Patologie - La provetta

May 7, 2018 | Author: Anonymous | Category: Scienza, Biologia, Biochimica, Genetica
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Le malattie

2,8-diidrossiadenina urolitiasi

ORPHA976

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 102600 L’adenina fosforibosiltransferasi (APRT) catalizza la sintesi di AMP (adenosina monofosfato) a partire da adenina e 5-fosforibosil-1-pirofosfato (PP-ribosil-P), in presenza di magnesio (Mg2+). Nel deficit di APRT, l’adenina è ossidata, in 8-idrossiadenina (8-HA), prima che si trasformi in 2,8-diidrossiadenina (2,8-DHA), attraverso la xantina deidrogenasi. L’adenina si forma, come sottoprodotto della sintesi delle poliamine, a partire dalla 5’-metiltioadenosina, tramite l’azione della 5’-metiltioadenosina fosforilasi (MTAP). Questa è probabilmente la via principale per la sintesi di adenina in vivo. La modalità di trasmissione del difetto è autosomica recessiva. Il gene è localizzato sul cromosoma 16q24. Sono stati individuati due tipi di omozigoti, osservando l’attività di APRT nei lisati degli eritrociti. Nei pazienti di tipo 1, prevalentemente caucasici, è impossibile rilevare l’attività di APRT. Nei pazienti di tipo 2, osservati esclusivamente in Giappone, l’attività di APRT è 10-25% inferiore rispetto a quella normale, per un’anomalia cinetica evidente solo in condizioni non fisiologiche. Nessuna attività è rilevabile negli eritrociti intatti in condizioni fisiologiche, sia che si tratti del tipo 1 che del tipo 2. La condizione di eterozigote di entrambe le anomalie è elevata (da 0,4 a 1,2%), suggerendo una frequenza di omozigosi compresa tra 1/33.000 e 1/250.000. I segni clinici comprendono: colica renale, ematuria, infezioni delle vie urinarie e disuria, secondari a cristalluria da 2,8-DHA o a calcoli. L’insufficienza renale acuta può essere il sintomo di esordio della malattia e può essere reversibile; tuttavia, in mancanza di una diagnosi, gli omozigoti presentano insufficienza renale progressiva o cronica e necessitano di ricorrere alla dialisi o al trapianto. Nei soggetti più anziani, i cristalli di 2,8-DHA possono essere rilevati per la prima volta sulla biopsia renale effettuata dopo il trapianto. Circa il 15% degli omozigoti è completamente asintomatico, anche se la cristalluria è presente in tutti gli omozigoti già alla nascita. L’allopurinolo impedisce la formazione di 2,8-DHA; la litotripsia si è rivelata efficace. *Autore: Dott. H.A. Simmonds (luglio 2003)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di adenosin fosforibosiltransferasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dei difetti del metabolismo delle purine (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di adenosin fosforibosiltransferasi (gene APRT) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica del deficit di adenosin fosforibosiltransferasi (APRT) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di adenosin fosforibosiltransferasi Università degli Studi di Siena, SIENA Dr. JACOMELLI Gabriella, Pr. MICHELI Vanna, Pr. POMPUCCI Giuseppe Diagnosi biochimica della 2,8-diidrossiadenina urolitiasi (dosaggio purine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

2,8-diidrossiadenina urolitiasi

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite

ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

3-metilcrotonil glicinuria

ORPHA6

MIM: 210200 La 3-metilcrotonil glicinuria deficit isolato della 3-metilcrotonil-CoA carbossilasi (MCC) è una malattia del catabolismo della leucina a trasmissione autosomica recessiva. La MCC è un enzima mitocondriale eteromerico, composto da subunità alfa contenenti biotina e subunità beta più piccole. La recente introduzione di programmi di screening neonatale, basati sulla spettrometria di massa, ha evidenziato una frequenza inaspettatamente elevata di questa malattia, risultando essere l’aciduria organica più comune in alcune popolazioni. Il fenotipo varia tra le forme a insorgenza nel neonato, che comportano un grave coinvolgimento neurologico, e le forme asintomatiche dell’adulto. La maggior parte dei pazienti sintomatici presenta una crescita e uno sviluppo normale, fino al manifestarsi di una crisi metabolica acuta tra i 2 e i 33 mesi di vita. Di solito questo episodio segue un’infezione o una dieta ricca in proteine. I sintomi comprendono vomito, opistotono, movimenti involontari, convulsioni, coma e apnea, spesso accompagnati da ipoglicemia, chetoacidosi e lieve iperammoniemia. I più importanti metaboliti patologici sono la metil-crotonil-glicina e l’acido 3-idrossi-isovalerico nelle urine, e l’idrossi-isovaleril-carnitina nel plasma. In generale, i pazienti rispondono alla somministrazione endovenosa di liquidi e alla sospensione dell’alimentazione con proteine e restano asintomatici nei periodi tra gli episodi acuti. Alcuni bambini sono stati sottoposti a un trattamento dietetico con restrizione di leucina e supplementazione di Lcarnitina per os, ma l’efficacia di questo approccio non è stata dimostrata. Studi recenti hanno dimostrato che la mutazione missenso MCCA-R385S, in presenza dell’allele normale, ha un effetto dominante negativo, che può portare ad alterazioni biochimiche e cliniche negli eterozigoti. Inoltre, è stato osservato in alcuni soggetti che la terapia con biotina contrasta l’effetto dominante negativo in vivo. *Autore: Dott. M. Baumgartner (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di 3-metilcrotonil-CoA carbossilasi (geni MCCC1 e MCCC2) Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica della 3-metilcrotonil glicinuria Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica del deficit di 3-metilcrotonil-CoA carbossilasi (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica del deficit di 3-metilcrotonil-CoA carbossilasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta

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ORPHANET ITALIA 2011

Diagnosi biochimica della 3-metilcrotonil glicinuria (dosaggio carnitina plasmatica e acidi organici urinari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

5-metiltetraidrofolato-omocisteina-Smetiltransferasi Vedere: Omocistinuria senza aciduria metilmalonica

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta

5-metiltetraidrofolato-omocisteina-S-metiltransferasi

A

ORPHANET ITALIA 2011

AAE

A AAE Vedere: Angioedema acquisito

Abetalipoproteinemia

ORPHA14

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 200100 L’abetalipoproteinemia/ipobetalipoproteinemia familiare omozigote (ABL/HoFHBL) è una forma grave di ipobetalipoproteinemia familiare (si veda questo termine), caratterizzata da livelli costantemente bassi (inferiori al quinto percentile) dell’apolipoproteina B e del colesterolo LDL e da ritardo della crescita, malassorbimento, epatomegalia e segni neurologici e neuromuscolari. È molto rara e la prevalenza è stimata in meno di 1/1.000.000. L’ABL/HoFHBL si manifesta nel primo anno di vita o nella prima infanzia. Si associa spesso a ritardo della crescita, epatomegalia con steatosi, diarrea con steatorrea e malassorbimento dei grassi. Possono essere presenti atassia spastica, retinite pigmentosa, acantosi, livelli bassi delle vitamine liposolubili, citolisi significativa e persino cirrosi. L’abetalipoproteinemia è trasmessa come carattere recessivo ed è dovuta alle mutazioni omozigoti del gene MTTP (MTP; 4q24). Le altre ipobetalipoproteinemie familiari gravi a esordio precoce sono trasmesse come carattere codominante e sono dovute alle mutazioni omozigoti del gene APOB (2p24-p23). La diagnosi si basa sull’analisi dei grassi, dopo 12 ore di digiuno, sul paziente e sui suoi familiari, per misurare i livelli sierici di LDL (G (2 pazienti) e c.1523A>G/c.1287C>T (un paziente). Le mutazioni causano una deplezione del DNA mitocondriale nel cervello e nel fegato, ma non nel muscolo. La diagnosi si basa sul quadro clinico e patologico. Gli esami sulle biopsie dei nervi surali rivelano una neuropatia assonale a esordio precoce e a progressione rapida. Gli esami di neuroimaging, che rivelano atrofia cerebellare, e l’analisi molecolare per la ricerca della mutazione c.1523A>G possono aiutare a confermare la diagnosi. Le diagnosi differenziali si pongono con le atassie cerebellari a esordio precoce associate a neuropatia assonale sensoriale ed encefalopatia epilettica, i disturbi mitocondriali associati a neuropatia assonale (come l’atassia di Friedreich), l’oftalmoplegia esterna progressiva (PEO), la sindrome da atassia recessiva mitocondriale a esordio giovanile o nell’età adulta (MIRAS), e i disturbi associati a POLG (si vedano questi termini). È disponibile il test prenatale per le famiglie nelle quali sono già state identificate le mutazioni patogenetiche. La consulenza genetica è uno strumento importante per prevenire nuovi casi, specialmente per le coppie con un primo figlio affetto: il rischio di avere un figlio affetto nelle gravidanze successive è del 25%. I pazienti affetti da IOSCA sono spesso trattati da un team multidisciplinare, comprendente il pediatra, il neurologo, lo psichiatra, il chirurgo ortopedico, i fisioterapisti e i terapisti dell’occupazione, il consulente genetista e l’assistente sociale. Il trattamento è sintomatico e può comprendere: sussidi uditivi, terapia del linguaggio e linguaggio dei segni per la sordità; fisioterapia, dispositivi ortopedici correttivi e chirurgia ortopedica per la neuropatia assonale sensoriale; sussidi per la deambulazione, sedia a rotelle, fisioterapia e terapia occupazionale per l’atassia; farmaci antiepilettici per le convulsioni e antipsicotici e antidepressivi per i sintomi psichiatrici. La prognosi non è favorevole. I pazienti sono costretti alla sedia a rotelle fin dall’adolescenza. È co-

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia-aprassia oculomotoria tipo 1 e 2 A.O. S. Andrea, ROMA Pr. CHESSA Luciana, Dr. LULLI Patrizia, Dr. PIANE Maria Diagnosi molecolare dell’atassia-aprassia oculomotoria tipo 1 e 2 (geni APTX e SETX) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, autosomica dominante, tipo 7

ORPHA94147

MIM: 164500

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8) IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CASTIGLIA Lucia, Dr. FICHERA Marco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante Università degli Studi di Pisa, PISA Pr. SICILIANO Gabriele Diagnosi molecolare delle atassie spinocerebellari (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12 e 17) Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7) (geni ATX1, ATX2, ATX3, ATX6, ATX7) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7) Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco

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ORPHANET ITALIA 2011

Atassia spinocerebellare, tipo 1

Atassia spinocerebellare - dismorfismi

ORPHA1185

MIM: 271270 L’atassia spinocerebellare - dismorfismi è caratterizzata da facies caratteristica con disartria, ritardo dello sviluppo psicomotorio, atassia, scoliosi e deformità dei piedi. Sono stati identificati 3 casi. La trasmissione sembra essere autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

Associazioni

AISA - Associazione Italiana per la Lotta alle Sindromi Atassiche

Atassia spinocerebellare legata all’X, tipo 3

ORPHA85297

MIM: 301790 Questa sindrome è una forma di degenerazione spinocerebellare caratterizzata dalla comparsa, durante la prima infanzia, di ipotonia, atassia, sordità neurosensoriale, ritardo dello sviluppo, esotropia e atrofia ottica e un’evoluzione progressiva che porta alla morte nell’infanzia. È stata descritta in una famiglia con almeno 6 maschi affetti in 5 fratrie (collegate tra loro attraverso le femmine portatrici). È trasmessa come carattere recessivo legato all’X. *Autore: team editoriale di Orphanet (agosto 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atassia spinocerebellare legata all’X, tipo 4

ORPHA85292

MIM: 301840 L’atassia spinocerebellare legata all’X tipo 4 è caratterizzata da atassia, segni piramidali e demenza a esordio nell’età adulta. È stata descritta in 3 generazioni di un’estesa famiglia. La

malattia esordisce nella prima infanzia con ritardo nella deambulazione e tremori. I segni piramidali si presentano in modo progressivo e, durante l’età adulta, diventano gradualmente più visibili i problemi della memoria e la demenza. La trasmissione è legata all’X e non è stato ancora identificato il genemalattia. La malattia di solito porta a morte nella 6a decade di vita. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atassia spinocerebellare, tipo 1

ORPHA98755

MIM: 164400

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 6) A.O. S. Andrea, ROMA Pr. CHESSA Luciana, Dr. LULLI Patrizia, Dr. PIANE Maria Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1 e 2) IRCCS “E. Medea”, BOSISIO PARINI (LC) Pr. BRESOLIN Nereo, Dr. RAGGI Maria Elisabetta Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 17) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8) IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CASTIGLIA Lucia, Dr. FICHERA Marco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare delle atassie spinocerebellari (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12 e 17) Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7) (geni ATX1, ATX2, ATX3, ATX6, ATX7) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7) Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12, 17) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12, 17) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, malattia di Machado-Joseph) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3 e CACNA1A) Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. GALLI Lucia, Dr. ORRICO Alfredo, Pr. SORRENTINO Vincenzo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

A

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Atassia spinocerebellare, tipo 2

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6) IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3, CACNA1A) Fondazione Istituto Neurologico “C. Mondino” - IRCCS, PAVIA Dr. CEREDA Cristina, Dr. GRIECO Gaetano Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, malattia di Machado-Joseph) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3 e CACNA1A) Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. GALLI Lucia, Dr. ORRICO Alfredo, Pr. SORRENTINO Vincenzo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 2

ORPHA98756

MIM: 183090

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 6) A.O. S. Andrea, ROMA Pr. CHESSA Luciana, Dr. LULLI Patrizia, Dr. PIANE Maria Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1 e 2) IRCCS “E. Medea”, BOSISIO PARINI (LC) Pr. BRESOLIN Nereo, Dr. RAGGI Maria Elisabetta Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 17) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8) IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CASTIGLIA Lucia, Dr. FICHERA Marco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare delle atassie spinocerebellari (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12 e 17) Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio

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Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7) (geni ATX1, ATX2, ATX3, ATX6, ATX7) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7) Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12, 17) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6) IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3, CACNA1A) Fondazione Istituto Neurologico “C. Mondino” - IRCCS, PAVIA Dr. CEREDA Cristina, Dr. GRIECO Gaetano Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, malattia di Machado-Joseph) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3 e CACNA1A) Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. GALLI Lucia, Dr. ORRICO Alfredo, Pr. SORRENTINO Vincenzo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 3

ORPHA98757

MIM: 109150

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 17) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo

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ORPHANET ITALIA 2011

Atassia spinocerebellare, tipo 6

Atassia spinocerebellare, tipo 5

ORPHA98766

MIM: 600224

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 6

ORPHA98758

MIM: 183086

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 6) A.O. S. Andrea, ROMA Pr. CHESSA Luciana, Dr. LULLI Patrizia, Dr. PIANE Maria Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 17) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8) IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CASTIGLIA Lucia, Dr. FICHERA Marco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare delle atassie spinocerebellari (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12 e 17) Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7) (geni ATX1, ATX2, ATX3, ATX6, ATX7) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7) Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12, 17) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6) IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3, CACNA1A) Fondazione Istituto Neurologico “C. Mondino” - IRCCS, PAVIA Dr. CEREDA Cristina, Dr. GRIECO Gaetano

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8) IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CASTIGLIA Lucia, Dr. FICHERA Marco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare delle atassie spinocerebellari (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12 e 17) Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7) Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12, 17) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6) IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3, CACNA1A) Fondazione Istituto Neurologico “C. Mondino” - IRCCS, PAVIA Dr. CEREDA Cristina, Dr. GRIECO Gaetano Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, malattia di Machado-Joseph) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3 e CACNA1A) Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. GALLI Lucia, Dr. ORRICO Alfredo, Pr. SORRENTINO Vincenzo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

A

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

A

ORPHANET ITALIA 2011

Atassia spinocerebellare, tipo 8

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, malattia di Machado-Joseph) (geni ATXN1, ATXN2, ATXN3 e CACNA1A) Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. GALLI Lucia, Dr. ORRICO Alfredo, Pr. SORRENTINO Vincenzo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 8

ORPHA98760

MIM: 608768

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 12

Laboratori

ORPHA98762

MIM: 604326

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 8, 12, 17) (geni SCA8, PPP2R2B, TBP) Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BIANCHI Silvia, Dr. CARDAIOLI Elena, Sig. DA POZZO Paola, Pr. FEDERICO Antonio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 10

74

ORPHA98761

MIM: 603516

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 8, 12, 17) (geni SCA8, PPP2R2B, TBP) Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BIANCHI Silvia, Dr. CARDAIOLI Elena, Sig. DA POZZO Paola, Pr. FEDERICO Antonio Diagnosi molecolare delle atassie spinocerebellari (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12 e 17) Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12, 17) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

75

ORPHANET ITALIA 2011

Atassia spinocerebellare, tipo 13

Atassia spinocerebellare, tipo 27 ORPHA98768

Atassia spinocerebellare, tipo 17

A ORPHA98759

MIM: 607136

MIM: 605259

Laboratori

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 13, 15, 27, 28) (geni KCNC3, ITPR1, FGF14, AFG3L2) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. BRUSCO Alfredo, Pr. MIGONE Nicola

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 17) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 17, FMR-1 premutazione) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 8, 12, 17) (geni SCA8, PPP2R2B, TBP) Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BIANCHI Silvia, Dr. CARDAIOLI Elena, Sig. DA POZZO Paola, Pr. FEDERICO Antonio Diagnosi molecolare delle atassie spinocerebellari (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12 e 17) Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 12, 17) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 17) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 14

ORPHA98763

MIM: 605361

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 14, 17) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Atassia spinocerebellare, tipo 15

ORPHA98769

MIM: 606658

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 13, 15, 27, 28) (geni KCNC3, ITPR1, FGF14, AFG3L2) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. BRUSCO Alfredo, Pr. MIGONE Nicola

Atassia spinocerebellare, tipo 16

ORPHA98770

MIM: 606658

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco

Atassia spinocerebellare, tipo 27

ORPHA98764

MIM: 609307

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Laboratori

A

Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 13, 15, 27, 28) (geni KCNC3, ITPR1, FGF14, AFG3L2) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. BRUSCO Alfredo, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante di tipo 1 (SCA 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 17, 27) (geni KCNC3 e FGF14) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Atassia spinocerebellare, tipo 28

ORPHA101109

MIM: 610246

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 1, 2, 3, 6, 7, 15/16, 17, 28) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atassia spinocerebellare autosomica dominante (SCA 13, 15, 27, 28) (geni KCNC3, ITPR1, FGF14, AFG3L2) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. BRUSCO Alfredo, Pr. MIGONE Nicola

Atassia - telangectasia

76

ORPHANET ITALIA 2011

Atassia spinocerebellare, tipo 28

ORPHA100

MIM: 208900 L’atassia - telangectasia (A-T) è l’associazione tra un’immunodeficienza combinata grave (che interessa in particolare la risposta immuno-umorale) e un’atassia cerebellare progressiva. È caratterizzata da segni neurologici, telangectasie, suscettibilità alle infezioni e rischio elevato di sviluppare un tumore. La prevalenza media è stimata in 1/100.000 bambini. La gravità dei sintomi polmonari, neurologici e del sistema immunitario varia considerevolmente nei diversi pazienti. L’esordio di solito avviene tra il primo e il secondo anno di vita e si associa a movimenti anomali della testa e alla perdita dell’equilibrio e, successivamente, alla comparsa di un linguaggio confuso e a movimenti oculari anomali. Verso i 9-10 anni possono comparire tremori alle estremità e problemi di coordinamento, che si aggravano progressivamente. La coreoatetosi è abbastanza comune. Nella maggior parte dei casi, l’intelligenza è normale: circa il 30% dei pazienti ha difficoltà di apprendimento o deficit cognitivo moderato. Le telangectasie cutaneo-mucose compaiono tra i 3 e i 6 anni, o durante l’adolescenza. L’immunodeficienza causa infezioni recidivanti, soprattutto ai polmoni, che possono esitare in bronchiectasie. È abbastanza frequente il ritardo della crescita. L’A-T è una malattia autosomica recessiva causata dalle mutazioni inattivanti del gene ATM (11q22.3), che è espresso ubiquitariamente e codifica per una chinasi proteica che svolge un ruolo nel controllo della riparazione delle rotture a doppio filamento (DSB) nel DNA, in particolare nelle cellule di Purkinje del cervelletto e nelle cellule cerebrali, nell’endotelio della congiuntiva e della cute. La malattia A-T-simile è una variante rara di A-T dovuta all’inattivazione del gene MRE11 (11q21), che codifica per una proteina coinvolta nella riparazione delle DSB. È problematica la diagnosi clinica precoce, ma l’aumento pressoché costante nel siero dei livelli di alfafetoproteina (AFP) e l’analisi citogenetica possono contribuire a confermare la diagnosi (traslocazioni 7;14). A volte è necessaria la diagnosi molecolare. La diagnosi differenziale si pone con l’atassia-aprassia oculomotoria tipo 1 e 2 (si vedano questi termini). La diagnosi prenatale è possibile una volta che sia stata individuata almeno una mutazione inattivante del gene ATM nel caso indice. La presa in carico è sintomatica e comprende la fisioterapia, la terapia del linguaggio e il trattamento delle infezioni e delle complicazioni polmonari. Dato che le cellule dei pazienti affetti da A-T mostrano suscettibilità ai raggi X, la

radioterapia, associata ad alcune forme di chemioterapia, deve essere usata con cautela. I bambini affetti spesso necessitano della sedia a rotelle all’età di 10-11 anni. La prognosi è grave, per la possibilità di insorgenza di infezioni respiratorie, per la neurodegenerazione, l’invecchiamento cutaneo-mucoso precoce e il rischio di sviluppare tumori (il 35% dei pazienti sviluppa un cancro prima dei 20 anni). *Autore: Prof. Dott. StoppaLyonnet (ottobre 2007)*.

Laboratori Diagnosi citogenetica dell’atassia telangectasia IRCCS Burlo Garofolo - Istituto per l’Infanzia, TRIESTE Dr. PECILE Vanna Diagnosi citogenetica dell’atassia telangectasia Sapienza Università di Roma - Policlinico Universitario, ROMA Pr. ELLI Raffaella, Pr. MARCUCCI Liana Diagnosi molecolare dell’atassia telangectasia e sindromi correlate A.O. S. Andrea, ROMA Pr. CHESSA Luciana, Dr. LULLI Patrizia, Dr. PIANE Maria Diagnosi citogenetica dell’atassia telangectasia Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine, UDINE Dr. BORTOTTO Livio, Dr. DALLA FIOR Tiziana Diagnosi molecolare dell’atassia telangectasia (geni ATM e MRE11A) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. BRUSCO Alfredo, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi citogenetica dell’atassia telangectasia Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. MATTINA Teresa, Pr. PAVONE Lorenzo Diagnosi citogenetica dell’atassia telangectasia Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Pr. GENUARDI Maurizio, Pr. GIGLIO Sabrina

Associazioni

AISA - Associazione Italiana per la Lotta alle Sindromi Atassiche ATDDM - Associazione Nazionale Atassia Telangectasia “Davide De Marini’’ - ONLUS UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS ALDEI - Associazione per la Lotta alle Distonie Evolutive Infantili ARD - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Atassia - telangectasia, variante 1 (AT V1) Vedere: Sindrome da rotture cromosomiche, tipo Nijmegen

Atassia, tipo Cayman Vedere: Atassia cerebellare, tipo Cayman

Atassia vestibolocerebellare periodica (PATX) Vedere: Atassia episodica, tipo 4

Atelencefalia Vedere: XK aprosencefalia

Atelosteogenesi 1

ORPHA1190

MIM: 108720 L’atelosteogenesi 1 (AO1, formazione incompleta delle ossa) è una displasia scheletrica perinatale letale ad arti corti, con facies e aspetti radiologici peculiari. I pazienti nascono morti o muoiono subito dopo la nascita. L’ecografia prenatale è in grado di evidenziare la displasia ossea. Una corretta diagnosi

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ORPHANET ITALIA 2011

può essere posta in epoca postnatale, in base alle radiografie scheletriche e all’esame istopatologico osteocartilagineo. Esiste uno spettro fenotipico continuo, a livello radiografico, tra l’atelosteogenesi 1 e la displasia tipo Boomerang; per questo le 2 malattie vengono raggruppate a livello nosologico. L’atelosteogenesi 1/displasia tipo Boomerang originano da mutazioni eterozigoti nel gene che codifica per la filamina B (FLNB). Tutti i casi sono sporadici, originano da mutazioni autosomiche dominanti e de novo del gene FLNB. La malattia è stata descritta molto raramente. *Autori: Prof. D. Sillence e Prof. K. Kozlowski (novembre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net). ORPHA56304

MIM: 256050

Laboratori

Diagnosi molecolare della atrasferrinemia (gene TF) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto ORPHA30391

MIM: 210500

Aterosclerosi - sordità - diabete - epilessia - nefropatia ORPHA1192 MIM: 209010 Questa sindrome è caratterizzata da ipoacusia neurosensoriale, diabete mellito, deterioramento neurologico progressivo con epilessia fotomioclonica e neuropatia progressiva. È stata descritta in 2 fratelli. Sono state riportate anche aterosclerosi precoce delle arterie renali, coronarie e cerebrali. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2006)*.

Associazioni

AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia ORPHA95713

MIM: 218700

Laboratori Diagnosi molecolare dell’ipotiroidismo congenito (gene TSHR) Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. BALDAZZI Lilia, Pr. CICOGNANI Alessandro Diagnosi molecolare di ipotiroidismo congenito (geni NKX2.1, PAX8, TSHR, TPO, DUOXs) Istituto Auxologico Italiano, CUSANO MILANINO (MI) Dr. BONOMI Marco, Dr. CORDELLA Daniela, Pr. PERSANI Luca

Atrasferrinemia

Laboratori

Atresia biliare

Diagnosi molecolare dell’atelosteogenesi 2 (gene SLC26A2) Università degli Studi di Pavia, PAVIA Dr. FORLINO Antonella, Pr. ROSSI Antonio

Atireosi

tropatia e l’ipotiroidismo. La morte può sopraggiungere per collasso cardiaco o per polmonite. Le indagini di laboratorio documentano una grave anemia microcitica, associata a livelli molto bassi o assenti di transferrina. Il trattamento a base di infusioni di plasma o di apotransferrina purificata può stabilizzare o correggere l’anemia e il difetto di crescita. Sono state identificate mutazioni nel gene TF (3q21); uno dei pazienti è risultato eterozigote composto per una delezione/inserzione e una mutazione missenso. I polimorfismi nel gene TF sono stati correlati all’anemia con deficit di ferro nelle donne durante le mestruazioni. Il trattamento a base di infusioni di plasma o di apotransferrina purificata può stabilizzare o correggere l’anemia e il difetto di crescita. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2005)*.

ORPHA1195

MIM: 209300 L’atrasferrinemia congenita è una rarissima malattia autosomica recessiva, descritta solo in 9 pazienti, in 7 famiglie non consanguinee. La malattia è caratterizzata da un’anomala sintesi della transferrina, una proteina del plasma che trasporta il ferro nel sangue. La mancanza di sintesi della transferrina (TF) riduce il trasporto del ferro verso i precursori eritroidi che si sviluppano nel midollo osseo, con conseguente riduzione della sintesi dell’emoglobina e accumulo di ferro nei tessuti periferici (emocromatosi secondaria). I primi sintomi della malattia sono l’anemia ipocromica microcitica grave, il ritardo di crescita e le infezioni ricorrenti. Il sovraccarico di ferro si manifesta soprattutto nel fegato, nel cuore, nel pancreas, nella tiroide, nei reni e nei tendini, con sintomatologia variabile, da lieve a grave, comprendente il collasso cardiaco, epatico, l’ar-

L’atresia biliare (BA) è un difetto raro, di origine sconosciuta, che si manifesta nel periodo neonatale. È la causa più comune di ittero chirurgico colestatico in questa fascia di età. L’incidenza nella popolazione mondiale varia da 5 a 32/100.000 nati vivi ed è più elevata in Asia e nella regione del Pacifico. In Europa occidentale, l’incidenza è di 1/18.000 nati vivi. Le femmine sono colpite lievemente, più spesso rispetto ai maschi. La BA non è ereditaria e la causa non è nota. La diagnosi viene sospettata in presenza di ittero neonatale, feci discromiche e epatomegalia. I successivi accertamenti consentono di verificare lo stato delle vie biliari e di escludere altre cause di ittero colestatico neonatale. Il quadro istopatologico mostra di solito un danno infiammatorio dei dotti biliari intra- ed extraepatici, con sclerosi e restringimento o addirittura occlusione dell’albero biliare. Questa condizione, se non trattata, esita nella cirrosi e nella morte nel 1° anno di vita. Non è disponibile una terapia farmacologia efficace per il trattamento di questo difetto. Una volta che la BA è stata sospettata, deve essere eseguito al più presto, nel periodo neonatale, un intervento chirurgico (portoenterostomia di Kasai), in maniera da ripristinare il flusso biliare verso l’intestino. Nel caso in cui l’intervento di Kasai fallisca o insorgano le complicazioni cirrotiche, può essere necessario il trapianto di fegato. Al momento, approssimativamente il 90% dei pazienti con BA sopravvive e la maggior parte presenta una qualità della vita normale. *Autore: Prof. C. Chardot (aprile 2006)*.

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS

Atresia biliare extraepatica e duodenale - ipoplasia del pancreas - malrotazione intestinale Vedere: Sindrome di Martinez-Frias

Atresia della tricuspide

ORPHA1209

MIM: 605067 L’atresia della tricuspide (2% dei difetti cardiaci) consiste nell’assenza della valvola all’apertura del ventricolo destro. Come tale, può essere classificata come difetto a “ventricolo unico’’, non essendo possibile la riparazione di entrambi i ventricoli, tanto più che il ventricolo destro è ipoplasico. A seconda delle dimensioni del difetto interventricolare e della posizione dei vasi (posizione corretta o trasposta), può essere presente stenosi polmonare (80%), atresia polmonare (10%) e ipertensione arteriosa polmonare, spesso associata a stenosi subaortica. La cianosi è sistemica e l’elettrocardiogramma è caratteristico (asse QRS -30° con un vettore non retto in posizione

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Atelosteogenesi 2

A

Atresia della tricuspide

A

precordiale). L’ecografia conferma la diagnosi e stabilisce l’emodinamica sulla quale si basa il trattamento. Nelle forme con atresia polmonare o con stenosi molto serrata, è indicata, nel periodo neonatale, l’anastomosi sistemico-polmonare, seguita da una derivazione parziale cavo-polmonare se necessaria (dopo i 6 mesi), eventualmente completata da una derivazione cavo-polmonare (dopo i 2 anni). Nelle forme con ipertensione arteriosa polmonare, viene posizionato prima un anello, mentre, per il resto, il trattamento chirurgico è simile. L’esito a lungo termine è incerto e spesso infausto, come per altre forme di malformazione “a ventricolo unico”. *Autore: Prof. D. Sidi (novembre 2004)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

ORPHANET ITALIA 2011

Atresia delle coane - sordità - cardiopatia

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atresia delle coane - sordità - cardiopatia

ORPHA1200

MIM: 608572 Sono stati descritti 5 bambini in 3 famiglie con atresia bilaterale delle coane associata a facies caratteristica con orecchie prominenti, ipertelorismo, rime palpebrali strette e anomalie del terzo esterno della palpebra inferiore. In un caso, la presenza di un’erniazione della camera anteriore dell’occhio ha richiesto l’enucleazione monolaterale. Tre pazienti presentavano un difetto cardiaco interventricolare, 3 avevano sordità e 2 labiopalatoschisi monolaterale. Tutti presentavano sviluppo psicomotorio normale. Anche se esiste una significativa sovrapposizione tra questi difetti e l’associazione CHARGE, la notevole somiglianza dei 5 bambini fa ritenere che si tratti di una sindrome nosologicamente distinta che, una volta diagnosticata, suggerisce ottimismo sullo sviluppo psicomotorio. La funzione uditiva deve comunque essere indagata. La ricorrenza in 2 delle 3 famiglie descritte suggerisce una mutazione mendeliana e un possibile gene candidato nelle regioni subtelomeriche del cromosoma 18 (18p o 18q). *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (settembre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atresia delle orecchie - anomalie congenite multiple - ritardo mentale Vedere: Sindrome di Cooper-Wang-Jabs

Atresia duodenale

ORPHA1203

MIM: 223400 L’atresia duodenale è un’embriopatia del tratto craniale dell’intestino caratterizzata dall’assenza completa del lume duodenale. L’incidenza dell’atresia duodenale è compresa tra 1/10.000 e 1/6.000 nati, con un ratio uguale tra i due sessi. Nel 30-52% dei neonati il difetto è isolato, ma spesso si associa ad altre anomalie congenite. Circa il 20-30% dei neonati con atresia duodenale è portatore della trisomia 21 e circa il 20-25% presenta una cardiopatia. Altre anomalie spesso associate sono il difetto di sviluppo del duodeno, il pancreas anulare (si veda questo termine), che rappresentano particolari forme cliniche dell’atresia duodenale, i difetti del tratto biliopancreatico e le cisti del coledoco. L’atresia duodenale viene classificata in 3 tipi: il tipo 1 (diaframma duodenale) è caratterizzato dalla presenza di una membrana diaframmatica mucosa e di una parete muscolare intatta; il tipo 2 (atresia duodenale completa) è contraddistinta da un cordone fibroso corto che collega le 2 estremità del duodeno atresico; il tipo 3 (sempre atresia duodenale completa) è caratterizzato dalla separazione completa delle due estremità del duodeno e si associa talora al pancreas anulare. Il quadro clinico dipende dalla gravità dell’atresia. Le ostruzioni importanti nei primi giorni di vita si associano al vomito biliare, se l’ostacolo

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è intravateriano. Queste ostruzioni iniziano nelle ore immediatamente dopo la nascita e si accompagnano a problemi alimentari. I sintomi più comuni sono la perdita di peso, la disidratazione e l’alcalosi metabolica ipocloremica. Le ostruzioni meno gravi possono evidenziarsi anche diversi mesi o anni dopo la nascita e si associano a vomito biliare senza distensione addominale (segno principale); tuttavia, l’unico sintomo può essere il ritardo della crescita. In molti casi, l’atresia duodenale è sporadica, anche se in alcune famiglie è stata suggerita una trasmissione autosomica recessiva. Anche se la causa esatta dell’atresia non è nota, sono stati implicati i difetti vascolari, le anomalie nella migrazione delle cellule neurali e un difetto nella ricanalizzazione del lume duodenale. La diagnosi clinica è confermata dalla radiografia dell’addome, che mostra un aspetto a “doppia bolla” con aria bloccata all’interno della prima porzione del duodeno e dello stomaco, a causa della distensione simultanea dello stomaco e della prima porzione del duodeno (sopra la stenosi). La diagnosi prenatale è possibile nell’80-90% dei casi (si effettua con un’ecografia al 7° mese o prima che sia evidente l’aspetto a “doppia bolla”). Le diagnosi differenziali si pongono con la comparsa tardiva di una stenosi pilorica, nel caso di diaframma incompleto, e con le altre forme di atresia intestinale, il volvolo intestinale insorto su un mesentere comune e la duplicazione del duodeno. La presa in carico prevede la rianimazione e la correzione chirurgica in epoca neonatale. Le complicazioni postoperatorie sono rare, anche se in casi sporadici sono state descritte complicazioni tardive (megaduodeno, sindrome dell’ansa cieca, reflusso duodeno-gastrico, esofagite, pancreatite, colecistite, colelitiasi). La prognosi associata a un intervento chirurgico precoce è eccellente. *Autore: Prof. F. Bargy (febbraio 2009)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atresia esofagea

ORPHA1199

MIM: 189960 L’atresia esofagea (AE) comprende un gruppo di difetti congeniti che causano l’interruzione della continuità dell’esofago, in presenza o in assenza di una comunicazione persistente con la trachea. Nell’86% dei casi è presente una fistola tracheo-esofagea distale, nel 7% non si osservano tragitti fistolosi e nel 4% si riscontra una fistola tracheo-esofagea senza atresia. I casi restanti sono pazienti affetti da AE con fistole tracheoesofagee prossimali, o prossimali e distali. L’AE ha una prevalenza di 1/2.500 nati vivi. I neonati affetti dall’AE non sono in grado di deglutire e presentano una salivazione eccessiva, che richiede ripetute aspirazioni. Nel 50% dei casi sono presenti anomalie correlate, la maggior parte delle quali all’interno dell’associazione VACTERL (anomalie vertebrali, anorettali, cardiache, tracheo-esofagee, renali e difetti degli arti). L’eziologia non è nota ed è probabilmente multifattoriale. Tuttavia, sono stati ottenuti dati interessanti su modelli animali, in particolare relativi a un difetto di espressione del gene Sonic hedgehog (Shh). La maggior parte dei casi è sporadica e il rischio di ricorrenza per i fratelli è dell’1%. La diagnosi può essere suggerita in epoca prenatale, in base all’assenza o alle ridotte dimensioni, all’ecografia alla 18a settimana di amenorrea, della bolla gastrica. La probabilità di essere in presenza di un’atresia aumenta quando coesiste un polidramnios. L’inserimento di un tubo nasogastrico alla nascita consente di confermare o di escludere la diagnosi e deve essere praticato in tutti i neonati nati da gravidanze complicate da polidramnios e in quelli che secernono, subito dopo il parto, un eccesso di muco. Nella AE il tubo non deve superare i 10 cm all’interno della bocca (un’ulteriore conferma può essere ottenuta attraverso l’esame radiologico del torace e dell’addome). Il trattamento definitivo comprende l’escissione della fistola tracheo-esofagea, la chiusura del difetto tracheale e l’anastomosi primaria dell’esofago. La correzione primaria ritardata può essere tentata solo nel caso in cui sia presente un ampio intervallo tra le estremità dell’esofago. Solo di rado

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ORPHANET ITALIA 2011

è necessario intervenire con la sostituzione dell’esofago. La sopravvivenza dipende dal peso neonatale e dalla concomitanza di una cardiopatia grave. I neonati che pesano oltre 1,5 kg e non presentano altri problemi cardiaci raggiungono un tasso di sopravvivenza quasi pari al 100%, ma il tasso di sopravvivenza diminuisce in presenza di altri fattori di rischio. *Autore: Prof. L. Spitz (maggio 2007)*. Tratto da Oesophageal atresia. Orphanet J Rare Dis. 2007;2:24. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atresia laringea

ORPHA1202

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atrofia convoluta della retina

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana

ORPHA101

MIM: 125370 L’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana è un’affezione neurodegenerativa estremamente rara. In Europa colpisce meno di una persona ogni milione, mentre è molto frequente in Giappone. È una malattia ad eredità autosomica dominante e il quadro clinico varia considerevolmente a seconda dell’età di esordio, che è estremamente variabile: dalla prima infanzia fino a dopo i 60 anni. Le forme precoci sono caratterizzate da epilessia mioclonica progressiva, associata a demenza, mentre nelle forme tardive predominano l’atassia cerebellare e la coreo-atetosi. La mutazione consiste nell’espansione di triplette in un gene localizzato sul cromosoma 12. È disponibile la diagnosi molecolare. L’evoluzione è progressiva e porta alla perdita dell’autonomia in un arco di tempo compreso tra 5 e 20 anni. Il trattamento è esclusivamente sintomatico (antiepilettici per esempio), associato alla riabilitazione funzionale. * Autore: Prof. A. Brice (ottobre 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare dell’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare dell’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Dr. NACMIAS Benedetta, Pr. SORBI Sandro Diagnosi molecolare dell’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Pr. COCOZZA Sergio Diagnosi molecolare dell’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana (gene ATN1) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. GELLERA Cinzia, Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare dell’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana (gene DRPLA) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola

Vedere: Iperornitinemia

ORPHA75373

MIM: 600790 L’atrofia corioretinica bifocale progressiva (PBCRA) è una distrofia corioretinica precoce, caratterizzata da ampie lesioni atrofiche sulla macula e sulla retina nasale, nistagmo, miopia, ridotta acuità visiva e progressione lenta. È stata descritta in 2 estese famiglie. La trasmissione è autosomica dominante; il gene-malattia è stato mappato sul cromosoma 6q, vicino al locus macular dystrophy retinal 1 (MCDR1). *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

Diagnosi molecolare della atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana (gene ATN1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

AISA - Associazione Italiana per la Lotta alle Sindromi Atassiche ALDEI - Associazione per la Lotta alle Distonie Evolutive Infantili ARD - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 150300 L’atresia o membrana laringea congenità è una rara malformazione che consiste in una struttura membranosa, che si estende lungo il lume della laringe a livello delle corde vocali. La prevalenza alla nascita è inferiore a 1/10.000. I segni possono manifestarsi a qualsiasi età (voce rauca o fioca e frequenti infezioni delle vie respiratorie superiori), ma l’esordio avviene di solito durante l’infanzia (distress respiratorio, stridore e pianto insolito). Possono essere associate a questa malformazione altre anomalie della laringe, come la schisi ventrale della laringe e la stenosi sottoglottica. Questa malformazione è il risultato di uno sviluppo embrionale anomalo della laringe, che scaturisce dal riassorbimento incompleto dello strato epiteliale, che normalmente oblitera l’apertura della laringe in sviluppo all’incirca alla 6a settimana di gestazione. Questo strato è, di solito, completamente eliminato entro la 10a settimana. Dato che il riassorbimento procede dal lato dorsale a quello ventrale, le membrane laringeali si posizionano anteriormente, lasciando un lume posteriore. La modalità di trasmissione di questa anomalia, in molteplici famiglie, sembra essere autosomica dominante. Possono essere anche osservate, nei pazienti con membrana laringeale congenita, anomalie cromosomiche e cardiovascolari. Di conseguenza, questi pazienti dovrebbero sottoporsi a screening genetico, compresa la ricerca della delezione del cromosoma 22q11, e a un’approfondita valutazione cardiovascolare, che comprende l’imaging dell’arco aortico. Gli obiettivi principali della presa in carico della membrana laringeale congenita sono quelli di fornire una via aerea pervia e di migliorare la qualità di voce. Tuttavia, le corde vocali tendono alla fibrosi e alla formazione di tessuto di granulazione dopo l’intervento chirurgico. Il trattamento di elezione per la membrana laringeale congenita è la laringotomia e il posizionamento di uno stent. È stata anche sperimentata la terapia laser. Si può ottenere un miglioramento della voce solo nei pazienti con membrane sottili. Il trattamento per le membrane spesse, con o senza stenosi sottoglottica congenita, resta insoddisfacente. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2006)*.

Atrofia corioretinica bifocale progressiva

A

Atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana

A

Atrofia microvillare congenita

Atrofia muscolare spinale cronica

Vedere: Malattia da inclusioni microvillari

Vedere: Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 2

Atrofia multisistemica

ORPHA102

MIM: 146500

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Atrofia microvillare congenita

L’atrofia multisistemica (MSA) è una rara malattia neurodegenerativa caratterizzata dall’associazione variabile tra segni parkinsoniani, cerebellari, del sistema autonomo e piramidali. Nel cervello dei pazienti con MSA si osservano inclusioni gliali citoplasmatiche (GCI) patognomoniche, che contengono alfa-sinucleina. La malattia appartiene al gruppo delle cosiddette alfa-sinucleinopatie, che comprende la demenza con corpi di Lewy, la malattia di Parkinson e la malattia di Hallervorden-Spatz, caratterizzate dall’aggregazione di alfasinucleina nelle regioni colpite del cervello. Questa malattia esordisce mediamente tra i 30 e i 50 anni e ha una evoluzione rapida, con una durata media di 9 anni. La maggior parte dei pazienti presenta, in origine, una sindrome parkinsoniana acinetico-rigida oppure sintomi autonomici, come la disfunzione erettile e la disfunzione della vescica. L’atassia cerebellare può alternativamente prevalere sul fenotipo clinico. La MSA è stata suddivisa in MSA-P e MSA-C, a seconda della predominanza dei sintomi parkinsoniani o di quelli cerebellari. I sintomi parkinsoniani mostrano, tipicamente, una risposta insufficiente alla terapia con Levodopa. Solo l’autopsia consente di confermare la diagnosi della MSA. *Autore: Dott. R. Krüger (novembre 2004)*.

Associazioni

ALDEI - Associazione per la Lotta alle Distonie Evolutive Infantili ARD - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia

Atrofia muscolare - atassia - retinite pigmentosa - diabete mellito ORPHA2579 MIM: 158500 Questa malattia è caratterizzata da atrofia muscolare, atassia, retinite pigmentosa e diabete mellito. È stata descritta in 10 persone di una famiglia, su 4 generazioni. Sono stati osservati diversi casi di trasmissione maschio/maschio. *Autore: team editoriale di Orphanet (agosto 2006)*.

Associazioni

AISA - Associazione Italiana per la Lotta alle Sindromi Atassiche

Atrofia muscolare dei cingoli da deficit di FKRP Vedere: Distrofia muscolare dei cingoli, autosomica recessiva, tipo 2I

Atrofia muscolare spinale - complesso di Dandy-Walker - cataratta ORPHA73245 Questa sindrome è caratterizzata da debolezza muscolare distale simmetrica infantile e atrofia degli arti inferiori, cataratta polare anteriore bilaterale e malformazione di DandyWalker. È stata descritta in 2 fratelli. Non sono stati riportati deficit neurosensoriali o cognitivi. Il cariotipo dei 2 pazienti era normale. Non sono state identificate mutazioni nel gene che codifica per la sopravvivenza del motoneurone (SMN), né nella proteina inibitoria dell’apoptosi neuronale (NAIP) né del recettore degli androgeni. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2006)*

Associazioni

UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Atrofia muscolare spinale dell’adulto Vedere: Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 4

Atrofia muscolare spinale e bulbare Vedere: Malattia di Kennedy

Atrofia muscolare spinale giovanile Vedere: Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 3

Atrofia muscolare spinale infantile Vedere: Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 1

Atrofia muscolare spinale intermedia Vedere: Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 2

Atrofia muscolare spinale prossimale

ORPHA70

MIM: 253300 Le atrofie muscolari spinali prossimali (PSMA) sono un gruppo di malattie neuromuscolari, caratterizzate da debolezza muscolare progressiva dovuta alla degenerazione e alla perdita dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei del tronco encefalo. La prevalenza è stimata in circa 1/30.000. In base all’età d’esordio e alla gravità della malattia, sono stati definiti 4 sottotipi: tipo 1 (PSMA1/SMAI), la forma più grave, con esordio prima dei 6 mesi di vita; tipo 2 (PSMA2/SMAII), con esordio tra i 6 e i 18 mesi di vita; tipo 3 (PMSA3/SMAIII), con esordio tra l’infanzia e l’adolescenza; tipo 4 (PMSA4/SMAIV), la forma meno grave, con esordio nell’età adulta (si vedano questi termini). Tutti i tipi sono caratterizzati da debolezza muscolare e atrofia di grado variabile, che interessa particolarmente gli arti inferiori e i muscoli respiratori. La debolezza è quasi sempre simmetrica e progressiva. Possono essere presenti scoliosi, retrazioni muscolari e contratture articolari. Sono comuni il reflusso gastroesofageo e la stitichezza. Il 95% circa delle PSMA è causato da delezioni omozigoti (sia dell’esone 7, che degli esoni 7 e 8) nel gene SMN1 (5q12.2-q13.3), che codifica per la proteina SMN (survival motor neuron). È stato inoltre identificato un secondo gene (SMN2; 5q13.2) che contribuisce a produrre solo il 10% della proteina SMN a lunghezza completa. Pur con alcune eccezioni, la gravità della PSMA correla inversamente con il numero delle copie del gene SMN2: i pazienti con 3 o 4 copie di solito sviluppano le PSMA3/4, piuttosto che la PSMA1. Sono state identificate anche delezioni del gene NAIP (5q13.1) che possono modificare la gravità della malattia. La trasmissione delle delezioni di SMN1 e NAIP è autosomica recessiva. Circa il 2% dei casi è dovuto a mutazioni de novo. La diagnosi si basa sulla storia e sull’esame clinico e può essere confermata dall’analisi genetica. Possono essere utili anche l’elettromiografia e la biopsia muscolare. La diagnosi differenziale si pone con la sclerosi laterale amiotrofica, le distrofie muscolari congenite, le miopatie congenite, la sclerosi laterale primitiva, la miastenia gravis e le malattie del metabolismo dei carboidrati (si vedano questi termini). La diagnosi prenatale può essere effettuata con l’analisi molecolare sugli amniociti o sui villi coriali. La consulenza genetica dovrebbe essere offerta ai pazienti e ai loro familiari. Sono in corso sperimentazioni cliniche per identificare possibili trattamenti farmacologici, che si rivolgono in particolare ad aumentare i livelli della proteina SMN a lunghezza completa. Tuttavia, al momento, il trattamento è sintomatico e si basa su approcci multidisciplinari, ai fini di migliorare la

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ORPHANET ITALIA 2011

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 1

qualità della vita. Sono necessarie la fisioterapia e le terapie occupazionali e respiratorie. Possono essere necessarie la ventilazione non invasiva e la gastrostomia. La terapia antibiotica è usata in presenza di infezioni polmonari. La scoliosi e i sintomi articolari possono richiedere la correzione chirurgica. I pazienti possono necessitare della sedia a rotelle o di corsetti di sostegno della schiena. La prognosi dipende dalla gravità della malattia, che correla di solito con l’età d’esordio: le forme a esordio più precoce si associano per lo più a una prognosi peggiore, mentre l’aspettativa di vita si avvicina alla norma nelle forme a esordio più tardivo. La morte può sopraggiungere a causa dell’insufficienza respiratoria e delle infezioni. *Autore: Dott. H. Topaloglu (luglio 2009)*.

