controllano l’ipotalamo. I fattori ipotalamici di rilascio o inibizione viaggiano attraverso i capillari del sistema portale pituitario per controllare l’ipofisi 621

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

FIGURA 166-2 Influenze ormonali dell’ipotalamo e della ghiandola pituitarica. La linea continua indica l’effetto stimolante;

la linea tratteggiata indica l’influenza inibitoria: ACTH (Adrenocorticotropic Hormone), ormone adrenocorticotropo; CRH (Corticotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante la corticotropina, o CRF; FSH (Follicle-Stimulating Hormone), ormone stimolante il follicolo; GH (Growth Hormone), ormone della crescita; GHRH (GH-Releasing Hormone), ormone rilasciante il GH, o GRF; GnRH (Gonadotropin-Releasing Hormone) o LRF (Luteinizing hormone Releasing Factor), ormone rilasciante la gonadotropina o fattore rilasciante l’ormone luteinizzante; LH (Luteinizing Hormone); ormone luteinizzante; SRIF (Somatotropin Release–Inhibiting Factor), fattore inibente il rilascio della somatotropina, somatostatina o SS; TRH (Thyrotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante la tireotropina o TRF; TSH (Thyroid-Stimulating Hormone), ormone tiroido-stimolante; T3, triiodotironina; T4, tiroxina.

anteriore, regolando gli ormoni specifici per un determinato fattore (Fig. 166-2). Gli ormoni pituitari entrano nella circolazione periferica ed esercitano i loro effetti sulle ghiandole bersaglio, le quali producono altri ormoni che attraverso un meccanismo di feedback sopprimono i loro ormoni di controllo per l’ipotalamo e la ghiandola pituitaria (fattore di crescita simil-insulinico-1 [IGF-1, Insulin-Like Growth Factor-1], ormone della crescita [GH, Growth Hormone], cortisolo, steroidi sessuali e tiroxina [T4], tutti con un effetto reciproco di feedback sul sistema ipotalamo-ipofisario). La prolattina è l’unico ormone ipofisario che è soppresso da un fattore ipotalamico, il fattore inibente la prolattina (dopamina). Un deficit ipotalamico porta a una diminuzione nella maggior parte delle secrezioni ormonali, ma può determinare un aumento nella secrezione di prolattina. L’ipotalamo è anche la sede degli assoni che secernono la vasopressina, i quali terminano nell’ipofisi posteriore, ed esercitano il loro effetto attraverso la secrezione di vasopressina da questa zona, oppure terminano nell’ipotalamo mediobasale, da cui possono agire sul bilancio idrico, anche in assenza dell’ipofisi posteriore. Nell’età pediatrica, un aumento della secrezione ipofisaria di vari ormoni come conseguenza di un adenoma è raro, sebbene si possano verificare casi di gigantismo pituitarico (eccesso di GH da adenoma ipofisario). Nell’infanzia sono più comuni le lesioni a carico della ghiandola pituitaria o dell’ipotalamo. Un craniofaringioma, un tumore della tasca di Rathke, può invadere la sella turcica, causando erosioni dell’osso e distruzione del tessuto ipotalamico e ipofisario. Un ipopituitarismo acquisito può anche derivare da infezioni a carico dell’ipofisi; da infiltrazione, come nell’istiocitosi a cellule di Langerhans (istiocitosi X),

nei linfomi e nella sarcoidosi; dopo una terapia radiante o un trauma a livello dell’SNC; e come conseguenza di una patologia autoimmune contro la ghiandola pituitaria. L’ipopituitarismo congenito in genere è causato dall’assenza dei fattori di rilascio ipotalamici piuttosto che dall’assenza della ghiandola stessa. Senza una stimolazione ipotalamica l’ipofisi non rilascia i suoi ormoni, ma può essere indotta alla secrezione dai fattori di rilascio ipotalamici di origine esogena. Tuttavia, la somministrazione esogena ha una valenza clinica limitata, poiché per trattare l’ipopituitarismo possono essere somministrati i prodotti finali della ghiandola stessa. I difetti congeniti associati all’ipopituitarismo vanno dall’oloprosencefalia (ciclopia, cebocefalia, ipotelorismo orbitale) alla palatoschisi (6% dei casi di palatoschisi sono associati a un deficit di GH). La displasia setto-ottica (ipoplasia del nervo ottico, assenza del setto pellucido o variazioni di entrambi e ipopituitarismo) può esitare in una significativa compromissione visiva con nistagmo pendolare (nistagmo oscillatorio causato dall’incapacità di mettere a fuoco un obiettivo). Gli esiti della risonanza magnetica (RM) di un ipopituitarismo congenito mostrano un hot spot dell’ipofisi posteriore, l’aspetto di resezione del peduncolo pituitario e una ghiandola pituitarica piccola. L’accertamento della funzione pituitarica può essere determinato dalla misurazione di alcuni specifici ormoni ipofisari nello stato basale; altri accertamenti richiedono la valutazione dopo stimolazione. Un accertamento indiretto della funzione pituitarica può essere ottenuto misurando le concentrazioni sieriche degli ormoni bersaglio della ghiandola (Tab. 166-1). Alcuni test di indagine per la funzione ipofisaria sono elencati nella Tabella 166-2.

CAPITOLO 166 L Valutazione endocrinologica

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TABELLA 166-1 Valutazione diagnostica dell’ipopituitarismo Manifestazioni

Causa

Test*

Mancata crescita, ipotiroidismo o entrambi

Deficit di GH, deficit di TRH/TSH o entrambi

Test di stimolazione del GH, T4 libera, età ossea, IGF-1, IGF-BP3

Ipoglicemia

Deficit di GH, insufficienza di ACTH o entrambi

Test di stimolazione del GH, test di secrezione di ACTH, IGF-1, IGF-BP3

Micropene, ritardo o arresto puberale

Ipogonadismo ipogonadotropo o deficit di GH

Steroidi sessuali (E2, testosterone), FSH e LH basale (analizzati da metodiche ultrasensibili) o dopo somministrazione di GnRH, test di stimolazione di GH, IGF-1, IGF-BP3

Poliuria, polidipsia

Deficit di ADH

Esame delle urine (peso specifico), elettroliti del siero, osmolalità sierica e urinaria, test di assetamento

*Ogni paziente con ipopituitarismo dovrebbe essere sottoposto a RM dell’SNC come parte della valutazione per determinare l’eziologia della condizione patologica. ADH (Antidiuretic Hormone), ormone antidiuretico; E2, estradiolo; FSH (Follicle-Stimulating Hormone), ormone stimolante il follicolo; GH (Growth Hormone), ormone della crescita; GnRh (Gonadotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante la gonadotropina; IGF-1 (Insulin-Like Growth Factor-1), fattore di crescita simil-insulinico 1; IGF-BP3 (Insulin-Like Growth Factor-Binding Protein 3), proteina 3 legante il fattore di crescita simil-insulinico; LH (Luteinizing Hormone), ormone luteinizzante; RM, risonanza magnetica; SNC, sistema nervoso centrale; T4, tiroxina; TRH (Thyrotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante la tireotropina; TSH (Thyroid-Stimulating Hormone), ormone stimolante la tiroide.

TABELLA 166-2 Test di funzionalità dell’ormone dell’ipofisi anteriore Dosaggio isolato dell’ormone

Test provocativo di stimolazione

Dosaggio dell’ormone bersaglio

GH (inutile come valore isolato, eccetto che nei neonati e nella resistenza al GH o nel gigantismo pituitario)

Arginina (stimolazione lieve) L-dopa (utile clinicamente) Ipoglicemia indotta da insulina (un test rischioso ma preciso) Clonidina (utile clinicamente) GRH Livelli integrati di GH nelle 12-24 ore (di utilità discutibile)

IGF-1, IGF-BP3 (influenzati dalla malnutrizione così come dall’eccesso di GH)

ACTH (prelievo nelle prime ore del mattino utile solo in un intervallo di valore elevato o normale)

Cortisolo dopo ipoglicemia indotta dall’insulina (test pericoloso) 11-desossicortisolo dopo metirapone CRH Test di stimolazione dell’ACTH (consente di differenziare il deficit di ACTH dall’insufficienza surrenalica primaria)

Cortisolo mattutino

TSH*

TRH

FT4

LH, FSH*

GnRH (di difficile interpretazione nei soggetti prepuberi)

Testosterone Estradiolo

Prolattina (elevata nella patologia ipotalamica e diminuita nella patologia pituitarica)

TRH

Nessuno

Cortisolo libero urinario nelle 24 ore

*Nuove metodiche ultrasensibili consentono la determinazione anche di valori estremamente bassi riscontrabili nell’ipopituitarismo. ACTH (Adrenocorticotropic Hormone), ormone adrenocorticotropo; CRH (Corticotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante la corticotropina: L-dopa, L-di-idrossifenilalanina; FSH (Follicle-Stimulating Hormone), ormone stimolante il follicolo; FT4 (Free Thyroxine) tiroxina libera; GH (Growth Hormone), ormone della crescita; GnRh (Gonadotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante la gonadotropina; GRH (Growth Hormone-Releasing Hormone), ormone rilasciante l’ormone della crescita; IGF-1 (Insulin-Like Growth Factor-1), fattore di crescita simil-insulinico 1; IGF-BP3 (Insulin-Like Growth Factor-Binding Protein 3), proteina 3 legante il fattore di crescita simil-insulinico; LH (Luteinizing Hormone), ormone luteinizzante; TRH (Thyrotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante la tireotropina; TSH (Thyroid-Stimulating Hormone), ormone stimolante la tiroide.

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

incipiente è bassa (1000 mg/dL). Il pH arterioso è inferiore a 7,25 e la concentrazione sierica di bicarbonato è inferiore a 15 mEq/L. La sodiemia può essere elevata, normale o ridotta, a seconda del bilancio tra le perdite di sodio e di acqua. Tuttavia, a causa dell’iperglicemia la concentrazione del sodio nel siero può risultare artificialmente ridotta (si veda il Capitolo 31). Anche l’iperlipidemia contribuisce alla diminuzione del sodio nel siero. Il livello di azotemia (BUN, Blood Urea Nitrogen) può essere elevato, con iperazotemia prerenale secondaria a disidratazione. La conta dei globuli bianchi in genere è elevata e la formula spostata a sinistra anche in assenza di segni di infezione senza implicare la presenza di infezione. La febbre non è un dato comune e dovrebbe richiedere la ricerca immediata di foci infettivi, che potrebbero aver scatenato l’episodio di DKA.

Trattamento La terapia dei pazienti con DKA comprende l’attenta ricostituzione dei deficit di liquidi, la correzione dell’acidosi e dell’iperglicemia attraverso la somministrazione di insulina, la correzione del bilancio elettrolitico e un accurato monitoraggio delle complicanze del trattamento. L’approccio ottimale al trattamento della DKA deve trovare un equilibrio tra il correggere

CAPITOLO 167 L Diabete mellito

in modo adeguato le perdite di liquidi ed evitare rapidi cambiamenti nell’osmolalità e nel bilancio idrico. Le complicanze più gravi della DKA e del suo trattamento sono l’edema cerebrale e l’erniazione cerebrale. Disidratazione. Nell’approccio a un paziente con grave DKA si deve stimare la disidratazione in circa il 10% del peso. Se è disponibile un recente controllo del peso, si può calcolare l’entità precisa della disidratazione. Un bolo endovenoso iniziale di una soluzione isotonica senza glucosio (soluzione fisiologica o di Ringer lattato) di 10-20 mL/kg dovrebbe essere somministrato per ripristinare il volume intravascolare e la perfusione renale. Dopo il bolo iniziale, il deficit rimanente di liquidi dev’essere aggiunto alle richieste di liquidi di mantenimento e il totale derivante dovrebbe essere somministrato lentamente nell’arco di 36-48 ore. Le perdite continue derivanti dalla diuresi osmotica in genere non devono essere ricostituite, a meno che la diuresi sia abbondante o siano presenti segni di scarsa perfusione. La diuresi osmotica in genere è minima quando la glicemia è inferiore a 300 mg/dL. Per evitare un rapido cambiamento nell’osmolalità sierica, si può usare una soluzione di cloruro di sodio allo 0,9% per la ricostituzione dei liquidi nelle prime 4-6 ore, seguita da cloruro di sodio allo 0,45%. Iperglicemia. L’insulina ad azione rapida dev’essere somministrata in infusione endovenosa continua (0,1 U/kg/ora). La concentrazione di glucosio nel siero deve diminuire a una velocità non superiore ai 100 mg/kg/ora. Quando la glicemia raggiunge livelli inferiori a 250-300 mg/dL, è necessario aggiungere glucosio ai liquidi somministrati. Se la glicemia raggiunge valori inferiori a 200 mg/dL prima della correzione dell’acidosi, la concentrazione di glucosio dei liquidi per via endovenosa dev’essere aumentata, ma l’infusione di insulina non dovrebbe essere ridotta a più del 50% e non deve mai essere sospesa prima della risoluzione dell’acidosi. Acidosi. La terapia insulinica riduce la produzione di acidi grassi liberi (FFA, Free Fatty Acid) e il catabolismo delle proteine e migliora l’utilizzo del glucosio nei tessuti bersaglio. Questi meccanismi sono in grado di correggere l’acidosi. La somministrazione di bicarbonato è da evitare se non in presenza di una grave acidosi che provoca un’instabilità emodinamica o quando sia presente un’iperpotassiemia sintomatica. I potenziali effetti avversi della somministrazione di bicarbonati includono l’effetto paradosso di peggiorare l’acidosi a livello del sistema nervoso centrale (SNC) come conseguenza di un’aumentata diffusione del biossido di carbonio attraverso la barriera ematoencefalica, una potenziale ipossia tissutale causata dalle variazioni della curva di dissociazione dell’emoglobina, improvvise variazione osmotiche e un aumentato rischio di sviluppo di edema cerebrale. Quando viene corretta l’acidosi, può sembrare che la concentrazione dei chetoni nelle urine aumenti. Il B-idrossibutirrato, che non è rilevato nelle analisi per i chetoni nelle urine, con il trattamento è convertito in quello che le analisi più comunemente rilevano, l’acetoacetato. Quindi, le concentrazioni minuto per minuto dei chetoni nelle urine non sono un indice richiesto per la valutazione dell’adeguatezza della terapia. Squilibrio elettrolitico. Indipendentemente dai livelli sierici di potassio alla presentazione, è molto probabile che vi sia una