Laboratori

Associazioni

Fondazione Federica ASAMSI - Associazione Studio Atrofie Muscolari Spinali Infantili - ONLUS Associazione di Volontariato Girotondo - ONLUS Associazione Malattie Rare “Mauro Baschirotto’’ - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 1

ORPHA83330

MIM: 253300 L’atrofia muscolare spinale prossimale tipo 1 (PSMA1/SMAI) è una grave forma infantile di atrofia muscolare spinale prossimale (si veda questo termine) caratterizzata da importante e progressiva debolezza muscolare e ipotonia da degenerazione e perdita dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei del tronco encefalo. La prevalenza è stimata attorno a 1/80.000 e l’incidenza annuale in 1/10.000. La patologia è leggermente più frequente nei maschi rispetto alle femmine. L’esordio avviene prima dei 6 mesi di vita (generalmente prima dei 3 mesi). La debolezza muscolare grave (quasi sempre simmetrica) interessa dapprima prossimalmente gli arti e poi progressivamente le estremità distali (mani e piedi). Il pianto è debole. Sono comuni la suzione ipovalida e i disturbi della deglutizione, con conseguenti difficoltà all’alimentazione. I riflessi tendinei profondi sono assenti. È comune l’insufficienza respiratoria. Possono essere presenti lievi contratture (delle ginocchia e, più raramente, dei gomiti) e la scoliosi. I pazienti non sono in grado di sedere senza supporto e non raggiungono mai la deambulazione. Analogamente alle altre forme di PSMA, la PSMA1 è in primo luogo causata dalle delezioni omozigoti del gene SMN1 (5q12.2-q13.3) che codifica per la proteina SMN (survival motor neuron). Pur con qualche eccezione, la gravità della malattia correla inversamente con il numero delle copie del secondo gene SMN (SMN2; 5q13.2). I pazienti con PMSA1 hanno un numero basso di copie di SMN2 (1 o 2). Nei pazienti con PSMA1 sono state identificate anche delezioni del gene NAIP (5q13.1), che possono modificare la gravità della malattia. La trasmissione è autosomica recessiva, ma può essere causata da mutazioni de novo in circa il 2% dei casi. La diagnosi si basa sulla storia e sulla valutazione clinica e può essere confermata dall’ana-

lisi genetica. La diagnosi differenziale si pone con la PMSA2/ SMAII, le distrofie muscolari congenite, le miopatie congenite, alcune patologie mitocondriali a esordio precoce e le malattie del metabolismo dei carboidrati (si vedano questi termini). La diagnosi prenatale è possibile con l’analisi molecolare sugli amniociti o sui villi coriali. La consulenza genetica dovrebbe essere offerta a tutte le famiglie. Sono in corso sperimentazioni cliniche, per identificare potenziali trattamenti farmacologici, principalmente rivolti ad aumentare i livelli della proteina SMN a lunghezza completa. Tuttavia, al momento, il trattamento resta sintomatico e si basa su un approccio multidisciplinare finalizzato a migliorare la qualità della vita. È necessario un supporto respiratorio ed è raccomandata la fisioterapia. Possono essere utili la ventilazione non invasiva e la gastrostomia. La terapia antibiotica è utile solo nel caso di infezioni polmonari. La prognosi è di solito infausta, in quanto molti pazienti muoiono nei primi 2 anni di vita per insufficienza respiratoria. Tuttavia, in alcuni casi, i sintomi sono stabili o regrediscono e i pazienti possono vivere più a lungo. *Autore: Dott. H. Topaloglu (luglio 2009)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN) CNR, MANGONE (CS) Dr. MUGLIA Maria Diagnosi molecolare delle atrofie muscolari spinali Azienda Ospedaliera BMM, REGGIO CALABRIA Dr. LAGANÀ Carmelo, Dr. MAMMÌ Corrado Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS “E. Medea”, BOSISIO PARINI (LC) Pr. BRESOLIN Nereo, Dr. RAGGI Maria Elisabetta Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale Toma Advanced Biomedical Assays S.p.A., BUSTO ARSIZIO (VA) Dr. MAGGI Federico, Pr. SIMONI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Dr. MURRU Stefania, Pr. ROSATELLI Maria Cristina Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Ospedale Santa Chiara, PISA Dr. BALDINOTTI Fulvia, Dr. SIMI Paolo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (SMA1, 2, 3; geni SMN1 e SMN2) Università degli Studi di Padova, PADOVA Pr. MOSTACCIUOLO Maria Luisa Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Policlinico Universitario di Chieti, CHIETI Pr. PALKA Giandomenico, Pr. STUPPIA Liborio Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine, UDINE Pr. DAMANTE Giuseppe, Dr. LONIGRO Renata Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Pr. NOVELLI Giuseppe

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Istituto CSS-Mendel, ROMA Dr. MINGARELLI Rita, Dr. TORRENTE Isabella Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Fondazione Istituto Neurologico “C. Mondino” - IRCCS, PAVIA Dr. CEREDA Cristina, Dr. GRIECO Gaetano

A

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

A

ORPHANET ITALIA 2011

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 2

Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Istituto CSS-Mendel, ROMA Dr. MINGARELLI Rita, Dr. TORRENTE Isabella Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale, tipo 1 Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. BRAHE Christina, Pr. NERI Giovanni, Dr. TIZIANO Francesco Danilo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Laboratorio Genetica Medica Artemisia, ROMA Dr. MESORACA Alvaro Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 1, 2 e 3 (gene SMN) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CALÌ Francesco, Pr. ROMANO Valentino Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale (gene SMN1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros Diagnosi genetica preconcezionale sul primo globulo polare (analisi dei microsatelliti) Policlinico Universitario di Padova, PADOVA Pr. FORESTA Carlo, Dr. VINANZI Cinzia, Dr. ZUCCARELLO Daniela

Associazioni

Fondazione Federica ASAMSI - Associazione Studio Atrofie Muscolari Spinali Infantili - ONLUS Associazione di Volontariato Girotondo - ONLUS Associazione Malattie Rare “Mauro Baschirotto’’ - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 2

ORPHA83418

MIM: 253550 L’atrofia muscolare spinale prossimale tipo 2 (PSMA2/SMAII) è una forma infantile cronica di atrofia muscolare spinale prossimale (si veda questo termine), caratterizzata da debolezza muscolare e ipotonia da degenerazione e perdita dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei del tronco encefalo. La prevalenza è stimata in circa 1/70.000. La malattia è leggermente più frequente nei maschi rispetto alle femmine. L’esordio della malattia avviene tra i 6 e i 18 mesi di vita (generalmente intorno ai 15 mesi). Di solito i bambini affetti hanno difficoltà nella stazione seduta autonoma e a 1 anno di vita non hanno acquisito la stazione eretta autonoma e la deambulazione. La debolezza muscolare (quasi sempre simmetrica) interessa prevalentemente gli arti inferiori e i muscoli del tronco. È comune il tremore delle dita, l’insufficienza respiratoria, la scoliosi e le fratture secondarie a traumi anche di minima entità. Come le altre forme di PSMA, la PSMA2 è di solito causata da delezioni nel gene SMN1 (5q12.2-q13.3) che codifica per la proteina SMN (survival motor neuron). Pur con qualche eccezione, la gravità della malattia nelle PSMA correla inversamente con il numero di copie del secondo gene SMN (SMN2; 5q13.2). I pazienti con PMSA2 hanno in media 3 copie di SMN2. Nei pazienti con PSMA2 sono state identificate anche delezioni del gene NAIP (5q13.1) che possono modificare la gravità della malattia. La trasmissione è autosomica recessiva, ma in circa il 2% dei casi la malattia è causata da mutazioni de novo. La diagnosi si basa sulla storia e sulla valutazione clinica e può essere

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confermata dall’analisi genetica. Possono essere necessarie l’elettromiografia e la biopsia muscolare. La diagnosi differenziale si pone con la sclerosi laterale amiotrofica, le distrofie muscolari congenite, le miopatie congenite, le sclerosi laterali primitive, la miastenia gravis e le malattie del metabolismo dei carboidrati (si vedano questi termini). La diagnosi prenatale è possibile con l’analisi molecolare degli amniociti o dei villi coriali. La consulenza genetica dovrebbe essere offerta a tutte le famiglie affette. Sono in corso sperimentazioni cliniche per identificare i possibili trattamenti farmacologici per la PSMA2, che sono principalmente rivolti ad aumentare i livelli della proteina SMN a lunghezza completa. Tuttavia, al momento, il trattamento resta sintomatico, ed è di natura multidisciplinare, finalizzata a migliorare la qualità della vita. È necessario il supporto respiratorio. Sono raccomandate la fisioterapia e la terapia occupazionale. Può essere utile la ventilazione non invasiva. La terapia antibiotica è richiesta nel caso di infezione polmonare. La scoliosi può richiedere corsetti per il sostegno della schiena o la correzione chirurgica. L’aspettativa di vita per i pazienti con PSMA2 è variabile. Con il trattamento opportuno, soprattutto per l’insufficienza respiratoria, la maggior parte dei pazienti sopravvive oltre la vita adulta, pur non raggiungendo la deambulazione autonoma. *Autore: Dott. H. Topaloglu (luglio 2009)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN) CNR, MANGONE (CS) Dr. MUGLIA Maria Diagnosi molecolare delle atrofie muscolari spinali Azienda Ospedaliera BMM, REGGIO CALABRIA Dr. LAGANÀ Carmelo, Dr. MAMMÌ Corrado Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS “E. Medea”, BOSISIO PARINI (LC) Pr. BRESOLIN Nereo, Dr. RAGGI Maria Elisabetta Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale Toma Advanced Biomedical Assays S.p.A., BUSTO ARSIZIO (VA) Dr. MAGGI Federico, Pr. SIMONI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Dr. MURRU Stefania, Pr. ROSATELLI Maria Cristina Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Ospedale Santa Chiara, PISA Dr. BALDINOTTI Fulvia, Dr. SIMI Paolo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (SMA1, 2, 3; geni SMN1 e SMN2) Università degli Studi di Padova, PADOVA Pr. MOSTACCIUOLO Maria Luisa Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Policlinico Universitario di Chieti, CHIETI Pr. PALKA Giandomenico, Pr. STUPPIA Liborio Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine, UDINE Pr. DAMANTE Giuseppe, Dr. LONIGRO Renata Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Pr. NOVELLI Giuseppe

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ORPHANET ITALIA 2011

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 3

Associazioni

Fondazione Federica ASAMSI - Associazione Studio Atrofie Muscolari Spinali Infantili - ONLUS Associazione di Volontariato Girotondo - ONLUS Associazione Malattie Rare “Mauro Baschirotto’’ - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 3

ORPHA83419

MIM: 253400 L’atrofia muscolare spinale prossimale tipo 3 (PSMA3/SMAIII) è una forma relativamente lieve di atrofia muscolare spinale prossimale (si veda questo termine) caratterizzata da debolezza muscolare e ipotonia da degenerazione e perdita dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei del tronco encefalo. La prevalenza è stimata in circa 1/375.000. La malattia si manifesta dopo i 12 mesi di vita (generalmente tra l’infanzia e l’adolescenza), dopo l’acquisizione della deambulazione autonoma. Alcuni autori distinguono 2 sottotipi (PSMA3a/SMAIIIa e PSMA3b/SMAIIIb): la PSMA3a comprende i pazienti con esordio prima dei 3 anni, mentre la PSMA3b quelli con esordio dopo i 3 anni. Sono comuni le difficoltà nella deambulazione, nella corsa e nel salire e scendere le scale. La debolezza muscolare colpisce soprattutto le gambe e i muscoli pelvici, per poi progredire verso le spalle e le braccia. Le gambe sono di solito maggiormente interessate rispetto alle braccia. Sono comuni la debolezza e i tremori alle dita; il riflesso patellare è assente. Analogamente alle altre forme di PSMA, la PSMA3 è dovuta di solito alle delezioni del gene SMN1 (5q12.2-q13.3) che codifica per la proteina SMN (survival motor neuron). Pur con qualche eccezione, la gravità della malattia nelle PSMA correla inversamente con il numero delle copie del secondo gene SMN (SMN2; 5q13.2). I pazienti con PMSA3 hanno 3 (PSMA3a) o 4 (PSMA3b) copie di SMN2. Sono state identificate delezioni del gene NAIP (5q13.1) nei pazienti con PSMA3; tali delezioni possono modificare la gravità della malattia, anche se meno spesso rispetto ai pazienti con PSMA1 e 2. La trasmissione è autosomica recessiva, ma circa il 2% dei casi è causato da mutazioni de novo. La diagnosi si basa sulla storia e sulla valutazione clinica e può essere confermata con l’analisi genetica. Possono essere necessarie l’elettromiografia e la biopsia muscolare. La diagnosi differenziale si pone con la sclerosi laterale amiotrofica, le distrofie muscolari congenite, le miopatie congenite, la sclerosi laterale primitiva, la miastenia gravis e i difetti del metabolismo dei carboidrati (si vedano

questi termini). La diagnosi prenatale è possibile con l’analisi molecolare sugli amniociti o sui villi coriali e la consulenza genetica dovrebbe essere offerta ai pazienti e alle loro famiglie. Sono in corso sperimentazioni cliniche per identificare terapie farmacologiche specifiche per le PSMA. Studi preliminari hanno indicato che l’acido valproico (un inibitore dell’istone-deacetilasi) può migliorare quantitativamente la forza muscolare e soggettivamente le funzioni motorie nei pazienti con PSMA3. Tuttavia, al momento, il trattamento è sintomatico, e si basa su un approccio multidisciplinare finalizzato a migliorare la qualità della vita. Sono raccomandate la fisioterapia e la terapia occupazionale. Alcuni pazienti possono necessitare della sedia a rotelle durante l’infanzia (più spesso quelli con PSMA3a), mentre altri mantengono la capacità di deambulare nella vita adulta (più spesso quelli con PSMA3b). La PSMA3 progredisce lentamente e l’aspettativa di vita è di solito normale. Tuttavia, le deformità della colonna vertebrale sono frequenti e le complicazioni possono causare costrizioni polmonari. *Autore: Dott. H. Topaloglu (luglio 2009)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN) CNR, MANGONE (CS) Dr. MUGLIA Maria Diagnosi molecolare delle atrofie muscolari spinali Azienda Ospedaliera BMM, REGGIO CALABRIA Dr. LAGANÀ Carmelo, Dr. MAMMÌ Corrado Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS “E. Medea”, BOSISIO PARINI (LC) Pr. BRESOLIN Nereo, Dr. RAGGI Maria Elisabetta Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale Toma Advanced Biomedical Assays S.p.A., BUSTO ARSIZIO (VA) Dr. MAGGI Federico, Pr. SIMONI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Dr. MURRU Stefania, Pr. ROSATELLI Maria Cristina Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Ospedale Santa Chiara, PISA Dr. BALDINOTTI Fulvia, Dr. SIMI Paolo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (SMA1, 2, 3; geni SMN1 e SMN2) Università degli Studi di Padova, PADOVA Pr. MOSTACCIUOLO Maria Luisa Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Policlinico Universitario di Chieti, CHIETI Pr. PALKA Giandomenico, Pr. STUPPIA Liborio Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine, UDINE Pr. DAMANTE Giuseppe, Dr. LONIGRO Renata Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Istituto CSS-Mendel, ROMA Dr. MINGARELLI Rita, Dr. TORRENTE Isabella Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. BRAHE Christina, Pr. NERI Giovanni, Dr. TIZIANO Francesco Danilo

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Istituto CSS-Mendel, ROMA Dr. MINGARELLI Rita, Dr. TORRENTE Isabella Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. BRAHE Christina, Pr. NERI Giovanni, Dr. TIZIANO Francesco Danilo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Laboratorio Genetica Medica Artemisia, ROMA Dr. MESORACA Alvaro Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 1, 2 e 3 (gene SMN) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CALÌ Francesco, Pr. ROMANO Valentino Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale (gene SMN1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

A

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

A

ORPHANET ITALIA 2011

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 4

Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Laboratorio Genetica Medica Artemisia, ROMA Dr. MESORACA Alvaro Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 1, 2 e 3 (gene SMN) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CALÌ Francesco, Pr. ROMANO Valentino Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale (gene SMN1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

Fondazione Federica ASAMSI - Associazione Studio Atrofie Muscolari Spinali Infantili - ONLUS Associazione di Volontariato Girotondo - ONLUS Associazione Malattie Rare “Mauro Baschirotto’’ - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Atrofia muscolare spinale prossimale, tipo 4

ORPHA83420

MIM: 271150 L’atrofia muscolare spinale prossimale tipo 4 (PSMA4/SMAIV) è la forma ad esordio adulto dell’atrofia muscolare spinale prossimale (si veda questo termine), caratterizzata da debolezza muscolare e ipotonia da degenerazione e perdita dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei del tronco encefalo. La prevalenza è stimata in circa 1/300.000. La PSMA4 di solito si manifesta nella 2a o 3a decade di vita. La debolezza muscolare colpisce soprattutto gli arti inferiori e i muscoli pelvici e poi progressivamente coinvolge le spalle e le braccia. È comune l’andatura a base allargata. Possono essere presenti tremori alle dita, fascicolazioni e ipertrofia del polpaccio. Il quadro clinico è simile a quello della PSMA3/SMAIII (si veda questo termine), ma nella PSMA4 la debolezza a livello motorio è meno grave. Analogamente alle altre forme di PSMA, la PSMA4 si associa alle delezioni del gene SMN1(5q12.2-q13.3) che codifica per la proteina SMN (survival motor neuron). Le delezioni del gene SMN1 si trasmettono con modalità autosomica recessiva. Pur con alcune eccezioni, la gravità della malattia nelle PSMA correla inversamente con il numero delle copie del secondo gene SMN (SMN2; 5q13.2); alcuni studi hanno dimostrato che i pazienti con il fenotipo PSMA4 lieve hanno copie multiple (da 4 a 6) di SMN2. Tuttavia, in alcuni pazienti con diagnosi di PSMA4 non sono state identificate mutazioni nel gene SMN1; in questi casi l’anomalia genetica non è nota. La diagnosi si basa sulla storia e sulla valutazione clinica. Nei pazienti con anomalie del gene SMN1, la diagnosi può essere confermata dall’analisi genetica. Possono essere necessarie l’elettromiografia e la biopsia muscolare. La diagnosi differenziale si pone con la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi laterale primitiva, la miastenia gravis e le malattie del metabolismo dei carboidrati (si vedano questi termini). Dovrebbe essere offerta la consulenza genetica; la diagnosi prenatale può essere effettuata nelle famiglie nelle quali sono state identificate le mutazioni del gene SMN1. Il trattamento è sintomatico, coinvolgendo un approccio multidisciplinare finalizzato a migliorare la qualità della vita. Sono raccomandate la fisioterapia e la terapia occupazionale. Sono in corso sperimentazioni cliniche che mirano a identificare trattamenti farmacologici specifici per le PSMA; studi preliminari hanno indicato che l’acido valproico (un inibitore dell’istone-deacetilasi) può migliorare quantitativamente la forza muscolare e soggettivamente la funzione motoria nei pazienti con PSMA4. La PSMA4 è la forma più

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lieve di PSMA e di solito la malattia ha un decorso benigno, in quanto i pazienti possono avere un’aspettativa di vita normale. *Autore: Dott. H. Topaloglu (luglio 2009)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN) CNR, MANGONE (CS) Dr. MUGLIA Maria Diagnosi molecolare delle atrofie muscolari spinali Azienda Ospedaliera BMM, REGGIO CALABRIA Dr. LAGANÀ Carmelo, Dr. MAMMÌ Corrado Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS “E. Medea”, BOSISIO PARINI (LC) Pr. BRESOLIN Nereo, Dr. RAGGI Maria Elisabetta Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale Toma Advanced Biomedical Assays S.p.A., BUSTO ARSIZIO (VA) Dr. MAGGI Federico, Pr. SIMONI Giuseppe Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Dr. MURRU Stefania, Pr. ROSATELLI Maria Cristina Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Ospedale Santa Chiara, PISA Dr. BALDINOTTI Fulvia, Dr. SIMI Paolo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (SMA1, 2, 3; geni SMN1 e SMN2) Università degli Studi di Padova, PADOVA Pr. MOSTACCIUOLO Maria Luisa Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Policlinico Universitario di Chieti, CHIETI Pr. PALKA Giandomenico, Pr. STUPPIA Liborio Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (geni SMN1 e SMN2) Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine, UDINE Pr. DAMANTE Giuseppe, Dr. LONIGRO Renata Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale (gene SMN1) Istituto CSS-Mendel, ROMA Dr. MINGARELLI Rita, Dr. TORRENTE Isabella Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. BRAHE Christina, Pr. NERI Giovanni, Dr. TIZIANO Francesco Danilo Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale Laboratorio Genetica Medica Artemisia, ROMA Dr. MESORACA Alvaro Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale IRCCS OASI Maria Santissima, TROINA (EN) Dr. CALÌ Francesco, Pr. ROMANO Valentino Diagnosi molecolare dell’atrofia muscolare spinale prossimale (gene SMN1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

Fondazione Federica ASAMSI - Associazione Studio Atrofie Muscolari Spinali Infantili - ONLUS Associazione di Volontariato Girotondo - ONLUS Associazione Malattie Rare “Mauro Baschirotto’’ - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

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ORPHANET ITALIA 2011

Atrofia olivo-ponto-cerebellare - sordità

ORPHA2732

Questa sindrome è caratterizzata da atrofia olivo-ponto-cerebellare ad esordio infantile, sordità neurosensoriale e difficoltà del linguaggio. È stata descritta in meno di 15 bambini. Molti casi sono sporadici, anche se è stata suggerita una trasmissione autosomica recessiva in 3 casi. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atrofia ottica

A

Aurocefalosindattilia

ORPHA103

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atrofia ottica (gene OPA1) CNR, MANGONE (CS) Dr. CITTADELLA Rita Diagnosi molecolare dell’atrofia ottica autosomica dominante Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BIANCHI Silvia, Dr. CARDAIOLI Elena, Sig. DA POZZO Paola, Pr. FEDERICO Antonio

Associazioni

ORPHA67036

MIM: 165300 Questa sindrome è caratterizzata da atrofia ottica e cataratta che, di solito, compaiono durante l’infanzia. Possono essere presenti lievi segni extrapiramidali. È stata descritta in 10 pazienti e la trasmissione è autosomica dominante. Sono state identificate mutazioni nel gene OPA3. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*

Laboratori Diagnosi molecolare dell’atrofia ottica con cataratta, autosomica dominante Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BIANCHI Silvia, Dr. CARDAIOLI Elena, Sig. DA POZZO Paola, Pr. FEDERICO Antonio

Atrofia ottica infantile con corea e paraplegia spastica Vedere: Aciduria 3-metilglutaconica, tipo 3

Atrofia ottica - oftalmoplegia - ptosi - sordità - miopatia Vedere: Sindrome di Treft-Sanborn-Carey

Atrofia ottica, tipo Leber Vedere: Neuropatia ottica ereditaria di Leber

Atrofia spinale benigna, autosomica dominante

ORPHA1216

MIM: 600175

Associazioni

Associazione Malattie Rare “Mauro Baschirotto’’ - ONLUS

Atrofoderma lineare di Moulin

ORPHA140933

L’atrofoderma lineare di Moulin (LAM) è caratterizzato da lesioni iperpigmentate e leggermente atrofiche disposte a fasce lungo le linee di Blaschko sul tronco o sugli arti. Dopo la sua descrizione iniziale nel 1992, sono stati riportati meno di 30 casi. L’esordio avviene durante l’infanzia o l’adolescenza e la malattia non è progressiva. Non è presente un’infiammazione prima o dopo la comparsa della sclerodermia. L’eziologia non è nota e poiché la LAM segue le linee di Blaschko, è stato suggerito che la malattia sia dovuta al mosaicismo di un gene predisponente. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2008)*.

RETINA LAZIO - Associazione Malattie Degenerative della Retina e Ipovisone - ONLUS Associazione Displasia Ottica e Ipoplasia del Nervo Ottico KÓROS - Associazione per Promuovere la Ricerca e la Prevenzione delle Malattie Oculari Infantili - ONLUS

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Atrofia ottica, autosomica dominante, tipo 3

Vedere: Sindrome di Alport - ritardo mentale - ipoplasia mediofacciale - ellissocitosi

Vedere: Atrofia ottica e cataratta, autosomica dominante

Atrofia ottica, autosomica recessiva, tipo 3 Vedere: Aciduria 3-metilglutaconica, tipo 3

Atrofia ottica di Costeff Vedere: Aciduria 3-metilglutaconica, tipo 3

ATS-MR

Aurocefalosindattilia

ORPHA1219

MIM: 109050 L’aurocefalosindattilia è una sindrome caratterizzata da craniosinostosi associata ad altre malformazioni. È stata descritta in una sola famiglia con 5 persone affette (3 maschi e 2 femmine) su 2 generazioni. La craniosinostosi si associava ad altri segni clinici: orecchie caratteristiche, columella corta

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 165300 Le atrofie ottiche (OA) fanno parte di un gruppo specifico di neuropatie ottiche ereditarie, a eredità dominante o recessiva. L’atrofia ottica autosomica dominante (ADOA) tipo Kjer è la più frequente OA, mentre l’atrofia ottica autosomica recessiva (AROA) è rara. La prevalenza dell’ADOA varia da 1/50.000 a 1/10.000. La frequenza della AROA è sconosciuta, ma la malattia sembra rara. La risonanza magnetica dei pazienti con ADOA dimostra la perdita critica di tessuto del nervo ottico da riduzione delle cellule gangliari retiniche. L’età d’esordio dell’ADOA è di solito tra i 4 e i 6 anni, anche se i sintomi visivi sono spesso impercettibili fino all’età avanzata, perché la diminuzione dell’acuità visiva è lentamente progressiva. Non è presente deficit neurologico, ma si riscontra lieve ipoacusia. Nell’AROA congenita pura, l’atrofia ottica non si associa mai a difetti neurologici e il deterioramento visivo è grave. A causa dell’importanza dei sintomi visivi, l’AROA può essere diagnosticata molto presto, di solito prima dei 4 anni. L’ADOA è stata associata a oltre 60 mutazioni nel gene OPA1, che mappa su 3q28, che codifica per un omologo della GTPasi, associata alla dinamina nei lieviti, che è espressa anche nelle cellule gangliari retiniche e nel nervo ottico. Sono stati descritti altri 2 loci ADOA sul cromosoma 18p12.2-q12.3 (OPA4) e sul cromosoma 22q12.1-q13.1 (OPA5). È stato descritto anche un locus AROA che mappa sul cromosoma 8q21-q22 (ROA1). *Autore: Dott. C. Orssaud (marzo 2005)*.

Atrofia ottica e cataratta, autosomica dominante

A

ORPHANET ITALIA 2011

Autismo

(base della parete nasale che divide le narici) e sindattilia simmetrica del IV e del V dito del piede. Due fratelli sono stati trattati con craniectomia e hanno sviluppato ritardo mentale lieve e ipoacusia. Il 3° fratello è morto per una cardiopatia congenita durante l’infanzia. La sindrome è probabilmente trasmessa come carattere autosomico dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2005)*.

identificati nel bambino difetti genetici precisi, il rischio di ricorrenza è stimato in circa 5-10%. Non è disponibile un trattamento specifico. La presa in carico è soprattutto sintomatica e riabilitativa e deve essere impostata sui bisogni del bambino. Un intervento educativo precoce migliora in maniera significativa la prognosi. *Autore: Dott. C. Betancur (giugno 2007)*.

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Laboratori

Autismo

ORPHA106

MIM: 209850

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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L’autismo è una malattia neurologica dello sviluppo caratterizzata da deficit nella socializzazione e nella comunicazione e comportamenti ripetitivi e stereotipati. Recenti dati epidemiologici mostrano che l’autismo è una malattia comune, presente in 1/500. La prevalenza complessiva delle malattie che fanno parte dello spettro dell’autismo (autismo, sindrome di Asperger e disturbi pervasivi non specifici dello sviluppo, PDD-NOS) è stata stimata in 1/167. L’autismo è quattro volte più frequente nei maschi rispetto alle femmine. I disturbi dello sviluppo, di solito, si presentano prima dei 3 anni. Il linguaggio spesso compare tardivamente o è assente. I pazienti spesso presentano deficit cognitivo. In alcuni casi insorgono crisi epilettiche. Lo studio dei casi familiari e dei gemelli rivela una significativa componente genetica. Nel 10-25% dei casi, l’autismo si associa a specifiche malattie genetiche, come la sclerosi tuberosa e la sindrome dell’X fragile (si vedano questi termini) o ad anomalie cromosomiche. Tuttavia, in molti casi, l’eziologia non è nota. La diagnosi si basa sull’esame clinico e deve essere stabilita da esperti. È molto importante la testimonianza dei genitori circa le tappe dello sviluppo del bambino, nonché la valutazione dei suoi disturbi. Devono essere escluse alcune malattie genetiche che possono associarsi ad autismo (patologie cromosomiche, sindrome dell’X fragile). All’esordio, l’autismo può essere scambiato con la sordità, con qualche forma di deficit del linguaggio o con un deficit cognitivo. L’autismo è più frequente nelle famiglie che hanno già avuto un bambino affetto, rispetto alla popolazione generale. Se non vengono

Diagnosi citogenetica molecolare di autismo mediante CGH Array Università degli Studi di Pavia, PAVIA Pr. ZUFFARDI Orsetta

Associazioni

Fondazione Bambini e Autismo - ONLUS ANGSA - Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici CUAMJ - Centro Universo Autismo Meridionale Jonico

Autismo - angioma facciale color “vino Porto’’

ORPHA137911

Questa sindrome è caratterizzata da angioma monolaterale del viso e da disturbi autistici, consistenti in un ritardo del linguaggio e interazioni sociali atipiche. La sindrome è stata descritta in 4 bambini. Inizialmente erano stati inquadrati nella sindrome di Sturge-Weber (si veda questo termine), nonostante l’assenza di angiomatosi leptomeningea, una delle caratteristiche principali di questa malattia. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

AVED Vedere: Atassia Friedreich-simile con deficit selettivo di vitamina E

Azoospermia - infezioni polmonari - sinusite Vedere: Sindrome di Young

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ORPHANET ITALIA 2011

Bassa statura da difetto del recettore o del pathway postrecettoriale dell’ormone della crescita

B Babesiosi

ORPHA108

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Balantidiasi

ORPHA1223

La balantidiasi è una malattia infettiva, rara nei Paesi occidentali. È causata da Balantidium coli, un parassita monocellulare (protozoo ciliato), responsabile di un’infezione intestinale nelle aree di allevamento dei maiali. Occasionalmente contagia gli uomini, soprattutto i soggetti immunocompromessi. Alcune persone infette possono non presentare sintomi o manifestano solo lieve diarrea e disturbi addominali, mentre altri possono lamentare sintomi più gravi, come quelli di un’infezione acuta dell’intestino. I sintomi della balantidiasi sono simili a quelli di altre infezioni che causano infiammazione intestinale, ad esempio la dissenteria amebica. Raramente il batterio invade gli organi extraintestinali, soprattutto i polmoni. Il metronidazolo è il farmaco di elezione. *Autore: team editoriale di Orphanet (agosto 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Bassa statura - anomalie dell’ipofisi e del cervelletto - sella turcica piccola

ORPHA85442

MIM: 262700 Questa sindrome è caratterizzata da bassa statura, deficit degli ormoni dell’ipofisi anteriore, sella turcica di dimensioni ridotte e ipoplasia dell’ipofisi anteriore, in associazione a una anomalia delle tonsille cerebellari. È stata descritta in tre generazioni di una estesa famiglia francese. L’ectopia dell’ipofisi posteriore era presente solo in qualche paziente. Si trasmette con modalità dominante ed è causata dalle mutazioni del gene che codifica per il fattore di trascrizione LIM-homeobox LHX4 (1q25). *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Bassa statura - anomalie facioscheletriche - ritardo mentale - macrodonzia Vedere: Sindrome KBG

Bassa statura da deficit primitivo della subunità acido-labile

ORPHA140941

MIM: 601489

Balantidiosi Vedere: Balantidiasi

Bande amniotiche

che non sono mai identiche tra due feti affetti e non esiste un singolo sintomo costante. L’esame della placenta e delle membrane è utile alla diagnosi, quando si osservano bande amniotiche anomale e si notano possibili residui al punto di inserzione del cordone ombelicale sulla placenta. La sequenza da rottura amniotica deve essere differenziata dalla sindrome di Adams-Oliver, una patologia autosomica dominante, che comprende difetti in riduzione trasversale degli arti, aplasia congenita della cute sulla regione parietale posteriore, con difetto dell’osso sottostante e cutis marmorata. Anche se si discute ancora sulla patogenesi di questa malattia, molti autori hanno accettato l’ipotesi che il suo meccanismo patogenetico sia diverso da quello della sindrome laparoschisi laterale-anomalie degli arti (LBWC) (arti-parete corporea). La LBWC associa difetti gravi in riduzione degli arti, colostomia toracica e/o addominale, schisi facciale atipica con aderenze amniotiche, encefalocele o exencefalia. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (luglio 2005)*.

ORPHA1034

MIM: 217100 La malattia delle bande amniotiche comprende una serie di malformazioni; la sua definizione si basa su un’ipotesi eziologica. Si pensa che le anomalie osservate originino dalla rottura dell’amnios nel primo trimestre di gravidanza, che esita in aderenze tra l’amnios e la cute fetale; in alcuni casi, piccoli filamenti amniotici possono avvolgere gli arti in via di sviluppo, producendo costrizioni anulari e bande tra l’amnios rotto e il mesenchima coriale. Inoltre, possono essere presenti pseudosindattilia, amputazioni intrauterine e costrizioni del cordone ombelicale. La riduzione del liquido amniotico e/o lo stiramento di un arto prodotto da una banda amniotica possono produrre riduzione dei movimenti fetali, scoliosi, deformità dei piedi, ipoplasia polmonare ed idrope. La sequenza da rottura amniotica è rara e colpisce 4/100.000 neonati. È una malattia sporadica, salvo rare eccezioni: sono state descritte alcune famiglie con possibile trasmissione autosomica dominante. In queste famiglie i segni clinici erano diversi. Le caratteristi-

La bassa statura da deficit primitivo della subunità acidolabile (ALS) è caratterizzata da deficit moderato della crescita postnatale, livelli molto bassi del fattore 1 della crescita insulino-simile (IGF-1) e della proteina 3 che lega il fattore di crescita insulino-simile (IGFBP-3), iperinsulinemia, in assenza di deficit dell’ormone della crescita (GH) o insensibilità al GH. Sono stati descritti meno di 10 casi. Altri segni comprendono livelli anomali di IGF-2, IGFBP-1 e IGFBP-2, microcefalia, occasionalmente ritardo puberale e ritardo dell’età ossea. Il deficit primitivo della ALS viene trasmesso come carattere autosomico recessivo ed è causato dalle mutazioni omozigoti inattivanti del gene ALS (IGFALS; 16p13.3). *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2009)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Bassa statura da difetto del recettore o del pathway postrecettoriale dell’ormone della crescita Vedere: Sindrome da resistenza all’ormone della crescita

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La babesiosi è una rara infezione da parassiti causata dalla Babesia (o piroplasma), un protozoo trasmesso dalle zecche. I rari casi umani descritti sono soprattutto causati dall’infezione da Babesia divergens (un parassita bovino) o da Babesia microti (un parassita dei roditori). La babesiosi causata da Babesia microti, che è più comune negli Stati Uniti, è spesso benigna o asintomatica. Le forme sintomatiche sono caratterizzate da febbre, brividi, cefalea e dolore muscolare in pazienti che presentano epatosplenomegalia. La babesiosi causata da Babesia divergens si osserva soprattutto nei soggetti splenectomizzati. La sintomatologia è identica a quella prodotta da Babesia microti, anche se è più grave e si associa a ittero; può evolvere in insufficienza renale. La malattia non trattata può essere letale. Il trattamento prevede l’uso di clindamicina in entrambe le forme. *Autore: Dott. L. Paris (maggio 2006)*.

B

B

Bassa statura da resistenza all’ormone della crescita Bassa statura - pterigio del collo - cardiopatia

Vedere: Epilessia familiare benigna dell’infanzia con punte rolandiche

Berilliosi cronica ORPHA2865

Questa sindrome è caratterizzata da bassa statura, deficit cognitivo, dismorfismi facciali, collo corto con pterigio, anomalie cutanee e cardiopatie congenite. È stata descritta in quattro fratelli arabi beduini, nati da genitori consanguinei. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Bassa statura - sordità - anomalia dei neutrofili

ORPHA2866

Questa sindrome è caratterizzata da bassa statura, sordità neurosensorale, mutismo, dismorfismi facciali e anomalie della chemiotassi neutrofila (che comporta infezioni ricorrenti). È stata descritta in due fratelli. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Bassa statura, tipo Bruxelles

ORPHA2867

MIM: 601350 Questa sindrome è caratterizzata da bassa statura, che si manifesta nel periodo neonatale, associata a lesioni osteocondrodisplastiche e dismorfismi facciali. È stata descritta in due persone della stessa famiglia. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

BES Vedere: Sindrome dell’esoftalmo benigno

Bestrofinopatia, autosomatica recessiva

Bassa statura - valvulopatia cardiaca - facies caratteristica

Beta-mannosidasi

ORPHA2868

MIM: 126190 Questa sindrome è caratterizzata da grave nanismo con arti inferiori proporzionatamente corti, mani piccole, clinodattilia, valvulopatia cardiaca e dismorfismi (ptosi, palato molto arcuato, dentizione anomala). È stata descritta in una madre e nelle sue due figlie. La sindrome è probabilmente trasmessa come carattere autosomico dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

ORPHA2621

Questa sindrome è caratterizzata da basso peso alla nascita, nanismo, ritardo psicomotorio, elevati livelli sierici di IgA e infezioni batteriche ricorrenti. Le anomalie congenite comprendono iperlassità articolare, brachidattilia, clinodattilia, riduzione del numero dei dermatoglifi con piega palmare trasversale unica, e malformazioni dei piedi. È stata descritta una sola famiglia con due sorelle nate da genitori sani non consanguinei. Pertanto, la trasmissione è verosimilmente autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*.

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

ORPHA133

La berilliosi cronica (CBD) è una malattia occupazionale da ipersensibilità, scatenata dall’esposizione al berillio sul posto di lavoro. È caratterizzata dalla formazione di granulomi non necrotizzanti, non caseosi, all’interno degli organi colpiti, in particolare la cute e i polmoni. I sintomi principali sono la tosse secca, l’affaticamento, la perdita di peso, il dolore toracico e il respiro progressivamente difficoltoso. Le vie principali di assorbimento di berillio sono l’inalazione di polveri o fumi e il contatto cutaneo con il berillio e i suoi componenti. Attualmente la berilliosi acuta è estremamente rara. Dal momento che la CBD è una fenocopia della sarcoidosi, la diagnosi differenziale si basa sull’anamnesi lavorativa, positiva all’esposizione al berillio, e sui test che dimostrano ipersensibilità al berillio (test di proliferazione dei linfociti in presenza di berillio). La predisposizione genetica sembra avere un ruolo importante nello sviluppo della CBD. La diagnosi si basa sull’associazione tra l’anamnesi positiva all’esposizione professionale al berillio e la presenza di sensibilizzazione con malattia sintomatica, comprese le anomalie della funzione polmonare e le alterazioni radiologiche del torace. Per il trattamento della malattia progressiva si usano i corticosteroidi. Si raccomanda un attento monitoraggio dei sintomi e la valutazione della funzione polmonare in tutti gli individui con sospetta CBD. *Autore: Prof. J. Müller-Quernheim (novembre 2005)*.

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Basso peso alla nascita - nanismo - disgammaglobulinemia

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BECRS, autosomica dominante

Vedere: Sindrome di Laron

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

ORPHANET ITALIA 2011

Bassa statura da resistenza all’ormone della crescita

Vedere: Retinopatia, tipo Burgess-Black ORPHA118

MIM: 248510 Si tratta di una malattia lisosomiale rara, che appartiene al gruppo delle oligosaccaridosi. È caratterizzata dal sovraccarico intracellulare di un disaccaride, dovuto al deficit dell’attività della beta-mannosidasi lisosomiale. Questa malattia, in un primo momento nota solo negli animali, è stata recentemente individuata anche nell’uomo. Sono stati studiati soltanto una dozzina di pazienti, il che rende difficile la descrizione della sintomatologia di questa malattia, che viene trasmessa con modalità autosomica recessiva. La sintomatologia, molto eterogenea e meno grave rispetto a quella degli animali, è caratterizzata da ritardo mentale, disturbi dell’udito, talvolta interessamento neurologico (ipotonia, convulsioni), dismorfismi e infezioni respiratorie. La diagnosi si basa sull’analisi dell’attività della beta-mannosidasi (nei leucociti, nel plasma o nei fibroblasti in coltura) e sulla presenza di un disaccaride nelle urine. La diagnosi prenatale è possibile. Attualmente non esiste una terapia specifica. *Autore: Dott. T. Levade (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica delle mannosidasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico Diagnosi biochimica delle mannosidasi alfa e beta Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta

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ORPHANET ITALIA 2011

Beta talassemia

Diagnosi biochimica della beta-mannosidasi Policlinico “Le Scotte”, SIENA Pr. FEDERICO Antonio, Dr. PALMERI Silvia, Dr. TARQUINI Ermelinda Diagnosi molecolare della beta-mannosidasi Università degli Studi di Perugia, PERUGIA Pr. BECCARI Tommaso Diagnosi biochimica delle mannosidosi alfa e beta Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella Diagnosi biochimica delle mannosidasi alfa e beta Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Beta-sarcoglicanopatia Vedere: Distrofia muscolare dei cingoli, autosomica recessiva, tipo 2E

Beta talassemia

ORPHA848

MIM: 141900 La beta talassemia (BT) è caratterizzata dal deficit (B+) o dall’assenza (B0) della sintesi delle catene della beta-globina che codificano per la proteina dell’emoglobina (Hb). La prevalenza non è nota, ma l’incidenza alla nascita della forma grave è stimata in 100.000/l’anno. La malattia è stata inizialmente descritta nel bacino mediterraneo, ma le forme gravi sono presenti nell’Asia Centro e Sud Orientale, in India e in Cina. La migrazione dei popoli è la causa della distribuzione globale della malattia. Sono stati descritti 3 tipi di BT. 1) La talassemia minore (BT-minore) è la forma eterozigote, di solito asintomatica. 2) La talassemia maggiore (anemia di Cooley; BT-maggiore) è la forma omozigote, che si associa ad anemia microcitica e ipocromica, da diseritropoiesi ed emolisi. È presente anche splenomegalia. L’esordio avviene tra i 6-24 mesi di vita. L’anemia grave richiede trasfusioni sistematiche per mantenere l’Hb al livello di 90-100 g/l, livello che consente di svolgere una normale attività. La trasfusione di globuli rossi concentrati produce un sovraccarico di ferro, che pregiudica la prognosi quoad vitam (a causa del coinvolgimento cardiaco). 3) La talassemia intermedia (BTI) ingloba circa il 10% delle forme omozigoti della malattia e numerose forme eterozigoti composte. L’anemia nella BTI è variabile, ma è meno grave e viene diagnosticata più tardi, rispetto alla BT-maggiore. I pazienti affetti da BTI possono necessitare occasionalmente di trasfusioni. Può essere presente ipersplenismo, litiasi biliare, emopoiesi extramidollare, complicazioni trombotiche e progressivo sovraccarico di ferro. La diagnosi di BT si basa sull’analisi dell’Hb con elettroforesi o HPLC. Nella BT-maggiore, l’HbA è assente o molto ridotta e l’HbF è predominante. Nella BT-minore, i livelli di Hb A2 sono aumentati e i livelli di Hb sono di solito normali con pseudopolicitemia ipocromica e microcitica. La trasmissione è autosomica recessiva e sono state identificate circa 200 mutazioni (B0 o B+). La consulenza genetica è raccomandata per caratterizzare la mutazione, programmare la presa in carico dei bambini affetti e, eventualmente, per la

diagnosi prenatale. Esistono due linee principali di trattamento per la BT. 1) Combinazione di trasfusioni e chelanti (la somministrazione precoce e regolare di deferoxamina ha aumentato la sopravvivenza negli ultimi 30 anni). La somministrazione orale di chelanti del ferro attivo e il controllo del sovraccarico di ferro nei tessuti con la risonanza magnetica nucleare produrrà probabilmente ulteriori miglioramenti, anche se è necessario un followup a lungo termine per valutarne l’impatto sulla morbilità e sulla mortalità. Nel 2006, il deferasirox ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’Unione Europea, in quanto farmaco orfano utile per il trattamento della BT. Malgrado le sue proprietà cardioprotettive, l’autorizzazione all’immissione in commercio per il deferasirox è limitata ai casi nei quali il trattamento con la deferoxamina non dà risultati soddisfacenti o è controindicato. 2) Trapianto di cellule staminali emopoietiche, che è il solo trattamento curativo per la BT: i risultati sono molto favorevoli per i bambini con donatori familiari HLA-identici. *Autore: Dott. I. Thuret (giugno 2007)*.

Laboratori Diagnosi biochimica e molecolare delle emoglobinopatie Azienda Ospedaliera Pugliese Ciaccio, CATANZARO Dr. CONSARINO Caterina, Dr. GALATI Maria Concetta Diagnosi molecolare della talassemia alfa, beta e delta e delle emoglobinopatie Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” CNR, NAPOLI Dr. CARESTIA Clementina, Dr. LACERRA Giuseppina Diagnosi molecolare delle talassemie alfa, beta e delta Azienda Ospedaliera “E. Cardarelli”, NAPOLI Dr. PAGANO Leonilde, Dr. PROSSOMARITI Luciano Diagnosi molecolare delle anemie emolitiche congenite (alfa e beta talassemia) (geni HBA e HBB) P.S.I. “Loreto Crispi”, NAPOLI Dr. PEPE Nicola, Pr. POLISTINA Maria Teresa Diagnosi molecolare della beta talassemia (gene HBB) IRCCS Burlo Garofolo - Istituto per l’Infanzia, TRIESTE Dr. MORGUTTI Marcello, Dr. PECILE Vanna Diagnosi molecolare delle emoglobinopatie e delle talassemie (geni HBA1, HBA2, HBB) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia Diagnosi molecolare della beta talassemia (gene betaglobina) Biodiversity, BRESCIA Dr. ALBAROSA Ruth, Dr. MANTERO Giovanni Diagnosi molecolare della beta talassemia Toma Advanced Biomedical Assays S.p.A., BUSTO ARSIZIO (VA) Dr. MAGGI Federico, Pr. SIMONI Giuseppe Diagnosi molecolare della beta talassemia (gene HBB) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto Diagnosi molecolare della talassemia e delle emoglobinopatie Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Dr. MURRU Stefania, Pr. ROSATELLI Maria Cristina Diagnosi molecolare della talassemia alfa, beta, gamma e delta Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Pr. GALANELLO Renzo Diagnosi molecolare delle talassemie (geni alfa e beta globinico) A.O.U. Policlinico “G. Martino”, MESSINA Dr. DI BELLA Chiara, Dr. RIGOLI Luciana, Pr. SALPIETRO Carmelo Diagnosi molecolare dell’alfa e beta talassemia (gene della beta talassemia, HBB) Presidio Ospedaliero “Madonna delle Grazie” - Azienda Sanitaria di Matera (ASM), MATERA Dr. CASCONE Agostino, Dr. DELL’EDERA Domenico

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

B

B

Diagnosi molecolare delle talassemie Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’alfa e beta talassemia (alfa globina, beta globina, delta globina, gamma globina) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare della beta talassemia Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

ORPHANET ITALIA 2011

Blefarofimosi - epicanto inverso - ptosi

Diagnosi molecolare della beta talassemia (gene HBB) Istituto CSS-Mendel, ROMA Dr. MINGARELLI Rita, Dr. TORRENTE Isabella Diagnosi molecolare della beta talassemia Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare della beta talassemia Laboratorio Genetica Medica Artemisia, ROMA Dr. MESORACA Alvaro Diagnosi molecolare della beta talassemia USI S.p.A., ROMA Dr. BARBARO Antonio Salvatore Diagnosi molecolare della beta talassemia Università degli Studi di Brescia, BRESCIA Pr. BARLATI Sergio, Dr. MARCHINA Eleonora Diagnosi molecolare della beta talassemia Azienda Sanitaria Ospedaliera O.I.R.M. - S. Anna - Università di Torino, TORINO Dr. DE LEO Cristina, Dr. RESTAGNO Gabriella, Dr. SBAIZ Luca Diagnosi molecolare della beta talassemia IRCCS “Saverio De Bellis”, CASTELLANA GROTTE (BA) Dr. GENTILE Mattia Diagnosi molecolare delle talassemie, alfa e beta (geni HBA e HBB) Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” - ASL LE, LECCE Dr. CARUSO Sebastiano, Dr. MAURO Salvatore Diagnosi molecolare delle talassemie, alfa e beta Presidio Ospedaliero di Ozieri - ASL 1, OZIERI (SS) Dr. CARTA Piera, Dr. PIRASTRU Maria Gavina Diagnosi molecolare della beta talassemia LABOGEN S.a.S., CATANIA Dr. GRILLO Agata Diagnosi molecolare della beta talassemia Laboratorio di Genetica e Biologia Molecolare, CATANIA Dr. DE GREGORIO Laura, Dr. VIOLA Alessandra

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Associazione Emofilici e Talassemici “Vincenzo Russo Serdoz’’ AMAMI - Associazione Malati Anemia Mediterranea Italiana Associazione per la Ricerca “Piera Cutino’’ - ONLUS AVLT - Associazione Veneta per la Lotta alla Talassemia UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS ABE - Associazione Bambino Emopatico Caltanissetta ATDL - Associazione Talassemici Drepanocitici Lombardi

Blefarofimosi - epicanto inverso - ptosi

ORPHA126

MIM: 110100 La sindrome blefarofimosi - epicanto inverso - ptosi (BPES) è una rara malattia genetica: sono stati pubblicati circa un centinaio di articoli, alcuni dei quali fanno riferimento ad alberi genealogici con diversi membri affetti, mentre gli altri descrivono casi sporadici. La prevalenza è probabilmente inferiore a 1/5.000, anche se non è stata accuratamente valutata. La BPES è caratterizzata da blefarofimosi (riduzione generale dell’apertura palpebrale), ptosi, telecanto (distanza aumentata tra i canti interni), epicanto inverso (una plica cutanea che si diparte dalle ciglia inferiori e sale verso l’alto, coprendo parzialmente il canto interno). Sono stati osservati due sottotipi di BPES. Nel tipo 1, le anomalie palpebrali si associano a infertilità femminile, dovuta a insufficienza ovarica e menopausa precoce. Nel tipo 2, sono presenti solo le anomalie palpebrali. In entrambi i casi la trasmissione è autosomica dominante e il gene è stato mappato sul cromosoma 3q23. Mutazioni nel gene FOXL2 sono state identificate in tutti e due i tipi di BPES. Circa il 50% dei casi è dovuto a nuove mutazioni. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (aprile 2003)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della sindrome blefarofimosi - epicanto inverso - ptosi (gene FOXL2) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo

Blefarofimosi - ptosi - esotropia - sindattilia - bassa statura

ORPHA2057

MIM: 210745 Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra blefarofimosi, ptosi, esotropia a “V” e debolezza dei muscoli frontali e extraoculari, con sindattilia dei piedi, bassa statura, prognatismo, ipertrofia e fusione delle sopracciglia. È stata descritta in 6 soggetti appartenenti a tre famiglie correlate. Si trasmette con modalità autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2007)*.

Diagnosi molecolare delle talassemie, alfa e beta (alfa, beta globine) Università degli Studi di Perugia - Ospedale S. Maria della Misericordia, PERUGIA Dr. ANGIUS Antonella, Pr. FURBETTA Mario

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Diagnosi genetica preconcezionale sul primo globulo polare (analisi dei microsatelliti) Policlinico Universitario di Padova, PADOVA Pr. FORESTA Carlo, Dr. VINANZI Cinzia, Dr. ZUCCARELLO Daniela

Vedere: Blefarofimosi - epicanto inverso - ptosi

Diagnosi molecolare della beta talassemia (gene HBB) Azienda Ospedaliera - Ospedale Policlinico “G.B. Rossi”, VERONA Dr. DE MATTEIS Giovanna, Pr. GUIDI Gian Cesare, Dr. SOLERO G. Pietro

Associazioni

Fondazione “Leonardo Giambrone’’ per la Guarigione dalla Talassemia ALT-FE - Associazione Lotta alla Talassemia di Ferrara

Blefarofimosi, tipi 1 e 2 Blefaroptosi - miopia - ectopia del cristallino

ORPHA1259

MIM: 110150 Questa sindrome è caratterizzata da blefaroptosi congenita bilaterale, ectopia del cristallino e miopia di grado elevato. È stata descritta in tre membri di una famiglia (madre e due figlie). Si trasmette con modalità autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

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ORPHANET ITALIA 2011

Brachidattilia

Blocco cardiaco progressivo familiare Vedere: Difetto familiare della conduzione cardiaca

BOFS Vedere: Sindrome branchio-oculo-facciale

Borreliosi di Lyme Vedere: Malattia di Lyme

Botulismo

ORPHA1267

Associazioni

praorbitale e prominenza dei globi oculari. La brachicefalia può associarsi ad anomalie facciali (ipoplasia mediofacciale, lieve ipertelorismo prominenza delle fosse temporali). È frequente un aumento della pressione intracranica (ICP) che, se non trattato, può esitare in deficit cognitivo. Negli adulti, l’ICP non trattato si associa a difetti ossei. La componente ereditaria della brachicefalia non sindromica non è stata ancora definita. Sebbene la maggior parte dei casi sia sporadica, sono state descritte forme familiari (14% di tutti i casi) a trasmissione dominante nel 10% dei pazienti. Inoltre, nel 74% dei casi familiari e nel 17% di quelli sporadici, è stata osservata la mutazione P250R ricorrente (a trasmissione paterna) del recettore 3 del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR3; 4p16.3). Fra i pazienti eterozigoti per la mutazione P250R, le femmine sono colpite più spesso e in forma più grave rispetto ai maschi (rapporto femmina/maschio 2:1) ed è comune una sordità lieve. In alcuni soggetti con la mutazione di FGFR3 sono presenti anomalie radiologiche minori, come la brachidattilia e la fusione delle ossa metacarpali. È stata osservata recentemente una mutazione del gene TWIST1 (7p21) in un singolo paziente con sinostosi bicoronarica isolata, ma al momento non è stata provata l’origine genetica degli altri casi. Potrebbero essere coinvolti altri agenti causali, come le compressioni prenatali o postnatali. La diagnosi si basa sull’esame clinico, radiologico e sulle scansioni TAC 3D e/o RMN del cranio. Dato che gli esiti funzionali e morfologici postoperatori sembrano migliori nei pazienti che non presentano una mutazione in FGFR3, si raccomanda lo screening molecolare delle famiglie affette dalle forme non sindromiche di brachicefalia. La differenziazione clinica tra le forme sindromiche e quelle non sindromiche è spesso complicata dalla variabilità fenotipica dei pazienti portatori della mutazione P250R. Sebbene le caratteristiche del cranio di alcuni pazienti possano evocare le sindromi di Saethre-Chotzen o di Pfeiffer (si vedano questi termini), l’assenza di anomalie evidenti delle mani e/o dei piedi costituisce la caratteristica distintiva dei pazienti affetti dalla brachicefalia non sindromica. Può essere utile, ai fini della diagnosi differenziale, individuare la consistente prominenza delle fosse temporali, che si osserva soprattutto nelle femmine con la mutazione di FGFR3. La chirurgia ricostruttiva della volta cranica costituisce il trattamento più importante che mira a migliorare la forma del cranio e ad aumentare il volume intracranico e, di solito, consente di ottenere una riduzione della ICP. L’identificazione precoce della ipoacusia consente interventi tempestivi, quando indicati. Le capacità cognitive dei pazienti, successivamente alla chirurgia espansiva del cranio, sono di solito buone. Tuttavia, i pazienti portatori della mutazione di FGFR3 necessitano 5 volte più spesso, di un secondo intervento rispetto a quelli a genotipo selvatico, e presentano esiti postchirurgici meno soddisfacenti. *Autori: Dott. D. Renier e Dott. J. Bonaventure (ottobre 2008)*.

Laboratori Diagnosi molecolare delle craniostenosi non sindromiche (geni FGFR1, FGFR2 e FGFR3) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia

Brachicefalia - sordità - cataratta - ritardo mentale

UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Vedere: Sindrome di Fine-Lubinsky

Brachicefalia isolata

Brachidattilia

ORPHA35099

La brachicefalia isolata è una craniosinostosi non sindromica relativamente frequente che consiste nella fusione prematura delle suture coronali, che provoca deformità del cranio associata a fronte piatta e larga e evidente prominenza di quelle coronariche. L’incidenza alla nascita è di 1/20.000. La deformità del cranio è caratterizzata da accorciamento del diametro anteroposteriore e aumento compensatorio di quello bitemporale. Può essere presente anche infossamento so-

ORPHA69028

Il termine brachidattilia (“dita corte’’) si riferisce generalmente alla brevità sproporzionata delle dita delle mani e dei piedi, e fa parte del gruppo delle malformazioni degli arti caratterizzate da disostosi ossea. I diversi tipi di brachidattilia isolata sono rari, ad eccezione di quelli A3 e D. La brachidattilia può manifestarsi in forma isolata o fare parte di sindromi malformative complesse. Ad oggi, sono state identificate molte forme di brachidattilia, alcune delle quali sono accompagnate

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Il botulismo è una malattia neurologica caratterizzata da paralisi flaccida discendente. L’incidenza annuale nei Paesi occidentali è stimata in 1/2.000.000. I segni clinici caratteristici sono la paralisi flaccida e simmetrica dei nervi cranici, seguita dalla paralisi discendente simmetrica dei muscoli volontari. I sintomi iniziali sono la visione confusa (difetti di accomodazione, diplopia), seguita da sintomi a carico del sistema autonomo (bocca secca, disfagia, occhi secchi, midriasi, costipazione). Nelle forme gravi, la paralisi interessa il collo, le spalle e i muscoli prossimali, e in seguito coinvolge i muscoli delle estremità superiori distali il diaframma e i muscoli respiratori, che possono presentare una compromissione fino all’arresto del respiro. Non sono interessati il sistema sensitivo e le funzioni cognitive. Il botulismo è dovuto alla neurotossina del botulino, che viene sintetizzata dal Clostridium botulinum e da alcuni clostridi correlati, bastoncelliformi, per la precisione alcuni batteri sporulanti e anaerobici. Si conoscono 7 tipi di neurotossine del botulino (da A a G), che presentano diverse proprietà antigeniche. I tipi A, B, E e, più raramente, F si associano al botulismo umano. L’incubazione di solito dura da 12 a 36 ore, a volte fino a 5-8 giorni. I sintomi clinici sono simili indipendentemente dalle modalità di acquisizione. La forma più frequente di botulismo negli adulti è un’intossicazione alimentare causata dall’assunzione di cibi contaminati dalla tossina del botulino (cibi in scatola acquistati o fatti in casa, prosciutto, prodotti suini ecc...). La colonizzazione intestinale del Clostridium botulinum e la produzione in situ della tossina sono state osservate nei neonati (botulismo infantile) e in alcuni adulti con fattori di rischio. Il botulismo da infezione delle ferite è raro e si presenta soprattutto nei consumatori di droga per via endovenosa. La conferma del botulismo si basa sull’individuazione della tossina del botulino nel siero, nelle feci e/o nei campioni alimentari. Inoltre, nelle feci, nei siti delle ferite e nei campioni alimentari può essere ricercato il Clostridium, che produce la tossina del botulino. La diagnosi differenziale si pone con la miastenia, la sindrome di Guillain Barré e la sindrome di Miller-Fisher (si vedano questi termini). Il trattamento del botulismo è sintomatico. La terapia con antitossina è efficace quando è somministrata all’esordio dei sintomi. La prevenzione si basa sulla distruzione delle spore utilizzando linee guida di buona pratica per la preparazione e l’immagazzinamento dei cibi e ha come scopo anche quello di evitare la germinazione di spore e/o la produzione della tossina. La prognosi è variabile a seconda della quantità di tossina ingerita e della rapidità dell’assistenza medica. *Autore: Dott. M. Popoff (aprile 2008)*.

B

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

B

ORPHANET ITALIA 2011

Brachidattilia di Hirschsprung

da bassa statura. Nelle brachidattilie isolate possono essere presenti altre alterazioni subcliniche. La brachidattilia può anche essere accompagnata da malformazioni della mano controlaterali, come sindattilia, polidattilia, difetti in riduzione o sinfalangismo. È stato identificato il gene causativo nella maggior parte delle brachidattilie isolate e per alcune forme sindromiche. Nelle forme di brachidattilia isolata la trasmissione è per lo più autosomica dominante con espressività e penetranza variabili. La diagnosi è clinica, antropometrica e radiologica. La diagnosi prenatale non è di regola indicata nelle forme isolate di brachidattilia, ma potrebbe essere appropriata nelle forme sindromiche. Se la mutazione causativa familiare è nota, si può effettuare l’analisi molecolare prenatale sui villi coriali a 11 settimane di gestazione o mediante amniocentesi dopo la 14° settimana di gestazione. La consulenza genetica dipende sia dal tipo di trasmissione della brachidattilia presente nella famiglia sia dalla presenza o assenza di sintomi associati. Non esiste una presa in carico specifica o un trattamento applicabile a tutte le forme di brachidattilia. La chirurgia plastica è indicata solo se la brachidattilia ha conseguenze funzionali o per ragioni estetiche, ma generalmente non è necessaria. La fisioterapia e l’ergoterapia possono migliorare la manualità. La prognosi delle brachidattilie dipende strettamente dalla natura della brachidattilia e la manualità può essere buona o gravemente compromessa. Se la brachidattilia fa parte di un quadro sindromico, la prognosi spesso dipende dalla natura delle anomalie associate. *Autori: Prof. S.A.Temtamy e Dott. M. S.Aglan (giugno 2008)*. Tratto da Brachydactyly. Orphanet J Rare Dis. 2008; 3:15. Diagnosi molecolare della brachidattilia tipo E (gene HOXD13) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS ORPHA2150

MIM: 306980 Questa sindrome è caratterizzata dalla malattia di Hirschsprung e dall’agenesia/ipoplasia delle unghie e delle falangi distali dei pollici delle mani e dei piedi (brachidattilia tipo D). È stata descritta in 4 maschi in una famiglia (2 fratelli e 2 zii materni). La trasmissione è probabilmente recessiva legata all’X, anche se non può essere esclusa una trasmissione autosomica dominante a penetranza incompleta nelle femmine. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Brachidattilia - assenza delle falangi distali Brachidattilia - clinodattilia

L’associazione tra brachidattilia e ipertensione arteriosa è rara. È stata descritta in meno di 100 pazienti che appartengono a meno di 10 famiglie. La maggior parte dei pazienti è di origine turca e proviene da una piccola area della costa nordorientale del Mar Nero. La sindrome è stata anche descritta in famiglie giapponesi, statunitensi e canadesi. È stato documentato un albero genealogico esteso, sul quale è stata eseguita un’analisi di linkage, che ha localizzato il gene-malattia dominante sul cromosoma 12p, in una regione definita dai marcatori D12S364 e D12S87. La localizzazione di questi marcatori suggerisce che il gene mappi nella regione 12p12.2-p11.2. Dato che l’attività del sistema renina-angiotensina e del sistema nervoso simpatico sono normali in questa forma di ipertensione, che è insensibile all’apporto di sale, la malattia assomiglia a un’ipertensione essenziale. I pazienti presentano ipertensione grave, che risponde ai farmaci antiipertensivi. Senza trattamento, i pazienti spesso muoiono di infarto prima dei 50 anni. Raramente si osserva retinopatia ipertensiva. L’imaging a risonanza magnetica di 15 pazienti ha evidenziato delle anse nelle arterie cerebellari posteriori e inferiori in tutti i casi (e non nei soggetti non affetti). Queste lesioni possono causare compressione neurovascolare ed essere quindi la causa dell’ipertensione. La brachidattilia è di tipo E e interessa soprattutto i metacarpi. Le falangi possono essere normali o accorciate. La sindrome si associa di solito a bassa statura proporzionata. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*.