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deplezione del potassio totale dell’organismo. La potassiemia può diminuire rapidamente nel momento in cui la terapia con insulina, e quindi il glucosio, migliora l’acidosi e il potassio è scambiato con gli ioni idrogeno intracellulari. Alla ripresa di un’adeguata diuresi è necessario aggiungere potassio alle soluzioni somministrate per via endovenosa. Il potassio dev’essere somministrato al 50% come cloruro di potassio e al 50% sotto forma di fosfato di potassio alla concentrazione di 20-40 mEq/L. Questa associazione fornisce il fosfato per la ricostituzione dei deficit, ma evita l’eccesso di somministrazione di fosfati che può far precipitare l’ipocalcemia. Se la potassiemia è superiore ai 6 mEq/L, non va aggiunto potassio ai liquidi somministrati per via endovenosa sino a quando il livello di potassio diminuisce. Monitoraggio. È consigliabile utilizzare uno foglio di flusso per registrare e monitorare il bilancio idrico e i parametri di laboratorio. Le indagini iniziali devono comprendere l’analisi della concentrazione sierica di: glucosio, sodio, potassio, cloro, bicarbonato, BUN, creatinina, calcio, fosforo e magnesio; il pH venoso o arterioso; e l’esame delle urine. La valutazione della glicemia dev’essere ripetuta ogni ora durante la terapia, quella degli elettroliti ogni 2-3 ore. Le concentrazioni di calcio, potassio e magnesio devono essere determinate all’inizio e poi ogni 4-6 ore durante la terapia. Le condizioni del sensorio (neurologiche e mentali) devono essere monitorate a intervalli frequenti. Il rilievo di cefalea o di deterioramento dello stato mentale deve essere prontamente valutato per l’eventuale presenza di edema cerebrale. I sintomi indicativi sono un obnubilamento del sensorio, grave e improvvisa cefalea, vomito, modificazioni dei parametri vitali (bradicardia, ipertensione, apnea), pupilla dilatata, oftalmoplegia o convulsioni.

Complicazioni

L’edema cerebrale sintomatico si verifica nell’1-5% dei casi di DKA. Esso è considerato la più grave complicazione della DKA, con una mortalità del 20-80%. La patogenesi dell’edema cerebrale verosimilmente risiede nella variazione dell’osmolarità che esita in un accumulo di liquidi nel compartimento intracellulare e nel relativo edema cellulare. Una forma subclinica di edema è comune nei pazienti con DKA, ma i fattori che possono esacerbare questo processo, portando a un edema sintomatico e a una possibile erniazione cerebrale, non sono stati ancora definiti in modo preciso. L’edema in genere si instaura a 6-12 ore dall’inizio della terapia per la DKA, spesso dopo un periodo di apparente miglioramento clinico. I fattori correlati all’aumentato rischio di edema cerebrale comprendono un’elevata azotemia alla diagnosi, una PCO2 iniziale bassa, un mancato incremento della sodiemia quando la glicemia diminuisce durante il trattamento e la somministrazione di bicarbonati. I segni di edema cerebrale grave includono ottundimento del sensorio, papilledema, dilatazione pupillare o anisocoria, ipertensione, bradicardia e apnea. Il trattamento prevede il pronto impiego di mannitolo, intubazione endotracheale e iperventilazione e può essere necessario ricorrere al posizionamento di una valvola subdurale. Le altre complicazioni della DKA sono la trombosi intracranica o l’infarto, la necrosi tubulare acuta con insufficienza renale acuta causata dalla grave disidratazione, la pancreatite, le aritmie dovute ad anomalie elettrolitiche, l’edema polmonare e l’ischemia a livello intestinale. L’edema periferico si instaura in genere a 24-48 ore dall’inizio della terapia e può essere in relazione a residui aumenti di ormone antidiuretico e aldosterone.

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

Passaggio al trattamento ambulatoriale Quando l’acidosi è stata corretta e il paziente tollera l’alimentazione orale, la somministrazione per via endovenosa di insulina può essere sospesa e iniziato un regime di iniezioni sottocutanee (SC). La prima dose SC di insulina dovrebbe essere somministrata circa 30-45 minuti prima della sospensione dell’infusione endovenosa. Un ulteriore adeguamento della dose insulinica dovrebbe essere effettuato nel corso dei successivi 2-3 giorni. Un paziente già noto per DM1 potrebbe ricominciare dalle dosi precedenti, se queste erano adeguate. Per un paziente con nuovo esordio di DM1, le dosi classiche di partenza sono di circa 0,7 U/kg/24 ore per i soggetti prepuberi e di circa 1 U/kg/24 ore per gli adolescenti, utilizzando ogni combinazione di insuline disponibili. La scelta migliore e più comune per il passaggio all’insulina SC è iniziare a somministrare iniezioni di insulina ad azione rapida (insulina lispro o aspart o glulisina) a ogni pasto e insulina a lunga durata o (glargina o detemir) al momento di coricarsi. Questo regime di iniezioni multiple giornaliere (MDI,

Multiple Daily Injections) fornisce la maggior flessibilità possibile, ma richiede al paziente di praticare molte iniezioni al giorno e di tenere il calcolo dei carboidrati alimentari. Un’alternativa alle MDI è un regime misto prestabilito, con due iniezioni giornaliere. Due terzi della dose giornaliera totale vengono somministrati al mattino, a colazione, e un terzo alla sera, a cena (Fig. 167-3). Nell’insulina del mattino il rapporto deve essere di due terzi di insulina ad azione intermedia (NPH) e un terzo ad azione rapida. Alla sera, metà della dose sarà ad azione intermedia e metà ad azione rapida. Sono disponibili pompe che forniscono un’infusione continua di insulina ad azione rapida, sebbene non vengano utilizzate agli esordi del DM1. Possono essere utilizzate in tutte le fasce di età in pazienti altamente motivati a ottenere uno stretto controllo della malattia. La glicemia deve essere controllata dopo ogni pasto, al momento di coricarsi e alle 2-3 del mattino, per ottenere informazioni utili per l’adeguamento del regime insulinico. I pazienti e

FIGURA 167-3

Profili rappresentativi dell’effetto dell’insulina con l’impiego di regimi combinati di iniezione: insulina ad azione intermedia (NPH o lenta) e regolare (ad azione rapida). A, Lispro ad azione rapida, regolare o aspart. B, Profili della NPH a lunga azione o glargina: SC, sottocutanea. (Adattata da Mudaliar SR, Lindberg FA, Joyce M, et al: Insulin aspart [B28 asp-insulin]: A fast-acting analog of human insulin: Absorption kinetics and action profile compared with regular human insulin in healthy nondiabetic subjects. Diabetes Care 22:1501–1506, 1999; and Lepore M, Kurzals R, Pampanelli S, et al: Pharmacokinetics and dynamics of S.C. injection of the long-acting glargina [HOE 901] in T1DM. Diabetes 48[Suppl 1]:A97, 1999.)

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CAPITOLO 167 L Diabete mellito

le loro famiglie devono iniziare a imparare i principi di cura del diabete il prima possibile. Prima della dimissione, è necessario verificare la capacità di eseguire le iniezioni di insulina e di testare la glicemia con l’uso di un glucometro, così come la capacità di gestire l’ipoglicemia. Nel DM1 è fondamentale una pianificazione dei pasti per il controllo del glucosio e la consulenza dietetica deve far parte dell’assistenza fornita alle famiglie sin dall’inizio.

Periodo della “luna di miele” Nei pazienti con DM1 di nuovo esordio che non presentano DKA, la massa di cellule B non è stata distrutta completamente. La funzionalità residua sembra migliorare con l’introduzione del trattamento insulinico. Se ciò si verifica, le richieste esogene di insulina diminuiscono. Si tratta di un periodo di controllo stabile della glicemia, in cui spesso i livelli di glucosio risultano normali. Questa fase della malattia, conosciuto come periodo della “luna di miele”, in genere ha inizio nelle prime settimane di terapia e spesso prosegue per 3-6 mesi, ma può anche durare per 2 anni.

TABELLA 167-2 Preparazioni di insulina Tipo di insulina

Esordio

Picco d’azione Durata

AD AZIONE ULTRA RAPIDA

Lispro, aspart

10-20 min

30-90 min

3 ore

AD AZIONE RAPIDA

Regolare

30 min-1 ora

2-4 ore

6-10 ore

AD AZIONE INTERMEDIA

NPH

1-4 ore

4-12 ore

16-24 ore

Lenta

1-4 ore

4-12 ore

12-24 ore

ULTRALENTA

Zinco protamina

4-6 ore

8-20 ore

24-30 ore

Ultralenta

4-6 ore

8-20 ore

24-36 ore

Glargina

1-2 ore

Nessun picco

24-30 ore

Gestione ambulatoriale del diabete mellito di tipo 1

In età pediatrica la gestione del DM1 richiede un approccio globale, con attenzione a questioni mediche, nutrizionali e psicologiche. Le strategie terapeutiche dovrebbero essere flessibili, considerando le esigenze individuali del singolo paziente e della famiglia. La cura ottimale coinvolge un’équipe di specialisti del diabete, inclusi un medico, un infermiere con esperienza nella gestione dei pazienti diabetici, un dietologo e un assistente sociale o uno psicologo.

Obiettivi Il Diabetes Control and Complications Trial ha dimostrato che una terapia insulinica intensiva, con lo scopo di mantenere i livelli di glicemia il più possibile nella norma, può ritardare l’insorgenza e rallentare la progressione delle complicanze legate al diabete (retinopatia, nefropatia, neuropatia). Raggiungere questo obiettivo usando una terapia insulinica intensiva può aumentare il rischio di ipoglicemia. Gli effetti avversi dell’ipoglicemia nei bambini più piccoli possono essere più significativi, a causa dell’immaturità dell’SNC e della maggiore sensibilità alla carenza di glucosio. Sebbene il rischio di complicanze aumenti con la durata del diabete, tuttora è controverso se l’aumento del rischio sia più lento nell’età prepubere rispetto all’adolescenza o nell’età adulta. È importante definire gli obiettivi per ottenere uno stretto controllo della glicemia in età pediatrica. Gli obiettivi della terapia differiscono a seconda dell’età del paziente. Per bambini al di sotto dei 5 anni, è appropriato mantenere la glicemia a 80-180 mg/dL. Per i bambini in età scolare, un obiettivo ragionevole è costituito da livelli di glicemia tra 80 e 150 mg/dL. Per gli adolescenti, l’obiettivo è un valore compreso tra 70 e 150 mg/dL. Gli obiettivi terapeutici devono tener conto delle caratteristiche individuali, come un’anamnesi positiva per pregressa ipoglicemia grave, e delle capacità del paziente e della famiglia.

Regimi insulinici I diversi tipi di insulina differiscono per la durata e il picco d’azione (Tab. 167-2). Queste insuline possono essere usate in

varie combinazioni, a seconda delle necessità e degli obiettivi del singolo paziente. Lo schema più comunemente utilizzato è quello di iniezioni multiple di insulina ad azione rapida ai pasti, in combinazione con un’insulina a lunga durata al momento di coricarsi. Questo regime fornisce una certa flessibilità, ma richiede l’esecuzione di molte iniezioni al giorno e richiede assistenza per i pazienti più piccoli. Una volta determinata la quantità giornaliera totale di insulina, si può considerare di somministrare il 50% della dose al momento di coricarsi in insulina a lunga durata, mentre la metà rimanente sarà in forma di insulina rapida suddivisa secondo le necessità di correzione della glicemia e dei pasti. Per la correzione dell’iperglicemia, si può determinare la sensibilità all’insulina usando la regola del 1800, ossia dividendo 1800 per la dose totale giornaliera di insulina per determinare la riduzione della glicemia (in mg/dL) per unità di insulina. Si ricorre al rapporto insulina/carboidrati per calcolare l’insulina in relazione al contenuto di carboidrati degli alimenti; 450 diviso per la dose totale giornaliera determina il numero di grammi di carboidrati che richiede un’unità di insulina. Quando per il paziente non è possibile effettuare un’iniezione di insulina a mezzogiorno (per esempio, durante le ore scolastiche), si può usare l’insulina ad azione intermedia (NPH) al mattino associata all’insulina rapida (si veda la Fig. 167-3). I pazienti che adottano questo regime devono aderire a uno schema alimentare che prevede una colazione consistente, il pranzo, la cena e spuntini se necessario, e devono praticare una seconda iniezione serale di NPH; questo schema può risultare difficile da coordinare con le variazioni nelle attività giornaliere. Sono anche disponibili pompe che forniscono un’infusione sottocutanea di insulina ad azione breve e vengono utilizzate da bambini e adolescenti molto motivati a raggiungere uno stretto controllo della malattia. Le insuline lispro e aspart e glulisina sono analoghi di sintesi dell’insulina umana in cui le modifiche nella sequenza aminoacidica determinano un assorbimento e un inizio d’azione rapidi (si veda la Tab. 167-2). Data la breve durata d’azione, questi preparati sono utilizzati in combinazione con l’insulina a lunga

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

TABELLA 167-3 Indici biochimici di controllo glicemico Scarso controllo

Controllo medio

Controllo stretto

HgbA1c >10%

HgbA1c >8-10%

HgbA1c 6-8%

Glicemia media >240 mg/dL

Glicemia media 180-240 mg/dL

Glicemia media 120-180 mg/dL

HgbA1c, emoglobina A1c.

durata. Glargina e detemir sono analoghi dell’insulina in cui le differenze nella sequenza aminoacidica determinano un’aumentata solubilità in pH acido e una diminuita solubilità in pH fisiologico. È stato dimostrato che glargina e detemir hanno una durata d’azione superiore alle 24 ore e agiscono come insulina basale. Nel periodo di “luna di miele”, i pazienti con diagnosi recente possono richiedere 0,4-0,6 U/kg/24 ore. I soggetti prepuberi con diabete diagnosticato da 1-2 anni in genere richiedono 0,5-1 U/kg/24 ore. Durante la media adolescenza, elevate concentrazioni dell’ormone di GH condizionano una resistenza relativa all’insulina e, di conseguenza, è necessario un aumento del 40-50% e sono comuni dosi di 1-2 U/ kg/24 ore.

Alimentazione È fondamentale equilibrare il programma dietetico giornaliero con le dosi di insulina, per mantenere le concentrazioni sieriche di glucosio entro l’intervallo prefissato ed evitare ipo- o iperglicemia. Il contenuto e lo schema dei pasti variano a seconda del tipo di regime insulinico adottato; si raccomanda di calcolare un contributo da parte dei carboidrati del 50-65% delle calorie totali; del 12-20% delle proteine e di meno del 30% per i grassi. I grassi saturi dovrebbero rappresentare meno del 10% dell’apporto calorico totale e l’assunzione di colesterolo dovrebbe essere meno di 300 mg/24 ore. È raccomandato anche un abbondante apporto di fibre. I pazienti che utilizzano MDI o una pompa per insulina possono adottare uno schema alimentare più flessibile per gli orari dei pasti e per il contenuto in carboidrati. Questi pazienti effettuano un’iniezione di insulina prima o immediatamente dopo ogni pasto, con la dose totale calcolata in base al contenuto di carboidrati del pasto stesso. Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere effettuati in base alla glicemia e alla previsione dell’attività fisica svolta durante il giorno. I bambini che adottano la combinazione di insulina ad azione intermedia e rapida due volte al giorno devono mantenere un programma calorico coerente, in modo che l’assorbimento dei carboidrati e i picchi d’azione dell’insulina corrispondano. Un tipico schema alimentare per un paziente che adotta questo tipo di regime include tre pasti e tre spuntini al giorno. Il contenuto totale di carboidrati dei pasti e degli spuntini dovrebbe essere mantenuto costante.

Test per la glicemia La glicemia dev’essere monitorata di routine (mediante test rapidi) prima di ogni pasto e al momento di coricarsi. L’ipoglicemia notturna o l’eccessiva variabilità nei valori di glicemia al mattino necessitano di ulteriori controlli alle 2 o alle 3 del mattino, per

accertare che non vi sia ipo- o iperglicemia ricorrente. In corso di malattie intercorrenti o quando la glicemia supera i 300 mg/dL, è necessario dosare anche i chetoni urinari.

Controllo glicemico a lungo termine I dosaggi dell’emoglobina glicosilata e dell’emoglobina A1c riflettono la media delle glicemie nei 3 mesi precedenti e permettono di valutare il controllo glicemico a lungo termine. L’emoglobina glicosilata deve essere dosata quattro volte all’anno e i risultati devono essere utilizzati per fornire counseling ai pazienti. La Tabella 167-3 riassume la correlazione tra l’emoglobina A1c o la glicoemoglobina e i controlli glicemici giornalieri. La determinazione della glicoemoglobina e dell’emoglobina A1c è imprecisa nei pazienti affetti da emoglobinopatie. In questi casi si ricorre alla determinazione dell’albumina glicosilata e della fruttosamina.

Complicazioni

I pazienti con DM1 da più di 3-5 anni devono effettuare controlli oculistici annuali per la retinopatia. Vanno raccolti campioni di urine per la valutazione annuale della microalbuminuria; quando presente, questa suggerisce una disfunzione renale precoce e indica un rischio elevato di progressione della nefropatia. Il trattamento con gli inibitori dell’enzima angiotensinaconvertasi può arrestare la progressione della microalbuminuria. Nei bambini con DM1 sono consigliati controlli annuali del colesterolo e la valutazione periodica dei valori pressori. Il tempestivo riscontro di ipertensione e ipercolesterolemia e il relativo intervento terapeutico possono contribuire a limitare il rischio futuro di malattia coronarica.

Altri disturbi Nei pazienti con DM1 è di frequente riscontro una tiroidite linfatica cronica, che può determinare ipotiroidismo. Poiché i sintomi clinici possono essere sfumati, è necessario eseguire annualmente test di funzionalità tiroidea. Altre affezioni che si riscontrano comunemente in bambini con DM1 includono la celiachia, il deficit di IgA, il morbo di Addison e la malattia peptica.

Problemi particolari: ipoglicemia Nel DM1, gli episodi di ipoglicemia sono di frequente riscontro. Anche nei pazienti con adeguato o ottimale controllo del DM1 questi episodi si possono presentare con una media di una o due volte alla settimana. Gli episodi gravi di ipoglicemia con convulsioni o coma o che richiedono interventi esterni di assistenza esterna si possono verificare annualmente nel 10-25% dei pazienti. L’ipoglicemia nei pazienti con DM1 deriva da un eccesso relativo di insulina rispetto ai valori di glicemia. Questo eccesso può essere determinato da variazioni nella dose, nel tempo di somministrazione e nell’assorbimento dell’insulina; da alterazioni dell’apporto di carboidrati; o da variazioni di sensibilità all’insulina derivanti dall’esercizio fisico. Anche le risposte insufficienti dei meccanismi controregolatori possono contribuire a determinare ipoglicemia. Nei primi anni della malattia si può assistere a risposte anomale del glucagone al diminuire della glicemia e, negli anni, si verificano alterazioni nel normale rilascio dell’adrenalina.

CAPITOLO 167 L Diabete mellito

Un mancato riconoscimento dell’ipoglicemia si riscontra in circa il 25% dei pazienti con diabete. Episodi recenti di ipoglicemia possono svolgere un ruolo nella fisiopatologia di questo fenomeno; dopo un episodio di ipoglicemia, la capacità di risposta del sistema nervoso autonomo si riduce. La ricomparsa di sintomi dell’ipoglicemia si manifesta in questi pazienti dopo 2-3 settimane in cui gli episodi glicemici siano stati rigorosamente evitati. I sintomi dell’ipoglicemia derivano dalla neuroglicopenia (cefalea, alterazioni della vista, confusione, irritabilità o convulsioni) e da situazioni che si instaurano in seguito alla risposta delle catecolamine (tremori, tachicardia, diaforesi o ansia) (si veda il Capitolo 168). Gli episodi lievi possono essere trattati con la somministrazione per via orale di glucosio rapidamente assorbibile (gelatine di glucosio o zollette, succhi di frutta e bevande non dietetiche e non edulcorate artificialmente). Gli episodi più gravi che esitano in convulsioni o perdita di coscienza devono essere trattati a domicilio con iniezioni di glucagone. In ambiente ospedaliero dev’essere somministrato glucosio per via endovenosa.

Prognosi

Le complicazioni a lungo termine del DM1 includono retinopatia, nefropatia, neuropatia e malattia macrovascolare. L’evidenza di danni d’organo causati dall’iperglicemia è rara in pazienti con diabete da meno di 5-10 anni e i segni clinici si manifestano raramente prima di 10-15 anni di durata della malattia. Le eventuali morbilità e mortalità attribuibili a queste patologie sono rilevanti. La retinopatia diabetica è la principale causa di cecità negli Stati Uniti. La neuropatia si può verificare nel 30-40% dei casi ed è responsabile di circa il 30% dei casi di nefropatia allo stadio finale nella popolazione adulta. La neuropatia si riscontra nel 30-40% dei pazienti postpuberi con DM1 e porta a deficit sensoriali, motori e del sistema nervoso autonomo. La malattia macrovascolare determina un aumento nel rischio di infarto del miocardio e di ictus nei diabetici. Uno stretto controllo della malattia, con frequenti valutazioni della glicemia e multiple somministrazioni giornaliere di insulina o l’impiego di una pompa per infusione, può ridurre in modo significativo lo sviluppo e la progressione delle complicanze diabetiche. Una gestione intensiva ha prodotto una riduzione del 76% del rischio di retinopatia, del 39% della microalbuminuria e del 60% della neuropatia sintomatica. Per i pazienti puberi o gli adulti i benefici legati a un trattamento intensivo probabilmente superano ampiamente l’aumentato rischio di ipoglicemia. Per i pazienti più giovani, nei quali è maggiore il rischio di ipoglicemia e i vantaggi di uno stretto controllo del glucosio possono essere inferiori, può essere appropriato adottare un regime meno intensivo.

DIABETE MELLITO NON INSULINO-DIPENDENTE (TIPO 2) Fisiopatologia

Il DM2 riconosce diversi meccanismi fisiopatologici; tuttavia, la forma più comune è causata da una resistenza periferica all’insulina e da un iperinsulinismo compensatorio, seguiti a breve dall’incapacità del pancreas di mantenere un’adeguata secrezione di insulina (si veda la Tab. 167-1). I meccanismi precisi che

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determinano la condizione di resistenza all’insulina e l’eventuale insufficienza delle cellule B pancreatiche sono complessi e solo di recente inquadrabili a livello genetico. In età pediatrica si manifestano anche alcuni sottotipi di DM2. Il diabete giovanile con esordio nella maturità (MODY, Maturity-Onset Diabetes of Youth) comprende un gruppo di forme di diabete relativamente lieve a trasmissione di tipo dominante. In questi pazienti non si verifica resistenza all’insulina; l’alterazione principale è invece l’insufficiente risposta secretoria dell’insulina alla stimolazione da parte del glucosio.

Epidemiologia

La prevalenza del DM2 in età pediatrica è in aumento parallelamente all’incremento dell’obesità infantile ed è più elevata nei gruppi etnici con un’elevata prevalenza di DM2 nella popolazione adulta, compresi i nativi americani, gli ispanoamericani e gli afroamericani. Sono fattori di rischio l’obesità, la sindrome metabolica, l’etnia e una storia familiare di DM2. In alcuni soggetti con possibile diagnosi clinica sono presenti autoanticorpi diretti contro il pancreas, rendendo più difficile la diagnosi differenziale tra DM1 e DM2 iniziali.

Manifestazioni cliniche e diagnosi differenziale

I livelli della glicemia a digiuno e postprandiali per la diagnosi di DM2 sono analoghi a quelli utilizzati per il DM1. La diagnosi di DM2 può essere sospettata in presenza di poliuria e polidipsia e in presenza di una concomitante sindrome metabolica. Può essere difficile differenziare il DM2 dal DM1 solo sulla base dei dati clinici. La diagnosi di DM2 dev’essere presa in considerazione in pazienti obesi, che hanno una storia familiare significativa di DM2, che all’esame obiettivo presentano caratteristiche cliniche della sindrome metabolica e dell’acantosi nigricans o che non hanno anticorpi contro gli antigeni delle cellule B. L’acantosi nigricans, una manifestazione cutanea dell’iperinsulinismo, si presenta come una pigmentazione ipercheratosica alla nuca e nelle zone flessorie. Sebbene la chetoacidosi si verifichi molto più comunemente nel DM1, può anche manifestarsi in pazienti con DM2 in particolari condizioni di stress fisiologico, ma ciò non dev’essere usato come criterio differenziale assoluto tra le due condizioni. Il DM2 può esser confermato dalla valutazione delle risposte dell’insulina o del peptide-C alla stimolazione con carboidrati assunti per via orale e in assenza di autoreattività nei confronti delle cellule delle isole pancreatiche.