Brachidattilia - nistagmo - atassia cerebellare

Associazioni

Vedere: Sindrome digito-reno-cerebrale

ORPHA1276

MIM: 112410

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Laboratori

Brachidattilia di Hirschsprung

Brachidattilia - ipertensione arteriosa

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ORPHA1246

MIM: 113400 Questa sindrome è caratterizzata da brachidattilia, nistagmo e atassia cerebellare. È stata descritta in una famiglia su 4 generazioni. In alcuni pazienti è stato osservato anche deficit cognitivo e strabismo. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2007)*.

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Brachidattilia preassiale - alluce varo

ORPHA1278

MIM: 112450 La sindrome brachidattilia preassiale - alluce varo è caratterizzata dall’associazione tra alluce varo e dita dei piedi e pollici corti (compresi i metacarpi, i metatarsi e le falangi distali; le falangi intermedie e prossimali hanno una lunghezza normale) e dall’abduzione delle dita affette. La sindrome è stata descritta in 8 individui affetti appartenenti a 4 generazioni successive della stessa famiglia. È stato riscontrato un deficit cognitivo in tutti i soggetti. La trasmissione sembra essere autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2008)*.

Associazioni

Vedere: Brachidattilia, tipo A3

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Brachidattilia - deficit cognitivo

Brachidattilia - sinfalangismo

Vedere: Delezione 2q37

Vedere: Sindrome di Sillence

Brachidattilia di Pitt-Williams

Brachidattilia, tipi B ed E combinati

Vedere: Sindrome di Ballard

Vedere: Sindrome di Ballard

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ORPHANET ITALIA 2011

Brachidattilia, tipo A1

Brachidattilia, tipo B ORPHA93388

MIM: 112500

Vedere: Brachidattilia

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Brachidattilia, tipo A5

ORPHA93389

MIM: 112900 La brachidattilia tipo A5 (BDA5) è una malformazione congenita molto rara delle dita, caratterizzata dall’assenza delle falangi medie (di solito delle dita da II a V), da displasia delle unghie e dalla duplicazione della falange terminale del pollice. La BDA5 è stata descritta in pazienti appartenenti a famiglie non consanguinee. La trasmissione suggerita è autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*. Vedere: Brachidattilia

Associazioni

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Brachidattilia, tipo A2

Associazioni

ORPHA93396

MIM: 112600 La brachidattilia tipo A2 (BDA2) è una malformazione congenita, caratterizzata dall’accorciamento (ipoplasia o aplasia) delle falangi medie dell’indice e, a volte, del mignolo. Sono stati riportati solo pochi casi. I soggetti affetti presentano caratteristicamente una falange media degli indici di forma triangolare e, nei casi maggiormente colpiti, l’indice è incurvato radialmente. La BDA2 può essere dovuta a mutazioni del gene BMPR1B localizzato sul cromosoma 4q o del gene GDF5 mappato sul cromosoma 20q11. La trasmissione suggerita è quella autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Brachidattilia, tipo A6

ORPHA93382

MIM: 112910 La brachidattilia tipo A6 (BDA6) è caratterizzata da brachimesofalangia con accorciamento mesomelico degli arti, anomalie del carpo e del tarso. In generale, gli individui affetti hanno una statura leggermente più bassa della media e intelligenza normale. La sindrome è stata descritta in una famiglia con 7 individui affetti su 3 generazioni. La trasmissione sembra autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2008)*. Vedere: Brachidattilia

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Vedere: Brachidattilia

Associazioni

Brachidattilia, tipo A7

Brachidattilia, tipo A3

La brachidattilia tipo A7 (tipo Smorgasbord) è una forma di brachidattilia che si presenta con le caratteristiche cliniche della brachidattilia tipo A2 (accorciamento delle falangi medie del secondo raggio e a volte del V dito) e tipo D (accorciamento delle falangi distali del I dito) oltre a una serie di altre caratteristiche. È stata descritta in una famiglia *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2008)*.

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS ORPHA93393

MIM: 112700 La brachidattilia tipo A3 (BDA3) è una malformazione congenita, caratterizzata da accorciamento della falange media del V dito della mano. La BDA3 non è una malformazione rara. La deformazione della superficie articolare della falange media determina una deflessione radiale della falange distale. In diverse popolazioni, la sua prevalenza è stimata tra 3,4 e 21%. La trasmissione suggerita è quella autosomica dominante, a penetranza incompleta.*Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

ORPHA93397

Vedere: Brachidattilia

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Brachidattilia, tipo B

ORPHA93383

MIM: 113000

La brachidattilia tipo A4 (BDA4) è una malformazione congenita, caratterizzata da brachimesofalangia che interessa soprattutto il II e il V dito. La BDA4 è molto rara. Quando è coinvolto il IV dito, la falange media assume una forma anomala, che causa la deviazione radiale della falange distale. È stata descritta l’assenza delle falangi medie delle quattro dita laterali dei piedi. La trasmissione suggerita è quella autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

La brachidattilia tipo B (BDB) è una malformazione congenita rara, caratterizzata da ipoplasia o aplasia delle parti terminali delle dita da II a V, con assenza completa delle unghie delle mani. La prevalenza non è nota, ma sono stati descritti solo pochi casi. I pollici sono sempre intatti, ma presentano spesso un appiattimento, una separazione o una duplicazione delle falangi distali. Le dita sul lato radiale della mano sono meno compromesse rispetto a quelle sul lato ulnare. I piedi sono colpiti in maniera simile, ma meno grave. Possono essere presenti sindattilia dei tessuti molli, sinfalangismo, fusioni carpali e/o tarsali e accorciamento dei metacarpi e/o metatarsi. Nella maggior parte dei casi è stata riportata una trasmissione autosomica dominante. La BDB è dovuta alle mutazioni del gene ROR2 localizzato sul cromosoma 9q22 che codifica per il recettore tirosin chinasi simile “orphan receptor 2”. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

Vedere: Brachidattilia

Vedere: Brachidattilia

Brachidattilia, tipo A4

ORPHA93394

MIM: 112800

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La brachidattilia tipo A1 (BDA1) è una malformazione congenita, caratterizzata da un evidente accorciamento (o assenza) delle falangi medie di tutte le dita e dalla fusione occasionale con le falangi terminali. Sono state descritte solo poche famiglie. Le falangi prossimali dei pollici e degli alluci sono corte. I pazienti affetti da BDA1 tendono a essere di bassa statura nell’età adulta. La BDA1 è dovuta alle mutazioni del gene “Indian hedgehog” (IHH) localizzato sul cromosoma 2q35-36. Un altro locus per questo fenotipo è stato identificato sul cromosoma 5p13.3-p13.2. La BDA1 è trasmessa come carattere autosomico dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

B

B

ORPHANET ITALIA 2011

Brachidattilia, tipo C

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Brachidattilia, tipo C

MIM: 113100

Vedere: Brachidattilia, tipo A4

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS ORPHA93385

MIM: 113200 La brachidattilia tipo D (BDD) è una malformazione congenita delle dita, caratterizzata da gradi variabili di accorciamento monolaterale o bilaterale della falange distale del pollice. La BDD non è una malattia rara. La prevalenza in diverse popolazioni è stata stimata tra 0,4 e 4% ed è particolarmente elevata nella popolazione Arabo-Israeliana e Giapponese. La BDD è trasmessa come carattere autosomico dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS ORPHA93387

MIM: 113300 La brachidattilia tipo E (BDE) è una malformazione congenita delle dita, caratterizzata da un accorciamento variabile dei metacarpi, con una lunghezza delle falangi più o meno normale, anche se le falangi terminali sono spesso corte. La BDE è molto rara. Occasionalmente può essere presente anche brachimetatarsia. Un segno suggestivo è l’iperestensibilità delle articolazioni della mano. Può essere presente un triradio assiale. I soggetti affetti possono avere una statura leggermente bassa. È trasmessa come carattere autosomico dominante a espressività variabile.*Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della brachidattilia tipo E (gene HOXD13) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Brachidattilia, tipo Farabee Vedere: Brachidattilia, tipo A1

Brachidattilia, tipo Mohr-Wriedt Vedere: Brachidattilia, tipo A2

Brachimesofalangia II e V Vedere: Brachidattilia, tipo A4

Brachimesofalangia V Vedere: Brachidattilia, tipo A3

Brachimorfismo - onicodisplasia - disfalangismo

ORPHA1292

MIM: 113477 Sono stati descritti circa 10 pazienti, non consanguinei, con bassa statura, ipoplasia del V dito, anomalie delle falangi (brachimesofalangismo) e unghie piccole, dismorfismi facciali e, in alcuni soggetti, lieve ritardo mentale. I dismorfismi facciali comprendevano l’allargamento del naso, l’appiattimento dell’area malare, la bocca grande e il mento appuntito. Nella maggior parte dei pazienti era presente microcefalia e l’intelligenza era normale o moderatamente ridotta. Un bambino presentava adenomatosi cistica del polmone. Questa malattia può rappresentare l’espressione frusta della sindrome di Coffin-Siris o un’entità indipendente, dato che il ritardo mentale è meno grave.*Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (gennaio 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Brachiolmia

Vedere: Brachidattilia

Brachidattilia, tipo E

Vedere: Brachidattilia, tipo A7

Brachidattilia, tipo Temtamy

Vedere: Brachidattilia

Brachidattilia, tipo D

Brachidattilia, tipo Smorgasbord

ORPHA93384

La brachidattilia tipo C (BDC) è una malformazione congenita molto rara, caratterizzata da brachimesofalangia dell’indice, delle dita medie e piccole, con iperfalangia dell’indice e del dito medio e accorciamento del I metacarpo. Sono state riportate solo poche famiglie affette da BDC. L’anulare è di solito il dito più lungo. Sono occasionalmente presenti metacarpi corti e sinfalangismo. Nei pazienti affetti da BDC sono state riportate mutazioni eterozigoti nel gene che codifica per la proteina 1 morfogenetica derivata dalla cartilagine, nota anche come gene del fattore 5 di crescita/differenziazione (GDF5). Molti studi suggeriscono una trasmissione autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

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ORPHA1293

Tutti i tipi di brachiolmia sono caratterizzati da bassa statura con tronco corto, a esordio infantile, e platispondilia generalizzata, in assenza di significative alterazioni epifisarie o metafisarie nelle ossa lunghe. Sono state identificate quattro forme principali: 1) tipo Hobaek con bassa statura, a esordio nella tarda infanzia o nell’adolescenza, con interessamento principale del tronco; 2) tipo Toledo, probabilmente identico al tipo Hobaek, per quanto riguarda le alterazioni scheletriche e vertebrali, ma associato a una escrezione anomala di glicosaminoglicani e opacità puntiformi nella porzione periferica della cornea; 3) tipo Maroteaux, con fenotipo simile, ma a esordio infantile, con spazi intervertebrali irregolari e ridotti e marcata estensione dei margini vertebrali laterali; i margini vertebrali anteriore e posteriore sono arrotondati; 4) tipo autosomico dominante, con sintomi meno evidenti, rispetto alle altre forme, con scoliosi o cifosi quasi costante. Questa forma ha un’eredità autosomica dominante, a differenza di tutte le altre che sono ereditate in maniera autosomica recessiva. Oltre ai quattro tipi, esistono singoli casi che sfuggono a questa classificazione. È possibile offrire la consulenza genetica, in base al modello ereditario di ogni tipo di brachiolmia. Non è disponibile la diagnosi prenatale e neppure un trattamento specifico per nessuna di queste forme di brachiolmia. *Autori: Prof. M. Shohat e Dott. G.J. Halpern (luglio 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Brachitelefalangia - dismorfismi - sindrome di Kallmann

ORPHA1295

MIM: 113480 Questa sindrome è stata descritta solo una volta in una madre e nel figlio che presentavano fronte quadrata, naso

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ORPHANET ITALIA 2011

piccolo, telecanto e labbro superiore sottile. Entrambi avevano bassa statura, rispetto al target familiare, e mostravano brachitelefalangia. Il figlio presentava anche ipogonadismo ipogonadotropo e anosmia. L’ipotesi più accreditata è che la sindrome abbia un’eredità autosomica dominante e una espressione variabile. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Bradiopsia

ORPHA75374

MIM: 608415

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

broncopneumopatia cronica ostruttiva). I sintomi iniziali sono la dispnea da sforzo, spesso associata nel decorso a broncorrea, e le infezioni recidivanti (che generalmente favoriscono lo sviluppo di bronchiectasie a causa dell’infiammazione associata dei bronchi principali). La spirometria mostra un difetto ostruttivo della ventilazione, non reversibile o solo parzialmente reversibile; l’ipossiemia si manifesta tardivamente. L’imaging polmonare mostra un aspetto tipico a “mosaico’’ alla TAC. La diagnosi di certezza si basa sulle lesioni anatomopatologiche presenti sulla biopsia: bronchiolite parietale, generalmente senza lesioni alveolari, infiammatorie o fibrose (in quanto la fibrosi può distruggere completamente il bronchiolo, del quale non resta che una cicatrice fibrosa). In alcuni casi (ad esempio dopo il trapianto polmonare), la diagnosi viene suggerita dalla concomitanza dei dati radiologici e funzionali. La terapia a base di corticosteroidi e di immunosoppressori può stabilizzare o migliorare parzialmente la malattia (in particolare nelle forme nelle quali la componente infiammatoria cellulare è importante). Spesso la malattia evolve verso l’insufficienza respiratoria, rendendo quindi necessario il trapianto polmonare. *Autore: Prof. J.F. Cordier (aprile 2002)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Bronchiolite obliterante - polmonite organizzata

Bronchiolite costrittiva

Vedere: Polmonite criptogenica organizzata

Vedere: Bronchiolite obliterante con difetto ostruttivo della ventilazione

Broncopneumopatia cronica da deficit di TAP

ORPHA1303

Questa malattia è caratterizzata da una lesione infiammatoria e fibrosante della parete dei bronchioli, che riduce il calibro dei bronchioli e causa una alterazione del flusso aereo. Può manifestarsi secondariamente a un processo acuto a eziologia certa, oppure si sviluppa in particolari contesti (trapianto polmonare) secondo un meccanismo poco noto; infine, e solo in casi eccezionali, può insorgere in forma isolata (bronchiolite idiopatica). L’inalazione di fumi e gas tossici (soprattutto NO2) e alcune infezioni (rare nell’adulto) possono causare lo sviluppo della malattia; ciò si può verificare nel corso di malattie sistemiche (artrite reumatoide). Può insorgere come grave complicanza a seguito di trapianti polmonari e di allotrapianti di midollo osseo (nei quali sono considerati, rispettivamente, come una forma di rigetto cronico e di una reazione del trapianto verso l’ospite). La bronchiolite obliterante è la principale causa di fallimento a medio termine del trapianto polmonare. Le forme idiopatiche sono molto rare, ma probabilmente sono sottostimate (forse molti casi sono diagnosticati come

ORPHA843

MIM: 170261 Il deficit del trasportatore di peptidi TAP (1 o 2) è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva. Il complesso TAP è implicato nel trasporto di peptidi del citosol verso il reticolo endoplasmatico, dove si associano alle molecole HLA di classe I per il riconoscimento da parte dei linfociti T CD8. La malattia è caratterizzata da una ridotta espressione delle molecole HLA di classe I sulla superficie cellulare. Può causare broncopneumopatie croniche e vasculiti. La prevalenza è molto bassa. La terapia è sintomatica. *Autore: Prof. A. Fischer (gennaio 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

BSCL Vedere: Lipodistrofia congenita di Berardinelli-Seip

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La bradiopsia è caratterizzata dalla soppressione prolungata della risposta elettroretinica, che provoca difficoltà di adattamento al modificarsi della luce, acuità visiva normale o subnormale e fotofobia. È stata descritta in 5 pazienti non consanguinei che presentavano i sintomi a partire dall’infanzia. La malattia è dovuta alle mutazioni recessive nei geni RGS9 (cromosoma 17q23-q24) o R9AP (cromosoma 19q13.11). *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

Bronchiolite obliterante con difetto ostruttivo della ventilazione

B

BSCL

C

C CADASIL

ORPHA136

MIM: 125310

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

CADASIL

Cadasil è l’acronimo per arteriopatia cerebrale autosomica dominante con infarti sottocorticali e leucoencefalopatia (il termine è stato coniato per designare questa patologia durante un gruppo di lavoro internazionale nel 1993). La CADASIL è una malattia genetica trasmessa con modalità autosomica dominante. La prevalenza non è stata stabilita finora, ma la patologia è probabilmente sotto diagnosticata. È associata ad accidenti cerebrovascolari, soprattutto eventi ischemici (infarti lacunari) ed emicrania con o senza aura. L’esordio dei sintomi avviene intorno ai 40 anni. L’evoluzione della malattia è definita da successivi infarti, soprattutto lacunari, deterioramento cognitivo, disfunzioni psichiatriche (sindrome depressiva, a volte episodi di mania o melanconia). La diagnosi viene sospettata alla valutazione clinica e confermata dalla RMN, che mostra leucoaraiosi (lesioni della sostanza bianca) ed infarti lacunari. Alcuni reperti neuroradiologici supportano la diagnosi, come lesioni iperintense nella parte anteriore dei lobi temporali alle immagini T2-pesate. Il gene causativo, Notch3, che mappa sul cromosoma 19p, è stato identificato nel 1996. La malattia è geneticamente omogenea visto che tutte le famiglie affette da CADASIL sono state legate a Notch3. Questo gene comprende 33 esoni. I difetti genetici sono mutazioni puntiformi, con cluster in specifici esoni. Notch3 codifica per una proteina di membrana, che contiene domini EGF simili (fattore di crescita epidermico) ricchi in cisteina ed è espresso nelle cellule muscolari lisce dei piccoli vasi sanguigni cerebrali ed extracerebrali. Le mutazioni patogenetiche causano sia la perdita che il guadagno di funzione di un residuo di cisteina e comportano l’accumulo di Notch3 in membrana. Notch3 è evidenziabile con anticorpi nelle cellule muscolari lisce delle arteriole. La microscopia elettronica mostra frammentazione di cellule muscolari lisce e depositi osmiofilici granulari (GOM) dentro la membrana basale vascolare. Il significato dei GOM non è noto; non sono riconosciuti dagli anticorpi anti-Notch3. La diagnosi clinica è confermata dall’identificazione delle mutazioni in Notch3. Al momento, l’analisi di mutazione di 12 esoni permette di stabilire la diagnosi nel 90% dei casi. In assenza di mutazioni in questi esoni, il gene può essere interamente sequenziato. L’immunostaining su biopsia cutanea resta il test diagnostico principale per rilevare Notch3 nelle cellule muscolari lisce delle arteriole subcutanee. L’analisi della cute con studi di microscopia elettronica è usata solo per ricerche cliniche. Ad oggi non esistono farmaci efficaci. *Autore: Prof P. Labauge (settembre 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare di CADASIL (gene NOTCH3) CNR, MANGONE (CS) Dr. MUGLIA Maria Diagnosi molecolare di CADASIL A.O. S. Andrea, ROMA Pr. CHESSA Luciana, Dr. LULLI Patrizia, Dr. PIANE Maria Diagnosi molecolare di CADASIL (gene NOTCH3) Ospedale Niguarda Ca’ Granda, MILANO Dr. PATROSSO Maria Cristina, Dr. PENCO Silvana Diagnosi molecolare di CADASIL (gene NOTCH3) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto Diagnosi molecolare di CADASIL IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo

Diagnosi molecolare di CADASIL (gene NOTCH3) Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BIANCHI Silvia, Dr. CARDAIOLI Elena, Sig. DA POZZO Paola, Pr. FEDERICO Antonio Diagnosi molecolare di CADASIL (gene NOTCH3) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare di CADASIL (gene NOTCH3) IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio Diagnosi molecolare di CADASIL (gene NOTCH3) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. TARONI Franco Diagnosi molecolare della sindrome CADASIL (gene NOTCH3) Fondazione Istituto Neurologico “C. Mondino” - IRCCS, PAVIA Dr. CEREDA Cristina, Dr. GRIECO Gaetano

Calcificazioni del plesso coroideo, forma infantile

ORPHA1313

MIM: 215480 Questa sindrome è caratterizzata da deficit cognitivo, calcificazioni del plesso coroideo e proteinorrachia. È stata descritta in 2 fratrie in 2 famiglie non correlate. I 7 bambini di una delle fratrie erano nati da genitori consanguinei. Alcuni pazienti presentavano anche strabismo, iperreflessia e deformità dei piedi. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Calcificazioni talamiche simmetriche

ORPHA1314

Le calcificazioni talamiche simmetriche si distinguono dal punto di vista clinico per il basso valore di Apgar alla nascita, la spasticità o la marcata ipotonia, il pianto flebile o assente, le difficoltà nell’alimentazione e la diplegia o la debolezza facciale. È una condizione estremamente rara, della quale sono noti circa 30 casi. Le calcificazioni si diagnosticano alla tomografia computerizzata. La prognosi è infausta. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2006)* Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Calcinosi universale Vedere: Condrodisplasia puntata dominante legata all’X

Callosità dolorose ereditarie

ORPHA79141

MIM: 114140 Le callosità dolorose ereditarie sono una cheratodermia palmoplantare nummulare, caratterizzata dallo sviluppo di lesioni cheratosiche dolorose, a livello delle regioni sottoposte a pressione sulle mani e sui piedi. Sono state descritte alcune famiglie. La tramissione è autosomica dominante. È possibile ottenere un’analgesia efficace con un trattamento a base di tretinoina. *Autore: team editoriale di Orphanet (novembre 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Calpainopatia primitiva Vedere: Distrofia muscolare dei cingoli, autosomica recessiva, tipo 2A

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ORPHANET ITALIA 2011

Campomelia, tipo Cumming

C

Camptodattilia di Guadalajara, tipo 2 ORPHA1318

MIM: 211890

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Camptodattilia di Goodman Vedere: Camptodattilia - displasia ossea

Camptodattilia - displasia ossea

ORPHA1321

MIM: 211930

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

La camptodattilia - displasia ossea o camptodattilia di Goodman è caratterizzata dall’associazione tra aracnodattilia, camptodattilia (dita dei piedi a martello) e scoliosi. È stata descritta solo una volta in 3 bambini: 2 sorelle e un fratello figli di cugini di primo grado non affetti, di origine iraniana-ebrea. La fisiognomia del volto era diversa rispetto a quella dei fratelli non affetti, con naso tozzo, narici allargate e lieve ritardo mentale. Il fratello era stato valutato per una possibile sindrome di Marfan e presentava la pervietà del dotto arterioso. Questa osservazione ha suggerito una trasmissione autosomica recessiva. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*.

Camptobrachidattilia

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

ORPHA1319

MIM: 114150 La camptobrachidattilia è un’anomalia delle mani e dei piedi. Le dita delle mani e dei piedi sono corte, con deformità in flessione delle articolazioni interfalangee prossimali delle dita delle mani. È stata descritta una estesa famiglia con diverse persone affette, che ha suggerito una trasmissione autosomica dominante. In alcuni pazienti erano presenti sindattilia, polidattilia, vagina setta e incontinenza urinaria. Due bambini gravemente affetti, figli di cugini di primo grado entrambi affetti, sono stati ritenuti omozigoti per il gene-malattia. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*.

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Camptodattilia - bassa statura - scoliosi - perdita dell’udito

Vedere: Sindrome di Weaver

Camptodattilia - palatoschisi - piedi torti Vedere: Sindrome di Gordon

Camptodattilia sindromica di Rozin Vedere: Camptodattilia - contratture articolari - anomalie facciali e scheletriche

Camptodattilia - taurinuria

ORPHA1325

MIM: 114200 ORPHA85164

MIM: 610474 Questa sindrome è caratterizzata da camptodattilia - bassa statura - scoliosi - perdita dell’udito (CATSHL). È stata descritta in circa 30 pazienti su 7 generazioni della stessa famiglia. La sindrome è dovuta ad una mutazione missenso del gene FGFR3, responsabile di una perdita di funzione parziale della proteina codificata, che è un regolatore negativo della crescita dell’osso. *Autore: team editoriale di Orphanet (novembre 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Camptodattilia - contratture articolari - anomalie facciali e scheletriche

Camptodattilia - iperaccrescimento - dismorfismi

La camptodattilia - taurinuria è una malformazione della mano caratterizzata da deformità in flessione delle articolazioni interfalangee prossimali delle dita. Il mignolo è più frequentemente colpito, anche se può essere interessato ogni altro dito. Questa deformità viene ereditata con modalità autosomica dominante a penetranza variabile. Anche se spesso si manifesta come difetto isolato, occasionalmente fa parte di altre malattie genetiche ed è stata riportata in associazione con la taurinuria in quattro famiglie. L’escrezione aumentata di taurina sarebbe di origine renale. La taurina è una amina solforata, il prodotto finale del metabolismo degli aminoacidi contenenti zolfo. Sono stati descritti diversi casi di trasmissione maschio/maschio, in accordo con una eredità autosomica dominante. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*.

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS ORPHA1323

MIM: 602612 Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra camptodattilia, anomalie oculari diverse (fibrosi del muscolo retto mediale, miopia grave, ptosi e esoftalmo), scoliosi, contratture in flessione e anomalie facciali (sopracciglia arcuate, asimme-

Camptodattilia di Guadalajara, tipo 2

ORPHA1326

MIM: 211920 Una sindrome da camptodattilia, definita Guadalajara tipo 2, è stata descritta dai genetisti messicani limitatamente a 2 sorelle, di 6 e 3 anni, che presentavano ritardo di crescita

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La campomelia tipo Cumming è un’associazione tra alcune rare anomalie degli arti e le anomalie multiviscerali. È stata descritta in 8 neonati appartenenti a 4 famiglie; in una di esse, 3 fratelli con caratteristiche identiche erano nati da genitori cugini di primo grado, a supporto di una trasmissione autosomica recessiva. I 4 arti presentavano ossa lunghe ricurve e corte. I neonati nascevano già morti o morivano subito dopo la nascita, di solito prematuramente. Le anomalie linfatiche comprendevano il linfedema generalizzato o il linfocele cervicale, una definizione preferibile rispetto a quella di igroma cistico del collo. Le anomalie viscerali comprendevano la displasia multicistica dei reni, del pancreas e del fegato, l’intestino corto e la polisplenia. In 2 sorelle, erano presenti altri segni come il cranio a trifoglio, il viso significativamente deformato, con un eccesso di tessuto sottocutaneo e il microftalmo. In un altro caso, sono state osservate anomalie della lobatura del polmone, associate ad una morfologia bronchiale sinistra bilaterale (eteroatassia), destrocardia, ritorno venoso polmonare anomalo totale, vena cava superiore sinistra e arco aortico destro. È stato ipotizzato che il fenotipo della sindrome di Cumming comprenda anche i difetti della lateralità. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*.

tria facciale e bassa attaccatura dei capelli sulla nuca). Sono stati descritti solo quattro casi. La trasmissione deve essere ancora definita con esattezza, in quanto è compatibile sia con l’eredità autosomica dominante che recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*.

C

prenatale, nanismo, camptodattilia di tutte le dita della mano, alluce valgo bilaterale, brachidattilia delle dita II, IV e V dei piedi, ipoplasia della rotula, collo corto, orecchie a basso impianto, microcefalia, corpi vertebrali cuboidi. È probabile una trasmissione autosomica recessiva. *Autore: Dott. E. RobertGnansia (maggio 2004)*.

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Canale atrioventricolare completo

ORPHA1329

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 600309 Il canale atrioventricolare completo (CAVC), detto anche difetto completo del setto interventricolare, è caratterizzato da difetto del setto atriale tipo ostium primum, valvola atrioventricolare comune e difetto variabile del setto ventricolare di afflusso. La CAVC è una cardiopatia congenita rara, che risponde per circa il 3% delle malformazioni cardiache. Il canale atrioventricolare è presente in 2/10.000 nati vivi. Entrambi i sessi sono ugualmente affetti ed è stata rilevata una forte associazione con la sindrome di Down. Le CAVC sono state divise, sulla base della morfologia del lembo superiore della valvola atrioventricolare comune, in 3 tipi (tipo A, B e C, in accordo con la classificazione di Rastelli). La CAVC crea un significativo shunt sistemico-polmonare interatriale e interventricolare, che induce aumento del volume e della pressione ventricolare destra con ipertensione polmonare. Diventa sintomatico nell’infanzia per insufficienza cardiaca congestizia e difetto della crescita. La diagnosi di CAVC può essere sospettata dai reperti dell’elettrocardiografia e delle radiografie del torace. L’ecocardiografia conferma la diagnosi e fornisce dettagli anatomici. Nel corso del tempo, l’ipertensione polmonare diventa irreversibile, cosa che preclude la terapia chirurgica. Questa è la ragione per cui la cateterizzazione cardiaca non è obbligatoria nei neonati (meno di 6 mesi) ma è indicata nei pazienti più grandi se si sospetta ipertensione polmonare irreversibile. La terapia medica comprende la digitale, i diuretici, i vasodilatatori, viene generalmente effettuata tra il 3° e il 6° mese e gioca solo un ruolo ponte verso la chirurgia. *Autori: Prof. R. Calabrò e Dott. G. Limongelli (aprile 2006)*. Tratto da “Complete atrioventricular canal’’. Orphanet J Rare Dis. 2006; 1:8. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Canale atrioventricolare comune Vedere: Canale atrioventricolare completo

Canale atrioventricolare parziale

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ORPHANET ITALIA 2011

Canale atrioventricolare completo

ORPHA1330

MIM: 600309 Il canale atrioventricolare parziale, definito anche difetto interatriale tipo ostium primum o difetto parziale del setto atrioventricolare o difetto dei cuscinetti endocardici, è dovuto ad una anomala fusione dei cuscinetti endocardici con il septum primum. Tale fusione porta, nel cuore normale, alla costituzione del setto atrioventricolare. L’inserzione degli anelli valvolari atrioventricolari divide il setto atrioventricolare nella porzione interatriale e in quella atrioventricolare. Il canale atrioventricolare parziale si differenzia dal canale atrioventricolare completo per l’assenza del difetto interventricolare. Generalmente sono presenti due distinti anelli valvolari atrioventricolari: quando esiste un anello atrioventricolare comune si parla di forme intermedie. Anche in presenza di due anelli atrioventricolari la morfologia valvolare è sempre anomala. I pazienti con questi difetti possono rimanere asintomatici o presentare sintomi di scompenso, legati soprattutto al malfunzionamento della valvola atrioventricolare sinistra e alle anomalie associate. La terapia di questi difetti è sempre chirurgica, ma il

momento della correzione dipende dalle anomalie associate. Nelle forme non complicate l’intervento viene eseguito elettivamente nei primi anni di vita (2-5). Quando sono presenti sintomi gravi la correzione chirurgica viene anticipata ai primi mesi di vita. Il rischio operatorio della correzione chirurgica è circa 3%. La sopravvivenza a 20 anni è del 96%. *Autore: Dott. R. Bini (marzo 2003)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cancro colonrettale non poliposico familiare Vedere: Cancro non poliposico familiare del colon

Cancro dei dotti biliari Vedere: Colangiocarcinoma

Cancro della prostata, forma familiare

ORPHA1331

MIM: 176807 Il cancro della prostata (CaP) è un tumore maligno comune di origine ghiandolare, ad insorgenza nella prostata. Si manifesta in tre forme, a seconda della storia familiare: sporadica, familiare, ereditaria. La forma familiare è di solito definita come la ricorrenza in almeno 2 consanguinei di primo o di secondo grado del cancro della prostata. Il cancro della prostata ereditario è un sottotipo della forma familiare e viene definito come la ricorrenza della malattia in almeno 3 consanguinei di primo grado, oppure in 2 parenti diagnosticati prima dei 55 anni. Questi criteri devono essere estesi ai consanguinei di secondo grado sul lato materno,compresa anche la forma legata all’X. Il cancro della prostata familiare e quello ereditario rappresentano rispettivamente il 20 e il 5% dei tumori della prostata. Nelle forme familiari la diagnosi viene posta 5-10 anni più precocemente rispetto alle forme sporadiche; ciò suggerisce l’utilità di uno screening precoce già dall’età di 45 anni, per tutti gli uomini con una storia familiare di cancro della prostata. La diagnosi della malattia si basa sulla biopsia della prostata, che è indicata in caso di evidenze biologiche evocatrici (aumento dei livelli ematici dell’antigene specifico della prostata, PSA) o sintomi clinici (indurimento della prostata). Il cancro della prostata familiare o ereditario non richiede una terapia specifica e non ha una prognosi diversa rispetto alla forma sporadica, a parità di stadiazione al momento della diagnosi. Il trattamento del cancro alla prostata confinato all’organo si basa sulla prostatectomia o sulla radioterapia. Il trattamento della malattia localmente avanzata o con metastasi consiste nella sottrazione degli androgeni. La chemioterapia e altri trattamenti palliativi sono utilizzati durante la progressione incontrollata della malattia, in corso di terapia ormonale. *Autore: Prof. O. Cussenot (marzo 2003)*.

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Cancro dello stomaco, tipo Bormann 4 Vedere: Linite plastica

Cancro familiare dello stomaco Vedere: Cancro gastrico familiare

Cancro gastrico familiare

ORPHA26106

MIM: 137215 I tumori dello stomaco sono oggi in forte regressione, grazie soprattutto al miglioramento delle condizioni di conservazione degli alimenti. Il loro rischio è tuttavia aumentato in nume-

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ORPHANET ITALIA 2011

Cancro non poliposico familiare del colon

Laboratori Diagnosi molecolare del cancro gastrico familiare (gene CDH1) IRST - Istituto Scientifico Romagnolo per lo studio e la cura dei Tumori, MELDOLA (FC) Dr. CALISTRI Daniele, Dr. DANESI Rita, Dr. ZAMPIGA Valentina Diagnosi molecolare del cancro gastrico familiare (gene CDH1) Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, ROMA Pr. GRAMMATICO Paola

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Cancro non poliposico familiare del colon

ORPHA144

MIM: 114500 Il cancro non poliposico familiare del colon (HNPCC), si trasmette come carattere autosomico dominante. La sua diagnosi si basa su tre criteri, definiti nel 1991 ad Amsterdam e revisionati nel 1999: 1) almeno 3 soggetti colpiti con tumori confermati istologicamente che appartengono allo spettro della sindrome HNPCC (tumori colorettali, endometriali, del piccolo intestino, delle vie urinarie); 2) uno dei soggetti deve essere un parente di primo grado degli altri 2/2 generazioni; 3) almeno uno dei tumori diagnosticato prima dei 50 anni. Nelle famiglie identificate secondo questi criteri i pazienti sviluppano principalmente tumori colorettali e/o endometriali con un rischio cumulativo di 70-80% ai 70 anni. Si consiglia monitoraggio con colonscopia ogni 2 anni dopo i 20 anni per gli individui portatori di una mutazione nel gene MSH2 (omologo 2 del MutS, 16 esoni), in MLH1 (omologo 1 del MutL, 19 esoni) o nel gene MSH6 (2p16, 10 esoni). È anche consigliato monitoraggio ginecologico delle donne dopo i 30 anni. Il trattamento di questi tumori è analogo a quello adottato in assenza di predisposizione. Non esiste un trattamento di prevenzione. I geni la cui mutazione è associata a una sindrome HNPCC appartengono alla famiglia dei geni responsabili del riparo dei difetti di appaiamento del DNA (DNA mismatch repair o MMR), cioè nel controllo dell’esattezza della replicazione: i geni MSH2, MLH1 e MSH6 sono implicati con frequenza decrescente rispettivamente nel 35, 25 e 2% dei casi. In circa un terzo dei pazienti non sono state riscontrate mutazioni genetiche. *Autore: Dott. S. Olschwang (dicembre 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni MLH1 e MSH2) P.S.I. “Loreto Crispi”, NAPOLI Pr. POLISTINA Maria Teresa Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni hMLH1 e hMSH2) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto

Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (gene PMS1, PMS2, MLH1, MSH2, MSH6) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Pr. ANDRIULLI Angelo, Sig. GENTILE Annamaria, Dr. PIEPOLI Ada Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, PISA Dr. CALIGO Maria, Sig.ra FALASCHI Elisabetta Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (gene KRAS) Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati, AVELLINO Dr. POLICE Maria Adalgisa Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (analisi di instabilità dei microsatelliti) IRST - Istituto Scientifico Romagnolo per lo studio e la cura dei Tumori, MELDOLA (FC) Dr. CALISTRI Daniele, Dr. DANESI Rita, Dr. ZAMPIGA Valentina Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni MSH2, MLH1, MSH6, PMS2) Centro di Riferimento Oncologico, AVIANO (PN) Dr. QUAIA Michele, Dr. VIEL Alessandra Diagnosi molecolare della predisposizione al cancro non poliposico familiare del colon (geni MSH2 e MLH1) Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro - IST, GENOVA Dr. VARESCO Liliana Diagnosi immunoistochimica e molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (sindrome di Lynch o HNPCC; geni MSH2, MSH6, PMS2, MLH1) A.O.U. Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi - Università dell’Insubria, VARESE Pr. CAPELLA Carlo, Dr. FURLAN Daniela, Dr. TIBILETTI Maria Grazia Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (gene MSH6) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Luigi Gonzaga, ORBASSANO (TO) Pr. DE MARCHI Mario, Dr. GIACHINO Daniela Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni MLH1, MSH2) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. BORELLI Iolanda, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni MLH1, MSH2, MSH6, MYH) Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari, BARI Pr. RESTA Nicoletta Diagnosi molecolare della sindrome di Turcot (geni APC, MSH2, MLH1) Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari, BARI Pr. RESTA Nicoletta Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni MLH1, MSH2, MSH6) Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari, BARI Pr. RESTA Nicoletta Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni hMLH1 e hMSH2) IRCCS “Saverio De Bellis”, CASTELLANA GROTTE (BA) Dr. GENTILE Mattia Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon Laboratorio di Genetica e Biologia Molecolare, CATANIA Dr. DE GREGORIO Laura, Dr. VIOLA Alessandra

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

rose malattie ereditarie, soprattutto nella sindrome del cancro non poliposico familiare del colon (HNPCC) (19%) e nel cancro gastrico familiare. Nelle poliposi gastrointestinali, il rischio di tumore è legato alla potenziale degenerazione degli adenomi, che possono infiltrare i polipi gastrici. Il cancro gastrico familiare è una malattia eterogenea che viene sospettata quando in una famiglia 2 consanguinei di primo grado sono affetti (uno dei quali prima dei 50 anni), o sono affette almeno 3 persone, di qualunque l’età e grado di parentela. Questa malattia, quando si associa ad una mutazione costituzionale della caderina E (il gene CDH1 è coinvolto in circa il 25% dei casi) conferisce anche un rischio di tumore giovanile al colon. La presa in carico delle famiglie a rischio consiste in gastroscopie annuali e/o ecoendoscopie dopo l’età di 25 anni. Tuttavia, data la recente identificazione della sindrome, non esistono linee guida per il trattamento. Attualmente si prende in considerazione la gastrectomia totale preventiva. *Autore: Dott. S. Olschwang (febbraio 2005)*.

C

C

Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon (geni MLH1, MSH2 e MSH6) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Pr. GENUARDI Maurizio, Pr. PAPI Laura Diagnosi molecolare della sindrome di Turcot (gene PMS2) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Pr. GENUARDI Maurizio, Pr. GIGLIO Sabrina Diagnosi molecolare del cancro non poliposico familiare del colon Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. GALLI Lucia, Dr. ORRICO Alfredo, Pr. SORRENTINO Vincenzo

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Cancro ovarico a cellule germinali Vedere: Tumore ovarico maligno a cellule germinali

Cancro ovarico dei cordoni sessuali e dello stroma

ORPHA70573

Diagnosi sierologica della candidiasi cronica familiare (ICAM-1) A.O.U. Policlinico “G. Martino”, MESSINA Dr. DI BELLA Chiara, Dr. RIGOLI Luciana, Pr. SALPIETRO Carmelo

MIM: 182280

Associazioni

Il cancro polmonare a piccole cellule (SCLC) è una forma altamente maligna di carcinoma broncogeno che, nella maggior parte dei casi, si sviluppa nella regione centrale del polmone, in un bronco principale. La prevalenza media è stimata in 1/20.000. Il SCLC colpisce soprattutto le persone di mezza età (27-66 anni), con una storia pregressa di esposizione al fumo di tabacco. Circa il 70% dei pazienti presenta una patologia che si estende al di fuori del torace. I segni e i sintomi comprendono il dolore toracico, la dispnea, la tosse e l’affanno. Il coinvolgimento degli organi adiacenti può causare raucedine, disfagia e la sindrome della vena cava superiore (ostruzione del flusso ematico attraverso la vena cava superiore). Possono essere presenti altri sintomi secondari alla metastatizzazione a distanza. Il fumo di sigaretta e l’esposizione alle radiazioni sono fattori di rischio che rivestono un effetto sinergico per SCLC. L’esposizione professionale all’etere clorometile (Bis) è un altro fattore di rischio per il SCLC. La sensibilità limitata delle radiografie del torace non permette la diagnosi precoce del SCLC. Le alterazioni riscontrate sulle radiografie richiedono ulteriori valutazioni, di solito con la tomografia computerizzata. La diagnosi viene confermata con la biopsia. I pazienti con SCLC sono, generalmente, trattati con radioterapia e/o chemioterapia. La chemioterapia combinata è più efficiente nel garantire un aumento della sopravvivenza dei pazienti, rispetto al trattamento con un singolo agente, sia nelle forme estese che in quelle che si trovano in uno stadio iniziale. L’irradiazione cranica profilattica (PCI) dovrebbe essere presa in considerazione in ragione dell’elevato rischio di metastasi al sistema nervoso centrale entro 2-3 anni dall’inizio del trattamento. Il cancro polmonare a piccole cellule è la forma più aggressiva di tumore polmonare, con una sopravvivenza a 5 anni di 1-5% e una sopravvivenza generale media di circa 6-10 mesi. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*.

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Candidiasi cronica mucocutanea

specificamente nei confronti della Candida. Queste malattie sono caratterizzate da infezioni persistenti e/o ricorrenti della cute, delle unghie e delle mucose, soprattutto da Candida albicans. È stata descritta una estesa famiglia italiana, con sintomi ad esordio nell’infanzia, limitati alle unghie delle mani e dei piedi, associati a bassi livelli sierici di ICAM-1. I pazienti mostravano distrofia, ipercheratosi, ispessimento e colorazione scura di tutte le unghie delle mani e dei piedi. Le unghie erano infettate da diversi tipi di Candida, per l’incapacità del sistema immunitario di rispondere a uno stimolo antigenespecifico contro questo micete. L’albero genealogico della famiglia suggeriva una trasmissione autosomica dominante a penetranza incompleta. Il gene-malattia (CANDN1) è stato localizzato sul cromosoma 11p12-q12.1, nella regione pericentromerica. La diagnosi della malattia si basa sull’analisi microbiologica delle unghie; l’esclusione di malattie endocrine e autoimmuni concomitanti; il dosaggio dei livelli sierici di ICAM-1, che sono bassi. I pazienti possono essere trattati con antimicotici per via topica o sistemica, che sono in grado di produrre una temporanea involuzione delle lesioni, senza raggiungere la completa remissione. Il farmaco più adatto è l’amfotericina B. * Autore: Dott. D. Zuccarello (maggio 2003)*.

Laboratori

Vedere: Tumore ovarico maligno dei cordoni sessuali e dello stroma

Cancro polmonare a piccole cellule

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ORPHANET ITALIA 2011

Cancro ovarico a cellule germinali

ORPHA1334

MIM: 114580 La candidiasi cronica mucocutanea (CMC) comprende un gruppo di malattie rare con alterata risposta immunitaria, più

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Candidiasi mucocutanea idiopatica cronica

ORPHA35066

Laboratori Diagnosi sierologica della candidiasi cronica familiare (ICAM-1) A.O.U. Policlinico “G. Martino”, MESSINA Dr. DI BELLA Chiara, Dr. RIGOLI Luciana, Pr. SALPIETRO Carmelo

Capelli fragili - ritardo mentale Vedere: Sindrome dei capelli fragili, tipo Sabinas

Capelli lanosi

ORPHA170

MIM: 194300 I capelli lanosi sono una anomalia congenita della struttura dei capelli, che appaiono eccessivamente crespi nei caucasici. La prevalenza non è nota. I capelli lanosi possono essere presenti alla nascita o comparire nel primo mese di vita. I riccioli, con un diametro medio di 0,5 cm, sono molto stretti e, di solito, rendono difficoltoso l’atto del pettinare; inoltre, i capelli possono essere più fragili rispetto alla norma. La crescita dei capelli è di solito normale, ma la fase anagen può essere incompleta, con il risultato che i capelli non crescono in lunghezza. Si distingue una forma circoscritta che riguarda un nervo ricoperto da capelli lanosi, dalle forme che coinvolgono l’intera capigliatura. Inoltre, è stata descritta una sindrome dei capelli lanosi parziali diffusi che si manifesta nell’adolescenza o in età adulta. I capelli lanosi possono essere un sintomo isolato oppure fanno parte di quadri sindromici, come la sindrome di Carvajal e la sindrome Naxos. Le forme che coinvolgono l’intera capigliatura vengono ereditate con modalità autosomica dominante (capelli lanosi ereditari) o, molto meno frequentemente, autosomica recessiva (capelli lanosi familiari). La forma autosomica recessiva può essere sindromica e associarsi a ipercheratosi palmoplantare e anomalie cardiache. Possono anche essere presenti in forma sporadica. L’eziologia dei capelli lanosi parziali diffusi e dei nevi con capelli lanosi sporadici

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ORPHANET ITALIA 2011

Carcinoma dell’esofago

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Capelli lanosi - cheratoderma palmoplantare - cardiomiopatia dilatativa ORPHA65282 MIM: 605676 Questa sindrome è caratterizzata da capelli lanosi - cheratoderma palmoplantare - cardiomiopatia dilatativa, che coinvolge in particolare il ventricolo sinistro. È stata osservata in pochi pazienti, originari dell’Ecuador, dell’India e della Turchia. I capelli lanosi sono presenti già alla nascita, mentre il cheratoderma palmoplantare si manifesta nel corso del primo anno di vita. La cardiopatia compare durante l’infanzia ed è caratterizzata dalla dilatazione del ventricolo sinistro, associata ad alterazioni della contrattilità muscolare. La sindrome si trasmette in maniera autosomica recessiva ed è causata da mutazioni nel gene DSP (6p24), che codifica per la desmoplakina, una proteina coinvolta nell’adesione cellulare. La sindrome è simile alla malattia di Naxos. La cardiomiopatia dilatativa può portare a insufficienza cardiaca congestizia con pericolo di morte. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Capelli radi - bassa statura - anomalie cutanee

ORPHA79132

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Carcinoma cutaneo neuroendocrino

ORPHA79140

Il carcinoma cutaneo neuroendocrino è un tumore primitivo della pelle, che colpisce un sottogruppo di cellule neuroendocrine cutanee (le cellule di Merkel, che danno il nome di carcinoma a cellule di Merkel; CCM). Il CCM è un carcinoma raro e rappresenta meno dell’1% di tutti i tumori maligni della cute. L’incidenza annuale stimata è di 1-2/500.000 nella popolazione bianca ed è in costante aumento. Il CCM di solito si manifesta negli anziani della popolazione bianca (età media alla diagnosi 68-75 anni); solo il 5% dei casi insorge prima dei 50 anni. La distribuzione è omogenea nei due sessi, anche se alcuni autori evidenziano una leggera prevalenza maschile. Il CCM si presenta in forma di papule dure, indolori, lucide (papule rosse, rosate o violacee di grandezza variabile). Il CCM si sviluppa rapidamente: ha la tendenza a diffondersi nei linfonodi regionali e in seguito metastatizza agli altri organi, in particolare il fegato, le ossa, i polmoni e il cervello. Al momento della diagnosi, i CCM sono caratterizzati di solito da una lesione primitiva dell’epidermide e dei tessuti sottocutanei, con o senza metastasi nei linfonodi. Il CCM è suddiviso in stadi diversi a seconda della diffusione della malattia. La causa esatta del CCM non è nota, ma sembra essere dovuta all’esposizione solare e all’immunosoppressione. La diagnosi di CCM viene posta con la biopsia cutanea. Dal punto di vista istologico, i CCM sono carcinomi neuroendocrini scarsamente differenziati, che colpiscono il derma e frequentemente si estendono al tessuto sottocutaneo. L’immunoistochimica mostra una positività ai marcatori neuroendocrini (enolasi neurone-specifica, sinaptofisina) e citocheratinici (citocheratina 20), permettendo così di distinguere il CCM da altri tumori a piccole cellule. L’imaging è utile per rilevare la presenza di metastasi negli altri organi. La presa in carico dipende dallo stadio del tumore alla diagnosi, dalla grandezza e dalla localizzazione del tumore e dall’età e dallo stato di salute generale del paziente. Il trattamento comprende la chirurgia (escissione locale radicale, linfadenectomia selettiva), la terapia radiante e la chemioterapia (solo per i pazienti affetti da metastasi). La terapia di supporto migliora la qualità della vita dei pazienti. Molti soggetti affetti da CCM muoiono nei 3 anni successivi alla diagnosi. Tuttavia, i pazienti che non presentano metastasi ai linfonodi hanno una prognosi molto buona. Il tasso di sopravvivenza è migliore nelle donne rispetto agli uomini. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2007)*.

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Carcinoma delle cellule basali Vedere: Sindrome di Gorlin

Carcinoma dell’esofago

ORPHA70482

MIM: 133239

Questa sindrome è caratterizzata da bassa statura, capelli radi, iperpigmentazione cutanea e eruzioni simili all’orticaria sulle mani e sulle braccia. I segni clinici possono comprendere un incisivo mediano centrale, un’ipoplasia dei pollici e/o un’ipercheratosi palmoplantare. Si tratta forse di una forma rara di displasia ectodermica. La sindrome è stata osservata almeno una volta in una madre e nei suoi 3 figli. La trasmissione è autosomica dominante o legata all’X. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

Carcinoma a cellule di Merkel (MCC)

Carcinoma cutaneo neuroendocrino

Il carcinoma dell’esofago è un tumore maligno, che origina dalla proliferazione anomala delle cellule epiteliali dell’esofago. È il terzo tumore più frequente dell’apparato digerente, dopo il cancro del colon-retto e il cancro dello stomaco. È responsabile del 4% delle morti da cancro e rappresenta il quarto cancro mortale più comune negli uomini, dopo il cancro dei polmoni, del colon, del retto e della prostata. Esistono due tipi di tumori esofagei primitivi maligni: i carcinomi epidermoidi (80% dei casi), che insorgono sopratutto nei due terzi prossimali dell’esofago, e gli adenocarcinomi (20% dei casi), che insorgono nel terzo distale, con una prevalenza 20 volte inferiore rispetto a quella dei carcinomi epidermoidi. I tumori non epiteliali e quelli secondari sono rari. Il trattamento è chirurgico, ma in alcuni casi può essere indicata la radioterapia o la chemio-radioterapia. *Autore: team editoriale di Orphanet (gennaio 2006)*.

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malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

non è nota. È probabile un mosaicismo follicolare, mentre è stata discussa una modalità di trasmissione autosomica dominante per i capelli lanosi diffusi parziali. È necessaria una visita dermatologica, che valuti tutta la cute, anche per identificare eventuali sindromi associate. Lo studio del fusto del capello al microscopio ottico e elettronico dimostra una sezione trasversale ellittica, alterazioni del calibro, rotazione dell’asse e formazione di nodi, nonché una cheratinizzazione disomogenea. In alcuni casi, è presente tricorressi nodosa. Se necessario, dovrebbe essere valutato il rapporto anagen/catagen mediante un tricogramma. Nel caso dei capelli lanosi parziali diffusi, a livello istologico è possibile osservare un aumento dei follicoli intermedi. La diagnosi differenziale si pone con l’arricciamento progressivo acquisito dei capelli, l’allotrichia circoscritta asimmetrica, i riccioli parziali acquisiti e i capelli ricci indotti dai farmaci. Attualmente, non esiste un trattamento valido. A seconda delle dimensioni e della localizzazione, i nevi con capelli lanosi possono essere asportati. Dovrebbero essere evitati trattamenti fisici e chimici aggressivi. Si raccomanda un esame oculistico in tutti i pazienti con capelli lanosi. Nel caso in cui si sospetti una sindrome, è necessaria una valutazione internistica accurata, compreso l’esame dell’apparato cardiaco. I capelli lanosi sono più evidenti durante l’infanzia e, spesso, diventano meno apprezzabili nell’età adulta. *Autore: Dott. U. Blume-Peytavi (marzo 2007)*.

C

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ORPHANET ITALIA 2011

Carcinoma del pancreas, forma familiare

Carcinoma del pancreas, forma familiare

Carcinoma familiare del pancreas

Carcinoma differenziato della tiroide Vedere: Carcinoma papillare o follicolare della tiroide

ORPHA33402

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 114500 Il carcinoma epatocellulare (HCC) è un tumore pediatrico molto raro. I tumori epatici primitivi, globalmente considerati, rappresentano circa 1-1,5% di tutte le neoplasie pediatriche, con un’incidenza di 1,5/1.000.000 di bambini, con meno di 15 anni. L’epatoblastoma è il tumore epatico primitivo più frequente in questa fascia di età, seguito dall’HCC. L’HCC tende a manifestarsi negli adolescenti. Negli adulti l’HCC è il tumore epatico più comune. I sintomi principali sono: massa epatica palpabile, dolore addominale, cachessia e ittero nei casi più avanzati. I livelli sierici di alfa-fetoproteina sono spesso elevati. Nella popolazione pediatrica, l’HCC può complicare la cirrosi epatica secondaria ad epatite virale, soprattutto nelle aree endemiche (Africa sub-sahariana, Asia orientale, Eschimesi nativi dell’Alaska), o a malattie metaboliche. Le HCC ad insorgenza nel fegato sano sono più frequenti nella popolazione pediatrica, rispetto a quella adulta. Il trattamento attuale dell’HCC è largamente inefficace, a causa dell’estrema chemioresistenza e dello stato di solito avanzato della malattia al momento della diagnosi. La sopravvivenza totale a 3 anni è inferiore al 25%. *Autori: Dott. P. Czauderna e Dott. G. Perilongo (luglio 2004)*.

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Carcinoma familiare delle cellule renali

ORPHA151

MIM: 144700 Le sindromi con carcinomi familiari delle cellule renali fanno parte di un gruppo di malattie caratterizzate da predisposizione allo sviluppo dei carcinomi delle cellule renali (CCR), con diversi sottotipi istologici. L’incidenza annuale mondiale dei CCR è stimata in circa 1/50.000, mentre l’incidenza delle sindromi da CCR familiare è inferiore a 1/1.500.000. In base alla classificazione dei tumori renali dell’OMS, le principali sindromi CCR familiare sono la malattia di Von Hippel-Lindau, la sclerosi tuberosa, il CCR associato alle traslocazioni del cromosoma 3, il carcinoma papillare ereditario delle cellule renali, la sindrome di Birt-Hogg-Dube, l’oncocitoma familiare e la leiomiomatosi ereditaria con CCR (si vedano questi termini). La presa in carico dipende dallo stadio e dal tipo di tumore presente. Nel 2006, il sorafenib, un inibitore della proteinchinasi, ha ottenuto dall’Unione Europea l’autorizzazione alla commercializzazione come trattamento di seconda scelta per il carcinoma delle cellule renali in stadio avanzato e può essere impiegato anche nel trattamento di alcune sindromi con CCR familiare. Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2007)*.