Terapia

Il DM2 è il risultato della combinazione della resistenza all’insulina e della relativa carenza di insulina e un difetto di tipo secretorio a carico delle cellule B. I pazienti asintomatici, con livelli di glicemia moderatamente elevati (leggermente >126 mg/dL a digiuno e leggermente >200 mg/dL per un campione random), all’inizio devono essere gestiti con modifiche dello stile di vita, inclusa la terapia nutrizionale (aggiustamenti dietetici) e un aumento dell’esercizio fisico. Quest’ultimo è stato dimostrato essere un fattore importante nel diminuire la resistenza all’insulina. Nella maggior parte dei pazienti pediatrici con nuovo esordio di DM2 non complicato, gli ipoglicemizzanti orali in genere sono il primo presidio terapeutico. Questi farmaci comprendono i secretagoghi e i sensibilizzatori insulinici. I farmaci di maggior

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

impiego includono la metformina e un tiazolidinedione. Un raro effetto avverso della metformina è l’acidosi lattica, che si riscontra principalmente nei pazienti con funzione renale compromessa. L’effetto collaterale più comune invece è rappresentato dai disturbi gastrointestinali. Se si verifica chetonuria o chetoacidosi, è necessario il trattamento con insulina per ottenere un adeguato controllo glicemico. La somministrazione di insulina può essere sospesa entro alcune settimane, proseguendo con farmaci per via orale. Gli ipoglicemizzanti orali possono essere usati in associazione. Poiché il DM2 può avere un lungo decorso preclinico, è possibile effettuare una diagnosi precoce, compresa la prevenzione nei soggetti a rischio affetti da sindrome metabolica. Dati recenti indicano che il trattamento con i sensibilizzatori all’insulina può ritardare o prevenire lo sviluppo della malattia conclamata. Cambiamenti significativi dello stile di vita, quali il miglioramento delle abitudini alimentari e un aumento dell’attività fisica, rivestono grande importanza nel prevenire o diminuire la morbilità legata a DM2. Infine, sono fondamentali il monitoraggio e il trattamento di altri aspetti delle malattia metabolica, come lo

sviluppo puberale precoce, l’ipertensione, l‘iperlipidemia e, nelle femmine, la sindrome dell’ovaio policistico.

C A P I T O L O

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Ipoglicemia L’ipoglicemia che si riscontra nell’infanzia e nell’età pediatrica può essere causata da una grande varietà di difetti ormonali e metabolici (Tab. 168-1). L’ipoglicemia si verifica più frequentemente in epoca neonatale, spesso a causa di riserve energetiche insufficienti per soddisfare i fabbisogni metabolici sproporzionatamente ampi dei neonati prematuri o piccoli per l’età gestazionale. L’ipoglicemia che si manifesta nei primi giorni di vita in un neonato altrimenti sano è meno frequente ed è motivo di

TABELLA 168-1 Classificazione dell’ipoglicemia nei lattanti e nei bambini ANOMALIE NEI SEGNALI ORMONALI CHE INDICANO IPOGLICEMIA

Deficit degli ormoni controregolatori Panipopituitarismo Deficit isolato dell’ormone della crescita Deficit di ACTH Malattia di Addison Deficit di glucagone Deficit di adrenalina Iperinsulinismo Figlio di madre diabetica Lattante con eritroblastosi fetale Ipoglicemia iperinsulinemica persistente dell’infanzia Adenoma delle cellule B (insulinoma) Sindrome di Beckwith-Widemann Anticorpi antirecettori insulinici SUBSTRATO INADEGUATO

Prematurità/neonato piccolo per l’età Ipoglicemia chetotica Malattia delle urine a sciroppo d’acero DISTURBI DELLE VIE DELLA RISPOSTA METABOLICA

Glicogenolisi Deficit di glucosio-6-fosfatasi Deficit di amilo-1,6-glicosidasi Deficit di fosforilasi epatica Deficit di sintetasi del glicogeno Gluconeogenesi Deficit di fruttosio-1,6-difosfatasi Deficit di piruvato carbossilasi Deficit di fosfoenolpiruvato carbossichinasi

OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI

Deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena lunga, media o corta Deficit di carnitina (primario o secondario) Deficit di carnitina palmitoiltransferasi Altro Difetti enzimatici Galattosemia Intolleranza ereditaria al fruttosio Acidemia propionica Acidemia metilmalonica Tirosinosi Aciduria glutarica Disfunzione epatica globale Sindrome di Reye Epatite Insufficienza cardiaca Sepsi, shock Carcinoma/sarcoma (secrezione di IGF-2) Malnutrizione/digiuno Sindrome da iperviscosità FARMACI/INTOSSICAZIONI

Agenti ipoglicemici orali Insulina Alcol Salicilati Propranololo Acido valproico Pentamidina Ackee acerbo (frutto) Chinino Trimetoprim-sulfametossazolo (con insufficienza renale)

ACTH (Adrenocorticotropic Hormone), ormone adrenocorticotropo; acil-CoA, acil-coenzima A; IGF-2 (Insulin-Like Growth Factor-2), fattore di crescita simil-insulinico-2.

CAPITOLO 168 L Ipoglicemia

preoccupazione (si veda il Capitolo 2). Dopo i primi 2-3 giorni di vita, l’ipoglicemia è ancora meno frequente e in genere è l’espressione di disturbi endocrini o metabolici.

DEFINIZIONE La diagnosi di ipoglicemia dovrebbe essere posta in presenza di una bassa concentrazione sierica di glucosio, di sintomi compatibili con l’ipoglicemia e di risoluzione della sintomatologia dopo la somministrazione di glucosio. Una glicemia inferiore ai 45 mg/dL è considerata patologica e richiede trattamento. Una concentrazione sierica di glucosio superiore a 55 mg/dL a volte può essere riscontrata in soggetti normali, in particolar modo in situazioni di digiuno prolungato, ma dovrebbe comunque essere considerata sospetta, in particolare nei casi in cui vi siano concomitanti sintomi di ipoglicemia (Tab. 168-2).

MANIFESTAZIONI CLINICHE I sintomi e segni dell’ipoglicemia sono espressione della diretta depressione a carico del sistema nervoso centrale (SNC) dovuta alla mancaza di substrato energetico e alla risposta adrenergica di controregolatori al basso livello di glucosio tramite la secrezione di catecolamine preposte alla correzione dell’ipoglicemia (si veda la Tab. 168-2). Rispetto ai bambini più grandi, i lattanti in genere non presentano sintomi adrenergici. I sintomi neuroglicopenici e i segni dell’ipoglicemia nei lattanti sono relativamente aspecifici e comprendono agitazione, difficoltà ad alimentarsi, pallore, ipotonia, ipotermia, episodi di apnea o bradicardia, riduzione dello stato di coscienza e convulsioni. Nei bambini più grandi, i sintomi e segni includono stato confusionale, irritabilità, cefalea, alterazioni della vista, tremori, pallore, sudorazione, tachicardia, debolezza, convulsioni e coma. Il mancato riconoscimento e trattamento dell’ipoglicemia prolungata e severa può essere causa di una grave morbilità a lungo termine, che comprende ritardo mentale e convulsioni non legate all’ipoglicemia. I lattanti più piccoli e i pazienti con ipoglicemia più grave o di lunga durata sono a maggior rischio di esito avverso.

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TABELLA 168-2 Sintomi e segni di ipoglicemia Manifestazioni associate al rilascio di adrenalina* Traspirazione Palpitazione (tachicardia) Pallore Parestesia Tremore Ansia Debolezza Nausea Vomito Manifestazioni associate a glicopenia cerebrale Cefalea Confusione mentale Sonnolenza Disartria Cambiamenti della personalità Incapacità di concentrarsi Sguardo fisso Senso di fame Convulsioni Atassia Coma Diplopia Ictus *Queste manifestazioni e le relative sensazioni possono essere attenuate se il paziente assume agenti B-bloccanti.

FISIOPATOLOGIA Segnale ormonale

La normale regolazione della glicemia richiede una complessa interazione di un certo numero di segnali ormonali e vie metaboliche. Una visione generale di queste vie è illustrata nella Figura 168-2. In un soggetto normale, alla diminuzione della glicemia seguono la soppressione della secrezione di insulina e il conseguente aumento della secrezione degli ormoni controregolatori (ormone della crescita [GH, Growth Hormone], cortisolo, glucagone e adrenalina) (Fig. 168-1). Questo segnale ormonale promuove il rilascio di aminoacidi (in particolare l’alanina) dal muscolo, per

FIGURA 168-1 Regolazione del glucosio sierico

– rappresenta le inibizioni. ADR, adrenalina; FFA (Free Fatty Acids), acidi grassi liberi; GH (Growth Hormone), ormone della crescita; TG, trigliceridi.

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

sostenere la gluconeogenesi e il rilascio dei trigliceridi dai depositi di tessuto adiposo e fornire gli acidi grassi liberi (FFA, Free Fatty Acid) per la chetogenesi epatica. Gli FFA e i chetoni fungono da substrati energetici alternativi per il muscolo; il cervello non può trasportare gli FFA attraverso la barriera ematoencefalica. Questo segnale ormonale induce anche l’utilizzo del glicogeno epatico e promuove la gluconeogenesi. L’insufficienza di ciascuno dei componenti di questo segnale ormonale può condurre all’ipoglicemia.

Iperinsulinemia L’assenza di soppressione insulinica in risposta a livelli bassi di glicemia può verificarsi nel periodo neonatale, ma è rara in epoche successive. Questa situazione si può osservare più frequentemente in neonati di madre diabetica che sono stati esposti in utero a elevate concentrazioni di glucosio di origine materna, con conseguente iperplasia reattiva a carico delle isole pancreatiche fetali. Lo stato di iperinsulinismo è transitorio e in genere si risolve entro ore o giorni. L’iperinsulinismo persistente oltre il periodo neonatale è espressione di patologie genetiche che coinvolgono il controllo della secrezione insulinica regolata dal glucosio. Queste forme in precedenza erano definite nesiodioblastosi, o ipoglicemia iperinsulinemica persistente del neonato. In questi bambini, l’iperplasia delle isole si sviluppa in assenza dell’eccesso di stimolazione da parte del diabete materno. Alcuni pazienti con ipoglicemia iperinsulinemica persistente del neonato presentano anomalie a carico del gene codificante il recettore per la solfonilurea delle isole pancreatiche o altri difetti genetici che alterano la funzione del canale per il potassio sensibile all’adenosina trifosfato (ATP, Adenosine Triphosphate) che regola la secrezione insulinica. L’iperinsulinismo si riscontra anche nella sindrome di Beckwith-Widemann, una condizione caratterizzata da gigantismo somatico neonatale: macrosomia, macroglossia, onfalocele, visceromegalia e anomalie a carico del lobo auricolare. Indipendentemente dalla causa, i neonati con iperinsulinismo sono caratteristicamente grandi per l’età gestazionale (si veda il Capitolo 56). L’ipoglicemia è grave e in genere si verifica entro 1-3 ore dal pasto. Le richieste di glucosio sono aumentate, spesso due o tre volte oltre il fabbisogno glucidico basale di 6-8 mg/kg/min. La diagnosi di iperinsulinismo è confermata dal riscontro di concentrazioni di insulina nel siero superiori a 5 MU/mL durante un episodio di ipoglicemia. L’assenza di chetoni nel siero e nelle urine al momento dell’ipoglicemia è un importante criterio diagnostico che consente di differenziare l’iperinsulinismo dai difetti della secrezione dell’ormone controregolatore. Il trattamento iniziale prevede l’infusione per via endovenosa (EV) di glucosio ad alta velocità e di diazossido per sopprimere la secrezione di insulina. Se la terapia con diazossido è inefficace perché il recettore su cui agisce non è funzionante, possono essere utilizzati analoghi della somatostatina ad azione prolungata. Spesso la terapia medica intrapresa per il trattamento dell’ipoglicemia iperinsulinemica persistente del neonato non ha successo e si rende necessaria una pancreatectomia subtotale (90%) per prevenire le sequele neurologiche a lungo termine dell’ipoglicemia. In età pediatrica, l’iperinsulinemia è rara e in genere è causata da un adenoma delle cellule delle isole. I bambini affetti da questa condizione hanno caratteristici appetito insaziabile, obesità e curva di crescita accelerata. Come nei lattanti, la diagnosi richiede il rilievo di livelli di insulina superiori a 5 MU/mL durante un episodio di ipoglicemia. Si dovrebbe eseguire una tomografia

computerizzata (TC), una risonanza magnetica (RM) o uno studio radioisotopico del pancreas, ma in genere la visualizzazione di un adenoma è difficoltosa. La rimozione chirurgica dell’adenoma costituisce il trattamento risolutivo.

Iperinsulinismo indotto In casi rari, l’insulina o un farmaco ipoglicemizzante viene somministrato da un genitore o da un caregiver come una forma di abuso infantile, condizione riconosciuta come sindrome di Munchausen per procura. Si deve sospettare questa diagnosi nel caso in cui si riscontrino concentrazioni di insulina estremamente elevate (>100 MU/mL). Le concentrazioni del peptide C sono basse o indosabili, a conferma del fatto che l’insulina deriva da una fonte esogena.

Difetti negli ormoni controregolatori Le anomalie nella secrezione degli ormoni controregolatori che causano ipoglicemia in genere coinvolgono il GH, il cortisolo o entrambi. I deficit nella secrezione di glucagone o di adrenalina sono rari. I deficit di GH e cortisolo sono causati dalla condizione di ipopituitarismo, che può derivare da un’ipoplasia o da un’aplasia della ghiandola pituitaria o, più comunemente, da una carenza dei fattori di rilascio ipotalamici (si veda il Capitolo 169). I segni clinici che orientano verso questa diagnosi nei lattanti comprendono la presenza di ipoglicemia in associazione con difetti della linea mediana del viso e difetti neurologici (per esempio, labio- e palatoschisi, o assenza del corpo calloso), nistagmo pendolare (che indica un disturbo visivo da possibili anomalie di sviluppo del nervo ottico che si possono verificare dalla displasia otticosettale) e la presenza di micropene o criptorchidismo nei ragazzi (indice di anomalie nella secrezione delle gonadotropine). Sono riscontrabili anche ittero ed epatomegalia, che possono richiamare un’epatite neonatale. Nonostante il deficit di GH, questi lattanti in genere sono di dimensioni normali alla nascita. I bambini più grandi con ipopituitarismo hanno per lo più bassa statura e una velocità di crescita anormale. Il deficit nella secrezione di cortisolo si osserva anche nell’insufficienza surrenalica primaria a eziologia plurima. Nei lattanti, ciò spesso è il risultato di un’iperplasia surrenalica congenita (CAH, Congenital Adrenal Hyperplasia), più frequentemente per un deficit di 21-idrossilasi (si vedano i Capitolo 173 e 174). Nei bambini più grandi, un’insufficienza surrenalica primaria si riscontra soprattutto nel malattia di Addison, ma anche nell’adrenoleucodistrofia e in altre patologie (si veda il Capitolo 174). In presenza di un’iperpigmentazione della cute, di un’anamnesi positiva per ingestione di sale e del riscontro di iponatriemia e iperpotassiemia, dev’essere presa in considerazione la diagnosi di malattia di Addison. La conferma che i deficit di GH e cortisolo sono la causa dell’ipoglicemia richiede il riscontro di basse concentrazioni sieriche di GH e cortisolo durante un episodio di ipoglicemia o dopo il test di stimolazione. Al contrario dell’iperinsulinismo, i chetoni nel siero e nelle urine risultano positivi durante l’episodio di ipoglicemia e gli FFA sono elevati. Il trattamento prevede supplementazione a dosi fisiologiche degli ormoni deficitari, di GH o di cortisolo.

RISERVE ENERGETICHE La risposta adeguata all’ipoglicemia dipende dalle riserve sufficienti di energia sotto forma di glicogeno, tessuto adiposo e

CAPITOLO 168 L Ipoglicemia

muscoli. Ogni condizione che determina una carenza di queste riserve è una causa comune di ipoglicemia in neonati piccoli per l’età gestazionale o prematuri (si veda il Capitolo 56). Oltre il primo periodo neonatale, le riserve energetiche in genere sono sufficienti a soddisfare le richieste metaboliche, con eccezione delle condizioni di malnutrizione. Si ritiene che il rilascio dei substrati dalle riserve energetiche per la gluconeogenesi e l’ossidazione degli acidi grassi sia anormale in una comune forma di ipoglicemia dell’infanzia, l’ipoglicemia chetotica.

IPOGLICEMIA CHETOTICA IDIOPATICA L’ipoglicemia chetotica idiopatica in genere si riscontra nei bambini di età compresa tra 18 mesi e 5 anni d’età. Si tratta di una causa comune di ipoglicemia a nuova insorgenza in questo gruppo di età. I pazienti presentano i sintomi dopo un periodo di digiuno prolungato, spesso nel contesto di una malattia intercorrente con riduzione dell’alimentazione. I bambini affetti da questo disturbo sono spesso magri e minuti e possono essere nati piccoli per età gestazionale. Si ritiene che un deficit nella mobilizzazione dell’alanina dal muscolo necessaria per la gluconeogenesi possa esserne la causa, sebbene la condizione possa dipendere prevalentemente dalla presenza di basse riserve energetiche. Poiché non esistono test diagnostici specifici per questa patologia, l’ipoglicemia chetotica è una diagnosi di esclusione. Il trattamento comprende l’evitare il digiuno e assumere pasti frequenti nell’ambito di una dieta ricca di proteine e di carboidrati. I pazienti possono richiedere l’ospedalizzazione per effettuare l’infusione per via endovenosa di glucosio se non sono in grado di mantenere un adeguato apporto nutritivo per via orale durante un periodo di malattia. Il disturbo in genere si risolve spontaneamente tra i 7 e gli 8 anni di età.

VIE METABOLICHE DI RISPOSTA Il mantenimento delle normali concentrazioni sieriche di glucosio nella condizione di digiuno richiede la produzione di glucosio attraverso la glicogenolisi e la gluconeogenesi e la produzione di fonti energetiche alternative (FFA e chetoni) mediante la lipolisi e l’ossidazione degli acidi grassi.

Glicogenolisi

Le malattie da accumulo di glicogeno costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie che differiscono per gravità (si veda il Capitolo 48). Tra le varianti che causano ipoglicemia, la forma più grave è il deficit di glucosio-6-fosfatasi, che è caratterizzata da ipoglicemia grave, importante epatomegalia, ritardo di crescita e acidosi lattica. Al contrario, nei deficit a carico degli enzimi della glicogeno fosforilasi è presente epatomegalia isolata, con o senza ipoglicemia. La diagnosi di malattia da accumulo di glicogeno è suggerita dal rilievo di epatomegalia in assenza di splenomegalia. La chetosi si verifica in corso di episodi ipoglicemici. Per confermare la diagnosi sono necessarie indagini biochimiche specifiche sui leucociti o sui campioni bioptici di fegato. Il trattamento prevede pasti frequenti ad alto contenuto in carboidrati durante il giorno e un’alimentazione continua durante la notte con sondini nasogastrici. Per alcuni pazienti, l’assunzione di amido di mais crudo al momento di coricarsi è sufficiente a mantenere la glicemia. Il trattamento può prevenire l’ipoglicemia notturna.

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Gliconeogenesi

I difetti nella gluconeogensi sono rari e comprendono il deficit della fruttosio-1,6-difosfatasi e della fosfoenolpiruvato carbossichinasi. I pazienti affetti presentano ipoglicemia a digiuno, epatomegalia causata da infiltrazione adiposa, acidosi lattica e iperuricemia. Si riscontra chetosi e le concentrazioni di FFA e alanina sono elevate. Il trattamento consiste in pasti a elevato contenuto di carboidrati e poveri di proteine (si veda il Capitolo 48).

Ossidazione degli acidi grassi

I disturbi dell’ossidazione degli acidi grassi nella chetogenesi comprendono i deficit della deidrogenasi dell’acil-coenzima A (CoA) degli acidi grassi; i deficit dell’acil-CoA deidrogenasi a catena lunga, media e corta e il deficit ereditario di carnitina (si veda il Capitolo 51). Di questi disturbi, il deficit di acil-CoA si riscontra in 1:9000-15.000 nati vivi. I pazienti spesso stanno bene nella prima infanzia e presentano il primo episodio di ipoglicemia dopo i 2 anni d’età. Gli episodi di ipoglicemia in genere si verificano in seguito a digiuno prolungato o durante malattie intercorrenti. Si può riscontrare una modesta epatomegalia in presenza di iperammoniemia, iperuricemia e lieve innalzamento delle transaminasi epatiche. Le concentrazioni di chetoni sono basse o indosabili. La diagnosi è confermata dal rilievo di elevate concentrazioni di acidi dicarbossilici nelle urine. Il trattamento consiste nell’evitare il digiuno.

ALTRI DISTURBI METABOLICI Molti disturbi metabolici possono provocare ipoglicemia, incluse la galattosemia, l’intolleranza ereditaria al fruttosio e le patologie del metabolismo degli acidi organici (si veda la Tabella 168-1). In questi casi, l’ipoglicemia in genere riflette una disfunzione epatica globale secondaria all’accumulo dei prodotti epatotossici intermedi. In molte di queste patologie si riscontra una bassa concentrazione di corpi chetonici come conseguenza della chetogenesi. Il rilievo di sostanze non riducenti il glucosio nelle urine suggerisce la diagnosi di galattosemia o di intolleranza ereditaria al fruttosio. La presenza di sintomi dopo l’ingestione di fruttosio o saccarosio suggerisce un’intolleranza ereditaria al fruttosio. Il trattamento prevede l’esclusione dalla dieta delle specifiche sostanze scatenanti.

FARMACI E INTOSSICAZIONE L’ipoglicemia può manifestarsi anche come effetto avverso di numerosi farmaci, quali l’insulina, gli agenti ipoglicemici orali e il propranololo e come conseguenza dell’intossicazione da salicilati. La tossicità da valproato può causare un disturbo del tutto simile a quello osservato nei difetti dell’ossidazione degli acidi grassi. Anche l’ingestione di etanolo può provocare ipoglicemia, soprattutto nei soggetti più giovani, dal momento che il metabolismo dell’etanolo provoca la deplezione dei cofattori necessari per la gluconeogenesi.

DIAGNOSI Poiché l’elenco delle cause di ipoglicemia è lungo e complesso, stabilirne l’eziologia in un dato paziente è importante. Spesso è difficile formulare una diagnosi precisa, a meno che non si

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

riesca a ottenere un campione significativo di sangue e urine al momento dell’episodio ipoglicemico. In un bambino con un quadro di ipoglicemia senza causa evidente si deve eseguire un prelievo di sangue prima del trattamento per la valutazione di glucosio, insulina, GH, cortisolo, FFA e B-idrossibutirrato e acetoacetato. Inoltre, si dovrebbe prendere in considerazione il dosaggio dei livelli di lattato nel siero e si dovrebbe raccogliere un campione di urine per dosare i chetoni e le sostanze riducenti. L’ipoglicemia senza chetonuria suggerisce iperinsulinismo o un difetto nell’ossidazione di acidi grassi. I risultati di questi test iniziali possono indirizzare la diagnosi verso cause endocrine o, al contrario, fornire informazioni iniziali sui disordini metabolici più probabili. Se possibile, i campioni di sangue e urine dovrebbero essere congelati per ulteriori analisi.

GESTIONE DELLE URGENZE La cura di fase acuta in un paziente con ipoglicemia consiste in una rapida somministrazione EV di glucosio (2 mL/kg di destrosio al 10% in acqua). Dopo il bolo iniziale, un’infusione di glucosio EV dovrebbe fornire valori 1,5 volte superiori rispetto alla normale produzione epatica (8-12 mg/kg/minuto nei lattanti, 6-8 mg/kg/minuto nei bambini più grandi). Questo tipo di infusione consente di evitare lo stato catabolico e previene ulteriori scompensi nei pazienti affetti da alcune patologie metaboliche. Negli stati iperinsulinemici possono rendersi necessarie alte velocità di infusione. Nel sospetto di insufficienza surrenalica, devono essere somministrati boli di glicocorticoidi.

C A P I T O L O

169

Bassa statura CRESCITA La crescita normale è il percorso finale comune di diversi fattori, incluse le influenze endocrine, ambientali, nutrizionali e genetiche (si veda il Capitolo 1). Un normale andamento

lineare della crescita è un buona evidenza dello stato di salute generale e può essere considerato una prova biologica del benessere del bambino. Gli effetti di alcuni ormoni sulla crescita e sulla statura finale sono elencati nella Tabella 169-1. Proprio come i molteplici fattori che influenzano la statura, la statura stessa condiziona il benessere psicologico, sociale e potenzialmente anche quello economico. La preoccupazione dei genitori riguardo alle conseguenze psicologiche di una statura anormale spesso conduce la famiglia a richiedere assistenza medica. Vi è una tendenza generale a considerare l’altezza elevata un elemento significativo, specie nei maschi. I medici devono essere sensibilizzati verso il contesto generale dell’attenzione alla statura tra i più giovani.

Fisiologia dell’ormone della crescita

La secrezione dell’ormone della crescita (GH, Growth Hormone) è intermittente, stimolata dal fattore ipotalamico rilasciante il GH (GRF, GH-Releasing Factor) ed è bloccata dal fattore inibente il rilascio di GH (somatostatina, SRIF [Somatotropin Release-Inhibiting Factor, fattore inibente il rilascio di somatotropina]), che interagiscono con i loro recettori individuali sull’ormone somatotropo con modalità non competitiva. Il GH è stimolato anche dalla grelina, prodotta dallo stomaco. Il GH circola legato alla proteina legante il GH (GHBP, GH-Binding Protein), che è il prodotto di proteolisi del dominio extracellulare del recettore del GH legato alla membrana; l’abbondanza di GHBP riflette l’ampia presenza di recettori per il GH. Quest’ultimo ha effetti diretti sul tessuto e inoltre determina la produzione e la secrezione del fattore di crescita simil-insulinico (IGF-1, Insulin-Like Growth Factor) in molti tessuti. L’IGF-1 è il più strettamente associato alla crescita postnatale. Il GH stimola la produzione di IGF a livello epatico in concomitanza con la produzione della subunità acido-labile (ALS, Acid-Labile Subunit) e la proteina legante IGF (IGF-BP3, IGF-Binding Protein 3); questa forma il complesso che trasporta IGF-1 ai tessuti. Le concentrazioni sieriche di IGF-1 seguono quelle del GH. La IGF-BP3 è dosabile mediante analisi cliniche ed è esso stesso GH-dipendente, ma è meno influenzato dall’età e dall’alimentazione rispetto a IGF-1; il dosaggio di IGF-1 e IGFBP3 è utile per valutare l’adeguatezza dei valori GH, in particolare nell’infanzia e nell’età pediatrica precoce. La produzione di IGF-1 è influenzata da stati patologici come la malnutrizione,

TABELLA 169-1 Effetti degli ormoni sulla crescita Ormone

Età ossea

Velocità di crescita

Altezza da adulto*

Eccesso di androgeni Deficit di androgeni Eccesso di tiroxina Deficit di tiroxina Eccesso di ormone della crescita Deficit di ormone della crescita Eccesso di cortisolo Deficit di cortisolo

Avanzata Normale o ritardata Avanzata Ritardata Normale o avanzata Ritardata Ritardata Normale

Aumentata Normale o ridotta Aumentata Ridotta Aumentata Ridotta Ridotta Normale

Diminuita Leggermente aumentata o normale Normale o diminuita Diminuita Ecessiva Diminiuta Diminuita Normale

*Effetto nella maggior parte dei pazienti in trattamento. Adattata da Underwood LE, Van Wyk JJ: Normal and aberrant growth. In Wilson JD, Foster DW (eds): Textbook of Endocrinology, 8th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1992.