Laboratori Diagnosi molecolare del carcinoma familare delle cellule renali (gene VHL) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. MURGIA Alessandra, Pr. ZACCHELLO Franco

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ORPHA1333

MIM: 260350

Vedere: Carcinoma familiare del pancreas

Carcinoma epatocellulare a esordio infantile

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Viene definito carcinoma familiare del pancreas (CP) quello presente in 2 o più consanguinei di primo grado. L’incidenza annuale è stata stimata in circa 1-10/1.000.000, cioè il 5-10% dei casi di CP. Nei casi familiari, l’esordio della malattia avviene prima dei 50 anni, più precocemente rispetto alle altre forme di CP. È stata osservata un’elevata incidenza di CP familiare in alcune sindromi ereditarie (sindrome di Peutz-Jeghers, pancreatiti ereditarie, sindrome familiare dei nevi-melanomi atipici multipli, sindrome del carcinoma familiare della mammella e dell’ovaio, sindrome del carcinoma ereditario non poliposico del colon; si vedano questi termini). Il fumo di sigaretta rappresenta un fattore di rischio significativo per questo tumore familiare. Il CP può originare dalla porzione esocrina (90%) o endocrina del pancreas. Nel 60% dei casi origina dalla testa del pancreas. I sintomi principali sono aspecifici e comprendono il dolore nella porzione superiore dell’addome, che si irradia caratteristicamente al dorso, la perdita dell’appetito, la perdita del peso e l’ittero da ostruzione del dotto biliare. Dato che il decorso clinico è silente, il CP spesso non viene diagnosticato fino agli stadi avanzati della malattia. In oltre l’80% dei casi, al momento della diagnosi, il cancro si trova in uno stadio avanzato a livello locale e disseminato. Sono caratteristici la rapida crescita, la disseminazione vascolare precoce, la diffusione ai linfonodi regionali e le metastasi al fegato, al peritoneo, ai polmoni. Il CP può anche invadere i visceri circostanti. È stato visto che nell’eziologia del tumore rivestono un ruolo significativo le mutazioni nei geni KRAS, CDKN2A, TP53 e SMAD4, la cui caratterizzazione non è comunque utile a livello clinico per lo screening o per la diagnosi della malattia. Le tecniche utili per la diagnosi sono l’ecografia, la tomografia computerizzata con mezzo di contrasto (MDCT), la risonanza magnetica (RMN), integrate con la tomografia a emissione di positroni (PET)/tomografia computerizzata (TAC). Le tecniche diagnostiche invasive sono la colangiopancreatografia endoscopica retrograda (ERCP) e l’ultrasonografia endoscopica. Il CA 19-9 è un sensibile marcatore sierologico tumorale, anche se non specifico. La diagnosi differenziale si pone con numerose malattie, come le pancreatiti acute e croniche, le colangiti, le colecistiti, la colelitiasi, i tumori e le stenosi del dotto biliare, il tumore e le ulcere gastriche. La resezione chirurgica è l’unico trattamento potenzialmente curativo. La maggior parte dei pazienti (80%) viene diagnosticato ad uno stato avanzato, non più resecabile, del tumore. In questi casi, la chemioterapia (gemcitabina) o la radioterapia, da sole o in combinazione, rappresentano un trattamento alternativo, anche se spesso non efficace. La prognosi non è buona (il tasso di sopravvivenza complessivo a 5 anni è del 5%). Anche dopo una resezione completa del tumore il tasso di ricorrenza è elevato. Ai pazienti con una storia familiare di CP si raccomanda di non fumare o di smettere di fumare. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2008)*.

Laboratori Diagnosi molecolare delle patologie associate a TP53 (gene TP53) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

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Carcinoma midollare della tiroide

ORPHA1332

MIM: 155240 Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) si sviluppa a partire dalle cellule C della tiroide, che secernono calcitonina (CT). Il CMT rappresenta il 5-10% dei cancri della tiroide, con un’incidenza di 1-2% nelle malattie nodulari della tiroide. La prevalenza nella popolazione generale è stimata in 1/14.300. La diagnosi di solito si effettua in presenza di un nodulo solitario,

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ORPHANET ITALIA 2011

Carcinoma papillare ereditario delle cellule renali

Laboratori Diagnosi molecolare del cancro midollare familiare della tiroide (gene RET) Istituto Auxologico Italiano, CUSANO MILANINO (MI) Dr. BONOMI Marco, Dr. CORDELLA Daniela, Pr. PERSANI Luca Diagnosi molecolare del cancro midollare della tiroide, familiare e sporadico Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare del cancro midollare della tiroide (gene RET) Centro di Riferimento Oncologico, AVIANO (PN) Dr. QUAIA Michele, Dr. VIEL Alessandra Diagnosi molecolare della predisposizione al cancro midollare della tiroide Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare del cancro midollare della tiroide (gene RET) Università degli Studi di Brescia - Azienda Ospedaliera Spedali Civili, BRESCIA Pr. CASTELLANO Maurizio, Dr. MORI Luigi, Dr. PANAROTTO Alessandra Diagnosi molecolare del cancro midollare della tiroide Istituto Oncologico Veneto IRCCS, PADOVA Pr. OPOCHER Giuseppe, Dr. SCHIAVI Francesca

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Carcinoma nasofaringeo

ORPHA150

MIM: 161550 Il carcinoma nasofaringeo (NPC) è un tumore che insorge nelle cellule epiteliali che ricoprono la superficie e il pavimento del nasofaringe. L’incidenza annuale è circa 1/100.000 nei Paesi occidentali. I Paesi a elevata incidenza sono la Cina e la Turchia. Sebbene si tratti di un carcinoma raro, è responsabile di circa un terzo delle neoplasie infantili del nasofaringe. Nella classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità vengono riconosciuti 3 sottotipi: 1) carcinoma a cellule squamose, che si manifesta di solito nella popolazione adulta

più anziana; 2) carcinoma non cheratinizzante; 3) carcinoma indifferenziato. Il tumore può estendersi all’interno o all’esterno del nasofaringe verso l’altra parete laterale e/o postero-superiore, alla base del cranio o del palato, nella cavità nasale o nell’orofaringe. In seguito metastatizza in modo caratteristico nei linfonodi cervicali. Per molti pazienti, il primo sintomo è una linfadenopatia cervicale e la diagnosi si effettua sulla biopsia dei linfonodi. Le proliferazioni più massicce possono produrre ostruzione del naso, emorragia e “voce nasale’’. I fattori eziologici sono il virus Epstein-Barr (EBV), la suscettibilità genetica e il consumo di cibo contenente potenziali carcinogeni, come le nitrosamine volatili. I metodi di diagnosi comprendono la nasofaringoscopia, per studiare il tumore primitivo, la valutazione clinica della grandezza dei linfonodi cervicali e la biopsia dei linfonodi o del tumore primitivo, seguita da un esame istologico. L’eventuale presenza di altre metastasi può essere confermata dall’esame neurologico dei nervi cranici, dalla tomografia assiale computerizzata (TAC) dalla risonanza magnetica nucleare o dall’esame della testa e del collo, dalla radiografia del torace e dalla scintigrafia ossea. L’analisi del siero permette di individuare l’antigene del capside virale e il DNA del l’EBV. Il protocollo di terapia raccomandato consiste in tre sedute di chemioterapia neoadiuvante, d’irradiazione e d’interferone (IFN) beta adiuvante. La comparsa di una linfadenopatia cervicale indica che il tumore si è diffuso oltre la sua sede primitiva. Tuttavia, durante l’infanzia, la presenza di metastasi nei linfonodi cervicali al momento della diagnosi non influenza negativamente la prognosi. I fattori che si associano ad una prognosi negativa sono il coinvolgimento della base del cranio, l’estensione del tumore primitivo e il coinvolgimento dei nervi cranici. *Autore: Dott. B. Brennan (luglio 2006)*.

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Carcinoma papillare ereditario delle cellule renali

ORPHA47044

MIM: 605074 Il carcinoma papillare ereditario delle cellule renali (CCRPE) è una sindrome da tumore renale familiare, caratterizzata dalla predisposizione allo sviluppo bilaterale e multifocale di carcinomi papillari renali di tipo 1. L’incidenza annuale mondiale dei carcinomi delle cellule renali (CCR) è stimata in circa 1/50.000. L’incidenza annuale delle sindromi con CCR è inferiore a 1/1.500.000 e i carcinomi papillari rappresentano il 10-15% dei CCR. Il CCRPE viene trasmesso come carattere autosomico dominante a penetranza ridotta. La sindrome si associa a mutazioni germinali del protooncogene MET (7q31), che codifica per il recettore tirosin-chinasico responsivo ad un fattore di crescita dell’epatocita. La tumorigenesi nei pazienti affetti da CCRPE si associa frequentemente alla duplicazione non casuale del cromosoma 7, che contiene l’allele MET mutato, ma sono stati osservati anche altri sbilanciamenti cromosomici nelle famiglie affette da tumori di tipo CCRPE. La diagnosi si basa sulla storia familiare e sulla presenza di carcinomi papillari delle cellule renali e viene confermata dall’individuazione di una mutazione germinale nel gene MET. La presa in carico prevede controlli regolari per permettere una diagnosi precoce dei carcinomi. Le opzioni terapeutiche dipendono dallo stadio del tumore al momento della diagnosi. Nonostante il tasso di sopravvivenza a 5 anni dei pazienti affetti da CCR sia migliorato negli ultimi anni, la prognosi non è buona nei casi in cui la malattia si trovi in uno stadio avanzato. Nel 2006, il sorafenib, un inibitore proteinchinasico, ha ottenuto dall’Unione Europea l’autorizzazione alla commercializzazione come trattamento di seconda scelta per il carcinoma delle cellule renali in stadio avanzato e può essere utilizzato per il trattamento del CCRPE. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2007)*. Vedere: Carcinoma familiare delle cellule renali

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malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

associato spesso a metastasi nodali, e viene confermata da un aumento dei valori basali della CT, che rappresenta il marcatore biologico. Il CMT può essere sporadico e, in circa il 30% dei casi, familiare, quando è compreso nella neoplasia endocrina multipla, una malattia a trasmissione dominante dovuta alla mutazione germinale del protooncogene RET. Il marcatore biologico (CT) e genetico (RET) offrono una diagnosi ottimale e garantiscono il trattamento del CMT; il primo permette lo screening e la diagnosi precoce del CMT, attraverso la misurazione costante della CT nelle malattie nodulari della tiroide, per le quali è necessario e appropriato un intervento chirurgico completo. Il secondo permette la diagnosi del CMT familiare e l’individuazione dei pazienti a rischio, nei quali può essere necessario un intervento chirurgico precoce o la profilassi. Il trattamento del CMT si basa su una resezione chirurgica completa: la tiroidectomia in associazione alla dissezione laterocervicale e centrale dei linfonodi. Per i CMT localmente avanzati e metastatizzati, è necessario un intervento chirurgico cervicale completo, in associazione ad altri trattamenti sistemici: dato che la chemioterapia non è molto efficace, in futuro la radioimmunoterapia e la terapia genica diretta contro RET (essenzialmente gli inibitori della tiroxinachinasi) potrebbero diventare potenziali opzioni terapeutiche valide. La prognosi del CMT dipende soprattutto dallo stadio della malattia e dall’estensione dell’intervento chirurgico iniziale. Il tasso di sopravvivenza a 10 anni è circa dell’80%, in assenza di interventi chirurgici, e raggiunge il 95% quando il marcatore biologico CT si normalizza dopo l’intervento. *Autore: Prof. P. Niccoli-Sire (novembre 2007).*

C

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Carcinoma papillare o follicolare della tiroide

Carcinoma papillare o follicolare della tiroide

ORPHA146

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 188470 Il carcinoma papillare o follicolare della tiroide (PTC) fa parte dei tumori bene differenziati della tiroide. È il tumore della tiroide più comune e quello meglio curabile. L’incidenza annuale della PTC nelle diverse parti del mondo è 0,5-10/100.000. Dal punto di vista clinico, la PTC si presenta come un nodulo tiroideo asintomatico, di solito singolo, fisso, liberamente mobile durante la deglutizione e non è distinguibile da un nodulo benigno. Deve essere sospettata la malignità quando il nodulo viene osservato nei bambini o negli adolescenti o nei pazienti oltre i 60 anni e quando è presente nell’anamnesi un aumento progressivo delle dimensioni della lesione. La raucedine, la disfagia, la tosse e la dispnea sono segni evocatori negli stadi avanzati della malattia. Dal punto di vista istologico, il PTC è un tumore non capsulato con strutture papillari e follicolari. È caratterizzato dalla modificazione del nucleo delle cellule: sovrapposizione nucleare, nuclei di grandi dimensioni, aspetto “a vetro smerigliato’’, solchi nucleari longitudinali e invaginazioni del citoplasma all’interno dei nuclei. Il tumore si diffonde attraverso i vasi linfatici all’interno della tiroide, verso i linfonodi regionali e, meno frequentemente, verso i polmoni. Alcuni oncogeni sono chiaramente coinvolti nei pazienti, sia in assenza che in presenza di pregressa esposizione alle radiazioni (incidente di Chernobyl o irradiazione esterna). I riarrangiamenti più comuni riguardano il gene RET, le mutazioni di RAS e RAF. Il trattamento comprende la chirurgia, la terapia con iodio 131, la radioterapia e l’apporto di tiroxina. È necessario programmare un follow-up dopo l’avvio della terapia. *Autore: Prof. M.J. Schlumberger (marzo 2004)*.

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ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

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sere confermato dall’imaging mediante risonanza magnetica con rinforzo tardivo (late enhancement). L’anamnesi familiare positiva per la cardiopatia e/o la neuropatia può suggerire la diagnosi della malattia. La diagnosi differenziale si pone con altri tipi di amiloidosi cardiaca, come l’amiloidosi AL (si veda questo termine). La cardiomiopatia ipertrofica (si veda questo termine) deve essere inserita nella diagnosi differenziale. Dato che la proteina anomala responsabile della ATTR è quasi esclusivamente prodotta dal fegato, l’unico trattamento comprovato è il trapianto ortotopico di fegato (OLT), che offre una terapia genica chirurgica nei pazienti affetti dalla cardiomiopatia amiloide. Può essere preso in considerazione il trapianto combinato cuore-fegato. Nei pazienti con sintomi cardiaci, la sopravvivenza fino ai 5 anni viene raggiunta in meno del 50% dei casi. Gli episodi più gravi riguardano l’insufficienza cardiaca progressiva e la morte improvvisa da aritmia. *Autori: Dott. C. Rapezzi e Dott. C.C. Quarta (gennaio 2009)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia - anomalie renali

ORPHA90022

Questa malattia è caratterizzata da cardiomiopatia ipertrofica e malformazioni variabili delle vie urogenitali. È stata descritta in 2 fratelli maschi nati da genitori non consanguinei. Uno dei 2 fratelli presentava anche disgenesia del corpo calloso. Il modello di trasmissione non è noto, anche se potrebbe essere legato all’X o autosomico recessivo. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2010)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro Vedere: Displasia aritmogena del ventricolo destro

Cardioencefalomiopatia fatale infantile da deficit di citocromo C ossidasi Vedere: Deficit infantile fatale di citocromo C ossidasi

Cardiomiopatia amiloide familiare da transtiretina

ORPHANET ITALIA 2011

ORPHA85451

MIM: 105210 La cardiomiopatia amiloide familiare legata alla transtiretina (TTR) è un’amiloidosi sistemica legata alla TTR (ATTR), caratterizzata dal coinvolgimento cardiaco secondario all’infiltrazione di una proteina amiloide anomala nel miocardio. La prevalenza non è nota. I pazienti presentano nell’età adulta (di solito dopo i 30 anni) una cardiomiopatia costrittiva (con cardiopatia e eventuali bradi/tachiaritmie di grado variabile). La cardiomiopatia ATTR si associa spesso alla polineuropatia autonoma/sensoriale (polineuropatia amiloide familiare; si veda questo termine), anche se in alcuni casi l’espressione fenotipica della ATTR può essere esclusivamente cardiaca. L’ATTR è trasmessa come carattere autosomico dominante e al momento sono state descritte più di 80 mutazioni patogenetiche nel gene TTR (18q12.1). Il fenotipo della ATTR varia in base alla mutazione della TTR, all’area geografica e al tipo di aggregazione (endemica/non endemica). Le diverse mutazioni specifiche del gene TTR si associano a un coinvolgimento prevalentemente cardiaco. Tra esse, la mutazione V122I è particolarmente comune negli afro-americani (il 3,5% della popolazione) e la mutazione L111M, descritta per la prima volta in una famiglia danese, si associa a un coinvolgimento esclusivamente cardiaco. Il gold standard per la diagnosi dell’amiloidosi è l’analisi istologica e la colorazione rosso Congo delle biopsie. L’individuazione delle mutazioni di TTR permette di confermare la diagnosi. Il sospetto diagnostico dell’amiloidosi può essere ottenuto con elevata attendibilità analizzando le caratteristiche ecocardiografiche, e può es-

Cardiomiopatia - cataratta - anomalie spondilopelviche

ORPHA1345

Una rara associazione tra anomalie è stata osservata in un’unica famiglia, nella quale i pazienti, su 2 generazioni, erano affetti da cardiomiopatia dilatativa, cataratta precoce e patologia articolare. La cardiomiopatia, caratterizzata istologicamente post-mortem, era caratterizzata da depositi basofili, PAS-positivi, granulo-filamentosi nel miocardio. La malattia articolare comprendeva la degenerazione delle articolazioni dell’anca, la presenza di dischi intervertebrali irregolari e la platispondilia. La cataratta può essere il primo sintomo della triade nei giovani adulti. I genitori erano consanguinei, in accordo con una trasmissione autosomica recessiva ad espressività e penetranza variabili. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia cirrotica

ORPHA57777

Il termine cardiomiopatia cirrotica identifica un gruppo di anomalie strutturali e funzionali del cuore, che si manifestano in pazienti affetti da cirrosi, compresa la disfunzione sistolica e diastolica, le anomalie elettrofisiologiche e le modificazioni strutturali macroscopiche e microscopiche. La prevalenza al momento non è nota, dato che questo patologia è di solito latente e si manifesta quando il paziente è sottoposto agli stress, come l’esercizio fisico, le terapie farmacologiche, le emorragie e gli interventi chirurgici. I principali sintomi clinici della cardiomiopatia cirrotica sono l’aumento dell’efflusso cardiaco di base, la riduzione della forza di contrazione sistolica o il rilascio diastolico in risposta allo stress fisiologico, farmacologico e chirurgico, e le anomalie della conduzione elettrica

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ORPHANET ITALIA 2011

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia con miopatia da deficit di COX Vedere: Cardiomiopatia - ipotonia, da deficit di citocromo C ossidasi

Cardiomiopatia da ATTR Vedere: Cardiomiopatia amiloide familiare da transtiretina

Cardiomiopatia da rigonfiamento Vedere: Cardiomiopatia di Tako-Tsubo ORPHA66634

MIM: 610198 La cardiomiopatia dilatativa con atassia (CMDA) è caratterizzata da cardiomiopatia dilatativa grave ad esordio precoce (CMD, prima dei 3 anni), associata a difetti di conduzione (sindrome del QT lungo), atassia cerebellare non progressiva, disgenesia testicolare e aciduria 3-metilglutaconica. Finora tutti i casi di CMDA noti appartengono alla popolazione degli hutteriti dariusleut, una popolazione endogamica che vive nella regione delle Grandi Pianure del Canada e degli Stati Uniti. Sono comuni il ritardo della crescita prenatale e postnatale, il ritardo motorio (dovuto all’atassia cerebellare) e le anomalie genitali nei maschi (che variano dal criptorchidismo all’ipospadia perineale grave). Altre caratteristiche sono l’atrofia ottica, il lieve aumento degli enzimi epatici responsabili di steatosi epatica microvescicolare, l’anemia microcitica normocromica e il deficit cognitivo di grado variabile. La CMDA è una malattia autosomica recessiva dovuta a mutazioni del gene DNAJC19 (che codifica per la proteina mitocondriale DNAJC19 localizzata nei miociti cardiaci). La CMDA condivide alcuni segni clinici con la sindrome di Barth, legata all’X, e con le acidurie 3-metilglutaconiche (di tipo 1, 3 e 4; si vedano questi termini). In uno studio clinico su 18 pazienti con CMDA, più del 70% di essi è deceduto per una progressiva insufficienza cardiaca o un improvviso arresto cardiaco. In alcuni

pazienti, la terapia medica ha consentito di ottenere miglioramenti o addirittura la completa guarigione. *Autore: team editoriale di Orphanet (gennaio 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia dilatativa familiare

ORPHA154

MIM: 102540 La cardiomiopatia dilatativa familiare (DCM) è una malattia del muscolo cardiaco, caratterizzata dalla dilatazione ventricolare e dalla funzione sistolica ridotta. I pazienti presentano insufficienza cardiaca, aritmie e aumento del rischio di morte improvvisa. La prevalenza della DCM è 1/2.500, con un’incidenza di 7/100.000 casi l’anno (ma, probabilmente, è sottodiagnosticata). In molti casi, la malattia è ereditaria e viene, perciò, definita DCM familiare (FDC). La FDC corrisponde al 20-48% dei casi di DCM ed è causata soprattutto da mutazioni nei geni FDC, che codificano per le proteine del citoscheletro e del sarcomero delle cellule muscolari cardiache. L’anamnesi familiare è importante per identificare le famiglie con FDC. Sono stati pubblicati criteri per la diagnosi di queste famiglie e la loro utilizzazione nella pratica clinica sta diventando sempre più frequente. Negli ultimi anni si stanno sviluppando test genetici per la valutazione delle famiglie con FDC e saranno utilizzati sempre di più nella pratica clinica. Lo screening delle famiglie attraverso lo studio dell’albero genealogico e/o i test genetici rendono possibile l’identificazione dei pazienti in fase precoce o in fase presintomatica. In questo modo, è possibile promuovere un cambiamento dello stile di vita e iniziare una terapia farmacologica precoce, così da influenzare, probabilmente, il decorso della malattia. La consulenza genetica è importante per identificare altri soggetti asintomatici nella famiglia, che sono a rischio di sviluppare la sintomatologia, così da poterli sottoporre a controlli regolari. Il trattamento della FCD è finalizzato al controllo della progressione dell’insufficienza cardiaca e delle aritmie ed è basato sull’uso delle linee guida correnti per il trattamento della DCM. Il trattamento prevede misure generiche (assunzione controllata di sale e liquidi, trattamento dell’ipertensione, limitazione dell’apporto di alcol, controllo del peso corporeo, moderato esercizio fisico) e la terapia farmacologia. Si sta allargando l’uso della resincronizzazione cardiaca, dei defibrillatori cardiovertori impiantabili e dei dispositivi di assistenza della funzionalità del ventricolo sinistro. I pazienti con grave insufficienza cardiaca, grave riduzione della capacità funzionale e ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra hanno basse possibilità di sopravvivenza e possono necessitare del trapianto cardiaco. *Autori: Dott. M.R.G. Taylor, Dott. E. Carniel e Prof. L. Mestroni (luglio 2006)*.

Laboratori Diagnosi molecolare di cardiomiopatia dilatativa con difetto di conduzione (gene LMNA) Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, PAVIA Pr. ARBUSTINI Eloisa Diagnosi molecolare della cardiomiopatia dilatativa X-linked (distrofina) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare della cardiomiopatia dilatativa con difetto di conduzione IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio

Associazioni

GECA - Associazione Giovani e Cuore Aritmico - ONLUS

Cardiomiopatia dilatativa grave con o senza miopatia Vedere: Cardiomiopatia dilatativa grave da mutazione di lamina A/C

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

(allungamento dell’intervallo QT). Nella maggior parte dei casi, la disfunzione diastolica precede la disfunzione sistolica, che tende a manifestarsi solo in condizioni di stress. La cardiomiopatia cirrotica ad evoluzione nella insufficienza cardiaca conclamata è, di solito, rara. Gli stress significativi sul sistema cardiovascolare, come il trapianto di fegato, le infezioni e l’inserimento di shunts porto-sistemici intraepatici transgiugulari (TIPS) possono far conclamare una cardiomiopatia cirrotica e, pertanto, convertire una insufficienza cardiaca latente in una forma conclamata. La cardiomiopatia cirrotica può anche contribuire alla patogenesi della sindrome epato-renale. Si conoscono vari meccanismi patogenetici della cardiomiopatia cirrotica, comprese le anomalie biofisiche della membrana, le alterazioni della trasduzione del segnale del recettore beta-adrenergico, l’aumento dell’attività delle vie molecolari inotropo-negative mediate da cGMP. La diagnosi di questa cardiomopatia e la diagnosi differenziale richiedono una accurata raccolta della storia clinica del paziente, l’eventuale riscontro di un eccessivo consumo di alcol, la ricerca dei segni clinici di ipertensione, come le modificazioni vascolari della retina, e alcuni test diagnostici come l’elettrocardiogramma da sforzo, la scansione cardiaca nucleare e l’angiografia coronarica. Il trattamento si basa su interventi empirici, non specifici e di supporto. La prognosi è poco definita. L’evoluzione della cardiomiopatia cirrotica correla, di solito, con il grado di insufficienza epatica. È possibile la regressione del quadro clinico (sia con la terapia farmacologica che dopo trapianto di fegato), ma sono necessari ulteriori studi. *Autori: Dott. S.K. Baik, Dott. T.R. Fouad e Dott. S.S. Lee (marzo 2007)*. Tratto da Cirrhotic cardiomyopathy. Orphanet J Rare Dis. 2007; 2:15.

Cardiomiopatia dilatativa con atassia

C

Cardiomiopatia dilatativa grave con o senza miopatia

C

Cardiomiopatia dilatativa grave da mutazione di lamina A/C

Cardiomiopatia dilatativa grave da mutazione di lamina A/C

ORPHA83618

MIM: 115200

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La cardiomiopatia dilatativa grave con aritmie o arresto cardiaco, talvolta associata a miopatia del quadricipite, è stata descritta in 11 persone di una famiglia. La prognosi dipende dal danno cardiaco (fibrillazione atriale, aritmie ventricolari, blocco di branca o AV e cardiomiopatia dilatativa), che si manifesta dopo i 30 anni ed è preceduto da sintomi neurologici. La trasmissione è autosomica dominante. Probabilmente, la malattia è causata dalle mutazioni nel gene che codifica per la lamina A/C. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2006)*.

ORPHANET ITALIA 2011

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complicazioni meccaniche. La presa in carico consiste in una terapia sintomatica e di supporto, che deve basarsi sulla somministrazione di farmaci beta-bloccanti, inibitori dell’enzima angiotensina-convertasi, aspirina e diuretici. Se vengono instaurate misure adeguate nella fase acuta della malattia, in poche settimane è possibile ottenere un recupero completo. Anche se l’evoluzione di regola non causa problemi, può occasionalmente essere complicata dalla rottura del ventricolo sinistro, che è causa di morte improvvisa. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia - intolleranza all’esercizio da deficit cardiaco e muscolare di glicogeno ORPHA137625

Cardiomiopatia dilatativa - ipogonadismo ipergonadotropo ORPHA2229

MIM: 611556

MIM: 212112 Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra cardiomiopatia dilatativa e ipogonadismo ipergonadotropo (DCMHH). La prevalenza non è nota, ma al momento sono stati descritti meno di 20 casi. Altri segni occasionali sono l’allargamento della sella nasale, la blefaroptosi, il deficit cognitivo lieve, la presenza di anomalie scheletriche minori, i difetti del metabolismo, l’emiagenesia della tiroide, il collagenoma e il diabete mellito. La trasmissione sembra essere autosomica recessiva. Le mutazioni del gene LMNA sono state recentemente identificate in 2 sorelle che presentavano un fenotipo clinico sovrapponibile (insufficienza ovarica e cardiomiopatia dilatativa progressiva) associato ad altri segni clinici, compresi il torace stretto, le spalle cadenti, l’aspetto vecchieggiante delle mani e dei piedi e i dismorfismi facciali (naso a becco e retrognazia grave). *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2009)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia di Tako-Tsubo

ORPHA66529

La cardiomiopatia di Tako-Tsubo (CT) è una sindrome cardiaca acuta, identificata di recente, che simula l’infarto miocardico. È caratterizzata da sintomi toracici ischemici, tratto ST elevato all’elettrocardiogramma e elevazione (medio-alta) degli enzimi cardiaci e dei biomarcatori. La sindrome è stata riconosciuta inizialmente nella popolazione giapponese ed è stata recentemente descritta negli Stati Uniti e in Europa. Si presenta di solito nelle donne in menopausa, di 55-75 anni, ed ha un’incidenza nella popolazione generale di 1/36.000. I pazienti presentano in genere dolori toracici simil-ischemici o dispnea, tratto ST elevato e intervallo QT allungato all’elettrocardiogramma, un aumento lieve-moderato degli enzimi cardiaci e dei biomarcatori e un rigonfiamento transitorio “a pallone” dell’apice del ventricolo sinistro e della porzione media del ventricolo. A differenza delle sindromi arteriose coronariche acute (ACS), i pazienti affetti da CT non presentano malattie arteriose coronariche non ostruttive o non vengono riconosciuti con l’angiografia. Le complicazioni più comuni sono lo shock cardiogeno e l’occlusione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro, l’ictus e la formazione di un trombo atipico. Sebbene la causa esatta non sia nota, la sindrome si aggrava di solito con lo stress fisico ed emotivo secondario a malattie non cardiache e ad interventi chirurgici. La diagnosi viene effettuata con l’arteriografia coronarica, la ventricolografia sinistra e l’ecocardiografia. La diagnosi differenziale si pone con le ACS e altri tipi di disfunzione ventricolare transitoria. I pazienti devono essere monitorati e ospedalizzati, se presentano aritmie ventricolari, insufficienza cardiaca e

Questa sindrome è caratterizzata da deficit di glicogeno a livello del cuore e dei muscoli. È stata descritta in 2 fratelli e la loro sorella. Il fratello più grande è deceduto all’età di 10,5 anni per un improvviso arresto cardiaco; il fratello minore presentava cardiomiopatia ipertrofica, anomalie della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sotto sforzo e affaticamento muscolare. La sorella era asintomatica, ma la biopsia muscolare ha identificato un deficit di glicogeno. La sindrome è dovuta alle mutazioni omozigoti missenso del gene che codifica per la sintesi del glicogeno muscolare. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2008)*.

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS

Cardiomiopatia ipertrofica familiare isolata

ORPHA155

MIM: 102540 La cardiomiopatia ipertrofica familiare isolata è una malattia del miocardio, caratterizzata da ipertrofia asimmetrica del ventricolo sinistro, soprattutto a livello del setto interventricolare. La prevalenza è 1/500. I sintomi comprendono dispnea, sincope, collasso, palpitazioni e dolore toracico e sono spesso scatenati dall’esercizio fisico. Spesso l’evoluzione non mostra altre complicanze, anche se qualche volta sfocia nell’esito più temuto, cioè la morte improvvisa, di solito correlata a tachiaritmia ventricolare. In almeno il 60% dei casi la malattia è ereditaria, a trasmissione autosomica dominante, a penetranza e espressività variabili. Sono stati implicati nell’eziologia della malattia molti geni che codificano per le proteine del sarcomero (catena pesante della beta-miosina, catena leggera della miosina; troponine T e I, proteina C cardiaca, alfa-tropomiosina, actina cardiaca, titina). La presa in carico comprende l’uso di farmaci beta-bloccanti o calcio-antagonisti e, occasionalmente, intervento chirurgico (miectomia ventricolare). Le alternative terapeutiche più recenti comprendono la stimolazione cardiaca (pacemaker) e l’ablazione settale. Per prevenire la morte improvvisa, si utilizzano in particolare

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ORPHANET ITALIA 2011

Cardiomiopatia istiocitoide

i defibrillatori impiantabili. In tutti i casi si raccomanda di limitare l’attività fisica. *Autore: Dott. P. Charron (gennaio 2005)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della cardiomiopatia ipertrofica familiare (geni MYH7,MYBPC3,TNNT2, TPM1, TNNI3, ACTC) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia Diagnosi molecolare della cardiomiopatia ipertrofica familiare (geni MYH7, MYBPC3, TNNT2, TNNI3, AGAL, ACTC) Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, PAVIA Pr. ARBUSTINI Eloisa

Diagnosi molecolare della cardiomiopatia ipertrofica familiare Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Pr. ZACCHELLO Franco

Associazioni

GECA - Associazione Giovani e Cuore Aritmico - ONLUS

Cardiomiopatia ipertrofico-ostruttiva familiare isolata Vedere: Cardiomiopatia ipertrofica familiare isolata

Cardiomiopatia ipertrofico-ostruttiva idiopatica o familiare Vedere: Cardiomiopatia ipertrofica familiare isolata

Cardiomiopatia ipertrofico-ostruttiva primitiva Vedere: Cardiomiopatia ipertrofica familiare isolata

Cardiomiopatia - ipotonia - acidosi lattica

ORPHA91130

MIM: 610773 Questa sindrome è caratterizzata da cardiomiopatia ipertrofica, ipotonia muscolare e dalla presenza dell’acidosi lattica alla nascita. È stata descritta in 2 sorelle (entrambe sono decedute nel primo anno di vita), appartenenti a una famiglia turca non consanguinea. La sindrome è dovuta ad una mutazione puntiforme omozigote nell’esone 3A del gene SLC25A3 che codifica per un trasportatore della membrana mitocondriale. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2007)*.

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

ORPHA70474

MIM: 220110

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

Cardiomiopatia istiocitoide

ORPHA137675

MIM: 212080 La cardiomiopatia istiocitoide è una patologia aritmogena caratterizzata da cardiomegalia, aritmie cardiache gravi o morte improvvisa, e presenza di cellule simili agli istiociti nella compagine del miocardio. La prevalenza non è nota ma, ad oggi, sono stati descritti meno di 100 pazienti. Nella maggior parte dei casi si tratta di bambini di età inferiore ai 2 anni, con un rapporto femmine/maschi di 3:1. Clinicamente la malattia può manifestarsi con diversi tipi di aritmia cronica (fibrillazione atriale e ventricolare, tachicardia ventricolare e sopraventricolare e sindrome di Wolff-Parkinson-White; vedi questo termine) anche se la morte improvvisa, dovuta ad arresto cardiaco, è un evento comune al momento della prima diagnosi. Sono state descritte associazioni con altri difetti cardiaci (difetti del setto interatriale e interventricolare, sindrome del cuore sinistro ipoplasico e fibroelastosi endocardica; si vedano questi termini) e con anomalie extracardiache (ipotonia, sindrome MIDAS, anomalia di Peter e glaucoma congenito; si vedano questi termini). Generalmente si ipotizzava che la cardiopatia istiocitoide fosse causata da un anomalo sviluppo del sistema di conduzione. È stata tuttavia identificata una mutazione nel DNA mitocondriale del gene che codifica per il citocromo b (MT-CYB). Nei casi familiari (5% dei pazienti descritti), l’eredità appare autosomica recessiva anche se una trasmissione legata all’X è stata suggerita nei pazienti con l’associazione tra cardiomiopatia istiocitoide e sindrome MIDAS (condizione dominante legata all’X causata da mutazioni nel gene HCCS localizzato in Xp22). I reperti istologici sono patognomonici della condizione con noduli giallo-rossicci nel miocardio e, in alcuni casi, nelle aree del subendocardio e del subepicardio. I noduli sono composti da nidi di cellule schiumose simil-istiocitarie con citoplasma granulare contenente gocce lipidiche e numerosi mitocondri atipici. Questi miociti anomali si trovano principalmente nei ventricoli anche se è stato descritto un interessamento valvolare. Dato che spesso la morte improvvisa neonatale è il sintomo d’esordio, la sindrome da morte improvvisa neonatale (SIDS) è spesso la diagnosi iniziale in questi casi, ma può essere esclusa con l’analisi istologica del tessuto miocardico. Le opzioni terapeutiche per i pazienti che presentano un quadro aritmico sono la rimozione chirurgica delle lesioni nodulari, la mappatura elettrofisiologica e l’ablazione con radiofrequenza delle aritmie. Gli antiaritmici sono comunemente inefficaci anche se un paziente ha mostrato una buona risposta al trattamento con amiodarone. La prognosi è generalmente infausta e la malattia è di solito fatale. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare della cardiomiopatia ipertrofica familiare (geni MYH7, MYBPC3,TNNT2,TNNI3, MYL2, MYL3, ACTC, TPM1, GLA, LAMP2, PRKAG2) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Pr. TORRICELLI Francesca

Cardiomiopatia - ipotonia, da deficit di citocromo C ossidasi

C

C

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiomiopatia oncocitica Vedere: Cardiomiopatia istiocitoide

Cardiomiopatia xantomatosa infantile

sione autosomica recessiva. Sono stati osservati circa 30 casi in tutto il mondo. La maggior parte di essi presenta deficit cognitivo di grado variabile; alcuni mostrano convulsioni e uno di essi miopatia congenita. Pochi pazienti sono asintomatici. La diagnosi si basa sull’analisi degli aminoacidi sierici e/o urinari, dopo esclusione della carne dalla dieta, e sui test enzimatici. La diagnosi differenziale si pone con il deficit di acido gamma-amino butirrico transaminasi (GABA). Non è disponibile alcuna cura e non è ancora chiaro se, di fatto, sia necessario un trattamento. *Autore: Prof. J. Jaeken (marzo 2006)*.

Vedere: Cardiomiopatia istiocitoide

Laboratori

Cardiopatia amiloide da transtiretina

Diagnosi biochimica della carnosinemia IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica della carnosinemia Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica della carnosinemia Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Vedere: Cardiomiopatia amiloide familiare da transtiretina

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Cardiomiopatia oncocitica

Cardiopatia amiloide da TTR Vedere: Cardiomiopatia amiloide familiare da transtiretina

Cardiopatia congenita - arti corti

ORPHA1354

MIM: 212135 La cardiopatia con arti corti è un’associazione tra un difetto congenito del cuore e una displasia scheletrica (schisi coronale dei corpi vertebrali e arti corti). Sono stati descritti solo 2 fratelli maschi, figli di cugini di primo grado, originari del Kuwait. I segni clinici e radiologici hanno suggerito l’esistenza di una sindrome cardio-scheletrica nosologicamente distinta. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cardiopatie troncoconali

ORPHA2445

MIM: 217095 Le cardiopatie troncoconali consistono in difetti del tratto di efflusso del cuore, come la tetralogia di Fallot, l’atresia polmonare, il ventricolo destro a doppia uscita, il tronco arterioso comune e le anomalie dell’arco aortico. Complessivamente, queste malformazioni riguardano da un terzo a un quarto di tutte le cardiopatie congenite non sindromiche. Le microdelezioni della regione 22q11.2 sono presenti nel 30% dei difetti troncoconali isolati e devono essere ricercate, in quanto possono associarsi a lieve ritardo mentale (si evidenziano con le tecniche di ibridazione fluorescente in situ, ossia con la FISH). Queste microdelezioni sono presenti in oltre il 90% dei bambini con difetti cardiaci troncoconali associati a dismorfismi e/o aplasia del timo, che rientrano nello spettro fenotipico della sindrome di DiGeorge o sindrome velo-cardio-facciale (si veda questo termine). Le indagini sulle famiglie dei bambini con difetti cardiaci hanno dimostrato che le cardiopatie troncoconali hanno un rischio di ricorrenza più elevato, rispetto agli altri difetti cardiaci, ed è stata suggerita una trasmissione mendeliana. Le mutazioni nel gene CFC1 sono patogeneticamente correlate con la trasposizione delle grandi arterie e con il ventricolo destro a doppia uscita. Sono state identificate altre mutazioni, ma non esiste una chiara correlazione tra questi polimorfismi e specifiche cardiopatie. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Carnosinemia

ORPHA1361

MIM: 212200 La carnosinemia è una malattia ereditaria molto rara, caratterizzata da deficit di carnosinasi sierica. Il gene-malattia non è stato ancora identificato, ma è stata ipotizzata una trasmis-

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Cataratta - alopecia - sclerodattilia

ORPHA1366

MIM: 212360 Questa sindrome è una displasia ectodermica, caratterizzata da cataratta congenita bilaterale, alopecia congenita totale e alterazioni cutanee, che comprendono sclerodattilia, ipercheratosi, contratture e la formazione di pseudo-ainhum. È stata descritta in 5 fratelli (3 sorelle e 2 fratelli) nati da genitori non consanguinei originari di Rodrigues, un’isola dell’Oceano Indiano. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2007)*.

Associazioni

ANDE - Associazione Nazionale Displasia Ectodermica

Cataratta - atassia - sordità

ORPHA1368

MIM: 212710 Questa sindrome è caratterizzata da deficit cognitivo di grado lieve, cataratta congenita, ipoacusia neurosensoriale progressiva e atassia. È stata descritta in 2 sorelle. Si trasmette come carattere autosomico recessivo. Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2006)*.

Associazioni

AISA - Associazione Italiana per la Lotta alle Sindromi Atassiche

Cataratta - cardiomiopatia

ORPHA1369

MIM: 212350 La cataratta - cardiomiopatia (sindrome di Sengers) è caratterizzata da cataratta congenita, cardiomiopatia ipertrofica, miopatia mitocondriale e acidosi lattica. Dal 1975 sono stati descritti circa 30 bambini affetti in 15 fratrie dei Paesi Bassi,

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ORPHANET ITALIA 2011

Cataratta - ipertricosi - ritardo mentale

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

Cataratta congenita - ittiosi

ORPHA1376

MIM: 212400 Questa sindrome è caratterizzata da cataratta congenita associata ad ittiosi. È stata descritta in meno di 10 pazienti appartenenti a 2 famiglie non consanguinee. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2007)*.

Associazioni

UNITI - Unione Italiana Ittiosi

Cataratta - frenuli orali - ritardo della crescita

ORPHA1373

MIM: 115645 Questa sindrome è caratterizzata da cataratta e bassa statura, in associazione a varie anomalie, compresi i frenuli orali aberranti, la facies caratteristica (orecchie angolate posteriormente, rime palpebrali oblique verso l’alto e l’esterno, naso piccolo, ptosi, epicanto), gli emangiomi cavernosi e le ernie. È stata descritta in una donna e nei suoi 2 figli. La trasmissione è autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cataratta - glaucoma

ORPHA162

MIM: 602669 Questa sindrome è caratterizzata da cataratta congenita totale bilaterale, con comparsa secondaria di glaucoma a un’età variabile, dai 10 ai 40 anni. Questa sindrome molto rara è stata osservata solo in 3 famiglie, in una delle quali alcune dozzine di individui ne erano affetti su 8 generazioni. La patologia è tramessa come carattere autosomico dominante ed è causata dalla disfunzione del gene PITX3 (localizzato in 10q25). Questo gene codifica per un fattore di trascrizione responsabile dello sviluppo del cristallino e del segmento anteriore dell’occhio. La cataratta può essere trattata con la chirurgia classica. È consigliabile un monitoraggio annuale del tono oculare; l’ipertonia, se presente, viene curata nel modo usuale. La prognosi è buona se la malattia è curata correttamente, ma può indurre la cecità se la diagnosi è tardiva. *Autore: Dott. P. Bitoun (luglio 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cataratta - iperferritinemia

ORPHA163

MIM: 600886

Laboratori Diagnosi molecolare della sindrome cataratta-iperferritinemia Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. MANTOVANI Vilma, Pr. ROMEO Giovanni, Dr. ROSSI Cesare Diagnosi molecolare della sindrome cataratta-iperferritinemia (gene IRE L-Ferritina) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto Diagnosi molecolare della cataratta-iperferritinemia (gene FTL) Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, ROMA Pr. GRAMMATICO Paola Diagnosi molecolare della sindrome cataratta-iperferritinemia (gene FTL) IRCCS Istituto Dermatologico San Gallicano, ROMA Dr. AURIZI Caterina, Dr. BIOLCATI Gianfranco Diagnosi molecolare della cataratta-iperferritinemia (gene FTL) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Cataratta - ipertricosi - ritardo mentale

ORPHA1375

MIM: 211770 Questa sindrome è caratterizzata da cataratta congenita, ipertricosi generalizzata e ritardo mentale. È stata descritta in

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Svizzera, Canada e Islanda. Il quadro clinico è dominato dalla cardiomiopatia ipertrofica. Quando i pazienti si sottopongono a esercizio prolungato sottomassimale sviluppano acidemia lattica. Dal punto di vista istologico sono presenti anomalie mitocondriali e accumulo di lipidi e glicogeno nel muscolo cardiaco e scheletrico. Nelle prime settimane di vita si manifesta cataratta completa bilaterale, rapidamente progressiva, che necessita della correzione chirurgica; successivamente i pazienti sviluppano nistagmo e strabismo. Di solito hanno un quoziente intellettivo normale. La cardiomiopatia è progressiva e può causare morte prematura nel periodo neonatale o nella prima giovinezza. Il paziente vivente più anziano ha 37 anni. Spesso viene segnalato facile affaticamento; per questo si raccomanda ai pazienti di evitare gli sforzi. L’ipotonia muscolare e il ritardo dello sviluppo motorio sono importanti. Si manifesta acidosi lattica marcata dopo esercizi muscolari anche lievi. L’evidenza del coinvolgimento dei radicali liberi dell’ossigeno nell’eziologia della cardiomiopatia con cataratta è stata osservata per la prima volta nel 1997. È stato evidenziato un deficit del complesso I associato ad un eccesso di radicali ossidrilici e alla perossidazione lipidica. La sindrome di Sengers è considerata recessiva perché sono state osservate fratrie con più soggetti affetti, nati da genitori consanguinei. Anche se le caratteristiche cliniche della sindrome di Sengers suggeriscono una malattia mitocondriale, non sono state osservate alterazioni agli esami biochimici mitocondriali routinari, in particolare alla misurazione dell’ossidazione del piruvato e ai dosaggi degli enzimi. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*.

C

C

2 fratelli egiziani nati da genitori consanguinei. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2007)*.

Associazioni

ANDE - Associazione Nazionale Displasia Ectodermica

Cataratta - microcefalia - artrogriposi - cifosi Cataratta - microcefalia - difetto di crescita - cifoscoliosi Vedere: Sindrome CAMFAK

Cataratta - microftalmia - radiculomegalia - difetto del setto cardiaco Vedere: Sindrome oculo-facio-cardio-dentale

Cataratta - nefropatia - encefalopatia

ORPHA1380

MIM: 218900 La sindrome cataratta - nefropatia - encefalopatia o sindrome di Crome è caratterizzata dall’associazione tra cataratta congenita, crisi epilettiche, ritardo di sviluppo, bassa statura e morte nella prima infanzia (4-8 mesi). È stata descritta in 2 bambine nate da genitori cugini di primo grado. L’esame autoptico ha evidenziato necrosi tubulare renale e encefalopatia. Queste malattie possono essere compatibili con la sindrome di Marinesco-Sjögren o la sindrome di Lowe, ma nessuna si adatta completamente alla descrizione: la sindrome di Lowe è recessiva legata all’X; la sindrome di Marinesco-Sjögren è autosomica recessiva, ma non è stata descritta tubulopatia renale e le attese di vita dei pazienti sono più lunghe. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cataratta - ritardo mentale - atresia anale - uropatia ORPHA1381 Questa sindrome è caratterizzata da cataratta congenita associata a strabismo, ritardo mentale, anomalie delle vie genito-urinarie (fistole rettovescicali, micropene, criptorchidismo e ipospadia), ano imperforato e altre anomalie. È stata descritta in 3 fratelli nati da genitori non consanguinei. La trasmissione è probabilmente autosomica recessiva. I pazienti sono stati corretti chirurgicamente per l’ano imperforato e la cataratta. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cataratta - ritardo mentale - ipogonadismo

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Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

CATCH 22 Vedere: Monosomia 22q11

CAVC

Vedere: Sindrome CAMFAK

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

ORPHANET ITALIA 2011

Cataratta - microcefalia - artrogriposi - cifosi

ORPHA1387

MIM: 212720 Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra ritardo mentale, cataratta congenita e ipogonadismo ipogonadotropo. Sono stati descritti meno di 20 casi. Oltre ai tre segni caratteristici della sindrome, in alcuni pazienti sono stati riportati bassa statura, piccole anomalie delle dita, microcefalia, cardiomiopatia, insufficienza cardiaca e lievi dismorfismi facciali (micrognatia, ipoplasia mascellare, bassa attaccatura dei capelli sulla nuca e ampi padiglioni auricolari). La trasmissione è autosomica recessiva e in alcuni pazienti sono state identificate mutazioni nel gene RAB3GAP2. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2009)*.

Vedere: Canale atrioventricolare completo

Cavernoma cerebrale

ORPHA164

I cavernomi cerebrali, noti anche come angiomi cavernosi, angioma cavernosum o emangiomi cavernosi, sono malformazioni vascolari del cervello, che colpiscono circa una persona ogni 1.000. In molti casi, la lesione è asintomatica. Quando i sintomi sono presenti, consistono in convulsioni e/o emorragie cerebrali. Di solito, l’età d’esordio oscilla tra i 20 e i 30 anni, ma i sintomi clinici possono comparire a ogni età. La diagnosi viene posta con la risonanza magnetica cerebrale (RMI). Sono note due forme della malattia: una sporadica e l’altra familiare. Quest’ultima rappresenta circa il 20% dei casi e la trasmissione è autosomica dominante. Le forme familiari possono colpire sia le femmine che i maschi; in media la metà dei figli delle persone affette portano il gene-malattia. Il trattamento consiste essenzialmente nella somministrazione di farmaci antiepilettici per le convulsioni e in un intervento neurochirurgico, quando indicato, per la rimozione delle lesioni responsabili dell’emorragia cerebrale. Il meccanismo responsabile dell’insorgenza delle lesioni non è noto. I recenti progressi della ricerca molecolare sui cavernomi hanno dimostrato l’esistenza di 3 geni-malattia, che mappano sul braccio lungo del cromosoma 7, sul braccio corto del cromosoma 7 e sul braccio lungo del cromosoma 3. Solo il gene localizzato sul cromosoma 7q è stato identificato: KRIT1. Nei pazienti con cavernomi da mutazioni in questo gene, la proteina Krit1 è tronca o assente. *Autori: Prof. P. Labuage e Prof. E. Tournier-Lasserve (luglio 2004)*.

Cavernoma cerebrale ereditario

ORPHA221061

MIM: 116860

Laboratori Diagnosi molecolare della malformazione cavernosa cerebrale (geni KRIT1/CCM1, MGC4607/CCM2, PDCD10/CCM3) Ospedale Niguarda Ca’ Granda, MILANO Dr. PATROSSO Maria Cristina, Dr. PENCO Silvana Diagnosi molecolare del cavernoma cerebrale (tipo 1, 2, 3) IRCCS Neuromed, POZZILLI (IS) Dr. CANNELLA Milena, Dr. SQUITIERI Ferdinando Diagnosi molecolare della malformazione cavernosa cerebrale (geni KRIT1, MGC4607 e PDCD10) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo

Cavernoma cerebrale familiare Vedere: Cavernoma cerebrale ereditario

CDA Vedere: Anemia diseritropoietica congenita

CDA, tipo 1 Vedere: Anemia diseritropoietica congenita, tipo 1

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ORPHANET ITALIA 2011

Celiachia

CDA, tipo 2

Cecità notturna permanente congenita, tipo Oguchi

Vedere: Anemia diseritropoietica congenita, tipo 2

Vedere: Malattia di Oguchi

CDPD

Cefalea a grappolo

Vedere: Distrofia corneale - sordità percettiva

Vedere: Tritanopia

Cecità al blu

ORPHA1389

MIM: 218010 L’associazione tra cecità corticale, ritardo mentale e polidattilia postassiale (tipo B sulle mani e tipo A sui piedi) è stata osservata in una neonata di 14 mesi e nei suoi 2 fratelli morti poco dopo la nascita. I bambini presentavano anche fronte prominente, naso piccolo, filtro lungo e microretrognazia e sono deceduti nei primi mesi di vita. Questa associazione è stata considerata una sindrome distinta a probabile trasmissione autosomica recessiva. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cecità dei fiumi Vedere: Oncocercosi

ORPHA1390

Questa sindrome è caratterizzata da cecità notturna, anomalie scheletriche (spalle cascanti, iperestensibilità delle articolazioni, anomalie radiologiche minori) e facies caratteristica (anomalie periorbitali, zigomi piatti, retrognazia). È stata descritta in 2 fratelli, che presentavano anche miopia e elettroretinogrammi piatti. Sono stati proposti diversi modelli di trasmissione. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cecità notturna congenita stazionaria

ORPHA215

MIM: 163500 La cecità notturna congenita stazionaria è una rara disfunzione retinica, ereditaria e non evolutiva, che coinvolge soprattutto i bastoncelli ed è presente alla nascita. Esistono tre modelli di trasmissione ereditaria: autosomica dominante, recessiva e recessiva legata all’X. La malattia è eterogenea. L’unico sintomo è l’emeralopia, l’acuità visiva è moderatamente ridotta. Il fondo dell’occhio e il campo visivo non presentano alterazioni particolari. Contrariamente alle forme dominanti, l’onda b dell’elettroretinogramma è assente all’esame scotoscopico, mentre l’onda a è normale e aumenta con l’intensità luminosa. Il livello di rodopsina è normale e si rigenera normalmente; il difetto riguarderebbe perciò la trasmissione del segnale. Non è disponibile una terapia specifica per questa malattia. *Autore: Dott. O. Roche (luglio 2005)*.

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS KÓROS - Associazione per Promuovere la Ricerca e la Prevenzione delle Malattie Oculari Infantili - ONLUS

La cefalea a grappolo (CH) è una malattia con cefalea primitiva caratterizzata da attacchi ricorrenti e brevi (dai 15 ai 180 minuti), con dolore monolaterale periorbitale acuto in associazione a sintomi ipsilaterali del sisema autonomo (lacrimazione, congestione nasale, ptosi, miosi, edema palpebrale e rossore oculare). Interessa i giovani adulti, per la maggior parte maschi. La prevalenza è stimata tra 0,5 e 1/1.000. La CH presenta una periodicità circadiana e gli attacchi si raggruppano (da qui l’immagine del grappolo) in brevi periodi caratterizzati da una forte intensità che possono presentarsi in mesi specifici dell’anno. L’alcol è l’unico fattore scatenante a carattere alimentare; possono provocare gli attacchi di CH anche i forti odori (in particolare, solventi e fumo di sigaretta) e i brevi riposi. Durante gli attacchi brevi ed intensi, i pazienti tendono ad agitarsi. La CH può essere episodica o cronica, a seconda della presenza di periodi di remissione. La CH si associa all’attivazione del sistema trigemino-vascolare e a disturbi neuroendocrini e vegetativi, tuttavia, rimangono sconosciuti gli esatti meccanismi causativi. È stato confermato il coinvolgimento dell’ipotalamo (una struttura che regola la funzione endocrina e i ritmi sonno-veglia) che spiegherebbe, almeno in parte, gli aspetti ciclici della CH. La malattia è familiare in circa il 10% dei casi. Hanno un ruolo nella suscettibilità della CH i fattori genetici, ed è stato suggerito un ruolo causativo per il gene del recettore dell’ipocretina. La diagnosi è clinica. Le diagnosi differenziali si pongono con le altre malattie con cefalea primitiva come l’emicrania, l’emicrania parossistica e la sindrome SUNCT (si vedano questi termini). Al momento, non esiste un trattamento curativo. Tuttavia, esistono alcuni trattamenti efficaci in grado di abbreviare gli attacchi di dolore (trattamenti acuti) e di ridurre il numero degli attacchi giornalieri (trattamenti profilattici). Il trattamento acuto si basa sulla somministrazione sottocutanea di sumatriptan e di ossigeno ad alto flusso. Possono essere usati per la profilassi il verapamil, il litio, la metisergide, il prednisone, i blocchi dei grandi nervi occipitali e il topiramato. Nei casi refrattari, la stimolazione cerebrale profonda dell’ipotalamo e gli stimolatori dei grandi nervi occipitali sono stati provati a fini sperimentali. Non si hanno previsioni sul decorso della malattia nell’arco della vita del paziente. Alcuni pazienti hanno presentato un solo periodo caratterizzato da attacchi, mentre in altri la malattia evolve da una forma episodica a una forma cronica. *Autori: Dott. E. Leroux e Dott. A. Ducros (luglio 2008).* Tratto da Cluster headache. Orphanet J Rare Dis. 2008; 3:20.

Associazioni

OUCH Italia ONLUS - Organizzazione per la Comprensione delle Cause e l’Assistenza della sindrome della Cefalea a Grappolo

Cefalea con attacchi neuralgiformi monolaterali di breve durata con iniezione congiuntivale e lacrimazione Vedere: Sindrome SUNCT

Cefalopolisindattilia Vedere: Sindrome di Greig

Celiachia

ORPHA555

MIM: 212750 La celiachia è una malattia intestinale cronica causata dall’intolleranza al glutine. È caratterizzata da un’enteropatia immu-

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Tritanopia

Cecità notturna - anomalie scheletriche - dismorfismi

ORPHA1002

MIM: 119915

Cecità ai colori - tritan

Cecità corticale - ritardo mentale - polidattilia

C

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

C

ORPHANET ITALIA 2011

Celiachia - epilessia - calcificazioni occipitali

no-mediata, associata a cattiva digestione e malassorbimento della maggior parte delle sostanze nutritive e delle vitamine. Nei soggetti predisposti, l’ingestione di alimenti contenenti glutine, come il grano e il riso, comporta l’appiattimento della mucosa del digiuno con un’infiltrazione linfocitaria. I sintomi principali comprendono il dolore allo stomaco, il senso di gonfiore e la flatulenza, la diarrea, la perdita di peso, l’anemia, l’edema, il dolore osseo o articolare. La prevalenza della malattia celiaca sintomatica varia tra 1/270 in Finlandia e 1/5.000 nel Nord America. Dal momento che la malattia celiaca può essere asintomatica, molti casi non vengono diagnosticati o si presentano con sintomi atipici. Inoltre, può essere presente una infiammazione grave del piccolo intestino, in assenza di sintomi gastrointestinali. È importante la diagnosi precoce, in quanto la malattia celiaca causa ritardo di crescita nei bambini non trattati e sintomi atipici, compresa l’infertilità o problemi neurologici. La diagnosi viene confermata attraverso l’endoscopia e la biopsia del digiuno e con il dosaggio degli anticorpi tissutali antitransglutaminasi, in quanto altre malattie possono simulare la malattia celiaca. La causa esatta non è nota, ma si presuppone sia principalmente immuno-mediata (autoanticorpi tissutali antitransglutaminasi); spesso la malattia è ereditaria. La presa in carico comporta l’eliminazione del glutine dalla dieta per tutta la vita, che produce un importante miglioramento del quadro clinico e istologico. Tuttavia, la normalizzazione completa del quadro istologico richiede anni. *Autori: Dott. W. Holtmeier e Prof. W.F. Caspary (marzo 2006)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della predisposizione alla malattia celiaca (geni HLA classe 2) P.S.I. “Loreto Crispi”, NAPOLI Pr. POLISTINA Maria Teresa, Dr. TIBERIO Claudia Diagnosi molecolare della celiachia (geni DQA1 e DQB1) Biodiversity, BRESCIA Dr. ALBAROSA Ruth, Dr. MANTERO Giovanni Diagnosi molecolare della suscettibilità alla celiachia (geni HLA-DQA e HLA-DQB) GENETICLAB Srl, NOVENTA VICENTINA (VI) Dr. LAPUCCI Cristina Diagnosi molecolare della celiachia Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati, AVELLINO Dr. POLICE Maria Adalgisa Diagnosi molecolare della celiachia (gene DQB1) Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi, LODI Dr. CAMBIÈ Giuseppe, Dr. DEGIULI Alberto Diagnosi molecolare della celiachia Ospedali Riuniti “Umberto I - G.M. Lancisi - G. Salesi”, ANCONA Dr. PIERMATTEI Paola Diagnosi molecolare della suscettibilità alla celiachia (gene HLA) IRCCS “Saverio De Bellis”, CASTELLANA GROTTE (BA) Dr. GENTILE Mattia Diagnosi molecolare della celiachia (geni HLADQA1, HLADQB1, HLADRB1) Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” - ASL LE, LECCE Dr. CARUSO Sebastiano, Dr. MAURO Salvatore Diagnosi molecolare della celiachia IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. GARRUBBA Maria, Pr. SANTINI Stefano, Dr. SAVINO Maria Grazia

Associazioni

AIC - Associazione Italiana Celiachia - ONLUS

Celiachia - epilessia - calcificazioni occipitali

ORPHA1459

MIM: 226810 Nel 1992 è stata descritta da alcuni autori italiani una sindrome che associa la malattia celiaca, l’epilessia e le calcifica-

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zioni cerebrali, che assomiglia alla sindrome di Sturge-Weber (ma senza nevo facciale color “vino Porto”). Da allora sono stati descritti oltre 70 casi in oltre 10 Paesi. L’associazione è rara: dato che l’epilessia colpisce circa una persona ogni 100 e la malattia celiaca può essere presente in una persona con epilessia ogni 44 (rispetto a 2,4-4/1.000 nella popolazione generale), se nella definizione sono incluse anche le calcificazioni occipitali, la prevalenza della sindrome è inferiore a 1/5.000. Fino ad oggi non è stato segnalato nessun caso familiare e l’eziologia resta sconosciuta. I pazienti presentano una sintomatologia che suggerisce una sindrome da malassorbimento durante l’infanzia, ma la malattia celiaca non viene sempre diagnosticata prima della comparsa delle convulsioni, che esordiscono mediamente attorno ai 7 anni e possono essere parziali o generalizzate. È necessario ricercare i pochi marcatori sierologici della malattia celiaca, in particolare gli anticorpi antiendomisio tipo IgA. La biopsia intestinale può rivelare vari gradi di atrofia. La tomografia computerizzata mostra calcificazioni occipitali bilaterali, di solito simmetriche, nello strato corticale o sottocorticale. Una dieta priva di glutine, se iniziata precocemente, subito dopo l’esordio dell’epilessia, riduce significativamente la frequenza delle convulsioni. La malattia celiaca dovrebbe essere esclusa in tutti i casi di epilessia-calcificazioni cerebrali ad eziologia sconosciuta associata a sindrome da malassorbimento nell’infanzia. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (aprile 2003)*.

Associazioni

AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia

Cellulite da eosinofili Vedere: Sindrome di Wells

Cellulite dissecante del cuoio capelluto Vedere: Follicolite dissecante del cuoio capelluto

Celosomia toracica Vedere: Schisi sternale

Ceroidolipofuscinosi neuronale

ORPHA216

Le ceroidolipofuscinosi neuronali (NCL o CLN) sono un gruppo eterogeneo di malattie genetiche da accumulo progressivo nel cervello e negli occhi, a prevalente trasmissione autosomica recessiva. L’incidenza complessiva delle NCL in Europa, nel Nord America e in alcune altre nazioni è di 1/12.500. Si manifestano di solito durante l’infanzia e l’adolescenza, molto raramente nei giovani adulti. Queste malattie eterogenee, geneticamente classificate da CLN1 a CLN8, condividono sintomi e segni simili come la retinopatia con perdita di visione, l’epilessia, la demenza e l’accumulo di materiale coroide, la ceroido-lipofuscina (lipopigmenti autofluorescenti), nel cervello e in altri tessuti. La fisiopatologia di queste malattie è poco chiara e associa un accumulo intracellulare e la perdita progressiva di cellule nervose. Due NCL sono causate da un deficit degli enzimi lisosomiali, in particolare la tioesterasi palmitoil-proteina nella CLN1 e la peptidasi-tripeptidilica nella CLN2. In altre è stato identificato un deficit di proteine della membrana a funzione sconosciuta. Il difetto genetico può essere identificato nella maggior parte dei casi ed è preliminare alla consulenza per la famiglia e alla diagnosi prenatale. Nessuna NCL è curabile; sono inesorabilmente progressive e portano a morte prematura. *Autore: Prof. A. Kohlshütter (gennaio 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica e molecolare della ceroidolipofuscinosi neuronale IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico

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ORPHANET ITALIA 2011

Cheratocono isolato

Diagnosi molecolare della ceroidolipofuscinosi neuronale Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “C. Besta” - sede Bicocca, MILANO Dr. GARAVAGLIA Barbara, Dr. ZEVIANI Massimo Diagnosi molecolare della ceroidolipofuscinosi neuronale Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi biochimica della ceroidolipofuscinosi neuronale infantile e giovanile Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella Associazione Italiana per la Ceroidolipofuscinosi ALDEI - Associazione per la Lotta alle Distonie Evolutive Infantili ARD - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia

Ceroidolipofuscinosi neuronale congenita

ORPHA168486

MIM: 610127 Vedere: Ceroidolipofuscinosi neuronale

Ceroidolipofuscinosi neuronale della tarda infanzia

ORPHA168491

MIM: 204500 Vedere: Ceroidolipofuscinosi neuronale

Ceroidolipofuscinosi neuronale dell’età adulta

ORPHA79262

La cheratite ereditaria è caratterizzata dall’opacizzazione e dalla vascolarizzazione della cornea, spesso associate all’ipoplasia della macula. La prevalenza non è nota. Si trasmette come carattere autosomico dominante e si associa alle mutazioni del gene PAX6. La presenza di una ipoplasia della macula e di anomalie dell’iride in alcuni casi familiari suggerisce che si tratti di una forma di aniridia. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2006)*.

Associazioni

KÓROS - Associazione per Promuovere la Ricerca e la Prevenzione delle Malattie Oculari Infantili - ONLUS

Cheratoacantoma familiare

ORPHA493

Il cheratoacantoma familiare (KA) è un tumore epiteliale benigno comune, ad origine pilo-sebacea, composto da cellule squamose cheratinizzanti. È caratterizzato da rapida evoluzione e, di solito, risoluzione spontanea. Sono state descritte due forme familiari di KA multiplo. La sindrome di FergusonSmith con KA multiplo e la sindrome di Muir-Torre. *Autori: Dott. A.C. Katoulis e Dott. E. Bozi (agosto 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cheratocongiuntivite primaverile

ORPHA70476

ORPHA79264

Associazioni

Vedere: Ceroidolipofuscinosi neuronale ORPHA79263

MIM: 214200 Vedere: Ceroidolipofuscinosi neuronale

Cheilite ghiandolare

ORPHA2334

MIM: 148190

MIM: 204200

Vedere: Ceroidolipofuscinosi neuronale

Ceroidolipofuscinosi neuronale infantile

Cheratite ereditaria

La cheratocongiuntivite primaverile è un’infiammazione allergica cronica (stagionale) dell’occhio, che si localizza a livello della congiuntiva e della cornea. È più comune tra i maschi giovani ed è caratterizzata da arrossamento degli occhi, fotofobia, prurito e lacrimazione. Di solito la sintomatologia migliora durante l’adolescenza. *Autore: team editoriale di Orphanet (gennaio 2006)*.

MIM: 162350

Ceroidolipofuscinosi neuronale giovanile

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

ORPHA1221

MIM: 118330 La cheilite ghiandolare è una malattia rara (la prevalenza è stimata in meno di 1/10.000), caratterizzata dal rigonfiamento del labbro con iperplasia delle ghiandole labiali salivari, dilatazione dei dotti escretori che secernono un muco spesso e chiaro e infiammazione di entità variabile. Compare di solito nel labbro inferiore nei maschi adulti, ma sono stati descritti casi che interessano anche il labbro superiore o le persone più giovani. Nelle popolazioni caucasiche, si associa al carcinoma a cellule squamose del labbro, presumibilmente da esposizione al sole della mucosa. Una storia clinica di esposizione solare, la presenza di un labbro atrofico asciutto e i reperti istologici di displasia epiteliale possono essere indicativi di un’origine da esposizione solare. La recisione chirurgica dà buoni risultati. La malattia è stata descritta in un uomo nero e nei suoi figli (un maschio e una femmina), suggerendo una suscettibilità genetica; tuttavia non è stata ancora stabilita una causa definitiva di questa malattia. *Autore: Dott. E. RobertGnansia (gennaio 2004)*.

Occhio al Sole - ONLUS

Cheratocono isolato

ORPHA2335

MIM: 148300 Il cheratocono isolato è una distrofia non infiammatoria della cornea, spesso bilaterale, caratterizzata da progressivo sfiancamento conico e progressivo assottigliamento della cornea. L’incidenza stimata nella popolazione generale è 1/2.000. Tuttavia, lo sviluppo di nuove tecniche di esame della cornea suggerisce che questa frequenza sia sottostimata. Di solito la malattia viene diagnosticata verso i 18-20 anni. Si manifesta con una riduzione medio-grave dell’acuità visiva, con conseguente miopia e astigmatismo irregolare secondari alla deformazione e all’alterazione della trasparenza della cornea. La riduzione dell’acuità visiva si accompagna spesso a un fastidioso senso di abbagliamento, fotofobia e irritazione oculare. Il cheratocono è molto probabilmente una malattia genetica e numerose ricerche sono finalizzate a identificare i geni implicati. Nella maggior parte dei casi, il cheratocono è isolato, in assenza di altre patologie. Tuttavia, oltre il 50% dei pazienti presenta reazioni allergiche. La diagnosi viene posta in base all’esame oculistico, che rivela la progressiva riduzione dell’acuità visiva, che è spesso difficilmente correggibile con gli occhiali, e che evolve in astigmatismo. La deformazione conica, l’opacità o le strie possono essere evidenziate con la lampada a fessura. Nella maggior parte dei casi, la diagnosi viene confermata con l’analisi topografica della cornea

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

C

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

C

mediante videocheratografia e Orbscan, che permettono di visualizzare il grado di distorsione della porzione anteriore della cornea con un elevato grado di precisione. Un indice di predizione del cheratocono (IPC) permette di stimare la probabilità che le anomalie della topografia corneale siano correlate al cheratocono. La presa in carico dipende dalla gravità della malattia: l’acuità visiva può essere corretta con occhiali o lenti a contatto nei pazienti con forme lievi, mentre in quelli con forme intermedie è necessario l’uso di lenti a contatto. I pazienti con forme gravi necessitano del trapianto corneale (o di una cheratoplastica perforante). Il trapianto della cornea (indicato in circa il 10% dei casi) deve essere preso in considerazione nei pazienti nei quali l’uso delle lenti a contatto non è sufficiente, e in quelli che presentano la forma grave e/o con cicatrici corneali. In caso di recidiva può essere necessario un secondo trapianto. Al momento si stanno sperimentando tecniche alternative di correzione, compreso l’impianto di un segmento ad anello intracorneale (INTACS), per ridurre la deformazione della cornea. Un altro approccio sperimentale consiste nell’aumentare la rigidità della cornea attraverso l’esposizione ai raggi UV. Di solito la chirurgia refrattiva è controindicata in questi pazienti, in quanto l’esito anatomico e funzionale, nonché il grado di cicatrizzazione, non sono prevedibili. Il cheratocono è una malattia progressiva, che evolve fino verso i 30-40 anni, per poi stabilizzarsi. Lo sfregamento vigoroso degli occhi può accelerare la progressione della malattia. In rari casi, può insorgere un cheratocono acuto (idrope), da rottura della membrana di Descemet, che richiede il trapianto della cornea. *Autore: Prof. J. Colin (novembre 2006)*.

Associazioni

A.I.CHE. - Associazione Italiana Cheratoconici - ONLUS AMC - Associazione Malati di Cheratocono - ONLUS KÓROS - Associazione per Promuovere la Ricerca e la Prevenzione delle Malattie Oculari Infantili - ONLUS

Cheratoderma palmoplantare - amiotrofia

ORPHA86922

Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra il cheratoderma palmoplanatare e l’amiotrofia in assenza di difetti neuromuscolari apparenti. È stata descritta in 4 soggetti appartenenti a una famiglia nera del Sud Africa. La trasmissione è probabilmente autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cheratoderma palmoplantare, autosomico recessivo, tipo Norrbotten Vedere: Cheratoderma palmoplantare ereditario, tipo Gamborg-Nielsen

Cheratoderma palmoplantare diffuso - acrocianosi

frequenti. La prevalenza nella popolazione generale è stimata in 1/40.000, ma è più elevata nella parte settentrionale delle Svezia (0,3-0,55%). La trasmissione è autosomica dominante e il gene-malattia è stato localizzato sul cromosoma 12q11q13. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cheratoderma palmoplantare diffuso, tipo Bothnian Vedere: Cheratoderma palmoplantare diffuso, autosomico dominante, tipo Norrbotten

Cheratoderma palmoplantare ereditario, tipo Gamborg-Nielsen

Il cheratoderma palmoplantare ereditario, tipo GamborgNielsen, è caratterizzato da cheratoderma palmoplantare diffuso, senza altri sintomi. La sindrome è stata descritta in varie famiglie provenienti da una contea nell’estremo nord della Svezia (Norrbotten). Il cheratoderma palmoplantare riscontrato in questa malattia è più lieve, rispetto a quello presente nel mal del Meleda, ma più grave rispetto al cheratoderma palmoplantare di Thost-Unna (si vedano questi termini). La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cheratoderma palmoplantare - inversione sessuale XX - predisposizione ORPHA85112 al carcinoma a cellule squamose MIM: 610644 Questa sindrome è caratterizzata da reversione sessuale in maschi con cariotipo 46,XX (SRY-negativi), ipercheratosi palmoplantare e suscettibilità al carcinoma squamocellulare. Sono stati descritti cinque casi (compresi 4 fratelli). L’eziologia non è nota. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2007)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dei difetti della differenziazione sessuale (geni WNT4, RSPO-1) Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, ROMA Pr. GRAMMATICO Paola

Cheratosi follicolare

Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra cheratoderma palmoplantare diffuso e acrocianosi. È stata descritta in 8 soggetti appartenenti alla stessa famiglia e in due casi sporadici. Nei casi familiari, la trasmissione era autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*.

Vedere: Malattia di Darier

Cheratoderma palmoplantare diffuso, autosomico dominante, tipo Norrbotten

ORPHA2337

MIM: 600231 Questa sindrome è caratterizzata da cheratoderma palmoplantare diffuso non epidermolitico con infezioni micotiche

ORPHA86923

MIM: 244850

ORPHA86918

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

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ORPHANET ITALIA 2011

Cheratoderma palmoplantare - amiotrofia

Cheratosi follicolare - nanismo - atrofia cerebrale

ORPHA2339

MIM: 308830 L’associazione tra cheratosi follicolare generalizzata, nanismo grave e atrofia cerebrale è stata descritta in 6 membri della stessa famiglia (3 fratelli e 3 loro zii materni). Erano presenti ugualmente un’alopecia generalizzata e microcefalia. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

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ORPHANET ITALIA 2011

Cheratosi follicolare spinulosa decalvante di Siemens

ORPHA2340

MIM: 308800 Si tratta di una genodermatosi descritta per la prima volta da Lameris nel 1905 con il nome di ittiosi follicolare, e successivamente da Siemens nel 1926. La sintomatologia clinica associa cheratosi follicolare disseminata, alopecia cicatriziale, in assenza di ciglia e sopracciglia, e distrofia della cornea. La sintomatologia regredisce con la pubertà. La trasmissione della malattia è recessiva e legata all’X e il gene-malattia è situato in Xp21.2-22.2. *Autore: Dott. P. Reygagne (maggio 2002)*.

Cheratosi palmoplantare - cardiomiopatia aritmogena Vedere: Malattia di Naxos ORPHA86919

MIM: 148520 Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra cheratosi palmoplantare e la clinodattilia del V dito. Sono stati descritti finora meno di 20 casi e la maggior parte dei pazienti è di origine Messicana. La trasmissione è autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cheratosi palmoplantare nummulare

Vedere: Cherubinismo

Cheratosi palmoplantare - periodontopatia Vedere: Sindrome di Papillon-Lefèvre

CHHS Vedere: Sindrome dell’amartoma ipotalamico congenito

Cheratosi palmoplantare - periodontopatia onicogriposi Vedere: Sindrome di Haim-Munk ORPHA140966

La cheratosi tipo Nagashima è un cheratoderma palmoplantare non progressivo e trasgressivo che assomiglia a una forma leggera del mal de Meleda (si veda questo termine). Finora sono stati descritti 20 soggetti. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cherubinismo

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cherubismo

Vedere: Callosità dolorose ereditarie

Cheratosi, tipo Nagashima

denti, mancata eruzione, malposizionamento, riassorbimento della radice e malocclusione. Gli esami radiologici contribuiscono in maniera determinante alla diagnosi. Le radiografie evidenziano trasparenze multifocali ben definite e, con l’avanzare dell’età, bordi sclerotici ispessiti. Le lesioni ossee sono generalmente simmetriche. La diagnosi definitiva è istologica. Nei campioni si osservano cellule giganti multinucleate con distribuzione casuale e spazi vascolari all’interno dello stroma fibroso del tessuto connettivo. Le cellule giganti multinucleate sono positive ai marcatori specifici degli osteoclasti. Il cherubismo è una malattia ereditaria, autosomica dominante, a penetranza e espressività variabili. Può essere causata da mutazioni nel gene SH3BP2, che è stato mappato sul cromosoma 4p16.3. Questa malattia si può associare anche ad altre malattie, come la sindrome di Noonan e la sindrome Noonan-simile (causate da mutazioni nel gene PTPN11), la sindrome di Ramon associata a fibromatosi gengivale e la neurofibromatosi tipo 1. In assenza di trattamento, il cherubismo può regredire o, in casi rari, avere una lenta evoluzione. È indicato un trattamento conservativo. L’intervento chirurgico (possibilmente effettuato dopo la pubertà) migliora la mobilità mascellare e lo stato psicologico dei pazienti. Durante il periodo di crescita rapida delle lesioni può essere effettuato un curettage o un rimodellamento chirurgico. Questo trattamento produce risultati immediati, previene la crescita delle lesioni residue cherubiniche e può stimolare la rigenerazione ossea. La mandibolectomia segmentale, seguita dalla ricostruzione, può essere indicata, con buoni risultati, nei casi che presentano lesioni estese e un rischio di fratture patologiche. Sono in corso di valutazione trattamenti farmacologici (calcitonina, interferone-alfa). *Autore: team editoriale di Orphanet (novembre 2005)*.

CHP Vedere: Panniculite citofagica istiocitaria

Ciglia lunghe - ritardo mentale Vedere: Tricomegalia - degenerazione della retina - ritardo della crescita

Cirrosi associata a cardiopatia Vedere: Acondroplasia grave - ritardo dello sviluppo - acanthosis nigricans

Cirrosi biliare primitiva

ORPHA186

MIM: 109720 ORPHA184

MIM: 118400 Il cherubinismo è una malattia fibro-ossea benigna dell’infanzia, che colpisce la metà inferiore del viso, la mascella e, in particolare, la mandibola. La prevalenza non è nota, ma probabilmente è inferiore a 1/10.000. L’età d’esordio è tra 6 e 10 anni, con rigonfiamento bilaterale indolore della mascella (aspetto del viso da cherubino), associato a tumori ossei multicistici e occhi rivolti verso il cielo. Anche la dentizione è anomala, a livello dei siti colpiti, con frequente agenesia dei

La cirrosi biliare primitiva (CBP) è un’epatopatia colestatica cronica a evoluzione lenta ed eziologia autoimmune, caratterizzata da una lesione dei dotti biliari intraepatici, che può eventualmente esitare in una insufficienza epatica. Le persone affette hanno all’incirca 50-80 anni al momento della diagnosi e il 90% sono femmine. L’incidenza annuale è stimata tra 0,7-49/1.000.000 di popolazione e la prevalenza tra 6,7-940/1.000.000 di popolazione (a seconda dell’età e del sesso). La maggior parte dei pazienti è asintomatica alla diagnosi, tuttavia alcuni di essi presentano sintomi di affaticamento e/o prurito. I pazienti possono anche presentare

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cheratosi palmoplantare - clinodattilia

C

Cirrosi biliare primitiva

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

C

ORPHANET ITALIA 2011

Cistationinuria

ascite, encefalopatia epatica e/o emorragia da rottura delle varici esofagee. La CBP si può associare ad altre malattie autoimmuni, come la sindrome di Gougerot-Sjögren, la sclerodermia, il fenomeno di Raynaud e la sindrome CREST (si vedano questi termini) ed è considerata una malattia autoimmune organo-specifica. È stato suggerito che la suscettibilità genetica costituisca un fattore di predisposizione alla CBP. I fattori ambientali (infezioni, sostanze chimiche, fumo) possono avere un ruolo causale. La diagnosi si basa sulla combinazione tra le caratteristiche cliniche, le anomalie del profilo biochimico epatico, all’interno di un quadro di colestasi persistente per più di 6 mesi, e la presenza di anticorpi antimitocondriali (AAM) nel siero. Tutti i pazienti negativi agli AAM che presentano un’epatopatia colestatica devono sottoporsi a colangiografia e biopsia epatica. L’acido ursodesossicolico (UDCA) è l’unico farmaco attualmente noto in grado di rallentare l’evoluzione della malattia. La prognosi è di solito buona, in particolare nei pazienti che iniziano un trattamento con UDCA durante i primi stadi della malattia e che presentano un miglioramento della biochimica epatica. Il trapianto del fegato rappresenta di solito un’opzione per i pazienti affetti da insufficienza epatica e ha un tasso di sopravvivenza del 70% a 7 anni. Recentemente, sono stati scoperti modelli animali in grado di fornire una nuova prospettiva per la patogenesi della malattia e di facilitare la valutazione dei nuovi trattamenti per la CBP. *Autori: Dott. T. Kumagi e Dott. E.J. Heathcote (gennaio 2008)*. Tratto da Primary biliary cirrhosis. Orphanet J Rare Dis. 2008; 3:1. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cistationinuria

ORPHA212

MIM: 219500 La cistationinuria è una malattia autosomica recessiva causata dal deficit di cistationina gamma-liasi. È di solito sensibile alla piridossina, con poche eccezioni. Viene per lo più considerata una condizione benigna, priva di rilevanza patologica. Tuttavia, sono stati osservati alcuni casi di associazione tra cistationinuria e deficit cognitivo. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della cistationinuria Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Cisticercosi

ORPHA1560

La cisticercosi è una parassitosi cosmopolita dovuta all’ingestione di larve di Taenia solium (il verme solitario del maiale). Questa malattia è presente nelle regioni in cui esiste l’infezione da Taenia solium, come il Madagascar, l’isola della Reunion, l’America Latina e Haiti. In Europa le zone interessate sono la Spagna, il Portogallo e l’Europa centrale. La localizzazione più frequente del cisticerco è nel cervello, dove causa ipertensione endocranica, deficit neurologici, o attacchi epi-

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lettici. Altre possibili sedi d’infezione sono gli occhi, i muscoli o i tessuti sottocutanei. Il trattamento è medico (albendazolo o praziquantel) e/o chirurgico. *Autore: Dott. L. Paris (dicembre 2001)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cisti del tratto tireoglosso

ORPHA489

Le cisti del tratto tireoglosso (TGDC) sono difetti congeniti che si estrinsecano caratteristicamente con una massa rotonda, asintomatica, soffice, che cresce gradualmente nella parte centro-anteriore del collo (a livello o sotto l’osso ioide). L’esatta prevalenza non è nota ed è difficile stabilire quante cisti residue non vengano mai rilevate clinicamente. Sono stati descritti meno di 30 casi ereditari. Le TGDC sono l’anomalia più comune di sviluppo della ghiandola tiroidea e l’anomalia congenita del collo più comune nei bambini. Di solito, le cisti vengono rilevate nella prima decade di vita e colpiscono in uguale misura i maschi e le femmine. Generalmente, le cisti tireoglosse sono singole, lisce, con un diametro di 1-3 cm, mobili con la deglutizione o la protrusione della lingua. Alcuni pazienti avvertono dolore al collo o alla gola, o disfagia. Il rischio principale è l’infezione (che si manifesta con indolenzimento, arrossamento e tumefazione della massa). Le TGDC si sviluppano dalle cellule e dai tessuti residui dopo la formazione della ghiandola tiroidea, durante lo sviluppo embrionale. Le TGDC ereditarie mostrano una predominanza nel sesso femminile e di solito mostrano una trasmissione autosomica dominante. Di solito la diagnosi viene posta con l’esame obiettivo. Gli esami della funzionalità tiroidea, l’ecografia e la TAC tiroidea possono essere utili a confermare la diagnosi. La diagnosi differenziale si pone con le cisti degli archi branchiali, le cisti linfo-epiteliali, le lesioni della ghiandola tiroidea e la linfoadenopatia (di diversa eziologia). Il trattamento di prima scelta consiste nella rimozione completa della cisti fino alla parte posteriore della lingua e della porzione centrale dell’osso ioide (procedura di Sistrunk). Nel caso di infezione è indicata una terapia antibiotica. Le recidive si verificano nel 5-10% dei pazienti e sono generalmente trattate con una seconda rimozione. Raramente le TGDC evolvono in carcinoma. Sono stati descritti circa 250 casi di carcinoma del tratto tireoglosso; circa l’1% dei carcinomi della tiroide origina da una cisti del dotto tireoglosso. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cistinosi

ORPHA213

MIM: 219750 La cistinosi è un malattia metabolica caratterizzata dall’accumulo di cistina nei lisosomi di diversi organi e tessuti, per un difetto nel trasporto della cistina al di fuori dei lisosomi. La prevalenza è stimata in 1/200.000. Sono state descritte tre forme cliniche (infantile, giovanile, oculare), che dipendono dall’età di esordio e dalla gravità dei sintomi. Nella forma infantile (la forma più comune) i primi segni clinici compaiono dopo i tre mesi di vita e comprendono poliuria-polidipsia e un significativo ritardo dello sviluppo staturo-ponderale, secondari ad anomalie del riassorbimento tubulare prossimale (sindrome di Toni-Debré-Fanconi), con alterazioni idroelettrolitiche. I depositi di cistina nei vari organi causano ipertiroidismo, diabete insulino-dipendente, epatosplenomegalia con ipertensione portale, coinvolgimento muscolare e cerebrale. L’interessamento degli occhi, causato dai depositi di cistina nella cornea e nella congiuntiva, causa lacrimazione e fotofobia. La malattia evolve progressivamente verso l’insufficienza renale, dopo i 6 anni. I primi sintomi della cistinosi giovanile si manifestano attorno agli 8 anni e configurano un quadro clinico intermedio, caratterizzato, dopo i 15 anni di vita, da

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ORPHANET ITALIA 2011

Cistite interstiziale

Laboratori Diagnosi biochimica di cistinosi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi molecolare di cistinosi (gene CTNS) IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. EMMA Francesco

Diagnosi biochimica della cistinuria Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica della cistinuria (dosaggio della cisteina) Policlinico Universitario di Modena, MODENA Dr. MARCHINI Stefano, Pr. ROCCHI Emilio, Pr. VENTURA Paolo Diagnosi biochimica della cistinuria IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica della cistinuria Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi molecolare della cistinuria (geni CCM2, SLC7A9) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi biochimica della cistinuria Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica della cistinuria (test di Brand, dosaggio amminoacidi plasmatici e urinari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

Associazioni

Associazione Cistinosi UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Cistinuria

Laboratori

ORPHA214

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Cisti orbitaria con malformazioni cerebrali e cutanee focali Vedere: Sindrome oculo-cerebro-cutanea

MIM: 220100 La cistinuria è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva, secondaria a un difetto del riassorbimento tubulare della cistina, della lisina, dell’arginina e dell’ornitina. La malattia si presenta con una litiasi recidivante responsabile di coliche renali, disuria, ematuria, ritenzione acuta di urina o infezioni urinarie. All’ecografia i calcoli sono altamente ecogenici e radiopachi. La diagnosi si basa sulla positività del test di Brand, sulla cromatografia degli aminoacidi urinari che rivela una secrezione massiva di 4 aminoacidi dibasici e sull’esame dei calcoli. Il paziente deve seguire una dieta iposodica e bere molta acqua. L’alcalinizzazione delle urine attraverso il bicarbonato di potassio permette di mantenere il pH urinario tra 7,5 e 8. Il trattamento teraupetico prevede l’uso della Dpenicillamina, che ha però degli effetti collaterali (febbre, rash, proteinuria, ipogeusia, leucopenia, trombopenia). È ugualmente efficace l’alfa-mercatopropionilglicina. Quando il trattamento medico non permette di stabilire la causa dei calcoli, può essere utile la litotrissia extracorporea, anche se i calcoli si frammentano con difficoltà. Se neanche quest’ultima opzione è efficace, si rende necessario l’intervento chirurgico. *Autore: Prof. P. Niaudet (ottobre 2003)*.

Cisti renali - diabete giovanile tipo 5 Vedere: Sindrome rene-diabete MODY5

Cistite interstiziale

ORPHA37202

La sindrome della vescica dolorosa, o cistite interstiziale (CI), è caratterizzata da dolore pelvico secondario al riempimento della vescica, pollachiuria con una frequenza minzionale superiore alle 8 urinazioni al giorno e 2 urinazioni durante la notte, lesioni cistoscopiche (petecchie, ulcera di Hunner) individuate con l’idrodistensione della vescica e/o anomalie istologiche come gli infiltrati infiammatori con cellule mononucleate e granulazione tissutale, in assenza di infezioni o altre patologie. La prevalenza è tra 10-510/100.000 abitanti ed è più alta nei Paesi nordici. Il rapporto maschio/femmina è 1:9. I segni clinici principali sono il dolore e la pollachiuria. Il dolore è di solito pelvico, può anche interessare il perineo, la vagina, lo scroto e l’uretra. Il dolore è più intenso quando la vescica è piena e si attenua dopo la minzione. La malattia si associa a fibromialgia. La pollachiuria deriva dalla necessità

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

una malattia renale allo stadio terminale. Infine, la forma oculare è presente negli adulti, che, di solito, sono asintomatici e lamentano solo fotofobia. Il gene-malattia, CTNS (12 esoni), è localizzato sul cromosoma 17p13 e codifica per la cistinosina, una proteina di membrana dei lisosomi che contiene 367 amminoacidi. Sono state identificate mutazioni in questo gene nei pazienti affetti dalle diverse forme cliniche della malattia. La mutazione più frequente è una delezione di 57kb, presente nel 60-70% dei pazienti dell’Europa del Nord. Sono state descritte circa 80 mutazioni, alcune delle quali osservate in persone originarie di diverse aree geografiche. La diagnosi della cistinosi viene confermata dal dosaggio della cistina nei leucociti. La diagnosi prenatale è resa possibile dalle analisi genetiche nelle famiglie nelle quali sono affetti almeno 2 bambini o dalla misurazione dell’incorporazione di cistina mediante marcatura con 35S nei fibroblasti in coltura, su campioni di liquido amniotico e sulle cellule del trofoblasto. Il trattamento consiste nella supplementazione elettrolitica e vitaminica; l’indometacina migliora la condizione generale e la crescita del paziente; la cisteamina riduce la concentrazione di cistina nei leucociti, rallentando l’evoluzione verso l’insufficienza renale. La malattia non recidiva dopo il trapianto renale. *Autore: Prof. P. Niaudet (febbraio 2007)*.

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malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

C

ORPHANET ITALIA 2011

Cisti tricolemmale proliferante

quasi costante di urinare che aumenta quando la vescica è piena e si attenua dopo avere urinato. I pazienti non sono incontinenti. La malattia può evolvere attraverso crisi. Sono fattori scatenanti precedenti le cistiti batteriche, gli interventi chirugici nella zona pelvica, il parto e alcuni cibi acidi. L’eziologia non è nota. L’ipotesi classica è un’alterazione della permeabilità della mucosa della vescica alle componenti dell’urina, ma sono state proposte possibili origini infettive, ormonali, vascolari, neurologiche o secondarie a un trauma o a una patologia immunitaria. La diagnosi viene fatta per esclusione. La radioterapia, la chemioterapia, l’immunoterapia (ciclofosfamide) e gli antinfiammatori sono presi in considerazione solo dopo avere esaminato la storia clinica dei pazienti. La diagnosi deve escludere i diverticoli sottouretrali, l’endometriosi, la candidiasi vaginale, l’infezione da herpes o da papilloma virus, il cancro della cervice, dell’utero e dell’ovaio e l’adenoma o il cancro della prostata. Alcuni test diagnostici accurati escludono altre diagnosi differenziali (cistite batterica, prostatite, malattie sessualmente trasmesse, tubercolosi urinaria, cancro o adenoma alla prostata, residui postminzionali). L’esame urodinamico esclude una dissinergia neurologica vescica-sfintere e un’iperattività del detrusore. L’urografia intravenosa o la TAC escludono calcoli nell’uretra pelvica. La cistoscopia esclude invece un tumore o calcoli vescicali. Alcuni dati suggeriscono la diagnosi. La cistomanometria rivela il bisogno di urinare spesso, precocemente e in maniera dolorosa (quando la vescica contiene meno di 300 cc). La cistoscopia di base è normale, ma l’esame citoscopico della mucosa della vescica dopo distensione, mediante soluzioni saline fisiologiche, rivela una petecchia e glomerulazioni multiple. La biopsia della mucosa della vescica mostra i segni dell’infiammazione o dell’infiltrazione dei mastociti. La terapia è sintomatica. L’idrodistensione della vescica, un utile test diagnostico, può avere effetti benefici a breve termine. Sono disponibili tre terapie efficaci: cimetidina (per os), instillazione intravescicale di dimetilsulfossido (DMSO) e amitriptilina (per os). Altre possibili terapie sono il pentosan polisolfato sodico (per os), l’instillazione intravescicale di eparina, l’acido ialuronico (Cystistat®), le neurotossine (resiniferatossina o capsaicina), la modificazione della dieta (eliminazione dei cibi acidi), la neuromodulazione sacrale, la stimolazione elettrica del nervo tibiale posteriore, l’iniezione della tossina botulinica nel detrusore, la fisioterapia, l’ossigenoterapia iperbarica, la somministrazione di ciclosporina A, la magnetoterapia, ecc. Il trattamento chirurgico (cistectomia più o meno completa ed enterocistoplastica con ampliamento o sostituzione) è necessario solo in rari casi e dopo attente considerazioni di carattere multidisciplinare. L’evoluzione non è nota e la risposta alla terapia non è valutabile. *Autore: Prof. C. Saussine (ottobre 2006)*.

Associazioni

AICI - Associazione Italiana Cistite Interstiziale - ONLUS UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS

Cisti tricolemmale proliferante

ORPHA492

Si tratta di una cisti tricolemmale gigante, multinodulare e ulcerata, ma benigna, situata di solito nella parte posteriore del cuoio capelluto, nelle donne in età avanzata, che può simulare un epitelioma spinocellulare. Il trattamento è chirurgico. *Autore: Dott. P. Reygagne (maggio 2002) *. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Citrullinemia

ORPHA187

MIM: 215700 La citrullinemia, a trasmissione autosomica recessiva, è dovuta al deficit di argininosuccinico sintetasi, enzima del ciclo dell’urea, il cui difetto causa coma iperammoniemico, con accumulo di citrullina e di acido orotico e carenza di arginina (citrullinemia tipo 1). La malattia si manifesta di solito nel pe-

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riodo neonatale, con grave coma iperammoniemico, talvolta associato ad acidosi lattica, o con sintomi cronici più tardivi, come l’anoressia, il vomito, l’ipotonia, il ritardo della crescita, il ritardo psicomotorio e le convulsioni. La diagnosi si basa sull’iperammoniemia e sulla cromatografia degli aminoacidi plasmatici e urinari, che mostra un notevole aumento di citrullina, glutammina e alanina, e una riduzione di arginina con aciduria orotica. La terapia per i pazienti affetti da citrullinemia tipo 2 consiste in una rigorosa dieta ipoproteica per tutta la vita, associata alla supplementazione di arginina, benzoato e fenilbutirrato di sodio. La citrullinemia tipo 2 è una forma moderata, secondaria ad una mutazione molto diffusa in Giappone, caratterizzata da ritardo mentale di grado lieve, senza crisi acute. Alcune mutazioni sono associate ad un aumento modesto di citrullina, il cui ruolo patogenetico non è ancora stato chiaramente definito. Alcune forme molto gravi sono state trattate efficacemente con trapianto di fegato, che tuttavia non normalizza del tutto il livello di citrullinemia. La diagnosi prenatale è possibile. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della citrullinemia, tipo 1 e tipo 2 Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica della citrullinemia IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica prenatale della citrullinemia e dell’aciduria argininosuccinica (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica della citrullinemia Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica della citrullinemia tipo 1 e 2 (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica della citrullinemia Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica della citrullinemia tipo 1 e tipo 2 Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica della citrullinemia (dosaggio aminoacidi plasmatici, ammonio e acido orotico) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Cloroma Vedere: Sarcoma mieloide

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ORPHANET ITALIA 2011

CLPED1

CMT4A

Vedere: Sindrome di Zlotogora-Ogur

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4A

CM-AVM

CMT4B1

Vedere: Malformazioni capillari e arterovenose

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4B1

CMC

CMT4B2

Vedere: Candidiasi cronica mucocutanea

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4B2

CMT CMT1B Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 1B

CMT1X Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth legata all’X, tipo 1

CMT2A1 Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica dominante, tipo 2A1

CMT2A2 Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica dominante, tipo 2A2

CMT4C Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4C

CMT4C1 assonale, autosomica recessiva Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 2B1

CMT4C2 assonale, autosomica recessiva Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 2H

CMT4C3 assonale, autosomica recessiva Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 2B2

CMT4C4 assonale, autosomica recessiva Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica recessiva, con voce roca

CMT4F

CMT2B

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4F

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica dominante, tipo 2B

CMT4H

CMT2D Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica dominante, tipo 2D

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4H

CMT4J Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4J

CMT2F

CMT4X

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica dominante, tipo 2F

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth legata all’X, tipo 4

CMT2K Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica dominante, tipo 2K

CMT5X Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth legata all’X, tipo 5

CMTX

CMT2L

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth legata all’X

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, autosomica dominante, tipo 2L

Coartazione atipica dell’aorta

CMT2X Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth legata all’X, tipo 2

CMT3X Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth legata all’X, tipo 3

CMT4 Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth, tipo 4

ORPHA1456

La coartazione atipica dell’aorta (CoA) è caratterizzata dal restringimento localizzato o esteso dell’aorta ascendente, dell’aorta toracica discendente a livello del diaframma, o dell’aorta addominale. I sintomi, attribuiti all’ipertensione arteriosa nell’emisoma superiore, possono comprendere la cefalea, l’angina addominale, la stanchezza agli arti inferiori durante l’esercizio, l’ipotermia dei piedi e la claudicatio intermittens. Nel caso della CoA istmica, si può osservare una differenza nella pressione tra gli arti superiori e quelli inferiori. A livello della regione stenosata si avverte un soffio sistolico. La malattia è spesso causata da un’arterite (arterite di Takayasu o aortite) o da una displasia fibromuscolare. Alcune forme possono essere congenite, eventualmente associate alla

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Malattia di Charcot-Marie-Tooth

C

Coartazione atipica dell’aorta

C

ORPHANET ITALIA 2011

Coartazione dell’aorta addominale

neurofibromatosi di von Recklinghausen o alla sindrome di Williams. Questa rara malattia colpisce lo 0,5-2% delle persone con CoA. Il trattamento sintomatico si basa sulla somministrazione di farmaci antipertensivi. Il trattamento causale è l’angioplastica transluminale percutanea, con o senza posizionamento di stent endovascolari, oppure il trattamento chirurgico. *Autori: Prof. H. Kaemmerer e Dott. A. Hager (gennaio 2003)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Coartazione dell’aorta addominale Vedere: Coartazione atipica dell’aorta

Colangiocarcinoma

ORPHA70567

Il colangiocarcinoma è un tumore primitivo dei dotti biliari extra- o intraepatici. La prevalenza stimata è di 2/100.000, con una lieve predominanza nei maschi. La progressione è lenta e i sintomi si evidenziano solo negli ultimi stadi della malattia. La sintomatologia è soprattutto caratterizzata da dolore addominale e ittero (con o senza dolore), spesso associato a prurito. In genere, il trattamento è chirurgico, anche se in alcuni casi la terapia palliativa è sufficiente a ristabilire il flusso biliare verso l’intestino. La prognosi è infausta, in quanto, al momento della diagnosi, il tumore si trova già in uno stadio avanzato. *Autore: team editoriale di Orphanet (gennaio 2006)*.

Associazioni

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Colemia familiare Vedere: Sindrome di Gilbert

Colera

ORPHA173

Il colera è una malattia infettiva caratterizzata da grave diarrea con vomito, causata da un piccolo bacillo gram-negativo, il Vibrio cholera. La malattia è endemica nei Paesi in via di sviluppo e sono stati descritti piccoli focolai nell’Europa Orientale. I sintomi compaiono diverse ore o giorni dopo la contaminazione, con un esordio rapido e grave della diarrea, acquosa e massiva ad “acqua di riso”, un segno caratteristico del colera, associata al vomito, in assenza di febbre. La disidratazione successiva può essere talmente grave da provocare collasso e anuria. Il serbatoio di infezione della malattia è esclusivamente umano: i soggetti infetti diffondono il germe attraverso le feci. Il contagio avviene attraverso l’acqua e/o gli alimenti contaminati. La diagnosi è soprattutto clinica, anche se è necessaria la conferma batteriologica attraverso l’isolamento del vibrione. Costituiscono misure preventive efficaci la depurazione dell’acqua e l’ingestione di cibo bene lavato. I classici vaccini a virus interi uccisi non sono molto efficaci contro il colera. Tuttavia, si sono resi recentemente disponibili vaccini vivi attenuati, somministrati per via orale, che sono efficaci dopo una sola dose. Il colera è una malattia a dichiarazione internazionale obbligatoria. In presenza di un trattamento adeguato, i pazienti di solito si ristabiliscono completamente, mentre la mortalità da disidratazione è del 50%, se la malattia non viene trattata. *Autore: Dott. E. Aslangul (agosto 2006)*.

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Colangite sclerosante primitiva

Colestasi associata alla gravidanza

ORPHA171

MIM: 260480

Vedere: Colestasi intraepatica della gravidanza

La colangite sclerosante primitiva (CSP) è una malattia colestatica primitiva del fegato, caratterizzata da infiammazione e fibrosi dell’albero biliare. L’età media alla diagnosi è 40 anni e i maschi sono colpiti due volte più frequentemente rispetto alle femmine. L’incidenza annuale è 0,9-1,31/100.000 e il tasso di incidenza è 8,5-13,6/100.000. Generalmente, l’insorgenza è insidiosa e molti pazienti sono asintomatici al momento della diagnosi o hanno sintomi molto lievi come affaticamento, disturbi addominali, prurito e perdita di peso. In seguito può comparire splenomegalia e ittero. Nella maggior parte dei casi, la malattia progredisce verso la cirrosi e l’insufficienza epatica. Nell’8-30% dei pazienti si sviluppa un colangiocarcinoma. L’eziologia non è nota, anche se è stato ipotizzato che la CSP sia causata da un meccanismo immunitario e si associ spesso ad una malattia infiammatoria dell’intestino, soprattutto la colite ulcerosa. La diagnosi si basa sui rilievi colangiografici e istologici caratteristici, dopo avere escluso la colangite sclerosante secondaria. L’unico trattamento efficace per i pazienti che presentano una malattia epatica allo stadio terminale è il trapianto di fegato, anche se la somministrazione di alte dosi di acido ursodesossicolico può dare buoni risultati. L’età media di sopravvivenza nei pazienti sintomatici è di 12 anni dal momento della diagnosi. Al contrario, nei pazienti asintomatici al momento della diagnosi, la maggior parte dei quali svilupperà una malattia progressiva, il tasso di sopravvivenza è superiore al 70% a 16 anni dalla diagnosi. *Autori: Dott. J. Worthington e Prof R. Chapman (ottobre 2006)*.

La colestasi intraepatica della gravidanza (CIG) è una malattia colestatica caratterizzata da prurito nel secondo o nel terzo trimestre di gravidanza, con livelli elevati di aminotransferasi sieriche e acidi biliari e regressione spontanea dei segni e dei sintomi 2-3 settimane dopo il parto. La CIG si osserva nello 0,4-1% delle gravidanze in molte regioni dell’Europa occidentale e centrale e nel Nord America. In Cile e Bolivia, ma anche in Scandinavia e negli Stati Baltici, rispettivamente circa il 5-15% e l’1-2% delle gravidanze si associano alla CIG. Contribuiscono alla patogenesi della CIG fattori ormonali e genetici, ma anche ambientali. La colestasi intraepatica della gravidanza aumenta il rischio di parto prematuro (1960%), di liquido amniotico tinto di meconio (27%), di bradicardia fetale (14%), di sofferenza fetale (22-41%) e di aborto spontaneo (0,4-1%), soprattutto in presenza di livelli sierici di acidi biliari superiori a 40 micromol/L a digiuno. L’acido biliare idrofilico, un acido ursodesossicolico (10-20 mg/kg/d), costituisce il trattamento di prima scelta per questa patologia. Si raccomanda l’induzione del parto alla 38a settimana, quando è completato lo sviluppo polmonare. *Autori: Dott. T. Pusl e Dott. U. Beures (maggio 2007)*. Tratto da Intrahepatic cholestasis of pregnancy. Orphanet J Rare Dis. 2007;2:26.

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Colelitiasi da mutazione del gene ABCB4

Colestasi intraepatica ricorrente della gravidanza

Vedere: Litiasi biliare con livelli bassi di fosfolipidi

Vedere: Colestasi intraepatica della gravidanza

Colestasi intraepatica della gravidanza

ORPHA69665

MIM: 147480

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ORPHANET ITALIA 2011

Colestasi - linfedema

Colite collagenosa ORPHA1414

MIM: 214900

Associazioni

Associazione Italiana Angiodisplasie ed Emangiomi Infantili Libera Associazione “SOS Linfedema”

Colestasi intraepatica progressiva familiare

ORPHA172

La colestasi intraepatica progressiva familiare (PFIC) appartiene a un gruppo di patologie autosomiche recessive dell’infanzia che compromettono la formazione della bile e si manifestano con colestasi di origine epatocellulare. La prevalenza esatta della malattia è sconosciuta, ma l’incidenza stimata varia tra 1/50.000 e 1/100.000 nascite. Sono stati identificati tre tipi di PFIC correlati alla mutazione di alcuni geni del sistema di trasporto epatico coinvolto nella formazione della bile. La PFIC1 e la PFIC2 di solito compaiono nei primi mesi di vita, mentre l’esordio della PFIC3 può presentarsi più tardi nella prima infanzia, nella seconda infanzia o persino durante la prima adolescenza. Le manifestazioni cliniche più rilevanti includono la colestasi, il prurito e l’ittero. L’attività della gamma-aminotrasferasi sierica (GGT) è normale nei pazienti con PFIC1 e PFIC2, ma è elevata nei casi di PFIC3. Manifestazioni aggiuntive possono includere bassa statura, sordità neurosensoriale, diarrea acquosa, pancreatite, elevata concentrazione di elettroliti nel sudore e steatosi epatica. Sia la PFIC1 che la PFIC2 sono causate dalla compromissione della secrezione biliare di elettroliti dovuta rispettivamente alle mutazioni in ATP8B1, che codifica per la proteina FIC1, e in ABCB11, che codifica per la pompa proteica deputata all’escrezione dei sali biliari. Le alterazioni nel gene ABCB4, che codificano per la proteina di multiresistenza ai farmaci tipo 3 (MDR3), compromettono la secrezione dei fosfolipidi biliari e causano la PFIC3. La diagnosi si basa sulle manifestazioni cliniche, sull’ecografia epatica, sulla colangiografia e sulll’istologia epatica, così come su analisi specifiche per escludere altre cause di colestasi dell’infanzia. L’immunoistochimica epatica per MDR3 e BSEP e l’analisi della composizione lipidica della bile dovrebbero aiutare a selezionare i pazienti con PFIC a cui proporre la genotipizzazione per confermare la diagnosi. Si dovrebbe garantire il monitoraggio del carcinoma epatocellulare dal primo anno di vita, soprattutto nei pazienti con PFIC2. Il trapianto del fegato, la terapia genica e una specifica farmacoterapia mirata potrebbero rappresentare, in futuro, delle terapie alternative. I pazienti con PFIC di solito sviluppano fibrosi e insufficienza epatica prima dell’età adulta. *Autori: Dott. A. Davit-Spraul, Dott. E. Gonzales, Dott. C. Baussan e Dott. E. Jacquemin (gennaio 2009).* Tratto da Progressive familial intrahepatic cholestasis. Orphanet J Rare Dis. 2009; 4:1.

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite

ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Colestasi intraepatica progressiva familiare, tipo 3

ORPHA79305

MIM: 602347

Laboratori Diagnosi molecolare della colestasi familiare progressiva intraepatica 3 (gene ABCB4) Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale maggiore Policlinico, MILANO Dr. DEGIORGIO Dario, Dr. SEIA Manuela Diagnosi genetica preconcezionale sul primo globulo polare (analisi dei microsatelliti) Policlinico Universitario di Padova, PADOVA Pr. FORESTA Carlo, Dr. VINANZI Cinzia, Dr. ZUCCARELLO Daniela

Colestasi - retinopatia pigmentosa - schisi palatina

ORPHA1415

MIM: 612726 La sindrome colestasi - retinopatia pigmentosa - schisi palatina o sindrome di Hardikar è stata descritta in 4 pazienti (2 non consanguinei australiani, uno belga e uno giapponese). Consiste nella associazione tra colestasi, labiopalatoschisi, pigmentazione retinica, idronefrosi e diaframma intestinale. La schisi orale era variabile, mentre la retinopatia pigmentaria mostrava un aspetto a “macchia’’ (impronta di gatto). La colestasi, associata a ittero lieve e fluttuante, è stata considerata dovuta all’ostruzione dei canali biliari, anche se è stata confermata solo in un bambino. L’idronefrosi aveva una patogenesi variabile: reflusso vescico-ureterale, stenosi o ectopia ureterale. L’ostruzione intestinale era dovuta alla malrotazione o al diaframma intestinale in un soggetto. Lo sviluppo mentale era normale o lievemente ritardato. In tutti i pazienti è stato osservato ritardo dello sviluppo. Tutti i casi erano sporadici; non è ancora chiaro se si tratti di una patologia genetica. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Colite collagenosa

ORPHA36205

La colite collagenosa è una malattia caratterizzata da diarrea cronica acquosa, alterazioni microscopiche del colon, con un aspetto radiologico ed endoscopico normale. L’alterazione istopatologica caratteristica è la presenza di una banda di collagene sottoepiteliale (di 10 mm o più) adiacente alla membrana basale, con un infiltrato linfocitario epiteliale e un’infiammazione cronica della lamina propria. È stata riportata un’incidenza media annuale compresa tra 0,6-6,1/100.000 abitanti, con un picco d’incidenza nelle donne più anziane. In generale, la prognosi della malattia è buona, in quanto i casi di diarrea pericolosi per la vita sono estremamente rari e la diarrea cessa in molti pazienti spontaneamente (circa 20% dei casi) o con un’adeguata terapia. Recenti studi clinici randomizzati controllati con placebo suggeriscono che il budesonide sia un trattamento efficace per la colite collagenosa, in

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La sindrome colestasi-linfedema (CLS) è caratterizzata da linfedema cronico importante e grave colestasi neonatale, che generalmente diventano episodici e meno gravi durante la prima infanzia. È stata descritta in 6 estese famiglie, soprattutto in Norvegia. La caratteristica più frequente di questa condizione autosomica recessiva è il difetto sistemico dei linfatici. Questa peculiarità suggerisce un difetto della linfangiogenesi, a causa genetica non nota. È stato eseguito uno screening genomico nei pazienti norvegesi, che ha dimostrato la loro condivisione degli alleli e dell’aplotipo di una regione di 6,6 cM compresa tra i marcatori D15S979 e D15S652. Tutti i pazienti norvegesi con CLS sono probabilmente omozigoti per la stessa mutazione ereditata da un antenato comune. La prognosi è variabile: alcuni pazienti muoiono nella prima infanzia (soprattutto a causa di emorragie da deficit di vitamina K), mentre altri muoiono di cirrosi nella tarda infanzia. Una donna è morta all’età di 50 anni e 9 pazienti erano ancora vivi a un’età variabile tra 30 e 61 anni. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2004)*.