CAPITOLO 169 L Bassa statura

le malattie croniche del rene e del fegato, l’ipotiroidismo o l’obesità. L’IGF-1 agisce principalmente come fattore paracrino o autocrino; pertanto, l’IGF-1 dosato nella circolazione periferica è molto lontano dalla sua sede d’azione e riflette in maniera imprecisa la sua fisiologia. L’IGF-1 è strutturalmente simile all’insulina e il suo recettore è simile a quello insulinico, per cui la reazione crociata di un agente, se presente in eccesso, può causare effetti fisiologici di norma attribuiti all’altro agente. Quando IGF-1 si lega al suo recettore legato alla membrana, i secondi messaggeri vengono stimolati a modificare la fisiologia delle cellule e a produrre effetti di crescita.

Misurazione della crescita

La corretta misurazione della lunghezza di un lattante comporta che un adulto tenga ferma la testa e che un altro estenda le gambe con la pianta dei piedi perpendicolare agli arti inferiori. Un dispositivo simile a un calibro, come un infantometro, o uno statimetro mobile su una bilancia pediatrica viene usato per determinare l’esatta distanza tra i due calibri o aste. Segnare a penna su una striscia di carta la posizione della testa e dei piedi di un bambino sdraiato sul lettino da visita porta a imprecisioni nella misurazione e può far passare inosservati disturbi della crescita o creare falsi allarmi in un bambino normale. Le rilevazioni accurate dell’altezza, o della lunghezza, e del peso devono essere riportate sulle curve di crescita dei Centers for Disease Control and Prevention per la diagnosi tempestiva di un disturbo della crescita (http://www.cdc.gov/growthcharts/). Dopo i 2 anni di età, l’altezza di un bambino dev’essere misurata in posizione eretta. I pazienti devono stare appoggiati a piedi nudi a una superficie dura. Uno statimetro di Harpenden o un dispositivo equivalente è ottimale per la misurazione della statura, mentre l’utilizzo di astine flessibili che scorrono lungo scale di riferimento è inaffidabile e le misurazioni ottenute possono essere fuorvianti. Uno scarto di circa 1,25 cm nella misurazione dell’altezza si riscontra quando il bambino è misurato nella posizione eretta rispetto a quella supina; molti bambini che sembrano non crescere sono inviati a una visita specialistica, ma l’unica modifica è la posizione del bambino al momento della misurazione. La valutazione dell’apertura della braccia è fondamentale quando viene considerata la diagnosi di sindrome di Marfan o di Klinefelter, di nanismo ad arti raccorciati o di altre condizioni dismorfiche. L’apertura delle braccia è misurata come distanza tra la punta delle dita quando il paziente tiene entrambe le braccia aperte estese orizzontalmente mentre si trova in posizione eretta su una superficie dura. Il rapporto tra segmento superiore e inferiore è il rapporto tra il segmento superiore (determinato sottraendo dall’altezza totale la misura dalla sinfisi pubica fino a terra [noto come segmento inferiore]) e il segmento inferiore. Questo rapporto varia con l’età. Un lattante normale a termine ha un rapporto supero-inferiore di 1,7:1; a 1 anno il rapporto è di 1,4:1 e a 10 anni è di 1:1. Le condizioni di ipogonadismo, non riconosciute o sospettate sino all’età di sviluppo puberale, determinano nell’età adulta una notevole diminuzione del rapporto supero-inferiore, mentre un ipotiroidismo presente da tempo e non trattato in un bambino porta a un aumento di tale rapporto.

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Valutazione endocrina della secrezione dell’ormone della crescita

Il GH, o somatotropina, è una proteina a 191 aminoacidi secreta dall’ipofisi sotto il controllo di GRF e SRIF (si veda la Fig. 166-2). La secrezione di GH è aumentata dalla stimolazione A-adrenergica, dall’ipoglicemia, dal digiuno, dall’esercizio fisico, dalle prime fasi del sonno e dallo stress. La secrezione è inibita dalla stimolazione B-adrenergica e dall’iperglicemia. Pooiché le concentrazioni di GH sono basse durante tutto il giorno, con l’eccezione di picchi secretori durante la notte o al mattino presto, non è possibile l’accertamento durante il giorno del deficit o della normale secrezione di GH sulla base di una determinazione casuale. L’adeguatezza della secrezione del GH può essere valutata con test di stimolazione per misurare i picchi secretori. Una risposta normale è un picco elevato secretorio dopo la stimolazione; l’assenza di questo picco è indicativa di deficit di GH. Tuttavia, c’è un’ampia quota di falsi positivi (in un qualsiasi giorno, circa il 10% o più dei bambini normali può non presentare picchi fisiologici di GH anche dopo due test di stimolazione). Le misurazioni indirette della secrezione di GH, come le concentrazioni sieriche di IGF-1 e di IGF-BP3, stanno prendendo il posto dei test di stimolazione. I fattori responsabili della crescita postnatale non sono gli stessi che mediano la crescita fetale. L’ormone tiroideo è essenziale per la normale crescita postnatale, sebbene un feto con deficit di questo ormone raggiunga una lunghezza normale alla nascita; allo stesso tempo, un feto con deficit di GH ha una lunghezza neonatale normale, sebbene nel deficit di IGF-1 derivante da una resistenza al GH (nanismo di Laron) i feti presentino una lunghezza inferiore rispetto ai soggetti di controllo. È necessaria la presenza di un’adeguata quantità di ormone tiroideo per consentire la secrezione di GH. I pazienti ipotiroidei possono falsamente apparire come affetti da deficit di GH; la secrezione di GH si normalizza con la replezione di ormone tiroideo. Gli steroidi di origine gonadica sono essenziali nel determinare lo scatto di crescita puberale. Gli effetti degli altri ormoni sulla crescita sono elencati nella Tabella 169-1.

ANOMALIE DELLA CRESCITA Cause non endocrine di bassa statura

La bassa statura è definita come un’altezza inferiore rispetto agli altri bambini degli stessi sesso ed età, tenendo in considerazione le stature dei familiari. Essa può essere causata da numerose condizioni (Tab. 169-2). I diagrammi di crescita dei Centers for Disease Control and Prevention usano il terzo percentile della curva di crescita come limite inferiore. La mancata crescita indica una velocità di crescita lenta indipendentemente dalla statura. In definitiva, una velocità di crescita lenta porta a una bassa statura, ma un processo patologico è riconosciuto più rapidamente se la diminuzione della velocità di crescita viene evidenziata prima che si instauri la bassa statura. Un’alta velocità di crescita può essere calcolata e rappresentata graficamente su apposite curve di crescita. Riportata su un grafico, la mancata crescita appare con una curva che incrocia i percentili con una flessione verso il basso ed è associata a una velocità di crescita staturale al di sotto del 5° percentile in riferimento all’età (Fig. 169-1). Un’altezza corretta secondo quella media dei genitori o secondo un parametro

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

TABELLA 169-2 Cause di bassa statura VARIAZIONI RISPETTO ALLA NORMA

Costituzionale (età ossea ritardata) Genetica (bassa statura familiare) DISTURBI ENDOCRINI

Deficit di GH Congenito Deficit isolato di GH Con altri deficit ormonali ipofisari Con difetti della linea mediana Agenesia ipofisaria Con deficit genetico Acquisito Tumori ipotalamici/pituitari Istiocitosi X (istiocitosi a cellule di Langerhans) Infezioni e granulomi a carico dell’SNC Traumi cranici(alla nascita e più tardi) Irradiazione ipotalamica/ipofisaria Insulti vascolari all’SNC Idrocefalo Autoimmunità Nanismo su base psicologica (deficit funzionale di GH) Trattamento con anfetamine per iperattività* Nanismo di Laron (aumento del GH e diminuzione di IGF-1) Pigmei (GH e IGF-2 normali, ma ridotto IGF-1) Ipotiroidismo Eccesso di glucocorticoidi Endogeno Esogeno Diabete mellito poco controllato Diabete insipido (non trattato) Rachitismo ipofosfatemico resistente alla vitamina D Iperplasia surrenalica congenita virilizzante (bambino alto, adulto basso) Deficit di P-450c21, P-450c11 DISPLASIE SCHELETRICHE

Osteogenesi imperfetta Osteocondroplasie MALATTIE DA ACCUMULO LISOSOMIALE

Mucopolisaccaridosi Mucolipidosi

SINDROMI CON BASSA STATURA

Sindrome di Turner (sindrome da disgenesia gonadica) Sindrome di Noonan (sindrome pseudo-Turner) Trisomia autosomica 13, 18, 21 Sindrome di Prader-Willy Sindrome di Laurence-Moon-Bardet-Biedl Anomalie autosomiche Sindromi dismorfiche (per esempio, sindrome di Russel-Silver o di Cornelia de Lange) Pseudoipoparatiroidismo MALATTIE CRONICHE

Disturbi cardiaci Shunt sinistro-destro Insufficienza cardiaca congestizia Disturbi polmonari Fibrosi cistica Asma Disturbi gastrointestinali Malassorbimento (per esempio, morbo celiaco) Patologie della deglutizione Malattia infiammatoria intestinale Disturbi epatici Disturbi ematologici Anemia a cellule falciformi Talassemia Disturbi renali Acidosi tubulare renale Uremia cronica Disturbi immunologici Patologia del tessuto connettivo Artrite reumatoide giovanile Infezioni croniche AIDS Intolleranza ereditaria al fruttosio Malnutrizione Kwashorkior, marasma Deficit di ferro Deficit di zinco Anoressia dovuta a chemioterapia per neoplasie

*Solo se l’apporto calorico è significativamente diminuito. AIDS (Acquired Immunodeficiency Syndrome), sindrome da immunodeficienza acquisita; GH (Growth Hormone), ormone della crescita; IGF (Insulin-like Growth Factor), fattore di crescita simil-insulinico; SNC, sistema nervoso centrale. Modificata da Styne DM: Growth disorder. In Fitzgerald PA (ed): Handbook of Clinical Endocrinology. Norwalk, CT, Appleton & Lange, 1986.

genetico consente di verificare se il bambino sta crescendo bene rispetto agli standard familiari (si veda il Capitolo 2). Per stabilire un ambito di altezza normale per la famiglia in esame, l’altezza corretta secondo la media dei genitori (obiettivo genetico) è compresa tra 2 deviazioni standard (SD, Standard Deviation), che per gli Stati Uniti è di circa 10 cm. Un’altezza di 3,5 SD sot-

to la media, una velocità di crescita al di sotto del 5° percentile per l’età o un’altezza inferiore a quella attesa corretta secondo l’altezza media dei genitori richiede una valutazione diagnostica. A livello globale, la nutrizione è il più importante fattore che influisce sulla crescita (si veda il Capitolo 24). In un bambino si può assistere a una mancata crescita per deprivazione materna

CAPITOLO 169 L Bassa statura

FIGURA 169-1 Pattern della crescita lineare. I percentili di crescita normali

(5°, 50° e 95°) sono indicati da curve di crescita tipiche per A, ritardo costituzionale di crescita e adolescenza (bassa statura con normale velocità di crescita per l’età ossea, ritardo dello scatto di crescita puberale ed eventuale raggiungimento di una normale statura da adulti); B, bassa statura familiare (bassa statura da bambini e da adulti); e C, mancata crescita patologica acquisita (per esempio, ipotiroidismo primario acquisito non trattato) (si veda il Capitolo 1).

(deficit nutrizionale o interazione psicologica patologica) o come conseguenza di una malattia organica (anoressia, perdita di costituenti nutritivi per malassorbimento o ipermetabolismo causato da ipertiroidismo) (si veda il Capitolo 17). Anche le difficoltà psicologiche possono condizionare la crescita, come nel nanismo di origine psicosociale o da deprivazione, in cui il bambino sviluppa un temporaneo deficit di GH e scarsa crescita quale risultato di un abuso psicologico; quando il bambino viene collocato in un ambiente psicosociale differente e più salutare, la fisiologia del GH si normalizza e la crescita riprende. Una condizione comune di ritardo della crescita chiamata ritardo costituzionale della crescita, della pubertà o di entrambe è una variazione del normale processo di crescita causata da una riduzione nella sequenza o nel ritmo dello sviluppo fisiologico e non da una specifica condizione patologica (si veda la Fig. 169-1); di solito un familiare ha un ritardo nella crescita o nella pubertà, ma ha comunque raggiunto una statura finale normale. L’età ossea è ritardata, ma la velocità di crescita rimane nella maggior parte dei casi entro i limiti inferiori della norma. Il ritardo costituzionale in genere porta a un ritardo nello sviluppo dei caratteri sessuali secondari. La bassa statura genetica o familiare (Tab. 169-3) si riferisce all’altezza di un bambino con genitori di bassa statura e che presumibilmente raggiungerà un’altezza inferiore alla media, anche se comunque normale per quei genitori. Se i genitori sono stati malnutriti da bambini,

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sono cresciuti in zone di guerra o hanno sofferto la fame, le loro altezze saranno meno predittive. Sebbene vi siano differenze nell’altezza associate al gruppo etnico, la differenza più significativa tra gruppi etnici è da attribuirsi all’alimentazione. Esistono curve di crescita specifiche per i bambini asiatici e per i bambini con alcune patologie cromosomiche. Le manifestazioni fenotipiche suggestive di una sottostante patologia cromosomica sono presenti in una grande quantità di sindromi. Queste sindromi possono essere sospettate valutando l’ampiezza dell’apertura delle braccia e i rapporti tra i segmenti supero-inferiori. Le sindromi su base genetica spesso combinano obesità e diminuzione dell’altezza, mentre alcuni bambini obesi altrimenti sani sono spesso più alti della media e presentano avanzamento dell’età ossea e dello sviluppo fisico (si veda la Tab. 169-2). La sindrome di Prader Willy è caratterizzata da ipotonia in epoca fetale e infantile, mani e piedi piccoli (acromicria), obesità postnatale acquisita con appetito insaziabile, ritardo di sviluppo, ipogonadismo, occhi a mandorla e anomalie della porzione SNRP del quindicesimo cromosoma su 15q11-q13. La maggior parte dei casi presenta delezione della sequenza paterna, ma circa il 20-25% ha una disomia uniparentale, in cui entrambi i cromosomi 15 originano dalla madre; quando invece entrambi i cromosomi 15 sono di origine paterna, si sviluppa la sindrome di Angelman. La sindrome di Laurence-Moon-Bardet-Biedl è caratterizzata da retinite pigmentosa, ipogonadismo e ritardo di sviluppo con una trasmissione autosomica dominante. La sindrome di Laurence-Moon è associata a paraplegia spastica, mentre la sindrome di Bardet-Biedl include obesità e polidattilia. Lo pseudoipoparatiroidismo porta a bassa statura e a un ritardo di sviluppo con accorciamento del quarto e del quinto dito (fenotipo della osteodistrofia ereditaria di Albright), resistenza all’ormone paratiroideo (PTH, Parathyroid Hormone) e conseguenti ipocalcemia ed elevati livelli di fosforemia.