C

C

ORPHANET ITALIA 2011

Colite epitelio-esfoliativa - sordità

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

quanto induce una risposta clinica immediata nel 57-87% dei pazienti. Di solito, una ricaduta si verifica subito dopo l’interruzione del trattamento, e quindi spesso è richiesta una terapia di mantenimento con basse dosi di budesonide. Studi non controllati suggeriscono che la mesalazina, la colestiramina o il salicilato di bismuto siano comunque efficaci. L’eziologia e la patogenesi della colite collagenosa non sono note. È stato ipotizzato un meccanismo basato sulla predisposizione genetica, con alcune caratteristiche della patologia autoimmune, scatenata da uno o più agenti presenti nelle feci, in grado di indurre un’alterazione del segnale di trasmissione tra la superficie epiteliale e i miofibroblasti sottoepiteliali, cui conseguono anomalie nella sintesi del collagene e/o la sua degradazione. *Autore: Dott. F. Fernández-Bañares (febbraio 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Colite epitelio-esfoliativa - sordità

ORPHA103912

Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra colite congenita grave e sordità neurosensoriale. Sono stati descritti due casi ad esordio neonatale. L’eziologia non è nota. L’endoscopia mostra una mucosa liscia senza ulcere, ma le analisi istologiche rivelano cellule epiteliali vacuolate con esfoliazione prematura all’interno dei lumi ghiandolari e un aumento della produzione di muco e delle fibre colinergiche all’interno della lamina propria. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Colite microscopica

La CU appartiene alle malattie infiammatorie dell’intestino (IBD), definizione generica che identifica un gruppo di malattie infiammatorie croniche a eziologia sconosciuta, che interessano l’apparato gastrointestinale. La CU di solito si estrinseca con attacchi ricorrenti, intervallati da fasi di remissione completa. Nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, la CU ha un’incidenza di circa 6-8/100.000 nella popolazione e la sua prevalenza è stimata intorno a 70-150/100.000. Il sintomo principale all’esordio della CU è la diarrea con perdita di sangue e di muco, a volte con sintomatologia dolorosa. La febbre e la perdita di peso sono meno comuni. I sintomi extraintestinali possono costituire il segno di esordio, oppure si presentano successivamente nel corso della malattia. L’80% dei pazienti manifesta solo proctite o procto-sigmoidite e solo il 20% ha una colite estesa. Tuttavia, in circa la metà dei pazienti che esordiscono con procto-sigmoidite, il coinvolgimento prossimale si manifesta successivamente, mentre in altri pazienti la successione degli eventi è rovesciata. A seconda dello stadio della malattia, l’endoscopia rivela arrossamento della mucosa, aumento della sensibilità, sanguinamento, ulcere irregolari, pseudopolipi, granularità e perdita dell’architettura vascolare. Il trattamento della CU al momento consiste nell’uso di vari farmaci che interagiscono a diversi livelli sulla cascata immunitaria e infiammatoria. I corticosteroidi, gli aminosalicilati e gli immunomodulatori sono i farmaci di elezione. *Autore: Dott. S. Ardizzone (settembre 2003)*.

Associazioni

Federazione AMICI Italia - Associazione Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino

Coloboma - anomalie dei capelli Vedere: Sindrome dei capelli caduchi in anagen

ORPHA58220

È un termine generico usato per definire due patologie infiammatorie dell’intestino di origine idiopatica: la colite collagenosa e la colite linfocitaria. Questi due sottotipi sono simili dal punto di vista clinico e istologico, e possono essere distinti al microscopio per la presenza o assenza di una banda ispessita di collagene a livello sottoepiteliale. Entrambi i sottotipi si associano a diverse patologie autoimmuni, ma l’esatto meccanismo fisiopatologico della malattia non è noto. Le indagini radiografiche ed endoscopiche del colon sono normali. La diagnosi viene effettuata sulla biopsia del colon, che mostra linfocitosi intraepiteliale e un infiltrato infiammatorio misto nella lamina propria. La colite microscopica è responsabile di circa il 10% delle diarree acquose croniche. Si accompagna spesso a dolore addominale e a perdita di peso. È più comune nelle donne, soprattutto per quanto riguarda la colite collagenosa piuttosto che quella linfocitaria. La colite microscopica viene di solito diagnosticata in donne di mezza età o più anziane (dalla 6a all’8a decade di vita). La maggior parte dei casi va incontro a remissione spontanea dopo pochi anni dall’esordio, senza aumento del rischio di cancro colonrettale. Il trattamento è empirico e di solito si basa sull’uso degli stessi agenti impiegati nelle patologie infiammatorie dell’intestino. In alcuni studi clinici controllati randomizzati sono stati osservati benefici con bismuto e budesonide. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Colite ulcerosa

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ORPHA771

MIM: 191390 La colite ulcerosa (CU) è una malattia infiammatoria cronica che colpisce soprattutto la mucosa del colon; l’estensione e la gravità della lesione del colon sono variabili. Nella sua forma più limitata, la malattia è ristretta alla porzione distale del retto, mentre nella forma più estesa interessa tutto il colon.

Coloboma dell’iride - ptosi - deficit cognitivo

ORPHA2995

MIM: 243310 Questa sindrome è caratterizzata da coloboma dell’iride associato a ptosi e deficit cognitivo. Sono stati descritti finora 10 casi. Il quadro clinico comprende dismorfismi, anomalie oculari (coloboma dell’iride, microftalmo, microcornea bilaterale, ptosi, ipotelorismo, epicanto inverso, sella nasale larga e piatta), malformazioni cerebrali (agiria-pachigiria), deficit cognitivo e ritardo della crescita postnatale. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2007)*.

Associazioni

AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia

Coloboma del nervo ottico con malattia renale Vedere: Sindrome papillorenale

Coloboma - labiopalatoschisi - ritardo mentale

ORPHA1473

MIM: 120433 Questa sindrome è caratterizzata da coloboma dell’iride, da una schisi labiale e palatina e ritardo mentale di grado variabile. È stata notata un’ampia variabilità clinica. Alcuni pazienti presentano anche microftalmia, cataratta, glaucoma, ptosi, sordità neurosensoriale e ematuria. Finora sono stati descritti 12 casi in 3 generazioni della stessa famiglia. La trasmissione è autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

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ORPHANET ITALIA 2011

Coloboma maculare - brachidattilia tipo B

Complesso di Carney

ORPHA1471

MIM: 120400

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Coloboma maculare - palatoschisi - alluce valgo

ORPHA91494

MIM: 216800 Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra coloboma maculare bilaterale, palatoschisi e alluce valgo. È stata descritta in una coppia fratello/sorella. Erano presenti anche anomalie delle dita, del bacino e degli arti. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Coloboma - microftalmia - cardiopatia - sordità

ORPHA1474

Qusta sindrome è caratterizzata da microftalmia colobomatosa, cardiopatia, ipoacusia e deficit cognitivo. Si tratta probabilmente di una sindrome ereditaria, descritta in 10 soggetti. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Coloboma oculare

ORPHA194

MIM: 120200 Il coloboma oculare è un difetto dello sviluppo del cristallino, dell’iride, della coroide o della retina, che si manifesta verso la 6a settimana di vita embrionale. Origina dalla mancata chiusura della fessura embrionale. La sua prevalenza è circa 1/100.000. La sintomatologia può essere molto variabile, dalla semplice schisi dell’iride inferiore, all’assenza del tessuto retinico in una larga parte della porzione inferiore della retina. Anche la papilla può essere coinvolta. Proprio per la loro origine embriologica, i colobomi sono di solito inferiori. Il visus varia in funzione del coinvolgimento del polo posteriore e dell’ambliopia, qualora sia presente. In caso di interessamento della retina, possono subentrare distacchi retinici sulla zona di transizione. È necessario effettuare un esame oftalmologico preciso per la ricerca di un glaucoma associato ad altre anomalie oculari, così come un esame generale. Questo difetto è stato ricondotto a pre-

gresse malattie virali (influenza) o alla toxoplasmosi, ma anche a una mutazione genica autosomica dominante, ad espressività variabile e penetranza incompleta. Sono note altre forme genetiche, di solito associate a sindromi complesse. Non sono disponibili terapie specifiche per la malattia, ma trattamenti da attuare in rapporto alle complicazioni associate. *Autore: Dott. O. Roche (gennaio 2002)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Complesso AMME Vedere: Sindrome di Alport - ritardo mentale - ipoplasia mediofacciale - ellissocitosi

Complesso di Carney

ORPHA1359

MIM: 160980 Il complesso di Carney (CNC) è una sindrome a eredità autosomica dominante, caratterizzata da pigmentazione cutanea a chiazze, iperattività endocrina e mixomi. La prevalenza non è nota, ma si tratta di una malattia rara che conta finora circa 160 casi indice. Le anomalie della pigmentazione cutanea comprendono lentiggini e nevi blu. I disturbi endocrinologici più comuni sono l’acromegalia, i tumori della tiroide e dei testicoli e la sindrome di Cushing non dipendente dall’ACTH (ormone adrenocorticotropo), causata dalla displasia primitiva pigmentata nodulare del surrene (PPNAD). La PPNAD, una causa rara della sindrome di Cushing, è dovuta al deficit primitivo bilaterale del surrene, che può anche essere presente in assenza degli altri sintomi del CNC o di una storia familiare positiva. I mixomi possono insorgere nel cuore, sulla cute e nella mammella. I mixomi cardiaci si possono sviluppare in qualsiasi compartimento cardiaco e possono essere multipli. Uno dei geni putativi del CNC, localizzato su 17q22-24, PRKAR1A, codifica per la subunità regolatrice (R1A) della proteina chinasi A. Le mutazioni eterozigoti inattivanti di PRKAR1A sono state osservate inizialmente nel 45-65% dei casi del CNC e possono essere presenti in circa l’80% delle famiglie CNC con sindrome di Cushing. PRKAR1A è una componente chiave della via metabolica di cAMP, implicata nella tumorigenesi endocrina e potrebbe, almeno parzialmente, funzionare come gene onco-soppressore. Il test genetico dovrebbe essere proposto in tutti i pazienti con CNC. Le persone con CNC o predisposizione genetica al CNC dovrebbero essere sottoposte regolarmente allo screening per la ricerca dei sintomi della malattia. Un check-up clinico in grado di identificare i segni della malattia dovrebbe essere effettuato annualmente, in tutti i pazienti, a partire dall’infanzia. I mixomi cardiaci devono essere asportati chirurgicamente. È necessario discutere il trattamento degli altri sintomi clinici del CNC, che dovrebbe comprendere il follow-up, la chirurgia o la terapia medica, a seconda della localizzazione e delle dimensioni del tumore e della comparsa di segni clinici suggestivi di una massa tumorale o di un aumento dei livelli ormonali e in presenza di un sospetto di malignità. Il trattamento più comune per la sindrome di Cushing secondaria a PPNAD è la surrenalectomia bilaterale. *Autore: Prof. J. Bertherat (marzo 2006)*.

Laboratori Diagnosi molecolare del complesso di Carney (gene PRKAR1A) Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari, BARI Pr. RESTA Nicoletta Diagnosi molecolare del complesso di Carney Istituto Oncologico Veneto IRCCS, PADOVA Pr. OPOCHER Giuseppe, Dr. SCHIAVI Francesca

Associazioni

AIMEN 1 & 2 - Associazione Italiana Neoplasie Endocrine Multiple di tipo1 e 2 - ONLUS ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Il coloboma maculare - brachidattilia tipo B o sindrome di Sorsby è caratterizzata dall’associazione tra il coloboma pigmentato della macula e la brachidattilia. È stata descritta fino ad oggi in 12 pazienti. In una grande famiglia sono stati osservati 9 soggetti affetti su 4 generazioni. In un’altra famiglia sono stati descritti 2 fratelli che presentavano gli stessi difetti, mentre un terzo caso presentava nanismo grave con arti corti di tipo non specifico. In singoli soggetti sono state osservate altre anomalie: ipoacusia neurosensoriale, oligodonzia (agenesia parziale dei denti), agenesia renale, utero e vagina duplicati. Non è chiaro se questi segni ulteriori facciano parte della sindrome. La brachidattilia è di tipo B, ossia coinvolge le falangi medie e distali (le falangi terminali sono rudimentali o assenti) e può associarsi a sindattilia parziale e aplasia ungueale. La falange distale del pollice/alluce è di solito grossa o bifida. Il coloboma pigmentato congenito di solito interessa entrambe le macule; si associa a nistagmo e acuità visiva ridotta. Sebbene l’estesa famiglia con 9 soggetti affetti suggerisca una trasmissione autosomica dominante, non è stato ancora identificato il gene responsabile di questa sindrome. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (maggio 2004)*.

C

C

Complesso di Gollop-Wolfgang

ORPHA1986

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 228250 Il complesso di Gollop-Wolfgang è una malformazione molto rara, caratterizzata da ectrodattilia delle mani e biforcazione ipsilaterale del femore. Sono stati descritti circa 200 casi. Può associarsi a aplasia (ipoplasia) congenita della tibia, associata a oligodattilia preassiale o a monodattilia del piede (equinovaro). La biforcazione distale del femore è monolaterale nella maggior parte dei casi. L’80% dei pazienti presenta aplasia delle falangi medie, assenza delle ossa metacarpo-falangee associata occasionalmente a deficit dell’ulna. I pazienti tendono ad essere di bassa statura. L’eziologia non è nota. È stata suggerita sia una trasmissione autosomica dominante che recessiva. La diagnosi si basa sul quadro clinico e radiologico. La principale diagnosi differenziale si pone con la sindrome da tibia ipoplasica - polidattilia (si veda questo termine). È possibile la diagnosi prenatale con l’ecografia. Ai pazienti devono essere offerti interventi di chirurgia ricostruttiva e protesica e un regolare follow-up. Le aspettative di vita non sono modificate, ma la prognosi funzionale in assenza di trattamento non è buona. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2008)*.

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Condrocalcinosi articolare familiare

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ORPHANET ITALIA 2011

Complesso di Gollop-Wolfgang

ORPHA1416

MIM: 118600 Si tratta di una malattia cronica delle articolazioni. È caratterizzata da episodi acuti e intermittenti di artrite, dalla presenza di cristalli di pirofosfato, di calcio diidrato, rispettivamente nel liquido sinoviale, nella cartilagine e nei tessuti molli periarticolari, e dalla calcificazione delle cartilagini articolari. Sono note tre forme di condrocalcinosi: una forma ereditaria, una forma associata a disturbi metabolici, come iperparatiroidismo, emocromatosi, ipotiroidismo e malattia di Wilson, e una forma sporadica, che in alcuni casi può essere confusa con la forma ereditaria. La forma familiare riguarda un quarto dei casi. Si trasmette con modalità autosomica dominante, a penetranza variabile. Due geni sono correlati alla malattia: CCAL1 e CCAL2. *Autore: Dott. S. Aymé (settembre 2002)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

(gonadotropina corionica umana). La seconda gravidanza è stata interrotta a 28 settimane, per l’evidenza di anomalie scheletriche. I segni clinici erano molto simili a quelli del probando. Il cariotipo era 46,XX e non erano presenti genitali ambigui. È stata suggerita una modalità di trasmissione autosomica recessiva in considerazione della ricorrenza nei due sessi. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Condrodisplasia metafisaria, autosomica recessiva Vedere: Ipoplasia cartilagine-capelli

Condrodisplasia metafisaria, tipo Jansen

ORPHA33067

MIM: 156400 La condrodisplasia metafisaria tipo Jansen (JMC) è una rara patologia autosomica dominante caratterizzata da nanismo con arti corti e grave ipercalcemia agonista-indipendente. In diversi pazienti non consanguinei, che presentavano JMC, sono state identificate 4 differenti mutazioni nel gene che codifica per il recettore del PTH/PTHrP (PTHR1). Questi PTHR1 mutanti causano, quando espressi in vitro, accumulo di cAMP agonista-indipendente. Il PTHR1, membro della nota famiglia di proteine G accoppiate ai recettori, è abbondantemente espresso a livello renale e osseo, dove media la regolazione di calcio e fosforo PTH-dipendente, e a livello del piatto di crescita dove regola la crescita e la differenziazione dei condrociti PTHrP-dipendente. La presenza di mutazioni in PTHR1, che inducono una sua attività costitutiva, fornisce una plausibile spiegazione dell’anomala regolazione dell’omeostasi degli ioni minerali e dello sviluppo del piatto di crescita nei pazienti con JMC. *Autori: Dott. C. Silve e Dott. H. Jüppner (gennaio 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Condrodisplasia metafisaria, tipo McKusick Vedere: Ipoplasia cartilagine-capelli

Condrodisplasia metafisaria, tipo Schmid ORPHA174 MIM: 156500

Condrodisplasia a cellule giganti Vedere: Atelosteogenesi 1

Condrodisplasia - disturbo dello sviluppo sessuale ORPHA1422 MIM: 600092 Questa sindrome, descritta in 2 fratelli, è caratterizzata da grave nanismo, displasia scheletrica, anomalie del sistema nervoso centrale e dell’occhio. Inoltre, erano presenti genitali ambigui nel paziente a corredo cromosomico 46,XY. Questo paziente presentava alla nascita ritardo di crescita, genitali femminili, anomalie dell’occhio (miosi, strabismo, iride ipoplasica, coloboma papillare), dismorfismi (occhi infossati, rime palpebrali strette, epicanto, padiglioni auricolari grandi) e condrodisplasia generalizzata (micromelia, falangi e metacarpi corti, corpi vertebrali a trapezio, torace stretto “a campana’’, ispessimento del cranio, ossa iliache corte, fibule e coste corte). Il paziente ha sviluppato un grave nanismo e lieve ritardo mentale, associato a microcefalia e ipoplasia cerebellare. Lo pseudoermafroditismo maschile era caratterizzato da genitali esterni femminili e genitali interni femminili ipoplasici, in presenza di un cariotipo 46,XY, con gene SRY normale. Il testosterone non risultava aumentato dopo stimolazione con HCG

La condrodisplasia metafisaria tipo Schmid è una malattia rara, caratterizzata da moderata bassa statura con arti corti, coxa vara, gambe ricurve e andatura anomala. La prevalenza non è nota. La malattia viene di solito diagnosticata nel 2° o nel 3° anno di vita. È trasmessa come carattere autosomico dominante ed è causata dalle mutazioni del gene COL10A1 (6q21-q22), che codifica per la catena alfa1 del collagene X. La diagnosi si basa sul riscontro delle lesioni metafisarie sulle radiografie. L’ipocondroplasia (si veda questo termine) e le sequele dei rachitismi si pongono come le principali diagnosi differenziali. Altre displasie metafisarie (come l’ipoplasia cartilagine-capelli o la condrodispalsia metafisaria tipo Jansen; si vedano questi termini) possono essere escluse, in quanto si associano ad una marcata bassa statura e ad altri segni. La consulenza genetica deve essere raccomandata e il rischio di ricorrenza è del 50%. La diagnosi prenatale non dovrebbe essere proposta per questa malattia. La correzione ortopedica è l’unico trattamento possible. *Autore: Prof. M. Le Merrer (novembre 2008)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della condrodisplasia metafisaria tipo Schmid (gene COL10A1) Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco

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ORPHANET ITALIA 2011

Diagnosi molecolare della condrodisplasia metafisaria (gene COL10A1) Istituto Ortopedico Rizzoli, BOLOGNA Dr. PEDRINI Elena, Dr. SANGIORGI Luca, Dr. SGARIGLIA Federica

Condrodisplasia - pseudoermafroditismo Vedere: Condrodisplasia - disturbo dello sviluppo sessuale

Condrodisplasia puntata brachitelefalangica

ORPHA79345

MIM: 302950 APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

ORPHA35173

MIM: 302960 La condrodisplasia puntata dominante legata all’X (CDPX2), nota anche come sindrome di Conradi-Hünermann-Happle, è una rara forma di displasia scheletrica, che causa bassa statura, accorciamento asimmetrico degli arti, scoliosi, che interessa anche la cute, i capelli e gli occhi. La frequenza non è nota. La malattia è causata da mutazioni nel gene che codifica per la proteina che lega l’emopamil, EBP, che normalmente funziona come isomerasi sterol-delta(8)-delta(7) nella biosintesi del colesterolo, catalizzando la conversione di colestenolo-8(9) in latosterolo. Al momento, sono state descritte oltre 50 mutazioni familiari e ricorrenti, in assenza di una ovvia correlazione tra il difetto molecolare e la gravità del fenotipo clinico. Esiste una significativa variabilità fenotipica intra- e interfamiliare nei pazienti con mutazioni in EBP. I pazienti necessitano di cure dermatologiche, ad esempio la regolare applicazione di emollienti, che migliorano la desquamazione cutanea. La scoliosi e l’asimmetria degli arti causano artrite prematura, che necessita di supporto ortopedico. Tutte le famiglie dovrebbero ricevere la consulenza genetica, test diagnostici molecolari e biochimici e, quando necessario, la diagnosi prenatale. *Autori: Dott. N. Whittock e Dott. L. Izatt (luglio 2004)*.

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Condrodisplasia puntata, tipo non rizomelico

ORPHA176

La condrodisplasia puntata tipo non rizomelico è una forma di condrodisplasia puntata, un termine che identifica un gruppo di malattie accomunate da calcificazioni ossee periarticolari già presenti alla nascita. La condrodisplasia puntata non rizomelica non è una condizione separata, ma comprende diverse malattie a trasmissione diversa. La prevalenza complessiva di questo gruppo di malattie non è nota. La condrodisplasia puntata dominante legata all’X (o sindrome di ConradiHünermann-Happle; si veda questo termine) è caratterizzata dall’associazione tra asimmetria degli arti, eritroderma ittiosiforme lamellare e cataratta, che può essere monolaterale. L’intelligenza è normale. La malattia colpisce prevalentemente le femmine ed è più grave o addirittura letale nei maschi. È trasmessa come carattere dominante legato all’X ed è causato da mutazioni nel gene EBP, che codifica per un enzima coinvolto nel metabolismo del colesterolo. La condrodisplasia puntata brachitelefalangica (si veda questo termine) si associa a gravi dismorfismi facciali (disostosi maxillo-nasale di Binder; si veda questo termine), calcificazioni soprattutto nel tarso e negli arti inferiori e falangi distali ipoplasiche. La statura e l’intelligenza sono normali o pressoché normali. La malattia è ereditata come carattere recessivo legato all’X ed è causata da una mutazione nel gene ARSE. Altre forme di condrodiplasia puntata tipo non rizomelico comprendono la condrodiplasia puntata tipo tibiale-metacarpale, la sindrome di Toriello-Higgins-Miller e la condrodisplasia puntata tipo Sheffield (si vedano questi termini). L’assunzione materna di anticoagulanti in gravidanza, il deficit dei fattori della coagulazione dipendenti dalla vitamina K e il deficit materno di vitamina K possono causare sintomi simili a quelli della condrodisplasia puntata brachitelefalangica. Le calcificazioni in prossimità delle epifisi possono essere presenti anche nella sindrome feto-alcolica (si veda questo termine) e nei feti nati da madri con lupus eritematoso disseminato (si veda questo termine). La condrodisplasia puntata può essere diagnosticata ecograficamente, di solito negli stadi avanzati della gravidanza, ma la sua sottoclassificazione esatta richiede approfondimenti biochimici (ricerca di steroli anomali e acidi grassi a catena molto lunga) sui campioni di liquido amniotico. Il trattamento deve essere adattato in base alla forma della condrodisplasia puntata presente. La prognosi è molto variabile. *Autore: Prof. M. Le Merrer (novembre 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Condrodisplasia puntata, tipo rizomelico

ORPHA177

MIM: 215100 La condrodisplasia puntata tipo rizomelico è una forma di condrodisplasia puntata, un termine che identifica un gruppo di malattie nelle quali la caratteristica comune sono le calcificazioni periarticolari alla nascita. La prevalenza del tipo rizomelico è stimata in 1/100.000. La condrodisplasia puntata tipo rizomelico si associa a brevità del femore e dell’omero, alterazioni vertebrali, cataratta, lesioni cutanee e grave ritardo mentale. La malattia è causata da un difetto del metabolismo dei perossisomi e viene trasmessa come carattere autosomico recessivo. La maggior parte dei pazienti presenta mutazioni nel gene PEX7 (6q21-q22.2), che codifica per il recettore del segnale bersaglio perossisomiale tipo 2, che riveste un ruolo importante nella importazione delle proteine dei perossisomi. Altri casi sono dovuti a mutazioni del gene GNPAT (1q42), che codifica per la diidroacetone fosfato aciltrasferasi o del gene AGPS (2q31), che codifica per la alchildiidroacetonefosfato sintetasi dei perossisomi. La diagnosi si basa sul quadro clinico e radiografico e può essere confermata dall’analisi molecolare. La diagnosi differenziale principale si pone con la sindrome di Zellweger (si veda questo termine). La diagnosi prenatale è possibile quando la mutazione causativa è già stata identificata nella famiglia. Non è disponibile una specifica terapia per la correzione del

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

Condrodisplasia puntata dominante legata all’X

C

Condrodisplasia puntata, tipo rizomelico

C

difetto enzimatico. La condrodisplasia puntata tipo rizomelico ha una prognosi sfavorevole e la morte di solito sopravviene nella prima decade di vita, in particolare per le complicazioni respiratorie. *Autore: Prof. M. Le Merrer (novembre 2008)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Laboratori Diagnosi biochimica della condrodisplasia puntata tipo rizomelico IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica delle malattie perossisomiali (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica della condrodisplasia puntata tipo rizomelico (dosaggio degli acidi biliari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Condrodisplasia puntata, tipo Sheffield

ORPHA79347

MIM: 215105

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Condrodisplasia, tipo Grebe Vedere: Displasia acromesomelica, tipo Grebe

Condrodistrofia calcificante congenita Vedere: Condrodisplasia puntata dominante legata all’X

Condrodistrofia miotonica Vedere: Sindrome di Schwartz-Jampel

Congiuntivite lignea

ORPHA97231

MIM: 217090

MIM: 118650

La congiuntivite lignea (CL) è una forma rara di congiuntivite cronica, caratterizzata dalla formazione ricorrente di lesioni pseudomembranose, più spesso a livello delle superfici palpebrali. È descritta molto spesso come il sintomo clinico di una grave ipoplasminogenemia eterozigote composta e omozigote. La prevalenza nella popolazione generale non è nota, ma è stimata tra 0,13% e 0,42% in soggetti sani con ipoplasminogenemia eterozigote. Finora sono stati descritti più di 200 casi. La maggior parte di essi riguarda neonati e bambini. La malattia è caratterizzata da lacerazione e rossore iniziale cronico della congiuntiva, con conseguente formazione di pseudomembrane ricche di fibrina. Le pseudomembrane si formano soprattutto sulla congiuntiva tarsale superiore, anche se è stato riportato il coinvolgimento della palpebra inferiore e della congiuntiva bulbare. Le lesioni evolvono in masse spesse rosse, bianche o bianco-giallastre, di consistenza simile a quella del legno, che sostituiscono la mucosa normale. La malattia è bilaterale in circa la metà dei casi ed è presente un coinvolgimento corneale in circa un terzo dei casi. La CL è il sintomo oculare di una malattia sistemica, e si associa spesso a lesioni sulla mucosa della bocca, del naso-faringe, dell’albero tracheobronchiale, dell’intestino, dei reni, del tratto genitale femminile e dell’orecchio. In alcuni casi sono stati osservati idrocefalo occlusivo e milio colloidale giovanile. Nei soggetti predisposti (affetti da ipoplasminogenemia), la CL può essere causata da lesioni locali, infezioni sistemiche o locali, e da vari tipi di chirurgia oculare. La CL (e le complicazioni correlate) è dovuta a ipoplasminogenemia omozigote e eterozigote composta (deficit di plasminogeno di tipo 1), che origina dalla mutazione del gene plasminogeno (PLG; 6q26). Sebbene molti casi siano sporadici, sono stati riportati casi familiari a trasmissione autosomica recessiva. Inoltre, una CL temporanea è stata indotta in una paziente come effetto collaterale di un trattamento con acido tranessamico. La diagnosi differenziale si pone con altre forme di congiuntivite cronica. La diagnosi prenatale è stata effettuata in una famiglia nella quale era stata identificata una mutazione del gene PLG. Le lesioni oculari possono essere prese in carico con trattamenti topici: nell’agosto del 2007, al

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ORPHA79346

MIM: 118651

Associazioni

Condrodisplasia puntata, tipo Toriello

ORPHA79344

Associazioni

Condrodisplasia puntata, tipo tibiale-metacarpale

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ORPHANET ITALIA 2011

Condrodisplasia puntata, tipo Sheffield

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

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ORPHANET ITALIA 2011

plasminogeno umano (sotto forma di gocce oculari) è stata concessa dalla CE la designazione di farmaco orfano per il trattamento della CL (tuttavia, questo trattamento non è ancora in commercio). Altre terapie comprendono: l’introduzione di plasma fresco congelato sotto la congiuntiva e per uso topico (FFP), la somministrazione di eparina in combinazione con i corticosteroidi o l’alfa-chimotripsina per uso topico, e l’applicazione topica (o sistemica) di farmaci immunosoppressori (ciclosporina A, azatioprina). Deve essere evitata l’escissione chirurgica delle pseudomembrane e altre manipolazioni meccaniche dell’occhio. La prognosi visiva non è buona. Il coinvolgimento della cornea può portare a cecità da cicatrizzazione, vascolarizzazione, cheratomalacia e perforazione. *Autore: Dott. V. Schuster (aprile 2008)*. UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS

Associazioni

Contratture congenite - aracnodattilia

AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia

Vedere: Sindrome di Beals

Convulsioni benigne neonatali familiari

MIM: 301815

Associazioni

ANDE - Associazione Nazionale Displasia Ectodermica

ORPHA140927

MIM: 607745 Le convulsioni benigne familiari neonatali-infantili (BFNIS) fanno parte di una sindrome da epilessia familiare con un fenotipo intermedio tra le convulsioni neonatali familiari (BFNS) e le convulsioni infantili familiari benigne (BFIS; si vedano questi termini). Finora questa sindrome è stata descritta in diversi soggetti appartenenti a 10 famiglie. L’età di esordio in queste famiglie variava da 2 giorni a 6 mesi, con una risoluzione spontanea in molti casi prima dell’età di 12 mesi. Come per le BFNS e le BFIS, le convulsioni nelle BFNIS generalmente si presentano con crisi a grappolo della durata di uno o più giorni, con convulsioni focali posteriori all’esordio. Le BFNIS sono dovute alle mutazioni del gene SCN2A (2q24.3), che codifica per la subunità Na(V)1.2 dei canali del sodio voltaggiodipendenti. La trasmissione è autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2008)*.

Associazioni

AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia

Convulsioni benigne infantili familiari

ORPHA1949

MIM: 121200 ORPHA1484

In 2 fratelli affetti da contratture congenite gravi è stata descritta una sindrome che associa segni cutanei diffusi di displasia ectodermica, labiopalatoschisi, ritardo psicomotorio e della crescita. L’analisi citogenetica ad alta risoluzione era normale e le analisi con marcatori molecolari non hanno evidenziato la presenza di microdelezione in prossimità del locus della displasia ectodermica ipoidrotica legata all’X. Questo spettro di anomalie sembra costituire una sindrome autosomica recessiva o legata all’X. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*.

Convulsioni benigne familiari neonatali-infantili

occipitale. Generalmente le crisi sono stereotipate nello stesso bambino. La terapia elimina rapidamente tutti i sintomi e i bambini non presentano altre forme di epilessia. Tuttavia, in numerose famiglie è stata osservata, attorno ai 10 anni, la comparsa secondaria di brevi crisi di coreo-atetosi parossistiche, non correlate all’EEG. Questi episodi scompaiono con la terapia a base di carbamazepina e la prognosi è buona. Un primo studio genetico ha permesso di localizzare, in 5 famiglie, il gene dell’epilessia benigna infantile familiare sul cromosoma 19q12-13. Ma in 7 famiglie questa localizzazione non è stata confermata; da qui l’ipotesi dell’esistenza di eterogeneità genetica. Inoltre, per le forme con coreoatetosi secondaria, il gene è stato localizzato sulla regione centromerica del cromosoma 16, suggerendo l’esistenza, all’interno della sindrome, di una espressione clinica diversa, età-dipendente, della stessa anomalia genetica. *Autore: Dott. P. Plouin (maggio 2002) *.

ORPHA306

MIM: 601764 L’epilessia benigna infantile familiare insorge nei lattanti nel corso del primo anno di vita, in assenza di precedenti patologici, con episodi ripetuti di crisi. Per definizione, l’anamnesi familiare è sempre positiva per lo stesso tipo di epilessia. Le crisi si manifestano a 4-8 mesi, sono brevi, ripetute “con intervalli’’ di alcuni giorni o settimane, senza turbe del comportamento. L’elettroencefalogramma (EEG) intercritico è normale. Le crisi rivelano una semeiotica elettroclinica a sede parieto-

Le convulsioni benigne neonatali familiari (CNBF) sono una rara forma di epilessia idiopatica del neonato ereditata con modalità autosomica dominante e caratterizzata da crisi epilettiche parziali o generalizzate, che si presentano sia durante la veglia che durante il sonno. Le crisi tipicamente esordiscono nei primi giorni di vita e scompaiono spontaneamente intorno ai 4 mesi. Tuttavia, il 10-15% dei neonati con CNBF presenta successivamente nell’infanzia crisi febbrili o afebbrili. Le crisi epilettiche che si osservano nel neonato con CNBF sono brevi e di diverso tipo; iniziano in genere con una postura tonica, seguita da apnea, e spesso da clonie e automatismi motori. I neonati sono neurologicamente normali e hanno in genere uno sviluppo psicomotorio regolare. Dal punto di vista elettroclinico, le crisi non sono specifiche e perciò la diagnosi di CNBF viene posta per esclusione. La prevalenza della sindrome è a tutt’oggi, sconosciuta. Studi genetici di linkage hanno permesso la mappatura di 2 loci specifici per le CNBF, il primo, EBN1, sul cromosoma 20q13.3 ed il secondo, EBN2, sul cromosoma 8q24, indicando che si tratta di una patologia geneticamente eterogenea. I geni responsabili, rispettivamente KCNQ2 sul cromosoma 20q e KCNQ3 sul cromosoma 8q, sono stati identificati come geni che codificano per canali ad apertura potassio-dipendente. Una forma di epilessia idiopatica generalizzata (EGI), a trasmissione autosomica dominante, che mappa su 8q24, può essere allelica al locus EBN2. Il ruolo della terapia antiepilettica nel favorire la scomparsa delle crisi non è ancora del tutto chiaro. La prognosi a lungo termine è sempre favorevole. *Autore: Dott. R. Cilio (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare delle convulsioni benigne neonatali familiari (gene KCNQ2) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia Diagnosi molecolare delle convulsioni benigne neonatali familiari (geni KCNQ2 e KCNQ3) IRCCS “E. Medea”, BOSISIO PARINI (LC) Pr. BRESOLIN Nereo, Dr. RAGGI Maria Elisabetta

Associazioni

AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia

Convulsioni - deficit cognitivo da idrossilisinuria Vedere: Convulsioni - ritardo mentale da idrossilisinuria

Convulsioni infantili - coreoatetosi Vedere: Sindrome ICCA

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

Contratture - displasia ectodermica - labiopalatoschisi

C

Convulsioni infantili - coreoatetosi

C

Convulsioni - ritardo mentale da idrossilisinuria

ORPHA79156

MIM: 236900 Questa sindrome è caratterizzata da idrossilisinuria, convulsioni miocloniche e motorie e ritardo mentale. È stata descritta in 2 fratelli (fratello e sorella), nati da genitori non consanguinei e in un paziente geneticamente non correlato. *Autore: team editoriale di Orphanet (novembre 2006)*.

Laboratori

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

ORPHANET ITALIA 2011

Convulsioni - ritardo mentale da idrossilisinuria

Diagnosi biochimica della idrossilisinuria Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Convulsioni sensibili alla piridossina Vedere: Epilessia dipendente dalla piridossina

Convulsioni sensibili alla vitamina B6 Vedere: Epilessia dipendente dalla piridossina

Coproporfiria ereditaria

ORPHA79273

MIM: 121300

Laboratori Diagnosi molecolare della coproporfiria ereditaria (gene CPO) IRCCS Istituto Dermatologico San Gallicano, ROMA Dr. AURIZI Caterina, Dr. BIOLCATI Gianfranco Diagnosi molecolare della coproporfiria ereditaria (gene CPOX) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. GARRUBBA Maria, Pr. SANTINI Stefano, Dr. SAVINO Maria Grazia

Cordoma

ORPHA178

MIM: 215400 I cordomi sono tumori maligni rari, che si sviluppano a partire dai residui embrionali della notocorda dello scheletro assiale. I cordomi si osservano soprattutto negli adulti e costituiscono lo 0,2% dei tumori del sistema nervoso centrale e il 2-4% dei tumori ossei primitivi, con una prevalenza dello 0,5%/1.000.000 e un rapporto maschio/femmina di 2:1. La presentazione clinica dipende dalla localizzazione del cordoma. Le principali localizzazioni sono l’osso sacro, il clivo (intracranico) e la colonna vertebrale. In presenza di un tumore intracranico, i sintomi più frequenti sono la diplopia, i problemi della deglutizione e le cefalee. Possono essere presenti altri segni neurologici, in particolare la paralisi dei nervi cranici. I tumori localizzati alla colonna vertebrale possono provocare dolori nella zona interessata (collo, schiena o coccige), dolori alle braccia e alle gambe, debolezza o intorpidimento e

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disturbi vescicali e intestinali. I cordomi sono caratterizzati da crescita lenta, con distruzione locale dell’osso e propagazione ai tessuti adiacenti. Possono metastizzare ai gangli linfatici, ai polmoni, al fegato e all’osso. La diagnosi si basa sulle radiografie, la TAC o la risonanza magnetica. La presa in carico compete ad un team di esperti in neurochirurgia e radio-oncologia. La chirurgia è la prima modalità di trattamento ma, anche quando gli interventi sono ripetuti, l’escissione è spesso incompleta. Di solito, la radioterapia viene associata alla chirurgia. Per il controllo locale del tumore sono necessarie le radiazioni ad alta energia (ad esempio fasci di protoni). È ancora oggetto di valutazione il ruolo della chemioterapia o delle terapie mirate. La prognosi dipende dall’estensione del tumore e dalla completezza della sua escissione. È necessario il follow-up a lungo termine, in considerazione dell’elevato rischio di recidiva di questi tumori. *Autore: team editoriale di Orphanet (novembre 2006)*.

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Corea di Huntington Vedere: Malattia di Huntington

Corea familiare benigna

ORPHA1429

MIM: 118700

Laboratori Diagnosi molecolare della corea familiare benigna (gene NKX2-1) CNR, FRASCATI (RM) Pr. FRONTALI Marina Diagnosi molecolare della corea familiare benigna Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare della corea ereditaria benigna (gene NKX2-1, sequenziamento) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Coreoacantocitosi Vedere: Neuroacantocitosi

Coreoatetosi - ipotiroidismo - distress respiratorio neonatale

ORPHA209905

MIM: 610978

Laboratori Diagnosi molecolare di ipotiroidismo congenito (geni NKX2.1, PAX8, TSHR, TPO, DUOXs) Istituto Auxologico Italiano, CUSANO MILANINO (MI) Dr. BONOMI Marco, Dr. CORDELLA Daniela, Pr. PERSANI Luca

Corioretinopatia - microcefalia, autosomica dominante

ORPHA1432

MIM: 156590

Associazioni

KÓROS - Associazione per Promuovere la Ricerca e la Prevenzione delle Malattie Oculari Infantili - ONLUS

Corioretinopatia, tipo Birdshot

ORPHA179

MIM: 605808 La corioretinopatia tipo Birdshot è una rara malattia infiammatoria oculare che coinvolge soprattutto la coroide e la retina. La sua caratteristica maggiormente distintiva è costituita da puntini color crema bilaterali e simmetrici distribuiti con un pattern

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ORPHANET ITALIA 2011

Craniofaringioma

Associazioni

KÓROS - Associazione per Promuovere la Ricerca e la Prevenzione delle Malattie Oculari Infantili - ONLUS

Coroideremia

ORPHA180

MIM: 303100 La coroideremia (CHM) è una malattia degli occhi recessiva legata all’X, caratterizzata da degenerazione progressiva della coroide, della retina pigmentata (RPE) e della retina nervosa. L’incidenza della CHM è stimata intorno a 1/100.000. Generalmente i maschi affetti sviluppano cecità notturna durante l’adolescenza, seguita da restringimento progressivo del campo visivo e cecità totale nella mezza età. Le modificazioni del fondo dell’occhio consistono inizialmente in puntini pigmentati e fine atrofia della RPE nelle regioni posteriori ed equatoriali. È presente anche atrofia focale dei capillari e dei grandi vasi della coroide, intorno al disco ottico e nella zona equatoriale. In seguito l’atrofia della coroide, della RPE e della retina si diffondono dalla circonferenza media verso l’interno e dal disco verso l’esterno, mentre la macula è risparmiata. Il fondo dell’occhio appare bianco. Le femmine portatrici generalmente non presentano un danno visivo evidente, ma mostrano importanti anomalie del fondo dell’occhio, ad esempio modificazioni pigmentarie nel perimetro, che assomigliano a piccole chiazze, le stesse che sono caratteristiche degli stadi iniziali della malattia nei maschi. Spesso i segni clinici della CHM nelle femmine possono essere attribuiti all’inattivazione preferenziale del cromosoma X. Eccezionalmente, l’omozigosi o la delezione del gene CHM nelle traslocazioni X-autosomiche possono anche dare luogo alla malattia nelle femmine. Il gene della CHM è stato mappato su Xq21.2. Un gene analogo, simil-CHM (CHML), è stato identificato sul cromosoma 1q. I geni CHM e CHML codificano rispettivamente per la proteina Rab escort-1 (REP1) e -2 (REP2), che sono essenziali per la lipidazione post-translazionale (prenilazione) e la localizzazione subcellulare di regolatori del traffico intracellulare proteico, le proteine Rab che legano il GTP. Si ritiene che la degenerazione corioretinica derivi dalla prenilazione difettosa delle proteine Rab nella coroide e/o nella retina. Attualmente non è disponibile nessun trattamento, ma studi in corso si concentrano sulla terapia genica. La presa in carico si basa sui supporti per l’ipovisione. Autori: Dott. C. Hoyng, Dott. J. van den Hurk, Dott. M. Seabra e Dott. F. Cremers (ottobre 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della coroideremia (gene REP1) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare della coroideremia Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco

CORS Vedere: Sindrome cerebello-oculo-renale

Corticosurrenaloma

ORPHA1501

MIM: 202300 Il corticosurrenaloma (ACC) è un tumore che si sviluppa dalla corteccia dei surreni, lo strato esterno della ghiandola surrenale. Comprende lo 0,2% dei tumori maligni dell’infanzia, con un’incidenza internazionale di 1/2.000.000. Colpisce più frequentemente le femmine, rispetto ai maschi (rapporto 1,5:1). Il corticosurrenaloma si presenta durante l’infanzia con un picco di incidenza a 3,5 anni di vita. La maggior parte delle ACC nei bambini e negli adolescenti produce ormoni e la presentazione clinica riflette lo spettro degli ormoni corticosurrenali secreti dal tumore. In oltre il 90% dei casi sono presenti segni e sintomi di virilizzazione; può essere presente anche ipertensione. Possono manifestarsi, in entrambi i sessi, irsutismo, acne e abbassamento della voce. Le femmine presentano anche clitoridomegalia e peluria sul volto, mentre i maschi presentano ipertrofia del pene e virilizzazione precoce. In un terzo dei pazienti può insorgere la sindrome di Cushing (si veda questo termine), i cui segni più comuni sono la facies arrotondata, la distribuzione centripeta del grasso e lo stato pletorico. L’incidenza dell’ACC è più elevata nei pazienti con emipertrofia isolata, sindrome di Wiedemann-Beckwith, iperplasia surrenale congenita (CAH) e sindrome di Li-Fraumeni (SLF) (si vedano questi termini). La diagnosi si basa sugli esami delle urine e del sangue, il test di soppressione con desametazone, l’ecografia addominale, la TAC e la risonanza magnetica. La diagnosi differenziale si pone con il feocromocitoma e il neuroblastoma (si vedano questi termini). Circa il 50% dei ACC è ereditario, per cui si raccomanda la consulenza genetico oncologica. La resezione chirurgica completa e radicale è il trattamento di elezione e può essere risolutiva, soprattutto quando il tumore ha dimensioni ridotte. Nei pazienti con resezione incompleta o diffusione metastatica, le opzioni terapeutiche comprendono la chemioterapia e/o l’uso di mitotane. Nel 2004, il mitotane ha ottenuto dall’Unione Europea l’autorizzazione alla immissione in commercio come farmaco orfano per il trattamento sintomatico del corticosurrenaloma allo stadio avanzato (non resezionabile, metastatico o recidivo). L’ACC ha una prognosi grave, fatta eccezione per i tumori di piccole dimensioni, che vengono completamente resecati (solo il 36% dei pazienti sopravvive fino a 5 anni). *Autore: Dott. B. Brennan (giugno 2007)*.

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

CPD IV Vedere: Sindrome di Joubert

Cranio a “trifoglio’’ - displasia ossea micromelica Vedere: Nanismo tanatoforo, tipo 2

Cranio bifido ereditario Vedere: Forami parietali

Craniofaringioma

ORPHA54595

I craniofaringiomi sono tumori benigni a evoluzione lenta, localizzati nelle regioni sellari e parasellari del sistema nervoso centrale. La prevalenza è circa 1/50.000. I sintomi compaiono di solito in maniera subdola e al momento della diagnosi la maggior parte dei pazienti presenta disfunzioni neurologiche (cefalee, disturbi visivi) e endocrinologiche (ritardo della crescita, ritardo della pubertà). Si ritiene che i craniofaringiomi originino dai residui epiteliali del dotto cranio-faringeo o della tasca di Rathke (tumori tipo adamantinomatoso) o dalla metaplasia dei residui delle cellule epiteliali squamose di parti

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

piuttosto regolare intorno al disco ottico che si irradiano verso la periferia. È spesso accompagnata da vitreite, vasculopatia retinica ed edema cistoide maculare. Un’altra caratteristica importante della malattia è l’associazione con l’antigene HLA-A29 (95.9% dei pazienti). Colpisce individui di media età, senza predilezione di sesso. La maggior parte dei pazienti è caucasica, anche se alcuni casi sono stati descritti in Giappone, in ogni caso l’antigene HLA-A29 non era presente nei pazienti giapponesi. L’eziologia non è ancora nota, ma la forte associazione con l’HLA-A29 suggerisce una possibile malattia autoimmune. Il trattamento di questa malattia consiste in farmaci antinfiammatori quando sono presenti vitreite ed edema maculare, fotocoagulazione con laser o terapia fotodinamica per la neovascolarizzazione coriodea secondaria e laser e/o vitrectomia per la neovascolarizzazione retinica e prepapillare o per l’emorragia del vitreo. *Autore: Prof. H. Priem (maggio 2004)*.

C

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

C

dello stomadeo, che contribuisce alla formazione della mucosa orale (tumori di tipo papillare squamoso). La diagnosi neuroradiologica si basa soprattutto sulle tre componenti del tumore (cistica, solida e calcifica) e nella caratteristica localizzazione sellare e parasellare. La diagnosi definitiva viene posta con l’esame istologico del campione asportato chirurgicamente. La diagnosi differenziale si pone con altri tumori presenti nella stessa regione (adenomi ipofisari), i processi infiammatori o infettivi (granulomi eosinofili), le malformazioni vascolari (aneurismi) e alcuni difetti congeniti (cisti della tasca di Rathke). Se il tumore non invade l’ipotalamo, il trattamento di elezione consiste nella escissione completa del tumore. Se è presente invasione ipotalamica, il trattamento consiste in una resezione subtotale associata a radioterapia postoperatoria. I disturbi endocrini sono di solito permanenti e necessitano di una terapia sostitutiva. Nel complesso, il tasso di sopravvivenza a cinque anni è dell’80%, anche se si associa a morbilità marcata (disfunzione ipotalamica, alterazioni del profilo neuropsicologico). *Autori: Dott. M. R. Garnett, Dott. S. Puget, Dott. J. Grill e Dott. C. Sainte-Rose (aprile 2007)*. Tratto da Craniopharyngioma. Orphanet J Rare Dis. 2007; 2:18.

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Craniorachischisi

ORPHA63260

La craniorachischisi è la forma più grave di difetto del tubo neurale, caratterizzata dall’apertura di entità variabile del cervello e del midollo spinale. È una malformazione congenita molto rara del sistema nervoso centrale. La prevalenza non è nota. La forma più grave di craniorachischisi è la craniorachischisi totale letale contraddistinta da craniorachischisi associata a spina bifida totale. Analogamente agli altri difetti del tubo neurale, si ritiene che la craniorachischisi abbia un’origine multifattoriale. È possibile la diagnosi prenatale mediante il monitoraggio ultrasonografico. *Autore: team editoriale di Orphanet (gennaio 2010)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Craniosinostosi

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ORPHANET ITALIA 2011

Craniorachischisi

do di arrestare l’ossificazione precoce delle suture craniche. Nei bambini con craniosinostosi possono essere necessari diversi interventi chirurgici. *Autore: team editoriale di Orphanet (dicembre 2004)*.

Associazioni

Associazione di Volontariato “Il Cigno” - ONLUS UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS

Craniosinostosi - alopecia - anomalie dei ventricoli cerebrali Vedere: Sindrome di Lopez-Hernandez

Craniosinostosi - aplasia radiale Vedere: Sindrome di Baller-Gerold

Craniosinostosi - brachidattilia

ORPHA1535

È stata descritta un’unica famiglia con 5 soggetti affetti su 3 generazioni, che presentavano un quadro clinico variabile di sinostosi precoce della sutura coronarica con ipoplasia della porzione media del viso e ipertelorismo, rime palpebrali oblique in basso e verso l’esterno, naso a becco e brachidattilia (limitata alle dita delle mani e non ai metacarpi). È stato possibile diagnosticare in epoca prenatale con ecografia i dimorfismi del cranio in uno dei soggetti della famiglia, a 28 settimane di amenorrea. L’albero genealogico suggerisce una segregazione autosomica dominante, ma al momento non è stato possibile identificare il gene di questa condizione che viene considerata distinta dalla craniosinostosi. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Craniosinostosi - cardiopatia - ritardo mentale Vedere: Sindrome cardiocranica di Pfeiffer

Craniosinostosi di Hunter-McAlpine

ORPHA97340

ORPHA1531

MIM: 601379

Le craniostenosi o craniosinostosi sono caratterizzate dalla saldatura prematura di una o più suture craniche, con anomalie secondarie della forma della testa. Possono essere suddivise in diversi sottogruppi: le craniosinostosi primitive e secondarie e le craniosinostosi isolate e sindromiche. L’incidenza di tutte le forme di craniosinostosi è di 1/2.000-1/2.500 nati vivi. La maggior parte dei casi viene diagnosticata nel periodo neonatale. Occasionalmente, possono essere riconosciute ecograficamente nel periodo prenatale, oppure possono non essere notate fino al termine dell’infanzia. L’eziologia delle craniosinostosi primitive riconosce un difetto nell’ossificazione degli strati mesenchimali delle ossa craniche. La maggior parte delle forme sindromiche (sindrome di Apert, sindrome di Carpenter, sindrome di Crouzon, sindrome di Muenke) è causata da mutazioni nei geni per i recettori dei fattori di crescita dei fibroblasti (FGFR). Nella sindrome di Saethre-Chotzen sono state identificate mutazioni nel gene TWIST. La craniosinostosi tipo Boston è causata da mutazioni nel gene MSX2. Le forme sindromiche sono trasmesse in maniera autosomica dominante. La percentuale di pazienti con mutazioni de novo è elevata. È nota la possibile presenza di un mosaicismo germinale, che deve perciò essere discussa con la famiglia. Di solito, nelle forme non sindromiche, non è presente un’eredità mendeliana. Le craniosinostosi sono patologie estremamente eterogenee. Sono tutte caratterizzate da deformità del cranio, con coinvolgimento della faccia e degli arti nelle forme sindromiche. I bambini con le forme sindromiche (per esempio, la sindrome di Apert) possono presentare un ritardo psicomotorio più o meno grave. Non è disponibile un trattamento in gra-

Questa sindrome è caratterizzata da craniosinostosi, deficit cognitivo, bassa statura, dismorfismi facciali (viso ovale con rime palpebrali a mandorla, cute palpebrale ridondante, naso piccolo) e lievi anomalie distali. È stata descritta in 10 pazienti. La trasmissione è autosomica dominante e si associa alla duplicazione parziale del braccio lungo del cromosoma 5 (5q355qter). *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Craniosinostosi - ipoplasia della parte media del viso - anomalie dei piedi Vedere: Sindrome di Jackson-Weiss

Craniosinostosi - malformazione di Dandy-Walker - idrocefalo

ORPHA1538

MIM: 123155 La malformazione di Dandy-Walker e la craniosinostosi (vedi questi termini) sono state descritte come difetti isolati e anche come componenti di sindromi con malformazioni multiple. La loro associazione è stata descritta in 4 pazienti: 2 fratelli, la loro madre e un terzo bambino non consanguineo. La craniosinostosi era di tipo sagittale in tutti i casi, ma complessa in un caso nel quale le suture sagittali e coronariche si erano chiu-

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ORPHANET ITALIA 2011

se precocemente. In tutti i pazienti la craniosinostosi è stata corretta chirurgicamente e in due casi è stato necessario uno shunt ventricolo peritoneale per trattare l’idrocefalo. Tutti i pazienti presentavano sia ipertelorismo che micrognazia. Il primo figlio della madre affetta è morto improvvisamente a 9 mesi in seguito a ostruzione dello shunt ventricolo peritoneale. Non è stato osservato nei pazienti un ritardo importante di sviluppo. La modalità di trasmissione sembra essere autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Sindrome di Furlong

Craniosinostosi metopica non sindromica Vedere: Trigonocefalia isolata ORPHA1541

MIM: 604757 È stata osservata una famiglia di 3 generazioni che comprendeva 19 persone con craniosinostosi, suggerendo una nuova forma di craniosinostosi autosomica dominante. Questa condizione presenta penetranza elevata e espressione variabile per quanto riguarda il coinvolgimento delle suture e le anomalie del cranio: il fenotipo della craniosinostosi consisteva nella recessione fronto-orbitale o in bozze frontali o turri-brachicefalia o cranio a trifoglio. Le caratteristiche associate comprendevano grave cefalea, elevata frequenza di problemi visivi (miopia o ipermetropia) e primi metatarsi corti. L’intelligenza era normale *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della craniosinostosi tipo Boston (gene MSX2) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia

Craniosinostosi, tipo Filadelfia

ORPHA1527

MIM: 601222 È stata descritta una famiglia di Filadelfia, su 5 generazioni, nella quale segregava craniosinostosi sagittale associata a sindattilia delle dita delle mani e dei piedi, ad eredità autosomica dominante. Questa condizione si differenziava dalle altre craniosinostosi sindromiche con coinvolgimento degli arti. Sebbene le mani presentassero una sindattilia a “guanto’’ simile a quella della sindrome di Apert, l’assenza di una significativa sindattilia ossea e di altre anomalie scheletriche differenziava il quadro clinico delle mani e dei piedi di questa famiglia da quello della sindrome di Apert. Inoltre, il coinvolgimento delle suture sagittali era diverso e insolito. Pertanto, questo quadro clinico è stato definito come craniosinostosi, tipo Filadelphia. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Craniosinostosi, tipo Warman Vedere: Craniosinostosi, tipo Boston

Craniostenosi sagittale - cardiopatia congenita ritardo mentale - anchilosi mandibolare Vedere: Sindrome cardiocranica di Pfeiffer

Crioglobulinemia essenziale Vedere: Crioglobulinemia mista

Crioglobulinemia mista

ORPHA91138

MIM: 123550 La crioglobulinemia mista (CM), tipo 2 e tipo 3, consiste nella presenza di immunocomplessi crioprecipitabili, circolanti nel siero, e si manifesta, dal punto di vista clinico, con una triade caratteristica comprendente porpora, debolezza e artralgia. È considerata una malattia rara, anche se la sua prevalenza non è nota. La malattia è più comune nel Sud rispetto al Nord dell’Europa o al Nord America. La prevalenza della CM “essenziale” è stata stimata in circa 1/100.000 (con un rapporto femmina/maschio di 3:1), anche se questo termine è attualmente usato per indicare solo una minoranza dei pazienti con CM. La CM comporta un coinvolgimento variabile degli organi, che comprende lesioni cutanee (porpora ortostatica, ulcere), epatite cronica, glomerulonefrite con proliferazione delle membrane, neuropatia periferica, vasculite diffusa, e, meno frequentemente, polmonite interstiziale e disturbi endocrini. Alcuni pazienti possono sviluppare tumori maligni dell’apparato linfatico ed epatici, che in genere si manifestano come complicazioni tardive. La CM si associa a infezioni e a malattie immunologiche diverse. Quando è isolata, la CM può essere una malattia distinta, la cosiddetta CM “essenziale”. L’eziopatogenesi della CM non è stata definita completamente. È stato suggerito che l’infezione da virus dell’epatite C (HVC) abbia un ruolo causale, in associazione ad altri fattori genetici e/o ambientali. Inoltre, la CM può associarsi ad altre infezioni o a disturbi immunologici, come l’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) o la sindrome di Sjögren. La diagnosi si basa sui segni clinici e sui dati di laboratorio. Le caratteristiche principali della malattia comprendono la presenza di crioglobuline miste circolanti, i bassi livelli di C4 e la porpora cutanea ortostatica. Il segno patologico tipico è la vasculite leucocitoclastica che interessa i vasi sanguigni di medie dimensioni e, più spesso, quelli di piccole dimensioni. Le diagnosi differenziali si pongono con varie patologie neoplastiche, infettive e sistemiche, in particolare l’epatite autoimmune, la sindrome di Sjögren (si veda questo termine), la poliartrite e i linfomi a cellule B. Il trattamento di prima linea della CM dovrebbe focalizzarsi sullo sradicamento della infezione da HCV, con una terapia combinata a base di interferone e ribavirina. Le terapie patogenetiche (immunosoppressori, corticosteroidi e/o plasmaferesi) devono essere adattate a ogni paziente a seconda dell’evoluzione e della gravità dei segni clinici. Si raccomanda il monitoraggio a lungo termine di tutti i pazienti affetti da CM, per garantire una diagnosi tempestiva e il trattamento delle complicazioni che possono portare al decesso. La prognosi complessiva è meno buona nei pazienti affetti da malattie renali, insufficienza epatica, malattia linfoproliferativa e tumori maligni. *Autore: Prof. C. Ferri (settembre 2008)*: Tratto da Mixed cryoglobulinemia. Orphanet J Rare Dis. 2008; 3:25.