Bassa statura da deficit di ormone della crescita Eziologia ed epidemiologia

Il classico deficit di GH congenito o idiopatico si riscontra in circa 1 bambino su 4000-10.000. Questo difetto, di origine specifica non identificata, è la causa più comune del deficit di GH sia congenito sia acquisito. Più raramente il deficit è causato da alterazioni anatomiche dell’ipofisi, come l’aplasia o altri difetti della linea mediana, con vari gradi di carenza delle altre funzioni ipofisarie. Le forme ereditarie di deficit di GH che interessano la differenziazione dell’ipofisi sono il risultato di difetti eterogenei del gene che codifica per il GH, il GRF o i recettori del GH. Il deficit classico di GH si riferisce a una secrezione molto ridotta o assente dell’ormone; numerosi bambini di bassa statura possono avere forme intermedie di diminuita secrezione di GH. Il deficit acquisito di GH che determina un arresto della crescita a presentazione tardiva suggerisce la possibilità di un tumore a carico dell’ipotalamo o dell’ipofisi (Tab. 169-4). Altre cause rare di lesione diretta dell’ipofisi includono infezioni, infiammazione e malattie autoimmunitarie.

Manifestazioni cliniche I neonati affetti da deficit congenito di GH raggiungono una lunghezza e peso normali o quasi normali alla nascita, ma la

Caratteristica Ipopituitarismo diagnostica deficit di GH*

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TABELLA 169-3 DIagnosi differenziale e terapia della bassa statura Bassa statura Ritardo costituzionale familiare

Nanismo da deprivazione

Sindrome di Turner Ipotiroidismo

Malattia cronica

Raro

Frequente

Sempre

No

No

Variabile

Variabile

Genere

Entrambi

Maschi più spesso affetti delle femmine

Entrambi

Entrambi

Femminile

Entrambi

Entrambi

Facies

Immatura o con difetti della linea mediana (per esempio, palatoschisi o ipoplasia ottica)

Immatura

Normale

Normale

Facies di Turner o normale

Tratti grossolani (cretinismo se congenito)

Normale

Sviluppo sessuale

Ritardato

Ritardato

Normale

Può essere ritardato

Prepubertà femminile

In genere ritardato, può essere precoce se l’ipotiroidismo è grave

Ritardato

Età ossea

Ritardata

Ritardata

Normale

In genere ritardata; è presente un arresto della curva di crescita

Ritardata

Ritardata

Ritardata

Dentizione

Ritardata

Normale; ritardo abituale

Normale

Variabile

Normale

Ritardata

Normale o ritardata

Ipoglicemia

Variabile

No

No

No

No

No

No

Cariotipo

Normale

Normale

Normale

Normale

45,X o parziale delezione del cromosoma X o mosaico

Normale

Normale

T4 libera

Bassa (con deficit di TRH) o normale

Normale

Normale

Normale o bassa

Normale; l’ipotiroidismo può essere acquisito

Basso

Normale

GH stimolato

Basso

Normale per l’età ossea

Normale

Possibilmente basso o alto se il paziente è malnutrito

In genere normale

Basso

In genere normale

IGF-1

Basso

Normale o basso per l’età cronologica

Normale

Basso

Normale

Basso

Basso o normale (a seconda dello stato nutrizionale)

Terapia

Ricostituire le carenze

Rassicurazione; steroidi sessuali per iniziare lo sviluppo sessuale secondario in pazienti selezionati

Nessuna

Modificare o migliorare l’ambiente

Terapia sostitutiva con ormoni sessuali, GH; può essere utile l’oxandrolone

T4

Trattare la malnutrizione, insufficienza d’organo (per esempio, dialisi, trapianto, farmaci cardiotonici, insulina)

*Eventualmente con deficit di GnRH, CRH o TRH. ACTH (Adrenocorticotropic Hormone), ormone adrenocorticotropo; CRH (Corticotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante le corticotropine; GH (Growth Hormone), ormone della crescita; GnRH (Gonadotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante le gonadotropine; T4, tiroxina; TRH (Thyrotropin Releasing Hormone), ormone rilasciante la tireotropina.

SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

Anamnesi familiare positiva

CAPITOLO 169 L Bassa statura

TABELLA 169-4 Arresto di crescita: test di screening Test

Razionale

CBC

Anemia: nutrizionale, malattia cronica, neoplasie Leucopenia: sindromi da insufficienza midollare Trombicitopenia: neoplasie, infezioni Infiammazione dovuta a infezione, patologie infiammatorie, neoplasie Segni di disfunzione acuta o cronica epatica, renale e surrenalica; idratazione e stato acido-base Accertare il malassorbimento; ricercare la malattia celiaca

VES, CRP Pannello metabolico (elettroliti, enzimi epatici, BUN) Carotene, folati e tempo di protrombina; pannello anticorpale per la celiachia Analisi delle urine con pH Cariotipo Imaging cerebrale (RM)

Età ossea IGF-1, IGF-BP3 Tiroxina libera Prolattina

Segni di disfunzione renale, idratazione, bilancio idrosalino; acidosi tubulare renale Identifica Turner (XO) o altre sindromi Accerta tumori ipotalamo-ipofisari (craniofaringioma, glioma, germinoma) o difetti congeniti della linea mediana Confrontare con l’età staturale e valutare l’altezza potenziale Riflette lo stato dell’ormone della crescita o la nutrizione Rivela panipopituitarismo o ipotiroidismo isolato Elevata nella disfunzione o nella distruzione ipotalamica, soppressa nelle malattie dell’ipofisi

BUN (Blood Urea Nitrogen), azotemia; CBC (Compete Blood Count), emocromo completo; CRP (C-Reactive Protein), proteina-C reattiva; IGF-1 (Insulin-like Growth Factor-1), fattore-1 di crescita simil-insulinico; IGF-BP3 (Insulin-like Growth Factor-Binding Protein 3), proteina 3 legante il fattore di crescita simil-insulinico; RM, risonanza magnetica; VER, velocità di eritrosedimentazione.

velocità di crescita rallenta successivamente e si rende evidente dopo i 2-3 anni, quando questi bambini divengono progressivamente più bassi per l’età. Inoltre, tendono anche ad avere un elevato rapporto peso-altezza e appaiono paffuti e piccoli. Misurazioni precise nel primo anno di vita possono suggerire la diagnosi, che però in molti pazienti non viene posta per diversi anni. Un paziente con un deficit classico di GH ha l’aspetto di un cherubino (aspetto paffuto, immaturo) con una voce di timbro alto, per l’immaturità del laringe. A meno che non si verifichi una grave ipoglicemia o un disrafismo (difetto della linea mediana) del capo che comporti un difetto a carico del sistema nervoso centrale (SNC) e che condizioni un ritardo mentale, il paziente ha uno sviluppo intellettivo normale e un linguaggio appropriato per l’età. I neonati maschi con deficit isolato di GH con o senza deficit di gonadotropina possono presentare un micropene (una lunghezza del pene in estensione inferiore a 2 cm [normale 3-5 cm]) e ipoglicemia a digiuno. I pazienti con carenza di ormone adrenocorticotropo (ACTH

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[Adrenocorticotropic Hormone], cortisolo), oltre che di GH, possono presentare un’ipoglicemia più grave, dal momento che il cortisolo stimola anche la gluconeogenesi. La resistenza o l’insensibilità al GH è causata da anomalie di numero e funzione dei recettori per il GH stesso, o da un difetto postrecettorio. I pazienti con sindrome di Laron a trasmissione autosomica recessiva, che coinvolge le mutazioni a carico del recettore del GH, presentano fronte prominente, ponte nasale ipoplasico, ritardo nella dentizione, capelli radi, sclere blu, ritardo nella maturazione ossea e osteoporosi, progressivo accumulo di adipe, ipercolesterolemia e glicemia bassa. Essi inoltre hanno concentrazioni sieriche elevate di GH, mentre le concentrazioni di IGF-1 e IGF-BP3 sono basse. La caratteristica diminuzione del numero dei recettori per il GH si riflette nella diminuita concentrazione nel siero delle proteine che legano il GH. I pazienti non rispondono alla somministrazione di GH con un aumento della crescita o con un aumento delle concentrazioni sieriche di IGF-1 e IGF-BP3. Nei pazienti affetti da sindrome di Laron è stato utilizzato in via sperimentale l’IGF-1 umano ricombinante, ottenendo successi di grado variabile. La malnutrizione o una malattia epatica grave può determinare una resistenza acquisita al GH, poiché il livello di GH nel siero è elevato e l’IGF-1 è diminuito.

Diagnosi Se l’anamnesi familiare o patologica non permette di formulare una diagnosi probabile, i test di screening devono comprendere un pannello metabolico per valutare la funzione renale ed epatica, un emocromo completo (CBC, Complete Blood Count) per evidenziare la presenza di un’eventuale anemia, anticorpi contro la transglutaminasi tissutale per escludere la malattia celiaca, e i livelli di carotene e folati per analizzare lo stato nutrizionale ed evidenziare un eventuale malassorbimento. Un esame delle urine è di supporto per la valutazione della funzionalità renale. Il pH urinario e i bicarbonati nel siero possono indicare un’acidosi tubulare renale. In una ragazza con bassa statura di natura non definita, un cariotipo può escludere la sindrome di Turner. L’età ossea permette di definire il grado di maturazione scheletrica. Se una malattia cronica o la bassa statura familiare sono state escluse e i test routinari di laboratorio sono normali (si veda la Tab. 169-4), in genere vengono eseguiti due test di stimolazione con GH (si veda la Tab. 166-2). Il test per il GH deve essere proposto a un paziente che presenti una bassa statura (3,5 DS rispetto alla media), che cresce poco (velocità di crescita 2,5 cm, ma più piccoli di quanto atteso per lo sviluppo puberale; può verificarsi spermatogenesi

Familiare; probabilmente X-linked, tratto autosomico dominante

Adrenarca prematuro

Prepuberale

Prepuberale

Testosterone prepuberale; i valori di DHEAS sono appropriati per lo stadio 2 di peluria pubica

Testicoli prepuberali

Inizio in genere dopo i 6 anni; più frequente in bambini con danni cerebrali

Tumore delle cellule della granulosa (la presentazione può esser simile a quella con cisti follicolari)

Soppressa

Soppressa

Estradiolo molto alto

Aumento del volume ovarico all’esame obiettivo, RM, TC o ecografia

Tumore spesso palpabile all’esame obiettivo addominale

Cisti follicolare

Soppressa

Soppressa

Valori di estradiolo da prepuberali a molto elevati

Aumento del volume ovarico all’esame obiettivo, RM, TC o ecografia

Episodi singoli o recidivanti; escludere la sindrome di McCune-Albright (per esempio, predisporre un monitoraggio dell’apparato scheletrico e osservare la cute)

Tumore surrenalico femminilizzante

Soppressa

Soppressa

Elevati valori di estradiolo e di DHEAS

Ovaie prepuberali

Massa surrenalica unilaterale

Pubertà precoce vera

Precocità sessuale incompleta (indipendente dalla gonadotropina ipofisaria) Maschi

Femmine

Segue

CAPITOLO 170 L Patologie della pubertà

649

TABELLA 170-4 Diagnosi differenziale di precocità sessuale (seguito) Disturbo causativo

Concentrazione sierica delle Risposta di gonadotropine LH a GnRH

Concentrazioni sieriche degli steroidi sessuali

Telarca prematuro

Prepuberale

Prepuberale

Adrenarca prematuro

Prepuberale

Prepuberale

Misura gonadica

Miscellanea

Livelli di estradiolo prepuberale o della fase iniziale della pubertà

Ovaie prepuberali

Esordio di solito prima dei 3 anni d’età

Estradiolo puberale; valori di DHEAS appropriati per la peluria pubica dello stadio II di Tanner

Ovaie prepuberali

Esordio di solito dopo i 6 anni di età; più frequente nei bambini con danno cerebrale