Laboratori Diagnosi immunologica della crioglobulinemia mista Policlinico Umberto I, ROMA Dr. CONTI Fabrizio, Pr. VALESINI Guido

Associazioni

APAI - Associazione Patologie Autoimmuni Internazionale

Crioglobulinemia primitiva Vedere: Crioglobulinemia mista

Crioglobulinemia semplice

ORPHA91139

La crioglobulinemia (monoclonale) semplice o crioglobulinemia tipo 1 consiste nella presenza nel siero di un isotipo o di una sottoclasse di immoglobuline (Ig), che precipitano

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Craniosinostosi marfanoide

Craniosinostosi, tipo Boston

C

Crioglobulinemia semplice

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

C

ORPHANET ITALIA 2011

Crioglobulinemia, tipo 1

reversibilmente al di sotto dei 37 °C. La prevalenza non è nota. Questa malattia sierologica si associa quasi sempre ad alcune malattie ematologiche, di solito la discrasia delle cellule B (mieloma multiplo, macroglobulinemia di Waldenström, o leucemia linfocitica cronica; si vedano questi termini). La crioglobulinemia tipo 1 è spesso asintomatica, anche se i pazienti possono sviluppare acrocianosi, emorragia retinica, il fenomeno di Raynaud e trombosi arteriosa. Questi sintomi possono essere espressione di una sindrome da iperviscosità secondaria agli elevati livelli di crioglobuline monoclonali. Il crioprecipitato nella crioglobulinemia tipo 1 è di solito formato da IgG o IgM, anche se sono stati osservati raramente casi di crioprecipitazione di IgA e, ancora più eccezionalmente, di catene leggere proteiche. Le crioglobuline tipo 1 si associano alla mancanza del fattore reumatoide (FR) e non attivano facilmente il complemento. I processi patogenetici nella crioglobulinemia semplice di solito sono correlati alle malattie linfoproliferative concomitanti. I meccanismi della crioprecipitazione sono stati studiati in modo non esaustivo, anche se possono essere collegati in parte alla struttura delle catene leggere e pesanti della componente delle immunoglobuline. La diagnosi si basa sul riscontro delle crioglobuline che vengono separate dai campioni ematici, dai coaguli e dal siero (a 37 °C), e sull’isolamento delle crioglobuline e sulla determinazione del criocrito (a 4 °C). La composizione delle Ig viene determinata di solito con la semplice diffusione in un gel di agarosio o con l’immunoelettroforesi (a 37 °C per evitare la precipitazione e la perdita delle crioglobuline durante le operazioni). La diagnosi differenziale più importante si pone con la crioglobulinemia mista (MC tipo 2-3; si vedano questi termini). La crioglobulinemia tipo 1 e la MC tipo 2-3 sono entità clinico-seriologiche diverse. A differenza della crioglobulinemia semplice, il crioprecipitato nella MC tipo 2-3 è composto da immunocomplessi che contengono IgG policlonali e IgM mono- (tipo 2) o policlonali (tipo 3). I pazienti affetti da crioglobulinemia semplice non presentano i sintomi e i segni sierologici tipici della vasculite (positività al FR e bassi livelli di complemento C4) che caratterizzano i pazienti affetti da MC. Il decorso clinico, il trattamento e la prognosi della crioglobulinemia tipo 1 dipendono dalla malattia di base. I pazienti affetti da una gammapatia monoclonale benigna di entità significativa sono di solito asintomatici o presentano una malattia di lieve entità. Il trattamento con la plasmaferesi, con/senza steroidi e/o immunosoppressori è utile nei pazienti affetti con crioglobulinemia semplice, che presentano una sindrome da iperviscosità clinicamente manifesta. Nei pazienti affetti da neoplasie maligne delle cellule B, la chemioterapia può risolvere questa patologia sierologica. *Autore: Prof. C. Ferri (ottobre 2008)*.

Associazioni

APAI - Associazione Patologie Autoimmuni Internazionale

Crioglobulinemia, tipo 1

spinale e negli altri organi colpiti, o sulle culture. La diagnosi differenziale si pone con le altre specie di Cryptococcus. Le lesioni vengono sterilizzate con l’amfotericina B e i nuovi farmaci antimicotici (triazoli). Il trattamento deve essere continuato finché il paziente resta immunodeficiente. La prognosi è di solito buona se il trattamento è appropriato. *Autore: Dott. A. Datry (ottobre 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Criptosporidiosi

ORPHA1549

La criptosporidiosi è una malattia dei protozoi causata da piccoli coccidi, ad esempio il Cryptosporidium spp, che colonizzano le cellule epiteliali umane e animali. La criptosporidiosi non è una malattia rara: i tassi di infezione variano tra 0,6 e 2% nei Paesi industrializzati e tra 4 e 32% nei Paesi in via di sviluppo. Colpisce i soggetti di tutte le età. È una malattia cosmopolita, che può presentarsi sporadicamente o in forma epidemica (attraverso la contaminazione dei serbatoi di acqua o delle piscine, o attraverso la trasmissione interumana diretta o il contatto con animali infetti, ecc.). La malattia può rimanere asintomatica o manifestarsi come gastroenterite nei soggetti immunocompetenti. Nei pazienti immunocompromessi la sintomatologia comprende invece diarrea grave, che può essere coleriforme e richiedere diversi mesi di alimentazione parenterale. Le specie principali che colpiscono l’uomo sono il Cryptosporidium hominis, che produce infezioni limitate all’uomo, e il Cryptosporidium parvum, che infetta anche altri mammiferi (bovini, ovini). I parassiti hanno un ciclo asessuale all’interno delle cellule intestinali e, successivamente, un ciclo sessuale che porta alla produzione di oocisti infettive. Gli uomini vengono infettati attraverso l’ingestione delle oocisti. Sia l’individuazione dei parassiti nelle feci, sia l’analisi delle biopsie intestinali sono utili per la diagnosi. Le diagnosi differenziali si pongono con le malattie dovute ad altri coccidi, come la ciclosporosi (si veda questo termine). Nessuna terapia è al momento efficace al 100%. Alcuni trattamenti come la paromomicina e il nitazoxamide sono tuttavia parzialmente efficaci. La terapia a base di rifaximina sembra al momento quella più efficace. La prevenzione mira a ridurre il rischio di contaminazione da oocisti, rispettando le raccomandazioni sull’igiene alimentare e evitando l’ingestione di cibo o di acqua potenzialmente contaminati dalle feci. Lo stato immunologico dei pazienti e la gravità e la prognosi dell’infezione da Cryptosporidium sono strettamente correlati. La criptosporidiosi può portare a morte, quando l’infezione insorge in un soggetto immunocompromesso, mentre può essere benigna nei soggetti immunocompetenti. *Autore: Dott. A. Datry (ottobre 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Crioglobulinemia semplice

Criptococcosi

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ORPHA1546

La criptococcosi è un’infezione micotica cosmopolita dovuta al Cryptococcus neoformans. L’incidenza annuale è stata stimata tra 1/5.000 e 1/50.000, a seconda della regione geografica. I principali bersagli dell’infezione sono i pazienti immunodeficienti. La criptococcosi polmonare primitiva è di solito asintomatica, ma si diffonde all’interno dell’organismo, in particolare nel sistema nervoso centrale, dove provoca meningoencefalite. È frequente l’infezione mucocutanea. Il Cryptococcus neoformans è un lievito incapsulato che si riproduce per gemmazione. È presente in grosse quantità nel suolo, nella frutta, nel latte, e negli escrementi dei piccioni. L’infezione viene contratta attraverso le vie respiratorie e la via digestiva, raramente attraverso la cute, e si diffonde nell’organismo attraverso il sangue e il sistema linfatico. Non avviene mai la trasmissione interumana. La diagnosi si effettua attraverso l’identificazione del lievito incapsulato nel liquido cerebro-

Criptomicrotia - brachidattilia anomalie dei dermatoglifi

ORPHA1547

MIM: 123560 È stata descritta una rara combinazione di malformazioni in una madre e suo figlio: criptomicrotia bilaterale, brachitelomesofalangia, unghie delle dita dei piedi ipoplasiche e un eccesso di disegni ad arco sui polpastrelli. La madre e il figlio avevano un cariotipo e un quoziente intellettivo normali. Le falangi medie e distali delle dita II-V erano corte. Il figlio presentava alla nascita scroto e pene bifido senza ipospadia. Probabilmente si tratta di una condizione autosomica dominante. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

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ORPHANET ITALIA 2011

CRMO giovanile Vedere: Osteomielite multifocale ricorrente cronica, forma giovanile

Cromosoma 10 ad anello

ORPHA1438

Associazioni

SINCRO - Associazione Sindromi Cromosomiche e Genetiche ORPHA1440

La sindrome del cromosoma 14 ad anello è caratterizzata da ritardo mentale, anomalia della pigmentazione cutanea e retinica, epilessia e dismorfismi, compreso l’occipite piatto, l’epicanto, le rime palpebrali oblique verso il basso, il setto nasale piatto, le narici anteverse, il collo corto e le orecchie grandi a bassa attaccatura. È stata descritta in circa 50 pazienti. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

Laboratori Diagnosi di citogenetica molecolare della sindrome del cromosoma 14 ad anello Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. ZOLLINO Marcella

Associazioni

RING 14 - Associazione Internazionale Ring 14 per la Ricerca sulle Malattie Neurogenetiche Rare - ONLUS SINCRO - Associazione Sindromi Cromosomiche e Genetiche AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia

Cromosoma 20 ad anello

ORPHA1444

La sindrome del cromosoma 20 ad anello è caratterizzata da una forma caratteristica di epilessia. La prevalenza non è nota, ma sono stati descritti più di 50 casi. In rapporto alle dimensioni del segmento cromosomico deleto e del mosaicismo associato, questa anomalia può causare macrocefalia, ritardo mentale lieve-moderato e disturbi comportamentali. In rari casi sono state osservate malformazioni cerebrali, renali o cardiache. Inizialmente, lo sviluppo psicomotorio è normale, così come la crescita prenatale e postnatale. Non sono presenti dismorfismi di rilievo, anche se in alcuni pazienti sono stati osservati strabismo, micrognazia, rime palpebrali oblique e anomalie delle orecchie. Il quadro convulsivo consiste in convulsioni parziali e complesse, di solito con progressione verso le convulsioni generalizzate toniche o tonico-cloniche. L’epilessia è presente pressoché in tutti i casi prima dei 3 anni, ma può insorgere anche in epoca neonatale. I segni tipici sono l’epilessia dei lobi frontali, gli attacchi di panico e le allucinazioni. Gli attacchi di panico compaiono a partire dall’infanzia. Nella prima infanzia l’elettroencefalogramma è caratterizzato da un’attività a onde lente, tetha-ritmiche, con picchi, in assenza di altri segni clinici (convulsioni elettriche interictali). L’epilessia colpisce soprattutto le regioni frontali. Gli episodi epilettici non convulsivi provocano una degradazione cognitiva progressiva, che può esitare in un grave ritardo mentale. L’epilessia associata al cromosoma 20 ad anello è spesso resistente, in parte o completamente, alle terapie mediche e chirurgiche. Il cromosoma ad anello è un’anomalia cromosomica: l’estremità del braccio corto si unisce con l’estremità del braccio lungo. Di solito, nella formazione dell’anello si perde parte del materiale cromosomico della regione

subtelomerica di una o di entrambe le braccia. I cromosomi ad anello sono instabili: durante la mitosi, l’anello può perdersi o duplicarsi. Di conseguenza, le persone che possiedono un cromosoma ad anello hanno un cariotipo a mosaico, con cellule normali, cellule con il cromosoma ad anello, cellule con monosomia e/o cellule con anelli riarrangiati o duplicati. La percentuale dei diversi tipi di cellule può variare nel tempo. La maggior parte dei pazienti (non tutti) possiede un cromosoma ad anello privo della regione distale 20q (monosomia 20q terminale). Il meccanismo che causa le crisi epilettiche non è noto, anche se è verosimile che siano implicati nella patogenesi due geni dell’epilessia (CHRNA4 e KCNQ2), localizzati nella regione subtelomerica 20q. *Autore: Prof. A. Verloes (ottobre 2006)*.

Associazioni

SINCRO - Associazione Sindromi Cromosomiche e Genetiche AISME - Associazione Italiana Studio Malformazioni Epilessia

CSID Vedere: Deficit congenito di sucrasi-isomaltasi

Cuore “criss-cross”

ORPHA1461

Il cuore “criss-cross” è una rara anomalia cardiaca congenita, caratterizzata dall’incrocio degli afflussi dei due ventricoli, dovuto a un’apparente torsione del cuore attorno al suo asse longitudinale. Caratteristiche comuni sono l’ipoplasia della valvola tricuspide e del ventricolo destro, e la stenosi polmonare. Non sono note le basi genetiche del difetto o altri eventuali meccanismi implicati in questa anomalia dello sviluppo. La frequenza del cuore “criss-cross” non supera l’8/1.000.000. I pazienti sono, nella maggior parte dei casi, neonati con cianosi e soffio sistolico. La diagnosi è posta precocemente con ecocardiografia bidimensionale. La caratteristica diagnostica è l’incrocio degli assi lunghi delle valvole atrioventricolari, come si riscontra nella proiezione sottoxifoidea-asse lungo, oppure in quella coronale. Il trattamento è inizialmente palliativo, con la creazione di uno shunt sistemico-polmonare, che aumenta il flusso ematico nel polmone e riduce la cianosi. Successivamente, nella maggior parte dei casi, si procede per stadi verso un intervento tipo Fontan. Alcuni pazienti sono candidati ad una correzione biventricolare. La diagnosi prenatale può essere effettuata con l’ecocardiografia fetale. *Autore: Dott. S. Sanders (febbraio 2003)*.

Associazioni

GECA - Associazione Giovani e Cuore Aritmico - ONLUS

Cutis gyrata - acanthosis nigricans craniosinostosi

ORPHA1555

MIM: 123790 L’associazione tra cutis gyrata, acanthosis nigricans e craniosinostosi o sindrome di Beare-Stevenson è stata descritta solo in 6 pazienti che presentavano difetti craniofacciali e delle orecchie e anomalie della cute consistenti in cutis gyrata, acanthosis nigricans e appendici cutanee, anomalie ano-genitali e radice ombelicale prominente. Le pieghe cutanee hanno un aspetto corrugato. La cutis gyrata interessa in modo variabile il cuoio capelluto, la fronte, il viso, la regione preauricolare, il collo, il tronco, il palmo delle mani e la pianta dei piedi e, in un caso, parzialmente le grandi labbra. La craniosinostosi era presente in 4 dei 6 casi noti, con cranio a trifoglio in 3 e disostosi craniofacciale in 2. I 6 casi erano sporadici. L’età paterna avanzata ha suggerito un’origine de novo da mutazione autosomica dominante, che è stata localizzata sul cromosoma 10q26 correlata con una mutazione del recettore 2 del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR2). Tuttavia, dato che 2 dei 5 pazienti esaminati non presentavano mutazioni in FGFR2, è probabile esista eterogeneità genetica. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La sindrome del cromosoma 10 ad anello è caratterizzata da ritardo mentale, della crescita e diversi dismorfismi. Sono stati descritti meno di 20 casi. Le principali caratteristiche sono il basso peso alla nascita, la microcefalia, il naso grande con narici prominenti, l’ipertelorismo, lo strabismo, i capezzoli distanziati, la piega palmare trasversale e la clinodattilia. In alcuni casi erano presenti una cardiopatia congenita, idronefrosi o un’ipoplasia renale. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

Cromosoma 14 ad anello

C

Cutis gyrata - acanthosis nigricans - craniosinostosi

C

ORPHANET ITALIA 2011

Cutis laxa

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Laboratori Diagnosi molecolare della sindrome di Beare-Stevenson cutis gyrata (gene FGFR2) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia Diagnosi molecolare della sindrome di Beare-Stevenson cutis gyrata (gene FGFR2) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto Diagnosi molecolare delle craniosinostosi (geni FGFR3 e FGFR2) Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella

Cutis laxa

ORPHA209

La cutis laxa (CL) è una malattia del tessuto connettivo ereditaria o acquisita caratterizzata da pelle rugosa, ridondante e anelastica associata con anomalie scheletriche e dello sviluppo e, in alcuni casi, con interessamento sistemico grave. La maggior parte dei casi di CL è ereditaria, con prevalenza alla nascita stimata intorno a 1/1.000.000 e solo 200 famiglie circa riportate ad oggi in letteratura. Sono state descritte molte forme di CL ereditaria, differenziate sulla base della modalità di trasmissione e sulle differenze nell’estensione del coinvolgimento degli organi interni, associati con altre anomalie e gravità della patologia. I tipi autosomici recessivi di CL (ARCL) sembrano essere le forme più comuni con due sottotipi descritti: ARCL1 e ARCL2 (si vedano questi termini). L’ARCL1 è la forma più grave di CL con coinvolgimento generalizzato che porta a complicazioni potenzialmente letali (atelectasia polmonare ed enfisema, anomalie vascolari, diverticoli del tratto gastrointestinale e genitourinario). L’ARCL2 sembra coprire uno spettro di patologie variabili per gravità dalla sindrome della pelle rugosa (si veda questo termine) alla malattia più grave associata a ritardo di crescita e dello sviluppo psicomotorio e ad anomalie scheletriche (ARCL2 classica, tipo Debré; si veda questo termine). La sindrome di De Barsy e la gerodermia osteodisplastica (si vedano questi termini) mostrano una significativa sovrapposizione fenotipica con la ARCL2. La sindrome del corno occipitale (cutis laxa legata al cromosoma X (XRCL)) è molto simile alla ARCL2, anche se diversi pazienti presentano un fenotipo più grave con coinvolgimento sistemico. La CL autosomica dominante (ADCL) è generalmente una patologia lieve cutanea ma, in alcuni casi, sono state notate manifestazioni sistemiche (ernie, anomalie delle valvole cardiache, manifestazioni cardiovascolari, diverticoli gastrointestinali ed enfisema). Anche se l’eziologia sottostante rimane sconosciuta in molti pazienti con la forma ereditaria di CL, diversi geni sono stati implicati: FBLN5, EFEMP2 e LTBP4 nella ARCL1, ATP6V0A2 e PYCR1 nella ARCL2, ed ELN e FBLN5 nella ADCL. Mutazioni in omozigosi della ELN sono state identificate in 4 pazienti con una ARCL. La diagnosi è spesso problematica per la considerevole sovrapposizione clinica tra le forme ereditarie. L’approccio diagnostico dovrebbe includere un dettagliato esame obiettivo, la raccolta della storia familiare, una indagine scheletrica, la valutazione dello sviluppo, studi di imaging, analisi istologiche, test di funzionalità epatica e analisi biochimiche, ecografia renale e valutazione oftalmologica e cardiaca. La maggiore diagnosi differenziale si pone con la sindrome di Ehlers-Danlos (si veda questo termine), ma manifestazioni cutanee simili possono anche essere presenti in pazienti con sindrome di Williams, pseudoxanthoma elasticum, sindrome di Hutchinson Gilfor, sindrome di Barber Say, sindrome di Costello, sindrome Cardiofaciocutanea e sindrome di Kabuki (si vedano questi termini). Le forme ereditarie di CL dovrebbero essere distinte dalle forme acquisite di CL che sono generalmente precedute da orticaria, angioedema, malattia infiammatoria cutanea locale o generalizzata, o reazioni di ipersensibilità ai farmaci. La corretta diagnosi delle forme ereditarie è essenziale per fornire una corretta consulenza genetica alle famiglie affette. La diagnosi prenatale è possibile mediante analisi molecolare nelle famiglie nelle quali l’anomalia genetica è stata identificata. Non esiste

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un trattamento efficace per la CL e la gestione è sintomatica. La chirurgia plastica non è generalmente indicata per le manifestazioni cutanee delle forme ereditarie. La prognosi è variabile, da un andamento generalmente fatale durante l’infanzia per l’ARCL1 ad una aspettativa di vita normale nelle forme meno gravi. *Autori: Dott. É. Morava, Dott. M. Guillard, Dott. D.J. Lefeber e Dott. R.A. Wevers (luglio 2010)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Cutis laxa - osteoporosi Vedere: Sindrome di Sakati-Nyhan

Cutis marmorata telangectasica congenita

ORPHA1556

MIM: 219250 La cutis marmorata telangectasica congenita (CMTC) è un’anomalia vascolare congenita localizzata o generalizzata che si manifesta con cute tipicamente marmorea, con una colorazione che varia tra il blu lucido al colore porpora acceso, telangectasia ramificata neviforme, flebectasia e, in alcuni casi, ulcerazione e atrofia della cute infetta. Sono stati descritti circa 300 casi; la malattia può colpire sia i maschi che le femmine. Nel 90% dei casi, le anomalie della cute sono presenti alla nascita o poco dopo e possono diventare più marcate durante le prime settimane. La malattia si presenta con una caratteristica rete di capillari, localizzata o generalizzata, di solito asimmetrica, di colore blu-violetto. Le alterazioni della cute consistono in lievi anomalie diffuse dei capillari, senza atrofia, fino a interessare ampie regioni atrofiche o ulcerate e reticolate di colore porpora. Le lesioni cutanee compaiono con maggiore frequenza sulle gambe, più raramente sulle braccia e sul tronco e, molto raramente, sul viso e sul cuoio capelluto. Oltre il 50 % dei pazienti presenta anomalie associate e/o extracutanee (sindrome CMTC-macrocefalia; si veda questo termine); sono molto comuni anche le asimmetrie del corpo (ipotrofia o ipertrofia di una estremità affetta) e le lesioni vascolari (malformazioni capillari). Altre anomalie associate sono i disturbi neurologici (ritardo psicomotorio, crisi e ipotonia), le anomalie oculari (distacco della retina e glaucoma congenito), la sindattilia e la macrocefalia. La malattia può associarsi alla sindrome di Adams-Oliver (si veda questo termine). Il quadro istopatologico spesso non è specifico, oppure evidenzia capillari e vene dilatate a livello del derma. L’eziologia non è ancora nota. Si tratta di una malattia sporadica, ma si ritiene che in alcune famiglie abbia un’origine genetica. La diagnosi è clinica. Se la malattia colpisce la testa, è necessario effettuare esami neurologici e oculistici. Le possibili anomalie associate devono essere ricercate ed escluse con un attento esame clinico. La diagnosi differenziale si pone con la sindrome di Klippel-Trénaunay, la sindrome di Sturge-Weber, la sindrome di Bockenheimer, le malformazioni capillari a macchie color “vino Porto” e la CMTC-macrocefalia (si vedano questi termini). La persistenza delle alterazioni del derma con arrossamenti localizzati caratterizza la CMTC e la differenzia dalla cutis marmorata fisiologica. Di solito non è necessaria nessuna cura. La terapia con laser è stata utilizzata in molti pazienti con CMTC persistente, con risultati variabili. La prognosi è di solito buona, con tendenza al miglioramento clinico durante l’infanzia fino alla completa guarigione. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2009)*.

Associazioni

Associazione Italiana Angiodisplasie ed Emangiomi Infantili

Cutis verticis gyrata - ritardo mentale

ORPHA1557

MIM: 219300 L’associazione tra cutis verticis gyrata e ritardo mentale è una malattia rara neurodermatologica. La prevalenza è stata stimata in 1/100.000 maschi e in 2,6 per 10 milioni di femmine, ma si pensa interessi dall’1 al 5% dei pazienti istituzionalizza-

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ORPHANET ITALIA 2011

ti con ritardo mentale. Alla sindrome sono stati associati siti fragili cromosomici, soprattutto sui cromosomi X, 9, 10 e 12. La cutis verticis gyrata è caratterizzata dalla presenza di pieghe e solchi sul cuoio capelluto, che non regrediscono con la pressione o con la trazione. Il quadro clinico comprende anche la microcefalia, il ritardo mentale e, alcune volte, l’epilessia e la tetraplegia spastica. La RMN evidenzia atrofia corticale e sottocorticale in alcuni pazienti, con ventricolomegalia o polimircogiria in altri. In uno dei pazienti osservati, era presente criptorchidismo associato ad un ipogonadismo ipergonadotropo. In una famiglia con 5 maschi in 3 fratrie su 2 generazioni la cutis verticis gyrata e il ritardo mentale si associavano a aplasia della tiroide, ma è stato esaminato in dettaglio solo il

CVID

C

probando. Anche se in questa famiglia è probabile una eredità legata all’X, la maggior parte degli altri casi di cutis verticis gyrata e di ritardo mentale era sporadica con probabile eredità autosomica dominante. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

CVID Vedere: Immunodeficienza comune variabile

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

D

D

fisari, se intrapreso immediatamente dopo la conferma della diagnosi e seguito da un follow-up specifico. *Autori: F. Castinetti & T. Brue (marzo 2008)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dei deficit ipofisari multipli congeniti Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale maggiore Policlinico, MILANO Pr. BECK-PECCOZ Paolo, Pr. SPADA Anna

Deficit C2 Vedere: Deficit del componente 2 del complemento

Deficit cognitivo - obesità del tronco - distrofia retinica - micropene malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit C2

Vedere: Sindrome MORM

Deficit combinato degli ormoni ipofisari, forme genetiche ORPHA95494 MIM: 182230

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit combinato di ormoni pituitari (gene PROP1) Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. BALDAZZI Lilia, Pr. CICOGNANI Alessandro

Deficit combinato degli ormoni ipofisari, non acquisito, non sindromico

ORPHA467

MIM: 262600 L’ ipopituitarismo congenito è caratterizzato da deficit multiplo degli ormoni ipofisari, come il deficit dell’ormone somatotropo, tireotropo, lattotropo, corticotropo o gonadotropo, causato da mutazioni dei fattori di trascrizione coinvolti nell’ontogenesi dell’ipofisi. L’ipopituitarismo congenito ha bassa incidenza rispetto a quella dell’ipopituitarismo secondario ad adenomi ipofisari, alla chirurgia transfenoidale o alla radioterapia. L’incidenza stimata dell’ipopituitarismo congenito è compresa tra 1/3000 e 1/4000 nascite. La presentazione clinica varia in relazione al tipo e alla gravità dei deficit e all’età della diagnosi. Se non trattato, i sintomi principali includono bassa statura, disturbi cognitivi e pubertà ritardata. La diagnosi di deficit combinato degli ormoni ipofisari (CPHD) deve essere sospettata dopo aver escluso le cause evidenti di ipopituitarismo (tumori della sella turcica, ipopituitarismo postchirurgico o indotto da radioterapia). Uno screening clinico, biologico e radiologico è fondamentale per determinare al meglio quale fattore di trascrizione dovrebbe essere indagato. La conferma della diagnosi avviene tramite sequenziamento diretto dei geni dei fattori di trascrizione. L’ipopituitarismo congenito è causato da mutazioni di diversi geni che codificano per i fattori di trascrizione. Il fenotipo varia a seconda del fattore di trascrizione coinvolto: PROP1 (deficit degli ormoni somatolattotropo tireotropo, gonadotropo e a volte corticotropo; iperplasia e ipoplasia ipofisaria), POU1F1 (carenza degli ormoni somatolattotropo e tireotropo, ipoplasia ipofisaria), HESX1 (carenze ipofisarie variabili, displasia setto-ottica), e meno frequentemente LHX3 (deficit degli ormoni somatolattotropo e gonadotropo, limitazioni nella rotazione del capo e del collo) e LHX4 (deficit ipofisari variabili, ectopia della neuroipofisi, anomalie dell’encefalo). È necessaria un’appropriata integrazione delle carenze ormonali. È fondamentale il monitoraggio a lungo termine poiché i pazienti sviluppano nuove carenze (per esempio un esordio tardivo di deficit dell’ormone corticotropo in pazienti con mutazioni di PROP1). I modelli di trasmissione variano con i fattori e la mutazione coinvolti (trasmissione recessiva per PROP1 e LHX3, dominante per LHX4, autosomica recessiva per PUO1F1 e HESX1). Il trattamento è equivalente a quello dei pazienti senza deficit ipo-

Associazioni

ANIPI - Associazione Portatori Patologie Ipofisarie UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS

Deficit combinato dei fattori della coagulazione ORPHA98434 dipendenti dalla vitamina K MIM: 277450 Il deficit combinato ereditario dei fattori della coagulazione dipendenti dalla vitamina K (VKCFD) è una malattia della coagulazione dovuta a livelli variabilmente bassi dei fattori di coagulazione II, VII, IX e X, ma anche di anticoagulanti naturali come la proteina C, la proteina S e la proteina Z. La prevalenza non è nota, anche se finora sono state descritte meno di 30 famiglie affette. I sintomi emorragici variano da lievi a gravi, spesso mettono a rischio la vita del paziente, si presentano a livello della cute e delle mucose spontaneamente o nel corso di interventi chirurgici. I casi gravi sono caratterizzati da un esordio prenatale. Sono presenti anche diversi sintomi non ematologici, come anomalie scheletriche e dello sviluppo (ossa lunghe punteggiate, accorciamento delle falangi distali delle dita delle mani, osteoporosi e disturbi similli allo pseudoxantoma elastico). Il VKCFD è una malattia autosomica recessiva dovuta alle mutazioni dei geni che codificano o per la gamma-glutamil carbossilasi (GGCX; 2p12) o per la subunità 1 del complesso della vitamina K 2,3-epossido reduttasi (VKORC1; 16p11.2). Queste due proteine sono necessarie alla gamma-carbossilazione, un’alterazione postsintetica che permette alle proteine della coagulazione di manifestare la propria funzione. Le anomalie scheletriche e dello sviluppo osservate nel VKCFD sono il risultato di un difetto della gamma-carbossilazione in alcune proteine non emostatiche. La diagnosi del VKCFD si pone solo per esclusione, differenziando la malattia dalle forme acquisite associate a un malassorbimento intestinale della vitamina K nei pazienti con malattie infiammatorie dell’intestino o con celiachia (si vedano questi termini), cirrosi epatica o in seguito a ingestione accidentale di warfarin e superwarfarin. Dopo l’esclusione delle altre cause, la diagnosi di VKCFD è sospettata in caso di sanguinamenti eccessivi e riduzione dei livelli dei fattori della coagulazione. È confermata dalle analisi molecolari. La diagnosi differenziale si pone con le altre malattie congenite della coagulazione come i deficit dei fattori II, VII, IX (emofilia B) e X, il deficit combinato dei fattori VII e X (si vedano questi termini) e le anomalie acquisite della coagulazione dovute alla presenza di autoanticorpi (emofilia acquisita e deficit del fattore VII dovuto alla presenza di autoanticorpi contro il fattore VII). Deve essere proposta la consulenza genetica alle famiglie affette, anche se in genere non sono consigliati i test genetici prenatali. La somministrazione di vitamina K durante il terzo trimestre di gravidanza può essere utile per le donne per cui si sospetta un figlio affetto dal VKCFD. La somministrazione (per os o endovena) di vitamina K è la terapia di elezione per la forma sintomatica di VKCFD. È utile la somministrazione di plasma e di concentrati di complesso protrombinico durante gli interventi chirurgici o gli episodi emorragici gravi. Inoltre, un’opzione terapeutica alternativa per gli interventi chirurgici e i sanguinamenti gravi è la combinazione tra FVII attivato ricombinante (eptacog alfa attivato) e supplementi di vitamina K. La prognosi generale è buona e, in presenza di una terapia efficace, il VKCFD ha un impatto minimo sulla qualità della

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ORPHANET ITALIA 2011

D

Deficit congenito del fattore V

vita dei pazienti affetti. *Autori: Dott. M. Napolitano, Dott. M. Lapecorella e Prof. G. Mariani (2010)*. Tratto da Hereditary combined deficiency of the vitamin K-dependent clotting factors. Orphanet J Rare Dis. 2010; 5:21.

Associazioni

Deficit congenito del fattore di Stuart Vedere: Deficit congenito del fattore X

Deficit congenito del fattore intrinseco

ASCE - Associazione Sarda Coagulopatici Emorragici

ORPHA332

MIM: 243320

Laboratori

Deficit combinato dei fattori II, VII, IX e X

Diagnosi biochimica del deficit congenito del fattore intrinseco Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Deficit combinato del fattore V e del fattore VIII

Deficit congenito del fattore V

ORPHA35909

ORPHA326

MIM: 227300

MIM: 227400

Il deficit combinato del fattore V e del fattore VIII è una malattia emorragica ereditaria dovuta alla riduzione dell’attività e dell’antigene di entrambi i fattori V e VIII (FV e FVIII), che causa sintomi emorragici lievi o moderati. La prevalenza è stimata tra 1/100.000 e 1/1.000.000. La malattia è più frequente nell’area del Mediterraneo e nelle aree in cui sono comuni i matrimoni consanguinei. Il deficit combinato del fattore V e del fattore VIII può esordire a tutte le età. I sintomi più comuni sono l’epistassi, le ecchimosi, la menorragia e i sanguinamenti successivi agli interventi chirurgici e al parto. Possono presentarsi emartri ed ematomi muscolari. I sintomi sono di solito lievi. Il deficit combinato del fattore V e del fattore VII è dovuto sia alle mutazioni del gene LMAN1 (cromosoma 18q21), che del gene MCFD2 (cromosoma 2). Il gene LMAN1 codifica per ERGIC-53, una lectina transmembrana, mentre MCFD2 codifica per una proteina ‘EF-hand’. Il complesso proteico ERGIC-53/MCFD2 funziona come recettore che facilita il trasporto dei fattori della coagulazione V e VIII dal reticolo endoplasmatico all’apparato di Golgi. In circa il 70% dei casi sono state osservate mutazioni nonsenso di LMAN1 e in circa il 30% dei casi mutazioni nonsenso e missenso di MCFD2. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi si basa sulla misurazione dei livelli dei fattori V e VIII e sul prolungamento dei tempi di tromboplastina parzialmente attivata e di protrombina. I livelli dei fattori V e VIII variano dall’1 al 46%, ma in genere sono compresi tra il 5 e il 30%. La presa in carico ha l’obiettivo di controllare le emorragie e prevede trattamenti con plasma fresco congelato e la somministrazione di desmopressina. La prognosi è favorevole per le forme lievi della malattia. I pazienti affetti dalle forme gravi devono essere trattati presso centri specializzati. *Autore: Prof. J. Goudemand (ottobre 2009)*.

Il deficit congenito del fattore V è una malattia emorragica ereditaria dovuta alla diminuzione dei livelli plasmatici del fattore V (FV), caratterizzata da sintomi emorragici lievi-gravi. La prevalenza delle forme omozigoti è stimata in 1/1.000.000. I due sessi sono interessati in uguale misura. Il deficit congenito di FV può esordire a tutte le età, ma le forme più gravi si evidenziano precocemente. Sono comuni l’epistassi, le ecchimosi, il sanguinamento delle mucose e dei tessuti molli e l’emartro. Sono frequenti le emorragie importanti durante o dopo gli interventi chirurgici, al parto o dopo traumi. Le donne possono presentare menorragia. Nelle forme gravi, esiste il rischio di emorragie intracraniche, polmonari o gastrointestinali. La gravità dei sintomi emorragici dipende dai livelli di FV. Il deficit congenito di FV è dovuto alle mutazioni del gene F5 (1q23) che controlla la produzione plasmatica di FV. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi si basa sull’allungamento del tempo di protrombina e del tempo di tromboplastina parzialmente attivata (TP e TTPa) e sulla diminuzione dei livelli di FV dosati mediante PT. Il tempo di sanguinamento (BT) può essere prolungato. Sono disponibili indagini molecolari, anche se esse non sono di solito necessarie per la diagnosi. La diagnosi differenziale si pone con il deficit del fattore VIII e con il deficit combinato del fattore V e del fattore VIII (si vedano questi termini). Non sono disponibili concentrati di FV e pertanto il plasma fresco congelato (PFC) rappresenta l’unico trattamento disponibile. Nei casi acuti di emorragia grave, può essere utile l’integrazione con concentrati piastrinici. La prognosi è buona se la diagnosi è precoce e il trattamento è adeguato. *Autore: Prof. J. Goudemand (ottobre 2009)*.

Associazioni

ASCE - Associazione Sarda Coagulopatici Emorragici

Deficit combinato di FV e FVIII Vedere: Deficit combinato del fattore V e del fattore VIII

Deficit combinato di insulina, fattore di crescita epidermico (EGF), fattore 1 di crescita insulinosimile (IGF1) Vedere: Lipodistrofia da deficit dei fattori di crescita peptidici

Deficit combinato di prosaposina Vedere: Encefalopatia da deficit di prosaposina

Deficit completo di ipoxantina-guaninafosforibosiltransferasi Vedere: Sindrome di Lesch-Nyhan

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit congenito del fattore V Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia Diagnosi molecolare e biochimica della malattia piastrinica del pool vuoto IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. COLAIZZO Donatella, Dr. GRANDONE Elvira Diagnosi molecolare del deficit congenito del fattore V (gene F5) GENETICLAB Srl, NOVENTA VICENTINA (VI) Dr. LAPUCCI Cristina Diagnosi molecolare del deficit congenito del fattore V BIOAESIS, JESI (AN) Dr. BIANCHI Daniela, Dr. SIMONETTI Emanuela, Dr. TROZZI Caterina Diagnosi molecolare del deficit congenito del fattore V Presidio Ospedaliero di Ozieri - ASL 1, OZIERI (SS) Dr. CARTA Piera, Dr. PIRASTRU Maria Gavina

Associazioni

ASCE - Associazione Sarda Coagulopatici Emorragici

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Deficit combinato dei fattori della coagulazione dipendenti dalla vitamina K

D

Deficit congenito del fattore VII

ORPHA327

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 227500 Il deficit congenito del fattore VII è una malattia ereditaria emorragica rara, causata dalla riduzione/assenza di questo fattore della coagulazione. La prevalenza è circa 1/300.000 casi. L’espressione clinica è molto variabile e non è stata osservata nessuna relazione consistente tra la gravità della sindrome emorragica e i livelli residui di attività di FVII. Il quadro clinico può essere molto grave, con emorragie cerebrali o emartro ricorrente precoce, oppure moderato con emorragie della cute e delle mucose (epistassi, metrorragia) o emorragie provocate da interventi chirurgici. Diversi soggetti sono completamente asintomatici nonostante un livello molto basso di FVII. La malattia è trasmessa in maniera autosomica recessiva ed è causata dalle mutazioni del gene F7 (13q34), che codifica il FVII. Solo gli omozigoti o gli eterozigoti composti sviluppano la sindrome emorragica; gli eterozigoti sono asintomatici. Oltre 250 mutazioni e 6 polimorfismi sono stati associati a un aumento o a una diminuzione dei livelli di FVII nel plasma. Recentemente sono stati documentati grossolani riarrangiamenti genomici che potrebbero causare una percentuale degli alleli correlati alla malattia fino ad oggi non ancora identificati. La diagnosi viene confermata dai test cronometrici che rivelano i livelli di attività del FVII inferiori a quelli del plasma normale (valori che oscillano tra il 70 e il 140%). Il deficit è di solito sintomatico solo quando i valori sono inferiori al 30%. La diagnosi differenziale si pone con l’insufficienza epatocellulare, l’ipoavitaminosi K, il deficit acquisito di FVII associato a sepsi grave e, più raramente, con la presenza di autoanticorpi rivolti contro il FVII. A causa della marcata eterogeneità dei fenotipi (compresi i soggetti asintomatici), la consulenza genetica dipende dalle conseguenze cliniche della malattia sulla famiglia del soggetto affetto. Solo quando il primo figlio è affetto da una forma grave, i medici propongono la diagnosi prenatale nelle successive gravidanze. È possibile la terapia sostitutiva del FVII concentrato oppure del FVII attivo ricombinante (eptacog alfa), ma resta difficile stabilire le indicazioni da seguire prima di un intervento chirurgico nei pazienti paucisintomatici o asintomatici. La prognosi è buona, ad eccezione delle forme gravi che non possono ricevere la profilassi sostitutiva a lungo termine. *Autore: Dott. M. Giansily-Blaizot (maggio 2009)*.

Laboratori Diagnosi molecolare e biochimica del deficit congenito del fattore VII IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. COLAIZZO Donatella, Dr. GRANDONE Elvira

Associazioni

ASCE - Associazione Sarda Coagulopatici Emorragici

Deficit congenito del fattore X

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit congenito del fattore VII

ORPHA328

MIM: 227600 Il deficit congenito del fattore X è una malattia emorragica ereditaria caratterizzata dalla diminuzione dell’attività e/o dell’antigene del fattore X (FX), che causa sintomi emorragici gravi o moderati. La prevalenza delle forme omozigoti è stimata in 1/500.000. I due sessi sono interessati in uguale misura. Il deficit congenito del FX esordisce a tutte le età, ma in generale le forme gravi della malattia si evidenziano precocemente. I pazienti possono presentare sanguinamenti gravi del cordone ombelicale, epistassi ricorrenti, sanguinamenti dei tessuti molli, menorragia, ecchimosi, ematuria, emartro e sanguinamento eccessivo durante o dopo gli interventi chirurgici, il parto o i traumi. I pazienti eterozigoti di solito sono asintomatici. Il deficit congenito ereditario del FX è dovuto alle mutazioni del gene F10 (13q34), che controlla la produzione plasmatica del FX. La trasmissione è autosomica recessiva. La gravità dei sintomi emorragici dipende dai livelli del FX. La

diagnosi si basa sul prolungamento del tempo di protrombina, del tempo di tromboplastina parzialmente attivata e del tempo del veleno della vipera Russell (TP, TTPa, TVVR) e sulla riduzione dei livelli del FX. Sono disponibili i test molecolari, anche se non sono utili ai fini diagnostici. Le diagnosi differenziali si pongono con i deficit dei fattori II, V, VII, VIII, IX, XI, XIII o con i deficit acquisiti del FX (amiloidosi) (si vedano questi termini). Gli episodi emorragici sono di solito trattati con concentrati del complesso protrombinico (CCP) o con il plasma fresco congelato (se i CCP non sono disponibili). La prognosi è buona se la diagnosi è corretta e il trattamento è adeguato. *Autore: Prof. J. Goudemand (ottobre 2009)*.

Associazioni

ASCE - Associazione Sarda Coagulopatici Emorragici

Deficit congenito del fattore XI

ORPHA329

MIM: 612416 Il deficit congenito del fattore XI è una malattia emorragica ereditaria caratterizzata dalla riduzione dei livelli e dell’attività del fattore XI (FXI) che provoca sintomi emorragici moderati di solito a seguito di traumi o di interventi chirurgici. La prevalenza delle forme omozigoti è stimata in 1/1.000.000. La malattia è più frequente nella popolazione ebrea. La frequenza del deficit parziale tra gli Ebrei Ashkenazy è dell’8%. La malattia interessa in uguale misura i due sessi ed esordisce a tutte le età. Il sanguinamento di solito si manifesta dopo la circoncisione, l’estrazione dei denti, i traumi o gli interventi chirurgici (in particolare la chirurgia otorinolaringoiatrica e urogenitale). I pazienti in genere non mostrano emorragie spontanee, anche se le donne presentano menorragia. Le emorragie sono di solito moderate. I pazienti non diagnosticati e quelli in trattamento possono sviluppare ematomi significativi dopo interventi chirurgici. Il deficit congenito del FXI è dovuto alle mutazioni del gene F11 (4q35) che controlla la produzione plasmatica del FXI. La trasmissione è principalmente autosomica recessiva, anche se sono stati osservati pazienti eterozigoti con sintomi emorragici, il che suggerisce la possibilità di una trasmissione autosomica dominante. A differenza dei difetti di molti altri fattori della coagulazione, la gravità dei sintomi emorragici non è strettamente correlata ai livelli del FXI. La diagnosi si basa sul prolungamento del tempo di tromboplastina parzialmente attivata (TTPa) e sulla diminuzione dei livelli del FXI. I livelli del FXI sono A e 511C>T) osservate frequentemente nella popolazione generale. Perciò, altri fattori genetici o ambientali potrebbero svolgere un ruolo (che resta sconosciuto) nei pazienti che mostrano i segni clinici della malattia. *Autore: Dott. C. Vianey-Saban (marzo 2004)*.

Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta, media e molto lunga IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dell’aciduria etilmalonica IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dei difetti della beta-ossidazione (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica del deficit multiplo di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta, media e molto lunga (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica del deficit multiplo di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta, media e molto lunga Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta e media (geni ACADS e ACADM) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta, media e molto lunga (spot per acilcarnitine, acidi organici urinari, acido lattico, N.E.F.A.) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi (a catena corta e lunga) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Laboratori

Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita

D

Deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena media

COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena media ORPHA42

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 201450 Il deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena media (MCAD) è una malattia ereditaria che coinvolge l’ossidazione mitocondriale degli acidi grassi ed è trasmessa come carattere autosomico recessivo. L’MCAD è un enzima ETF-dipendente (flavoproteina trasportatrice di elettroni), localizzato nella matrice mitocondriale interna. Dal punto di vista clinico, questo deficit è caratterizzato da episodi di ipoglicemia ipochetotica con epatomegalia (pseudosindrome di Reye), che insorgono dopo un digiuno prolungato o un’infezione, generalmente prima dei 2 anni di vita. Non è presente sintomatologia cardiaca o muscolare. La diagnosi si basa sul dosaggio degli acidi organici urinari, degli acidi grassi a catena media plasmatica e delle acilcarnitine plasmatiche. È molto comune una mutazione puntiforme (A985G; 90% degli alleli mutati). La ricerca della mutazione A985G e il dosaggio dell’attività MCAD nei fibroblasti in coltura permettono di confermare la diagnosi. Il trattamento consiste nella somministrazione di quantità importanti di glucosio endovena, eventualmente supplementata con L-carnitina. La prognosi è molto favorevole se si evita il digiuno o le situazioni di ipercatabolismo. *Autore: Dott C. Vianey-Saban (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena media Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta, media e molto lunga IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi molecolare del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena media (gene MCAD) Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Pr. CARDUCCI Carla Diagnosi biochimica dei difetti della beta-ossidazione (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena media Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta, media e molto lunga (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica del deficit multiplo di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta, media e molto lunga Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta e media (geni ACADS e ACADM) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta, media e molto lunga (spot per acilcarnitine, acidi organici urinari, acido lattico, N.E.F.A.) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

ORPHANET ITALIA 2011

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Diagnosi molecolare del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena media (gene ACADM) Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare del deficit di acil-CoA deidrogenasi (a catena media) Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare e biochimica delle encefalomiopatie metaboliche (geni ETFDH, ETF, CPT2, MCAD, VLCAD) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco, Dr. TARONI Franco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite - ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi ORPHA26793 a catena molto lunga MIM: 201475 Il deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena molto lunga (VLCAD) è un difetto congenito dell’ossidazione mitocondriale degli acidi grassi a catena molto lunga, trasmesso con modalità autosomica recessiva. La VLCAD è un enzima elettron-transferasi-flavoproteina (ETF)-dipendente, localizzato nella matrice interna mitocondriale. La forma grave della malattia è caratterizzata da episodi ricorrenti di ipoglicemia ipochetotica, spesso associata a cardiomiopatia ipertrofica con versamento pericardico o aritmia, che possono portare ad arresto cardiorespiratorio. Questi sintomi possono manifestarsi in epoca neonatale e comunque prima del secondo anno di vita. Il trattamento comprende l’infusione di glucosio e la supplementazione ipercalorica con trigliceridi a catena media, per arrestare la lipolisi e con L-carnitina (50-100 mg/Kg/die). Durante la tarda infanzia e la maturità, la malattia si può presentare come intolleranza all’esercizio fisico, dolore muscolare, episodi ricorrenti di rabdomiolisi scatenata dal digiuno, raffreddore, febbre o esercizio prolungato. Il profilo degli acidi organici urinari è poco informativo; al contrario, i livelli plasmatici degli acidi grassi a catena lunga (C14:1) e dell’acetilcarnitina consentono di sospettare la diagnosi. La malattia è confermata dalla misurazione dell’attività della VLCAD sui fibroblasti cutanei in coltura, sui linfociti o sulle biopsie tissutali. La diagnosi prenatale è disponibile con la misurazione enzimatica sul trofoblasto (biopsia o coltura cellulare) o sulle cellule del liquido amniotico. Lo studio molecolare evidenzia un elevato numero di mutazioni diverse. *Autore: Dott. C. Vianey-Saban (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena molto lunga Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta, media e molto lunga IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano

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ORPHANET ITALIA 2011

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

ORPHA99901

MIM: 611126 Vedere: Deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena molto lunga

Deficit di aconitasi

ORPHA43115

MIM: 255125 Questa malattia è caratterizzata da miopatia associata a grave intolleranza all’attività fisica e al deficit di succinato deidrogenasi e aconitasi nei muscoli scheletrici. È stata descritta in 19 soggetti appartenenti a 9 famiglie del nord della Svezia. L’esordio dell’intolleranza all’attività fisica si manifesta durante l’infanzia. L’attività fisica, anche se moderata, si associa a palpitazioni cardiache, acidosi lattica, affaticamento, debolezza muscolare e dispnea. L’attività fisica intensa può causare episodi acuti che si accompagnano a debolezza della musco-

latura profonda con dolori e gonfiori, mioglobinuria e, nei casi gravi, paralisi muscolare estesa e shock circolatorio. In alcuni pazienti è stata osservata ipertrofia dei polpacci. La miopatia associata al deficit di succinato deidrogenasi e aconitasi è trasmessa come carattere autosomico recessivo e recentemente è stato scoperto che è dovuta alle mutazioni del gene che codifica per la proteina dell’impalcatura per il cluster ferro-zolfo (ISCU; 12q24.1). L’ISCU ha un ruolo importante nella formazione del cluster ferro-zolfo ed è quindi essenziale per l’attività delle proteine mitocondriali che contengono ferro-zolfo, come la succinato deidrogenasi e l’aconitasi. La diagnosi richiede analisi fisiologiche, biochimiche e istochimiche. I test da sforzo rivelano una bassa tolleranza al lavoro fisico, che si associa a diminuzione della capacità ossidativa, un consumo muscolare massimo di ossigeno e risposta circolatoria ipercinetica (output cardiaco esagerato in rapporto al tasso del consumo di ossigeno). Un aumento dei carichi di lavoro provoca un incremento delle concentrazioni di lattato e piruvato nel sangue. L’analisi bioptica dei muscoli scheletrici mostra un difetto di succinato deidrogenasi e aconitasi. L’istologia rivela la presenza di inclusioni di ferro-zolfo nei mitocondri, che indicano un sovraccarico di ferro mitocondriale. L’identificazione di ISCU come gene-malattia consente ora la conferma della diagnosi con analisi molecolari. Al momento non è disponibile nessun trattamento per la malattia. La recente scoperta del difetto genetico potrebbe consentire di sviluppare nuovi approcci terapeutici basati sulla correzione del difetto nell’omeostasi del ferro intracellulare. La prognosi per il paziente è variabile; gli attacchi acuti da sforzo fisico si associano a shock circolatorio e hanno esiti fatali in alcuni pazienti. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2008)*.