DHEAS, deidroepiandrosterone solfato; GnRH (Gonadotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante le gonadotropine; hCG (Human Chorionic Gonadotropin), gonadotropina corionica umana; LH (Luteinizing Hormone), ormone luteinizzante; RM, risonanza magnetica; SNC, sistema nervoso centrale; TC, tomografia computerizzata. Modificata da: Grumbach MM, Styne DM: Puberty. In Wilson JD, Foster DW (eds): Williams Textbook of Endocrinology, 9th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1997.

estrogeni, degli androgeni o di entrambi (si veda la Tab. 170-4). Nelle femmine, l’effetto degli androgeni si manifesta in forma di caratteristico odore adulto, comparsa di peli pubici e ascellari e oleosità della cute del viso e acne, mentre gli effetti degli estrogeni si evidenziano con lo sviluppo del seno, l’aumento di dimensioni dell’utero ed eventualmente menarca. Nei ragazzi, l’effetto degli androgeni si manifesta in forma di odore caratteristico dell’adulto, comparsa di peli pubici e ascellari e oleosità della cute del viso e acne; è importante anche verificare se i testicoli sono aumentati più di 2,5 cm in lunghezza, cosa che implica gonadarca. Se i testicoli non sono aumentati, ma la virilizzazione progredisce, la fonte degli androgeni potrebbero essere le ghiandole surrenaliche o di origine esogena. Se i testicoli sono di poco aumentati, ma in maniera non coerente con lo stadio dello sviluppo puberale, dev’essere considerata una produzione ectopica di hCG o la forma familiare di prematura maturazione delle cellule di Leydig. L’aumento di volume testicolare durante la pubertà è dovuto prevalentemente alla maturazione dei tubuli seminiferi. Se si verifica un aumento solo delle cellule di Leydig, come nelle condizioni indicate, i testicoli producono una considerevole quantità di testosterone, ma mostrano solo un minimo aumento di volume. L’analisi di laboratorio comprende la determinazione degli steroidi sessuali (testosterone, estradiolo, o DHEA-S o androstenedione) e le concentrazioni basali di gonadotropine. La peculiarità della secrezione delle gonadotropine è rappresentata da bassi valori secretori durante la seconda infanzia e da una secrezione intermittente nell’adolescenza e nell’età adulta. Se i valori basali delle gonadotropine sono elevati all’interno del normale ambito puberale, è probabile che si tratti di una pubertà precoce di origine centrale. Tuttavia, se le gonadotropine basali sono basse, non è possibile concludere se la pubertà precoce sia GnRH-dipendente o GnRH-indipendente. Questa distinzione spesso richiede l’accertamento della sensibilità delle gonadotropine in risposta alla stimolazione con GnRH. Una risposta al GnRH prepuberale è a predominanza di FSH, mentre

una risposta puberale è a predominanza di LH. È anche utile la determinazione degli ormoni tiroidei, in quanto l’ipotiroidismo primitivo può causare pubertà precoce incompleta. Se vi è il sospetto di un’anomalia a carico dell’SNC o di un tumore (cerebrale, epatico, surrenalico, ovarico o testicolare), è indicata una RM mirata. La diagnosi di pubertà precoce di origine centrale richiede l’esecuzione di una RM dell’SNC.

Trattamento

Per la pubertà precoce centrale, il trattamento di scelta consiste nell’utilizzo di analoghi superattivi ad azione prolungata, poiché sopprimono la secrezione di gonadotropine attraverso la sottoregolazione dei recettori del GnRH a livello ipofisario (Tab. 170-5). Dopo un breve aumento (2-3 giorni) della secrezione delle gonadotropine e, raramente, una breve interruzione del ciclo mestruale nelle ragazze, i valori di gonadotropine diminuiscono e la secrezione gonadica ritorna allo stato prepuberale. In un paziente con pubertà precoce, il precoce sviluppo sessuale e il significativo aumento dell’altezza richiedono un supporto psicologico o anche un counseling per i pazienti e per le famiglie. I maschi con prematura maturazione delle cellule germinali e di Leydig GnRH-indipendente non rispondono agli analoghi del GnRH, ma richiedono trattamento con un inibitore della sintesi di testosterone (per esempio, chetoconazolo), un antiandrogeno (per esempio spironolattone) o un inibitore dell’aromatasi (per esempio, testolattone o letrozolo). Per i pazienti con pubertà precoce originata da un tumore ormono-secernente è indicata, quando possibile, la rimozione chirurgica. La pubertà precoce della sindrome di McCune-Albright è GnRHindipendente e non è responsiva alla terapia con analogo del GnRH. La terapia consiste in testolactone e antiandrogeni o antiestrogeni, come il tamoxifene. Nelle condizioni appena descritte, dopo una favorevole risposta terapeutica iniziale si può osservare lo sviluppo di una pubertà precoce centrale; in questo caso, la somministrazione di agonista del GnRH risulta una terapia efficace.

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SEZIONE 22 L ENDOCRINOLOGIA

TABELLA 170-5 Terapia farmacologica della precocità sessuale Disturbo

Trattamento

Azione e razionale

Pubertà precoce vera o centrale GnRH-dipendente

GnRH agonisti

Desensibilizzazione delle gonadotropine, blocca l’azione del GnRH endogeno

Cisti ovariche autonome

Medrossiprogesterone acetato

Sindrome di McCune-Albright

Medrossiprogesterone acetato*

Inibizione della steroidogenesi ovarica; regressione della cisti (inibizione del rilascio di FSH) Inibizione della steroidogenesi ovarica; regressione della cisti (inibizione del rilascio di FSH) Inibizione della aromatasi P-450; blocca la sintesi di estrogeni

Precocità sessuale incompleta GnRH-indipendente Ragazze

Testolactone* o fadrozolo di origine ovarica Ragazzi Testotossicosi familiare

Ketoconazolo* Spironolattone* o flutamide e testolattone o fadrozolo Medrossiprogesterone acetato*

Inibizione di P-450c17 (principalmente l’attività della 17,20-liasi) Inibizione antiandrogena dell’aromatasi; blocca la sintesi di estrogeni Inibizione della steroidogenesi testicolare

*Se si sviluppa pubertà precoce vera, può essere aggiunto un GnRH agonista. FSH (Follicle-Stimulating Hormone), ormone follicolo stimolante; GnRH (Gonadotropin-Releasing Hormone), ormone rilasciante le gonadotropine. Modificata da: Grumbach MM, Kaplan SL: Recent advances in the diagnosis and management of sexual precocity. Acta Paediatr Jpn 30(Suppl):155, 1988.

VARIAZIONI NELLO SVILUPPO PUBERALE Telarca prematuro isolato (sviluppo prematuro del seno)

Il telarca prematuro benigno è la comparsa isolata di tessuto mammario mono o bilaterale nelle femmine, in genere tra i 6 mesi e i 3 anni d’età. Non ci sono altri segni di pubertà e nessuna evidenza di effetti da eccesso di estrogeni (sanguinamento vaginale, ispessimento delle secrezioni vaginali, aumento della velocità di crescita o accelerazione dell’età ossea). Deve essere esclusa l’assunzione o l’applicazione cutanea di composti contenenti estrogeni. In genere non sono necessarie analisi di laboratorio, ma un’ultrasonografia pelvica può essere indicata per escludere una patologia ovarica. Le femmine affette da questa condizione devono essere rivalutate a intervalli di 6-12 mesi, per assicurarsi che il sospetto telarca prematuro non rappresenti il primo segno di una pubertà precoce. La prognosi è eccellente; quando non si osserva evoluzione, non è necessario alcun trattamento, se non rassicurare il paziente. In una paziente con telarca prematuro non vi è indicazione a una biopsia del tessuto mammario.

Ginecomastia

Nei maschi, la presenza di tessuto mammario è chiamata ginecomastia e si può presentare in grado variabile nel 45-75% dei normali ragazzi prepuberi (si veda il Capitolo 63). Gli androgeni di norma sono convertiti in estrogeni dal processo di aromatizzazione; nella parte iniziale della pubertà sono prodotte solo piccole quantità di androgeni e, a questo stadio, l’effetto degli estrogeni può superare quello degli androgeni. In una fase più tarda dello sviluppo puberale, la produzione di androgeni è così abbondante che gli effetti degli estrogeni prodotti dall’aro-

matizzazione sono scarsi. La ginecomastia può anche suggerire la diagnosi di una sindrome di Klinefelter con il progredire della pubertà. La ginecomastia prepuberale indica una fonte insolita di estrogeni di origine esogena (è possibile l’assunzione per via orale e cutanea mediante il consumo di cibi contaminati o con pomate) o di origine endogena (da una funzione anomala del surrene o dell’ovaio o da un aumento dell’aromatizzazione periferica).

Adenarca prematuro isolato (pubarca)

La comparsa isolata di peli pubici prima dei 6-7 anni nelle femmine o prima dei 9 anni nei maschi è denominata pubarca prematuro, in genere successivo ad adrenarca, ed è una condizione relativamente comune. Se la presenza di peli pubici è associata ad altre manifestazioni di virilizzazione (aumento del pene o del clitoride o età ossea avanzata) o altri segni (acne, crescita rapida o cambiamenti della voce), è indicata un’indagine accurata per identificare una causa patologica di virilizzazione e per escludere un evento potenzialmente fatale, come un carcinoma surrenalico. Nei soggetti con importante virilizzazione sono indicati i dosaggi del testosterone nel siero, 17-idrossiprogesterone (17-OHP) e del DHEA basale e dopo stimolazione con ACTH, per indagare la presenza di un’iperplasia surrenalica congenita (CAH, Congenital Adrenal Hyperplasia). Indagini ultrasonografiche possono rivelare una ghiandola surrenale iperplastica o un tumore virilizzante ovarico o surrenalico. La maggior parte dei pazienti con peluria pubica isolata non ha una progressiva virilizzazione e presenta semplicemente un adrenarca prematuro (pubarca), che deriva dalla prematura attivazione della secrezione surrenalica di DHEA. La maturazione scheletrica, come mostrato dall’età ossea, può essere moderatamente aumentata, ma le concentrazioni

CAPITOLO 171 L Patologie della tiroide

di testosterone sono normali. I livelli di DHEA in genere sono alti per l’età prepuberale, ma coerenti con gli stadi II e III di Tanner (categoria della maturità sessuale).

171 Patologie della tiroide C A P I T O L O

FISIOLOGIA E SVILUPPO DELLA TIROIDE L’ormone rilasciante la tireotropina (TRH, Thyrotropin-Releasing Hormone), un tripeptide sintetizzato nell’ipotalamo, induce il rilascio dell’ormone tireotropo (TSH, Thyroid-Stimulating Hormone) da parte dell’ipofisi. Il TSH di origine ipofisaria è una glicoproteina che stimola la sintesi e il rilascio degli ormoni tiroidei dalla tiroide. La funzione di quest’ultima si sviluppa in tre stadi. 1. L’embriogenesi inizia a livello del pavimento della cavità orale. Verso la fine del primo trimestre la ghiandola discende nella sua posizione definitiva, nella parte anteriore alla base del collo. Le tiroidi che non raggiungono la normale sede sono ectopiche, ma possono mantenere la funzione; tuttavia, verso l’inizio o la metà della seconda infanzia le ghiandole possono non essere più in grado di sostenere la piena secrezione tiroidea (una posizione linguale o sottolinguale o anche del tessuto rinvenuto in una cisti del dotto tireoglosso può essere l’unica ghiandola tiroidea funzionante). 2. L’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide inizia a funzionare nel secondo trimestre. 3. Il metabolismo periferico degli ormoni tiroidei matura nel terzo trimestre. La tiroxina (T4), la triiodotironina (T3) e il TSH non attraversano la placenta in quantità significative. Le concentrazioni nel sangue fetale riflettono principalmente la secrezione e il metabolismo del feto. Gli anticorpi tiroidei materni, gli ioduri (compresi quelli radioattivi) e i farmaci somministrati alla madre per il trattamento dell’ipotiroidismo (per esempio, propiotiouracile, metimazolo) attraversano la placenta e agiscono sulla funzione tiroidea del feto. Un bambino nato prematuro o con scarsa crescita intrauterina può presentare un’interruzione del normale processo di maturazione e i test standard possono rivelare una condizione di ipotiroidismo. La tiroide (1) concentra lo iodio e (2) lo lega alle molecole di tirosina per produrre la monoiodotirosina o la dioiodotirosina, con successivo (3) accoppiamento della due tirosine, T3 o T4. La parte maggiore di T3 circolante (circa i due terzi) origina dalla deiodinazione periferica di T 4 a T3, ma una certa quantità è prodotta dalla stessa ghiandola tiroide. Nella malattia di Graves, una larga frazione origina dalla ghiandola tiroide. La conversione di T4 a T3 richiede la rimozione di uno ione iodio dall’anello più esterno della tirosina; rimuovendo uno ione iodio dall’anello più interno si ottiene la T3 invertita, che ha un modesto effetto biologico. La conversione preferenziale da T4 in T3 invertita piuttosto che in T3 si verifica in utero e in tutte le

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forme di patologia grave, compresi la sindrome da distress respiratorio, la febbre, l’anoressia, la cachessia e il digiuno. La conversione di T4 in T3 aumenta immediatamente dopo la nascita e durante il corso della vita. T4 e T3 sono legate tramite legami non covalenti a una specifica proteina trasportatrice nel siero, la globulina legante T4 e, in misura minore, all’albumina. Solo modeste frazioni di T4 e T3 (
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