Associazioni

UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Deficit di adenilsuccinasi Vedere: Deficit di adenilsuccinato liasi

Deficit di adenilsuccinato liasi

ORPHA46

MIM: 103050 Questa malattia, a trasmissione autosomica recessiva, viene definita deficit di adenilsuccinasi, enzima che catalizza la sintesi purinica in due fasi successive: la conversione di succinil aminoimidazolo carbossamide riboside (SAICAr) e la conversione di adenilsuccinato a AMP. Il quadro clinico è poco specifico e comprende ritardo psicomotorio, epilessia e, frequentemente, autismo, talvolta associato a ritardo della crescita e amiotrofia. La diagnosi si basa sulla dimostrazione del SAICAr nel plasma, nelle urine e nel liquido cerebrospinale, mediante una tecnica specifica confermata su cromatografia liquida ad alta pressione. Il deficit enzimatico può essere dimostrato sui leucociti e sui fibroblasti. Non esiste una terapia efficace. La diagnosi prenatale è possibile. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dei difetti del metabolismo delle purine (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di adenilosuccinato liasi (ADSL) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica del deficit di adenilosuccinato liasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di adenilsuccinato liasi (dosaggio purine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi biochimica dei difetti della beta-ossidazione (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta, media e molto lunga (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica del deficit multiplo di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta, media e molto lunga Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena molto lunga Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta, media e molto lunga (spot per acilcarnitine, acidi organici urinari, acido lattico, N.E.F.A.) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi molecolare e biochimica delle encefalomiopatie metaboliche (geni ETFDH, ETF, CPT2, MCAD, VLCAD) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco, Dr. TARONI Franco Diagnosi biochimica del deficit di acil-CoA deidrogenasi (a catena corta e lunga) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Deficit di acil-CoA deidrogenasi, tipo 9

D

Deficit di adenilsuccinato liasi

D

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Deficit di adenosin fosforibosiltransferasi

Deficit di adenosina deaminasi

Vedere: 2,8-diidrossiadenina urolitiasi

Vedere: Immunodeficienza combinata grave legata a deficit di adenosina deaminasi

Deficit di adesione leucocitaria (LAD)

Deficit di adenosina monofosfato deaminasi

ORPHA2968

MIM: 116920 ORPHA45

MIM: 102770 Il deficit di adenosina monofosfato (AMP) deaminasi è una malattia metabolica, della quale sono state descritte due forme. È stato osservato un deficit della attività dell’isoforma eritrocitaria dell’AMP deaminasi in alcuni soggetti che presentano bassi livelli di acido urico nel plasma; tuttavia questo dato clinico non ha nessuna rilevanza. Il deficit di mioadenilato deaminasi configura una malattia ereditaria del metabolismo energetico del muscolo, che si associa ad un deficit di attività dell’AMP deaminasi nei muscoli scheletrici. È caratterizzato da dolori muscolari da sforzo, crampi e/o fatica precoce. Circa 1-2% della popolazione caucasica è portatrice del difetto genico responsabile del deficit di mioadenilato deaminasi, ma solo una piccola percentuale dei portatori è sintomatica. La prevalenza non è nota, ma sono state descritte diverse centinaia di pazienti. I due sessi sono colpiti con la stessa frequenza. La maggior parte dei pazienti lamenta sintomi dopo sforzo: fatica rapida, crampi e mialgie. I sintomi compaiono durante l’infanzia, l’adolescenza o all’inizio dell’età adulta o anche più tardi, con frequenze analoghe in tutte le classi di età. Successivamente all’evoluzione dei sintomi nei primi anni, la malattia tende di solito a stabilizzarsi. Non sono presenti segni di distrofia muscolare o di deperimento muscolare. La malattia colpisce esclusivamente i muscoli scheletrici. I muscoli lisci e gli altri organi non sono colpiti, in quanto la malattia si associa a un deficit specifico di attività dell’adenilato deaminasi nei muscoli scheletrici. La trasmissione è autosomica recessiva. La maggior parte dei pazienti è omozigote per la mutazione nonsenso C34-T nel gene AMPD1 (adenosina monofosfato deaminasi 1). Questa mutazione crea un codone di stop precoce, impedendo la sintesi della proteina enzimaticamente attiva. Il deficit interrompe il ciclo purina-necleotide e, quindi, la produzione di energia muscolare. Sorprendentemente, però, sono stati descritti soggetti asintomatici con deficit di AMP deaminasi, osservazione che suggerisce l’esistenza di altri fattori implicati nello sviluppo dei sintomi miopatici. La diagnosi si basa sulla colorazione istochimica o sull’analisi biochimica della biopsia muscolare, che mettono in evidenza un deficit di attività dell’adenilato deaminasi, oppure sulla identificazione molecolare della mutazione responsabile della malattia. Al momento non è disponibile nessuna terapia medica. I sintomi migliorano con la somministrazione di D-ribosio. Tuttavia, gli effetti di questo zucchero sono solo a breve termine e i benefici scompaiono nei giorni successivi alla somministrazione. *Autore: Dott. M. Gross (febbraio 2007)*.

Associazioni

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Deficit di adenosina deaminasi

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite

Il deficit di adesione leucocitaria (LAD) è un’immunodeficienza primitiva caratterizzata da un’anomalia del processo di adesione dei leucociti, marcata leucocitosi e infezioni ricorrenti. La prevalenza non è nota, ma fino ad ora sono stati descritti meno di 350 casi. I primi segni compaiono di solito durante l’infanzia o nella prima infanzia. Sono stati individuati tre diversi tipi di difetto: LAD-1 (si veda questo termine), caratterizzato da infezioni batteriche ricorrenti e tendenzialmente mortali; LAD2 (si veda questo termine) caratterizzato da leucocitosi, infezioni ricorrenti, grave ritardo della crescita e ritardo mentale; LAD-3 (si veda questo termine; anche noto come variante di LAD-1), caratterizzato da gravi infezioni batteriche e gravi alterazioni della coagulazione. Il difetto dell’adesione leucocitaria è caratterizzato da anomalie dell’infiammazione, in particolare un’alterazione della migrazione dei globuli bianchi dai vasi sanguigni verso la sede dell’infezione, che impedisce al leucocita di aderire all’endotelio. Il LAD-1 è dovuto alle mutazioni del gene ITGB2 (21q22.3), che codifica per la beta-2 integrina Cd18. Il LAD-2 origina da mutazioni nel gene SLC35C1 che codifica per guanosina 5’-difosfato (GDP) - che trasporta il fucosio. Il LAD-3 è causato da mutazioni del gene FERMT3 (11q13.1), che codifica la kindlina-3 nelle cellule ematopoietiche. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi si basa sui sintomi clinici e sull’emocromo che rivela neutrofilia. La citometria a flusso nel LAD-1 e nel LAD-2 deve essere utilizzata per analizzare l’espressione di CD18 e CD15, mentre nel caso della LAD-3 è necessario analizzare l’aggregazione piastrinica. In tutti i casi la diagnosi può essere confermata con l’analisi genetica. La diagnosi differenziale si pone con il deficit di IRAK-4, la sindrome da iper-IgE autosomica dominante, la granulomatosi cronica (si vedano questi termini), le alterazioni dei neutrofili e la reazione leucemoide. La diagnosi prenatale si basa sull’analisi genetica dei villi coriali. La consulenza genetica deve essere consigliata ai pazienti e alle loro famiglie. La presa in carico dipende dal tipo di LAD. Il trattamento mira al controllo delle infezioni con la terapia antibiotica. In molti casi è necessario il trapianto di midollo osseo. I pazienti che non ricevono il trapianto delle cellule staminali ematopoietiche di solito muoiono a causa delle infezioni entro i primi due anni di vita. Il tasso di sopravvivenza dei pazienti con LAD-1 che si sottopongono al trapianto di midollo osseo è del 75%. Alcuni pazienti affetti da LAD-2 sopravvivono fino all’età adulta. *Autore: Prof. A. Etzioni (maggio 2009)*.

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AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Deficit di adesione leucocitaria, tipo 1

ORPHA99842

MIM: 116920 Il deficit di adesione leucocitaria, tipo 1, (LAD-1) è una forma di LAD (si veda questo termine) caratterizzata da infezioni bat-

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ORPHANET ITALIA 2011

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit d’espressione delle proteine d’adesione leucocitarie tipo 1 Università degli Studi di Brescia - Azienda Ospedaliera Spedali Civili, BRESCIA Dr. GILIANI Silvia, Pr. NOTARANGELO Luigi Daniele, Dr. SAVOLDI Gianfranco

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AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS ORPHA99843

MIM: 266265 Il deficit di adesione leucocitaria tipo 2 (LAD-2) è una forma di LAD (si veda questo termine) caratterizzata da infezioni batteriche ricorrenti, grave ritardo della crescita e ritardo mentale. Si tratta di una forma molto rara, con meno di 10 casi noti. I pazienti presentano il fenotipo Bombay (non esprimono l’antigene H). Una caratteristica comune sono i dismorfismi facciali, da depressione della sella nasale. Con il passare del tempo insorge caratteristicamente una grave parodontite, che causa la perdita prematura dei denti. Nell’età adulta il ritardo mentale e il ritardo della crescita, piuttosto che le infezioni, costituiscono le caratteristiche cliniche più importanti. La LAD-2 è una sindrome glicoproteica da deficit di carboidrati (sindrome CDG; si veda questo termine) ed è quindi anche nota come CDG 2c. È causata da mutazioni del gene SLC35C1 (11p11.2), che codifica la guanosina 5’-difosfato (GDP), un trasportatore del fucosio, localizzato nell’apparato del Golgi, che trasporta il GDP-fucosio dal citoplasma al Golgi, dove funge da substrato per la fucosilazione. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi si basa sull’osservazione clinica e sull’esame emocromocitometrico completo che evidenzia iperleucocitosi neutrofila. La tipizzazione del sangue permette di individuare il gruppo sanguigno Bombay, che è presente in tutti i pazienti affetti da LAD-2 ed è estremamen-

te raro nella popolazione generale. La diagnosi finale si basa sull’analisi genetica. Non esiste una diagnosi differenziale in quanto i sintomi clinici della malattia, comprese le infezioni ricorrenti, la leucocitosi, il gruppo sanguigno Bombay e il grave ritardo della crescita e dello sviluppo mentale sono caratteristici della LAD-2. Nelle famiglie nelle quali è stata identificata la mutazione del gene è possibile eseguire la diagnosi prenatale attraverso l’analisi biochimica e molecolare sui villi coriali e sugli amniociti. La presa in carico prevede il controllo delle infezioni e l’uso di antibiotici. In alcuni casi può migliorare la funzione fagocitaria a seguito della sostituzione del fucosio. Le infezioni sono raramente mortali e le attese di vita raggiungono l’età adulta. *Autore: Prof. A. Etzioni (maggio 2009)*. Vedere: Sindrome CDG

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di adesione leucocitaria, tipo 3

ORPHA99844

MIM: 612840 Il difetto dell’adesione leucocitaria tipo 3 (LAD-3) è una forma di LAD (si veda questo termine) caratterizzata da gravi infezioni batteriche e da un difetto grave della coagulazione. È una forma estremamente rara, con solo 17 casi accertati. I primi segni si manifestano durante l’infanzia o nella prima infanzia. I pazienti presentano le infezioni caratteristiche della LAD-1, che li mettono a rischio di decesso, e un’alterazione della coagulazione simile alla trombastenia di Glanzmann (si veda questo termine). Nelle sedi delle infezioni può mancare il pus. La LAD-3 è causata dalle mutazione del gene FERMT3 (11q13.1), che codifica la kindlina-3 nelle cellule ematopoietiche. Le mutazioni causano un difetto nella attivazione delle beta-integrine. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi si basa sull’osservazione clinica e sull’esame emocromocitometrico completo, che rivela la presenza di iperleucocitosi neutrofila. La diagnosi prenatale si basa sull’analisi biochimica e molecolare sulle cellule dei villi coriali. La presa in carico prevede il controllo delle infezioni e comprende il trattamento sintomatico con antibiotici e trasfusioni di sangue. Il trapianto di midollo è l’unica alternativa terapeutica. La prognosi è grave e se il paziente non viene sottoposto al trapianto di midollo muore di solito nella prima infanzia. *Autore: Prof. A. Etzioni (maggio 2009)*.

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Deficit di alanina-gliossilato aminotransferasi

ORPHA93598

MIM: 259900

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iperossaluria, tipo 1 e 2 Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi molecolare dell’iperossaluria, tipo 1 e 2 (geni AGXT e GRHPR)

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

teriche ricorrenti che possono portare al decesso. Una persona ogni milione ne è affetta. In genere, i primi segni compaiono durante l’infanzia o la prima infanzia. Le infezioni batteriche interessano la cute, il cavo orale e le vie respiratorie, e, nel primo caso, possono evolvere in ulcere gravi. È caratteristico il ritardo nel distacco del cordone ombelicale. Nell’adulto sono comuni le parodontiti gravi, che possono esitare nella perdita prematura dei denti. Nella sede dell’infezione non è presente gonfiore, arrossamento, calore, né pus. La LAD-1 è causata dalle mutazioni del gene ITGB2 (21q22.3), che codifica la beta-2-integrina, CD18, che riveste un ruolo fondamentale nell’adesione dei leucociti all’endotelio. La trasmissione è autosomica dominante. La gravità della malattia correla con il grado di deficit di CD18. La diagnosi si basa sull’esame emocromocitometrico completo, che rivela iperleucocitosi neutrofila. La citometria a flusso consente di evidenziare una ridotta espressione di CD18 sui leucociti. La conferma della diagnosi si basa sull’analisi delle mutazioni del gene ITGB2. La diagnosi differenziale si pone con il deficit di IRAK-4, la sindrome da iper-IgE autosomica dominante, la granulomatosi cronica, altre immunodeficienze primitive (si vedano questi termini) e la reazione leucemoide. La diagnosi prenatale si basa sull’analisi biochimica e molecolare sui villi coriali o sugli amniociti nelle famiglie affette nelle quali sono state individuate le mutazioni. La citometria a flusso può essere eseguita alla 20a settimana di gestazione. La presa in carico si basa sul controllo delle infezioni con la somministrazione di antibiotici. L’unico trattamento possibile per la LAD-1 è il trapianto di cellule ematopoietiche, ma in futuro la terapia genetica potrebbe diventare un’alternativa. La prognosi dipende dalla gravità della malattia. I soggetti affetti da LAD-1 grave, che non ricevono il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, muoiono di solito nei primi due anni di vita a causa delle infezioni; i soggetti affetti da forme più lievi hanno maggiore probabilità di raggiungere l’età adulta. Il tasso di sopravvivenza dopo il trapianto di midollo osseo è del 75%. *Autore: Prof. A. Etzioni (maggio 2009)*.

Deficit di adesione leucocitaria, tipo 2

D

Deficit di alanina-gliossilato aminotransferasi

D

ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di aldeide deidrogenasi

Azienda Ospedaliero-Universitaria San Luigi Gonzaga, ORBASSANO (TO) Pr. DE MARCHI Mario, Dr. GIACHINO Daniela

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di aldeide deidrogenasi Vedere: Sindrome di Sjögren-Larsson

Deficit di aldolasi A muscolare

ORPHA57

MIM: 611881 L’aldolasi è un enzima della glicolisi, che scinde il fruttosio 1-6 difosfato in due triofosfati. L’aldolasi A è preponderante nel muscolo ed il suo deficit può causare miopatia con intolleranza allo sforzo ed episodi di rabdiomiolisi, accompagnati o meno da anemia emolitica (l’aldolasi A è preponderante nei globuli rossi). La trasmissione ereditaria è di tipo autosomico recessivo. *Autore: Dott. C. Baussan (aprile 2002)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Deficit di alfa-1,4-glucosidasi acida Vedere: Glicogenosi, tipo 2

Deficit di alfa-1-antitripsina

ORPHA60

MIM: 613490 Il deficit di alfa-1-antitripsina (AATD) è una malattia genetica che si manifesta con enfisema polmonare, cirrosi epatica e, raramente, con pannicolite. È caratterizzata da bassi livelli di AAT nel siero, il principale inibitore delle proteasi sieriche umane. La prevalenza nella popolazione dell’Europa occidentale è circa 1/2500, ed è strettamente correlata alla discendenza scandinava nella popolazione. Gli alleli-malattia più comuni in Nord Europa sono PI Z e PI S, e la maggior parte degli individui con la forma grave di AATD sono PI ZZ. Le manifestazioni cliniche possono variare ampiamente tra i pazienti, dalle forme asintomatiche a quelle con malattie fulminanti del fegato o del polmone. I genotipi ZZ e SZ di AATSD sono fattori di rischio per lo sviluppo di sintomi respiratori (dispnea e tosse), enfisema ad esordio precoce e broncopneumopatia ostruttiva precoce nell’adulto. I fattori ambientali come il fumo di sigaretta e l’esposizione alla polvere sono fattori di rischio aggiuntivi e sono stati associati alla progressione accelerata di questa condizione. Il genotipo ZZ di AATD può portare anche allo sviluppo di malattie epatiche acute o croniche durante l’infanzia o nella vita adulta: segni clinici caratteristici sono l’ittero prolungato dopo la nascita con iperbilirubinemia coniugata e i valori alterati degli enzimi epatici. L’insufficienza epatica secondaria a cirrosi si presenta intorno ai 50 anni. La pannicolite necrotizzante e le vasculiti secondarie si presentano molto raramente. L’AATD è causata da una mutazione del gene SERPINA1 (14q32.1), che codifica per l’AAT, e si trasmette con modalità autosomica recessiva. La diagnosi può essere stabilita in base ai

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bassi livelli di AAT nel siero e alla isoelettrofocalizzazione. La diagnosi differenziale dovrebbe escludere le malattie emorragiche o l’ittero, le infezioni virali, l’emocromatosi, la malattia di Wilson e l’epatite autoimmune (si vedano questi termini). Per il trattamento della malattia polmonare si raccomandano terapia aggiuntiva con alfa-1-antitripsina per via intravenosa, vaccinazioni annuali contro l’influenza e vaccinazioni antipneumococciche ogni 5 anni. Il sollievo dall’affanno può essere ottenuto con broncodilatarori a lunga durata d’azione e corticosteroidi per via inalatoria. Negli stadi finali delle malattie epatiche e polmonari può essere necessario ricorrere al trapianto d’organo. La prognosi nei pazienti con AATD e cirrosi generalmente è molto grave. *Autori: Dott. L. Fregonese e Dott. J. Stolk (giugno 2008)*. Tratto da Hereditary alpha-1-antitrypsin deficiency and its clinical consequences. Orphanet J Rare Dis. 2008; 3:16.

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. MANTOVANI Vilma, Pr. ROMEO Giovanni, Dr. ROSSI Cesare Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina Azienda Ospedaliera San Paolo, MILANO Dr. BIONDI Maria Luisa, Pr. MELZI D’ERIL Gian Vico Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina (gene AAT) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina (gene PI) Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, ROMA Pr. GRAMMATICO Paola Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina Università degli Studi di Brescia, BRESCIA Pr. BARLATI Sergio, Dr. MARCHINA Eleonora Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina (gene SERPINA1) Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, PAVIA Dr. FERRAROTTI Ilaria, Dr. LUISETTI Maurizio, Dr. ZORZETTO Michele Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina (gene SERPINA) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro Diagnosi molecolare del deficit di alfa-1-antitripsina (gene SERPINA1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

Alfa1-AT - Associazione Nazionale dei Pazienti Portatori del Deficit di Alfa1-Antitripsina UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS

Deficit di alfa-chetoglutarato deidrogenasi Vedere: Aciduria ossoglutarica

Deficit di alfa-D-mannosidosi lisosomiale Vedere: Alfa-mannosidosi

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di aromatasi

Deficit di alfa-galattosidasi A

Deficit di amilo-1,6-glucosidasi

Vedere: Malattia di Fabry

Vedere: Glicogenosi, tipo 3

Deficit di alfa-L-fucosidasi

Deficit di anidrasi carbonica 2

Vedere: Fucosidosi

Vedere: Osteopetrosi con acidosi tubulare renale

Deficit di alfa-L-iduronidasi

Deficit di arginina:glicina amidinotransferasi

Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 1

D

ORPHA35704

MIM: 612718

Deficit di alfa-metilacetoacetil-CoA tiolasi Deficit di alfa-N-acetilgalattosaminidasi

ORPHA3137

MIM: 609241 Il deficit di alfa-N-acetilgalattosaminidasi è una malattia da sovraccarico lisosomiale di oligosaccaridi o glicoproteine, a trasmissione autosomica recessiva. La prevalenza della malattia è sconosciuta: sono stati riportati 12 casi in 8 famiglie. Una forma infantile grave, insorta alla fine del primo anno di età (malattia di Schindler), è stata inizialmente descritta in due bambini di una stessa famiglia, che presentavano ipotonia progressiva, segni extrapiramidali e rapida regressione psicomotoria. Questi bambini sembrano anche affetti da un’altra malattia (distrofia neuroassonale) responsabile di una rapida evoluzione neurologica. Sono stati descritti alcuni pazienti adulti con angiocheratomi analoghi a quelli della malattia di Fabry e con ritardo mentale moderato (malattia di Kanzaki). Sono state, inoltre, descritte forme intermedie con epilessia, turbe comportamentali e ritardo psicomotorio di gravità variabile. La diagnosi biologica si basa sull’evidenza di un’alterazione caratteristica nella cromatografia degli oligosaccaridi urinari, che è confermata dai livelli di attività dell’alfa-N-acetilgalattosaminidasi nei leucociti, nei fibroblasti, nel trofoblasto o negli amniociti. Il gene, che è stato localizzato in 22q13, è stato clonato e sono state identificate alcune mutazioni. La terapia è sintomatica. *Autori: Dott. R. Froissart e Dott. I. Maire (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di alfa-N-galattosaminidasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica della malattia di Schindler Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella Diagnosi biochimica della malattia di Schindler Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Laboratori Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di arginina:glicina amidinotransferasi (gene AGAT) Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Pr. CARDUCCI Carla, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica del deficit di arginina:glicina amidinotransferasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

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Deficit di argininosuccinasi Vedere: Aciduria argininosuccinica

Deficit di argininosuccinato sintetasi Vedere: Citrullinemia

Deficit di arilsulfatasi A Vedere: Leucodistrofia metacromatica

Deficit di arilsulfatasi B Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 6

Deficit di aromatasi

ORPHA91

MIM: 613546 L’aromatasi o citocromo P450 è l’enzima che sintetizza gli estrogeni dagli androgeni. Il gene relativo (CYP19) è localizzato sul cromosoma 15q21.1. Il deficit di aromatasi è una rara malattia, trasmessa come carattere autosomico recessivo. Le mutazio-

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Acidosi chetonica da deficit di beta-chetotiolasi

Il deficit di arginina:glicina amidinotransferasi (GAAT) è caratterizzato da ritardo psicomotorio e livelli molto bassi di guanidinoacetato e creatina nel plasma e nelle urine. La creatina è sensibilmente ridotta anche a livello cerebrale. La GAAT è coinvolta nel metabolismo energetico a livello della sintesi della creatina. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi precoce e la somministrazione di creatina prevengono la comparsa dei sintomi della malattia. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2006)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di ARSB

ni puntiformi fino ad oggi identificate si localizzano soprattutto negli esoni 9 e 10. Durante la gravidanza, gli androgeni fetali non si convertono in estrogeni, a causa del deficit dell’aromatasi placentare, che esita in un aumento dei livelli di testosterone nel plasma materno e in una riduzione dei livelli di estrogeni. Di conseguenza, le donne gravide mostrano irsutismo, che si risolve spontaneamente dopo il parto. Alla nascita le neonate presentano pseudoermafroditismo da virilizzazione dei genitali esterni. Nelle donne adulte, la sintomatologia clinica comprende ritardo puberale, ipoplasia mammaria e amenorrea primaria, con ovaio policistico. Negli uomini, la diagnosi viene posta più tardi durante l’età adulta, quando si manifesta alta statura da chiusura epifisaria incompleta, proporzioni dello scheletro di tipo eunucoide, osteoporosi e obesità. La somministrazione di basse dosi di estrogeni consente di completare la maturazione ossea dopo la chiusura completa delle epifisi e produce un aumento della densità ossea. I livelli degli estrogeni nel plasma sono molto bassi mentre l’FSH, l’LH e il testosterone sono lievemente aumentati. Due pazienti su 5 presentano criptorchidismo monolaterale o bilaterale. Lo spermogramma mostra oligo-astenospermia. L’attività sessuale è normale. La peculiarità più interessante è la presenza di un fenotipo metabolico caratterizzato da steatoepatite, insulino-resistenza con acanthosis nigricans ed elevata concentrazione di trigliceridi. Il CYP19 è ubiquitariamente espresso, soprattutto nelle gonadi, nella placenta, nel tessuto adiposo, negli osteoblasti, nella mammella e nel cervello. Il gene-malattia contiene 10 esoni, il primo dei quali è trascritto, ma non tradotto. Esistono diversi esoni che vanno incontro a splicing alternativi, con espressione tessuto-specifica, ognuno dei quali si associa a un diverso promotore. Gli mRNA corrispondenti differiscono nell’estremità 5’, ma producono la stessa proteina. *Autore: Dott. M.L. Kottler (novembre 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit di aromatasi (gene CYP19A1) Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. BALDAZZI Lilia, Pr. CICOGNANI Alessandro Diagnosi molecolare del deficit di aromatasi Ospedale maggiore, PARMA Pr. GHIZZONI Lucia, Dr. VOTTERO Alessandra Diagnosi molecolare del deficit di aromatasi Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare del deficit di aromatasi (gene CYP19A1) Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, ROMA Pr. GRAMMATICO Paola Diagnosi molecolare del deficit di aromatasi (gene CYP19A1) Policlinico Universitario di Padova, PADOVA Pr. FORESTA Carlo, Dr. VINANZI Cinzia, Dr. ZUCCARELLO Daniela

Associazioni

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Deficit di beta-alanina sintasi Vedere: Deficit di beta-ureidopropionasi

Deficit di beta-glucuronidasi Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 7

Deficit di beta-mannosidasi lisosomiale Vedere: Beta-mannosidasi

Deficit di beta-ureidopropionasi

ORPHA65287

MIM: 613161

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di beta-ureidopropionasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta

Deficit di bilirubina uridina-difosfato glucuronosiltransferasi Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar

Deficit di bilirubina uridina-difosfato glucuronosiltransferasi, tipo 1 Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar, tipo 1

Deficit di bilirubina uridina-difosfato glucuronosiltransferasi, tipo 2

Deficit di ARSB Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 6

Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar, tipo 2

Deficit di aspartilglucosaminidasi

Deficit di BTK

Vedere: Aspartilglucosaminuria

Vedere: Agammaglobulinemia legata all’X

Deficit di aspartoacilasi

Deficit di butiril-colinesterasi

Vedere: Malattia di Canavan

Deficit di ATP sintetasi

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ORPHA132

MIM: 177400 ORPHA1194

MIM: 604273

Laboratori Diagnosi biochimica dei difetti della catena respiratoria e della sintesi dell’ATP mitocondriale IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico

Il deficit di butiril-colinesterasi (BChE) è una malattia del metabolismo caratterizzata da apnea prolungata dopo somministrazione di alcuni anestetici, come i miorilassanti succinilcolina o mivacurio e altri anestetici locali contenenti un estere. La durata dell’apnea dipende dall’entità del deficit enzimatico. La prevalenza del difetto è più alta nella popolazione bianca, nella quale il 3,4-4% della popolazione presenta un difetto parziale, che causa un’apnea leggermente più lunga del normale (da 5 minuti a 1 ora); una persona ogni 2.500 presenta un’apnea che dura

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di carnitina-acilcarnitina traslocasi

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit di butiril-colinesterasi Ospedale Niguarda Ca’ Granda, MILANO Dr. PATROSSO Maria Cristina, Dr. PENCO Silvana

Deficit di carbamoil-fosfatosintetasi

ORPHA147

MIM: 237300 Il deficit di carbamoil-fosfatosintetasi è un deficit enzimatico trasmesso con modalità autosomica recessiva, specificatamente riscontrato a livello dello stomaco e dell’intestino, che causa iperammoniemia congenita e difetto di sintesi della citrullina. Nella maggioranza dei casi, la malattia insorge nel periodo neonatale con coma iperammoniemico talvolta associato a chetoacidosi, oppure, più raramente, durante l’infanzia con coma iperammoniemico ricorrente o con sintomatologia cronica di vomito, intolleranza proteica, ipotonia, ritardo mentale, arresto della crescita staturo-ponderale. La diagnosi viene sospettata in presenza di iperammoniemia, aumento della glutamina plasmatica e diminuzione di citrullina, e deve essere confermata dal dosaggio enzimatico su biopsia epatica o intestinale. La terapia si basa su una rigorosa dieta ipoproteica per tutta la vita, associata a supplementazione di citrullina, arginina, sodio benzoato e sodio fenilbutirrato. La diagnosi prenatale è possibile a condizione che sia stata identificata la mutazione. Alcune forme della malattia rispondono al trattamento con carbamil glutammato e devono essere differenziate dal deficit di acetil-glutammato sintetasi, che è dovuto a un difetto di attivazione della carbamoil-fosfatosintetasi. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004) *.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di carbamoilfosfatosintetasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit di carbamoilfosfatosintetasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di carbamoil-fosfatosintetasi (gene CPS1) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di carbamoilfosfatosintetasi (dosaggio aminoacidi plasmatici, ammonio e acido orotico) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

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Deficit di carnitina-acilcarnitina traslocasi

ORPHA159

MIM: 212138 Il deficit di carnitina-acilcarnitina traslocasi (CACT) è una malattia autosomica recessiva dell’ossidazione degli acidi grassi a catena lunga. Il trasportatore carnitina-acilcarnitina è una proteina della membrana mitocondriale interna, che catalizza lo scambio tra la carnitina interna e l’acilcarnitina esterna. La CACT umana è stata clonata ed è stata chiarita la struttura e l’organizzazione del gene. Il deficit di CACT causa una grave malattia che può esitare in morte improvvisa neonatale o infantile. Sono stati descritti circa 30 pazienti, la maggior parte dei quali presentava distress neurologico neonatale (letargia, difficoltà di alimentazione), anomalie del ritmo cardiaco e ipoglicemia ipochetotica, con iperammonemia. In seguito si possono manifestare epatomegalia e cardiomiopatia ipertrofica. Gli acidi organici urinari sono più o meno informativi ai fini della diagnosi biologica. La determinazione del profilo di acilcarnitina ematica e gli studi in vitro dell’ossidazione degli acidi grassi nei linfociti e nei fibroblasti sono i metodi di elezione per la diagnosi, che può essere confermata con la determinazione specifica dello scambio carnitina-acilcarnitina sulle cellule permeabilizzate con digitonina. Il trattamento implica il blocco della lipolisi, evitando il digiuno mediante infusione di glucosio o pasti frequenti, e alimentazione notturna con sondino naso-gastrico, con una dieta ad alto contenuto di carboidrati e basso contenuto di grassi. È considerata utile anche la supplementazione di L-carnitina. Dovrebbe essere limitato l’apporto di acidi grassi a catena lunga che dovrebbero essere sostituiti con trigliceridi a catena media. È disponibile la diagnosi prenatale mediante analisi enzimatiche o molecolari. *Autore: Dott. M. Brivet (ottobre 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-acilcarnitina traslocasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-acilcarnitina traslocasi (gene SLC25A20) Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica dei difetti della beta-ossidazione (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi molecolare e biochimica delle encefalomiopatie metaboliche (geni ETFDH, ETF, CPT2, MCAD, VLCAD) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco, Dr. TARONI Franco Diagnosi biochimica del deficit della carnitina ed acilcarnitina Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

più di un’ora. Le persone nelle quali il BChE non è dosabile presentano apnee superiori alle 8 ore. La prevalenza di questa forma grave è stimata in 1/100.000 persone. Il deficit di BChE è una malattia multifattoriale. La forma ereditaria è trasmessa come carattere autosomico recessivo ed è dovuta a mutazioni nel gene BChE, localizzato nel locus E1 del cromosoma 3 (3q26.1-q26.2); sono state identificate diverse varianti atipiche. Tuttavia, il deficit di BChE e la sensibilità agli anestetici possono manifestarsi durante la gravidanza, nei neonati o in associazione ad altre patologie (infezioni croniche, malnutrizione, malattie epatiche, alcuni tumori ecc.). La diagnosi è possibile in base all’analisi della attività dell’enzima su campioni plasmatici o con il test di inibizione con dubocaina o fluoruro. Le analisi del DNA, che comunque non vengono eseguite in maniera sistematica, possono identificare i portatori eterozigoti di alleli atipici. Le persone portatrici del deficit sono asintomatiche, a meno che non siano esposte ad agenti bloccanti neuromuscolari. Tuttavia, dopo l’anestesia, queste persone possono presentare paralisi respiratoria prolungata, per la quale si rende necessaria la ventilazione meccanica fino alla metabolizzazione degli anestetici in eccesso e la restituzione di una funzione neurologica normale. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2006)*.

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malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

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Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1

ORPHA156

MIM: 255120 I deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1 (CPT1) sono malattie autosomiche recessive che interessano l’ossidazione mitocondriale degli acidi grassi a catena lunga (LCFA). La CPT 1 è implicata nel trasferimento dei LCFA dal citosol ai mitocondri dove si ossidano. La CPT 1 è inibita dal malonil-CoA, che regola l’ossidazione mitocondriale dei LCFA. È localizzata nella membrana mitocondriale esterna. Anche se la CPT 2 ha solo una isoforma, la CPT 1 umana ne ha due: l’isoforma “L’’ si trova nel fegato, mentre l’isoforma “M’’ è sintetizzata nel muscoloscheletrico. Sono stati osservati circa 10 casi dopo la prima descrizione nel 1981. Si trattava probabilmente di deficit della isoforma L, in quanto i segni clinici erano principalmente crisi ipoglicemiche con ipochetonemia scatenate dal digiuno, che portavano a gravi sequele neurologiche e anche a morte prematura. In nessuno di questi casi sono stati descritti sintomi muscolari o cardiaci. Si può evidenziare il deficit enzimatico nel fegato, nei linfociti o nei fibroblasti in coltura. Un test enzimatico effettuato sul muscolo di questi pazienti risulta normale. Ad oggi è stata identificata un’unica mutazione nel gene che codifica per la CPT 1. È da notare che non esiste una descrizione clinica del deficit della isoforma muscolare (CPT 1 M). *Autori: Dott. J-P. Bonnefont e Dott. L. Thuillier (aprile 2002)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1 e 2 IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dei difetti della beta-ossidazione (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1 e 2 (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi tipo 1 Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoiltransferasi 1 e 2 (dosaggio carnitina plasmatica, profilo acilcarnitine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1 e 2 Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

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Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2 ORPHA157 MIM: 255110 Il deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2 (CPT 2) è una patologia ereditaria del metabolismo che colpisce l’ossidazione mitocondriale degli acidi grassi a catena lunga (LCFA). Sono state descritte tre forme di deficit di CPT 2: una forma miopatica, una forma infantile grave e una forma neonatale (si vedano questi termini). Sono stati descritti più di 300 casi con la forma miopatica che è la forma più comune (forma miopatica: 86%, forma infantile grave: 8%, forma neonatale: 6% dei casi). La forma miopatica è la meno grave ed è caratterizzata da attacchi ricorrenti di rabdomiolisi, dolore muscolare e debolezza scatenati da prolungato esercizio fisico, intolleranza al digiuno, malattie virali o temperature estreme. La forma infantile grave è caratterizzata da grave intolleranza al digiuno che porta ad alterazioni metaboliche come ipoglicemia ipochetotica ed encefalopatia epatica. La forma neonatale letale comprende i sintomi della forma infantile così come i segni dismorfici (per esempio displasia cistica renale). Più di 60 mutazioni del gene CPT2, generalmente sostituzioni aminoacidiche o piccole delezioni, causano il deficit di CPT 2. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi viene fatta inizialmente dalla spettrometria di massa tandem delle acilcarnitine sieriche/plasmatiche seguita dall’analisi mutazionale e dalla misurazione dell’attività dell’enzima CPT2 in linfociti circolanti freschi, muscolo o fibroblasti. La diagnosi differenziale per la forma miopatica dovrebbe includere principalmente la malattia di McArdle, la distrofia muscolare di Duchenne ed il deficit di citocromo c ossidasi (si vedano questi termini), e il deficit di carnitina-acilcarnitina traslocasi (CACT) e di acil-CoA deidrogenasi per gli acidi grassi a catena molto lunga (si vedano questi termini) per le forme infantile e neonatale. La diagnosi prenatale è possibile sulla base di una combinazione di test enzimatici e molecolari. Il trattamento mira ad evitare digiuni prolungati (>12 ore) e ad effettuare una dieta povera di grassi e ricca di carboidrati. La forma miopatica di CPT 2 ha una buona prognosi. La forma infantile grave può portare a morte prematura durante l’infanzia generalmente per aritmie cardiache parossistiche. La forma neonatale è generalmente letale durante i primi mesi di vita. *Autori: Prof. M. Bennett e Prof. C. Stanley (aprile 2010)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1 e 2 IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano

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Deficit di coenzima Q citocromo C reduttasi

Diagnosi biochimica dei difetti della beta-ossidazione (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata

Deficit di carnosinasi

Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1 e 2 (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano

Vedere: Acatalasemia

Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoiltransferasi tipo 2 Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoiltransferasi 1 e 2 (dosaggio carnitina plasmatica, profilo acilcarnitine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi molecolare e biochimica delle encefalomiopatie metaboliche (geni ETFDH, ETF, CPT2, MCAD, VLCAD) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco, Dr. TARONI Franco Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi 1 e 2 Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Vedere: Carnosinemia

Deficit di catalasi Deficit di ceramidasi Vedere: Malattia di Farber

Deficit di cheto-acido decarbossilasi Vedere: Leucinosi

Deficit di chinureninasi Vedere: Encefalopatia da idrossichinureninuria

Deficit di cistationina beta-sintasi Vedere: Omocistinuria classica da deficit di cistationina betasintetasi

Deficit di citocromo C ossidasi, tipo Franco-Canadese Vedere: Malattia di Saguenay-Lac-St. Jean da deficit di citocromo ossidasi

Deficit di CoA-deidrogenasi dell’acido isovalerico Vedere: Acidemia isovalerica

Deficit di coenzima Q10

Associazioni

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Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2, ORPHA228305 forma infantile grave MIM: 600649 Vedere: Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2

Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2, ORPHA228302 forma miopatica MIM: 255110 Vedere: Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2

Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2, ORPHA228308 forma neonatale MIM: 608836 Vedere: Deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2

ORPHA35656

MIM: 607426

Laboratori Diagnosi biochimica dei difetti della catena respiratoria e della sintesi dell’ATP mitocondriale IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico

Associazioni

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Deficit di coenzima Q citocromo C reduttasi

ORPHA1460

MIM: 124000

Laboratori Diagnosi biochimica dei difetti della catena respiratoria e della sintesi dell’ATP mitocondriale IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi biochimica del deficit di carnitina-palmitoil transferasi 2 Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

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Associazioni

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di CoQ10

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

Deficit di CoQ10 Vedere: Deficit di coenzima Q10

Diagnosi molecolare del deficit di deidratasi (PCBD1 gene) IRCCS Istituto Dermatologico San Gallicano, ROMA Dr. BIOLCATI Gianfranco

Associazioni

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Deficit di COX, tipo Franco-Canadese

Deficit di delta-1-pirrolina 5-carbossilasi sintetasi

Vedere: Malattia di Saguenay-Lac-St. Jean da deficit di citocromo ossidasi

Vedere: Neurodegenerazione progressiva - iperlassità articolare - cataratta

Deficit di creatina cerebrale

Deficit di delta-1-pirrolina-5-carbossilato deidrogenasi

Vedere: Deficit di guanidinoacetato metiltransferasi

Deficit di decarbossilasi degli aminoacidi L-aromatici ORPHA35708 MIM: 608643

Laboratori

Vedere: Iperprolinemia, tipo 2

Deficit di D-glicerato chinasi Vedere: Aciduria D-glicerica

Diagnosi biochimica del deficit di decarbossilasi degli aminoacidi L-aromatici IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano

Deficit di D-glicerato deidrogenasi

Diagnosi biochimica del deficit di decarbossilasi degli aminoacidi L-aromatici, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

Diagnosi biochimica dell’iperossaluria, tipo 1 e 2 Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

Deficit di deidratasi

ORPHA1578

MIM: 264070 Il deficit di deidratasi è una delle cause dell’iperfenilalaninemia da difetto di tetraidrobiopterina. Il deficit di pterina-4-alfa-carbinolamina deidratasi (PCD) è comunque una malattia metabolica non grave, fatta eccezione per il rischio di iperfenilalaninemia indotta. In alcuni casi, sono stati notati: ipotonia, irritabilità che può essere visualizzata con l’EEG, e una lenta acquisizione delle tappe dello sviluppo psicomotorio. La diagnosi viene posta quando l’isomero 7-biopterina viene identificato, di solito in maniera fortuita, nei liquidi biologici di un neonato con iperfenilalaninemia. Il trattamento si basa essenzialmente sulla dieta e sulla limitazione di fenilalanina nella dieta. *Autore: Prof. J.L. Dhondt (maggio 2003)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di tetraidrobiopterina (iperfenilalaninemia maligna) IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica delle aminoacidopatie (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata

ORPHA93599

MIM: 260000

Laboratori

Diagnosi molecolare dell’iperossaluria, tipo 1 e 2 (geni AGXT e GRHPR) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Luigi Gonzaga, ORBASSANO (TO) Pr. DE MARCHI Mario, Dr. GIACHINO Daniela

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di diidrolipoamide deidrogenasi Vedere: Deficit di lipoamide deidrogenasi

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di diidropirimidina deidrogenasi

ORPHA1675

MIM: 274270

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di diidropirimidina e diidropirimidina deidrogenasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi molecolare del deficit di diidropirimidina deidrogenasi Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia

Diagnosi biochimica del deficit di diidropirimidina deidrogenasi Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di diidropirimidina deidrogenasi (DPDH) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica del deficit di diidropirimidina deidrogenasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di diidropirimidina deidrogenasi (dosaggio pirimidine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Deficit di diidropirimidinasi Vedere: Diidropirimidinuria ORPHA226

MIM: 261630 Il deficit di diidropteridina reduttasi (DHPR), una malattia genetica autosomica recessiva, è una delle cause di iperfenilalaninemia maligna da deficit di tetraidrobiopterina. Questo difetto non causa solo iperfenilalaninemia, ma anche un’anomalia nella neurotrasmissione delle monoamine, da malfunzionamento della tirosina e della triptofano idrossilasi, che sono idrossilasi tetraidrobiopterina-dipendenti. Il deficit di DHPR dovrebbe essere sospettato nei neonati che presentano un test neonatale positivo per la fenilchetonuria, soprattutto quando l’iperfenilalaninemia è modesta. L’attività della DHPR può essere misurata attraverso una tecnica adattata ai campioni di sangue secco. Se lasciato senza trattamento, il deficit di DHPR porta alla comparsa di sintomi neurologici attorno ai 4-5 mesi, sebbene alcuni segni clinici siano spesso evidenti fin dalla nascita. I principali sintomi comprendono: ritardo psicomotorio, alterazioni del tono, convulsioni, sonnolenza, irritabilità e anomalie del movimento, ipertermia, ipersalivazione e difficoltà nella deglutizione. Il trattamento mira a riportare i livelli di fenilalaninemia nella norma (restrizione dietetica della fenilalanina o prescrizione di tetraidrobiopterina), e a favorire la normale neurotrasmissione monoaminergica, attraverso la somministrazione di precursori (L-Dopa/carbidopa e 5-idrossitriptofano). L’apporto di acido folico previene il deficit progressivo dei folati cerebrali, mentre gli antifolici, come il cotrimossazolo, sono pericolosi. *Autore: Prof. J.L. Dhondt (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di tetraidrobiopterina (iperfenilalaninemia maligna) IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica delle aminoacidopatie (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di dopamina beta-idrossilasi

ORPHA230

MIM: 223360 Il deficit di dopamina beta-idrossilasi (DBH) è una rarissima forma di insufficienza primitiva del sistema autonomo, caratterizzata dalla completa assenza di noradrenalina e di adrenalina nel plasma, in associazione a livelli plasmatici elevati di dopamina, secondari a mutazioni del gene DBH. Viene ereditato in maniera autosomica recessiva e la sua prevalenza non è nota. Sono stati osservati pochi casi. Il deficit di DBH si caratterizza soprattutto per i difetti cardiovascolari e la grave ipotensione ortostatica. Di solito, i primi sintomi compaiono nel periodo perinatale, che è complicato da ipotensione, ipotonia muscolare, ipotermia e ipoglicemia. Questi bambini manifestano una ridotta abilità all’esercizio, a causa dei valori pressori non adeguati allo sforzo importante, fino alla sincope. I sintomi di solito peggiorano progressivamente, durante la tarda adolescenza e la prima giovinezza, con grave ipotensione ortostatica, ptosi palpebrale, occlusione del naso e disturbi sessuali. In seguito, la malattia può evolvere con l’intolleranza alla stazione eretta, ridotte capacità di svolgere attività fisica e morbilità da trauma, associata alle cadute o alla sincope. È possibile ottenere il ripristino dei valori normali di noradrenalina plasmatica con la terapia a base di L-treo-diidrossifenilserina (DOPS). La somministrazione orale di 100-500 mg di DOPS, due o tre volte al giorno, aumenta la pressione e annulla l’intolleranza ortostatica. *Autori: Dott. J.M. Senard e Dott. P. Rouet (marzo 2006)*

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi biochimica dei difetti del metabolismo delle pirimidine (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata

Deficit di diidropteridina reduttasi

D

Deficit di dopamina beta-idrossilasi

D

Deficit di enolasi

Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 3

ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di esosaminidasi A

Deficit di fosfofruttochinasi muscolare

Vedere: Malattia di Tay-Sachs

Vedere: Glicogenosi, tipo 7

Deficit di esosaminidasi A e B

Deficit di fosfoglicerato chinasi

ORPHA299

MIM: 131375

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di enolasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Deficit di eparan-sulfamidasi

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di enolasi

Vedere: Malattia di Sandhoff

MIM: 300653

Deficit di ETFA Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Deficit di ETFB Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Deficit di ETFDH Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Deficit di FAS Vedere: Sindrome linfoproliferativa autoimmune

Deficit di flavoproteina trasportatrice di elettroni Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Deficit di flavoproteina trasportatrice di elettroni ubichinone ossidoreduttasi Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Deficit di fosfoenolpiruvato carbossichinasi

ORPHA2880

MIM: 261650 Il deficit di fosfoenolpiruvato carbossichinasi (PEPCK) è una malattia metabolica causata da un difetto della gluconeogenesi. Si tratta di una patologia rara, descritta in meno di 10 pazienti. Le caratteristiche cliniche comprendono l’ipotonia, l’epatomegalia, il difetto di crescita, l’acidosi lattica e l’ipoglicemia. L’autopsia documenta un’infiltrazione adiposa nel fegato e nei reni. Si trasmette come carattere autosomico recessivo. Può essere causata da un difetto di PEPCK citoplasmatico (deficit di fosfoenolpiruvato carbossichinasi 1, Pepck1) o da un difetto di PEPCK mitocondriale (deficit di fosfoenolpiruvato carbossichinasi 2, Pepck2). *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2006)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di fosfenolo piruvato carbossichinasi (PEPCK) Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Associazioni

ORPHA713

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite

Il deficit di fosfoglicerato chinasi (PGK) è una malattia metabolica caratterizzata da anemia emolitica non sferocitica e anomalie del sistema nervoso centrale in varia associazione. La prevalenza non è nota e fino ad oggi sono stati descritti circa 30 casi. La maggior parte dei pazienti presenta anemia emolitica cronica, che può diventare grave in alcuni casi. La miopatia è un segno comune ed è caratterizzata da intolleranza all’esercizio, debolezza muscolare, crampi, mialgie e episodi di mioglobinuria. In alcuni pazienti è stata riscontrata rabdomiolisi. È frequente il deficit cognitivo, e possono essere presenti anche altri sintomi a carico del sistema nervoso centrale, compresa l’emicrania emiplegica, l’epilessia, l’atassia e il tremore. Sono stati osservati solo pochi pazienti che presentavano i tre segni cardinali della malattia (anemia emolitica, anomalie del sistema nervoso centrale e miopatia), mentre diversi soggetti con deficit di PGK avevano solo la miopatia, in assenza di anemia emolitica. È stato descritto un solo soggetto asintomatico, affetto da una forma leggera di deficit di PGK. Il deficit di PGK viene trasmesso come carattere legato all’X e la maggior parte dei pazienti sono maschi emizigoti. Le femmine eterozigoti possono presentare anemia emolitica di grado variabile. Il deficit di PGK è dovuto alle mutazioni del gene PGK1(Xq13.3). Sono state identificate finora circa 20 mutazioni patogenetiche. La PGK è un enzima chiave nella via glicolitica, che catalizza la conversione di 1,3-bisfosfoglicerato in 3-fosfoglicerato e genera ATP. La PGK è un enzima ubiquitario, espresso in tutti i tessuti ad eccezione dei testicoli. La diagnosi si basa sul quadro clinico, sulle analisi biochimiche che rivelano una diminuzione dell’attività enzimatica negli eritrociti e una riduzione della PGK muscolare (rispettivamente al di sotto del 23 e del 25% rispetto al normale), nonché sull’identificazione delle mutazioni del gene PGK1 mediante analisi molecolari. La diagnosi differenziale si pone con le altre cause di anemia emolitica non sferocitica ereditaria. La diagnosi prenatale molecolare è possibile nelle famiglie con un probando affetto. È stato osservato che la splenectomia è utile in alcuni casi. La prognosi è variabile, a seconda della gravità dell’anemia e della presenza di altri sintomi. *Autore: team editoriale di Orphanet (agosto 2008)*.

Associazioni

UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Deficit di fosfoglicerato mutasi muscolare Vedere: Miopatia da deficit di fosfoglicerato mutasi

Deficit di fosforilchinasi muscolare

ORPHA715

MIM: 261750 Il deficit di fosforilchinasi muscolare è una malattia da deposito di glicogeno, che comporta un’espressione clinica variabile. La prevalenza non è nota. I segni clinici più comuni riguardano

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di gamma-glutamilcisteina sintetasi

l’intolleranza all’esercizio fisico, gli episodi di mioglobinuria e l’aumento dei valori di creatinchinasi (CK). La fosforilchinasi è l’enzima tetramerico che attiva la fosforilasi. L’interessamento muscolare isolato può essere dovuto ad un’anomalia della subunità alfa regolatrice, isoforma alfaM (trasmessa con modalità recessiva legata all’X) o ad un’anomalia della subunità catalitica gamma, isoforma gammaM (trasmessa con modalità autosomica recessiva). Sono state anche riportate forme che colpiscono contemporaneamente il muscolo e il fegato, che sono probabilmente legate a un’anomalia della subunità beta e a una trasmissione autosomica dominante. La diagnosi viene confermata con la biopsia muscolare e con il rilievo di un difetto di fosforilchinasi. *Autore: Dott. C. Baussan (febbraio 2005)*. Vedere: Malattia da deposito di glicogeno, tipo 9 APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di fumarasi Vedere: Aciduria fumarica

Deficit di fumaril aceto-acetasi Vedere: Tirosinemia, tipo 1

Deficit di G6PD Vedere: Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi

Deficit di GABA transaminasi Vedere: Deficit di acido gamma aminobutirrico-transaminasi

Deficit di galattocerebrosidasi Vedere: Malattia di Krabbe

Deficit di fruttochinasi

Deficit di galattosamina-6-solfatasi

Vedere: Fruttosuria

Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 4

Deficit di fruttosio-1,6 difosfatasi

ORPHA348

MIM: 229700 Il deficit di fruttosio-1,6 difosfatasi è un’anomalia della neoglucogenesi, a trasmissione autosomica recessiva. È caratterizzata da episodi ricorrenti di ipoglicemia con acidosi lattica dopo un digiuno più o meno prolungato, la cui evoluzione può essere mortale. Non esistono sintomi, oltre a questi episodi o a quelli secondari all’ingestione di fruttosio. Nella maggior parte dei casi, la diagnosi enzimatica può essere effettuata sui linfociti. Il deficit di fruttosio-1,6-difosfatasi è una malattia a trasmissione autosomica recessiva. La terapia consiste essenzialmente nell’evitare digiuni prolungati nei lattanti e nei bambini; viene instaurata una dieta che prevede il frazionamento dell’alimentazione. La dieta viene integrata con glucidi, glucosio o destrina e maltosio, con limitato apporto di fruttosio. La tolleranza al digiuno migliora con l’età. *Autore: Dott. C. Baussan (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dell’intolleranza al fruttosio IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi molecolare del deficit di fruttosio-1,6 difosfatasi (gene FBP1) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto Diagnosi biochimica del deficit di fruttosio-1,6 difosfatasi Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche

Deficit di gamma-cistationasi Vedere: Cistationinuria

Deficit di gamma-glutamilcisteina sintetasi

ORPHA33574

MIM: 230450 Il deficit di gamma-glutamilcisteina sintetasi è caratterizzato principalmente da anemia emolitica (di solito piuttosto moderata). È stata osservata anche la presenza di sintomi neurologici. A livello mondiale, la malattia è stata descritta in 9 pazienti appartenenti a 7 famiglie diverse. La gamma-glutamilcisteina sintetasi catalizza la prima tappa limitante della sintesi del glutatione. Il deficit origina da livelli bassi di glutatione e di gamma-glutamilcisteina. Sono state identificate quattro mutazioni differenti nella subunità pesante in 4 famiglie affette da deficit di gamma-glutamilcisteina sintetasi. La diagnosi è costituita dalle seguenti fasi: osservazione clinica, rilevamento dei livelli bassi di glutatione, attività minore della gamma-glutamilcisteina sintetasi e analisi di mutazione dei geni di gamma-glutamilcisteina sintetasi. Le diagnosi differenziali si pongono con il deficit di glutatione sintetasi (si veda questo termine), che si può anche associare a livelli bassi di glutatione. Dato che la trasmissione è autosomica recessiva, le famiglie dovrebbero ricorrere alla consulenza genetica. La diagnosi prenatale deve essere effettuata con la misurazione dell’attività della gamma-glutamilcisteina sintetasi o l’analisi della mutazione (se la mutazione è nota nella famiglia) sui villi carioli o sulle colture di amniociti. I pazienti affetti da deficit di gamma-glutamilcisteina sintetasi dovrebbero evitare gli stessi farmaci che causano crisi emolitiche nei pazienti affetti da deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi, cioè l’acido fenobarbiturico, acetilsalicilico e i sulfamidi. È possibile che i pazienti possano beneficiare di una terapia con antiossidanti, ma non sono stati fatti studi al proposito. La prognosi è difficile da prevedere in quanto sono stati descritti solo 9 pazienti. *Autori: Dott. E. Ristoff e Dott. A. Larson (gennaio 2007)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

D

D

Deficit di gamma-glutamil transpeptidasi

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

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Deficit di gamma-glutamil transpeptidasi

Il deficit di gamma-glutamil transpeptidasi è caratterizzato da una forte concentrazione di glutatione nel plasma e nell’urina. A livello mondiale, è stato rinvenuto in 7 pazienti appartenenti a 5 famiglie diverse. Cinque dei pazienti presentavano anche un coinvolgimento del sistema nervoso centrale. La gammaglutamil transpeptidasi catalizza la prima tappa della degradazione del glutatione. Non sono state individuate mutazioni nei pazienti affetti dal deficit di gamma-glutamil transpeptidasi. La prognosi si basa sul rilievo di glutationuria, tassi elevati di glutatione nel plasma e un’attività diminuita della gamma-glutamil transpeptidasi nelle cellule nucleate. Dato che la malattia è trasmessa come carattere autosomico dominante, i pazienti dovrebbero ricorrere alla consulenza genetica. Non è stato proposto o sperimentato alcun trattamento specifico. La prognosi del deficit di gamma-glutamil transpeptidasi è difficile da prevedere in quanto sono stati descritti solo sette pazienti. *Autori: Dott. E. Ristoff e Dott. A. Larson (gennaio 2007)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di gamma-glutamil transpeptidasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit di gamma-glutamil transpeptidasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di GAMT Vedere: Deficit di guanidinoacetato metiltransferasi

Vedere: Iperglicerolemia

Deficit di glicina sintasi Vedere: Iperglicinemia isolata non chetotica

Deficit di glicogeno, enzima deramificante Vedere: Glicogenosi, tipo 3

Deficit di glicogeno, enzima ramificante Vedere: Glicogenosi, tipo 4

Deficit di glicogeno-sintetasi epatica Vedere: Glicogenosi, tipo 0

Deficit di glucosio-6-fosfatasi ORPHA33573

MIM: 231950

Deficit di glicerolo-chinasi

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ORPHANET ITALIA 2011

Vedere: Glicogenosi, tipo 1

Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi

ORPHA362

MIM: 134700 Il deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) è il più frequente difetto ereditario enzimatico degli eritrociti. Si tratta di un deficit frequente, che interessa 0,5-26% della popolazione e circa 420 milioni di soggetti nel mondo. Le regioni più colpite sono l’area mediterranea, l’Africa subsahariana, le Americhe (popolazioni africane e ispaniche) e l’Asia sudorientale. Il deficit di G6PD si presenta con ittero neonatale grave, che può provocare gravi disturbi neurosensoriali. La maggior parte dei pazienti è asintomatica. Tuttavia, si può presentare un’anemia emolitica acuta, a volte grave, in seguito all’ingestione di alcuni cibi (fave), all’assunzione di alcuni farmaci (antimalarici, sulfamidici, analgesici), o nel corso di un’infezione. La forma più rara del deficit di G6PD può provocare un’anemia emolitica cronica, che può essere molto debilitante. La trasmissione è recessiva legata all’X. La malattia è dovuta alle mutazioni del gene G6PD (Xq28). I maschi emizigoti e le pazienti femmine omozigoti presentano la forma più grave della malattia, mentre nelle femmine eterozigoti la malattia può non essere evidente o avere un’espressione moderata. La gravità dei segni dipende dall’entità del difetto enzimatico. Esistono numerose varianti del deficit di G6PD (circa 150); le più frequenti sono le forme mediterranee e cantonesi (gravi) e le forme africane e Mahidol (più moderate). La diagnosi alla nascita si basa sulla positività del test colorimetrico su una goccia di sangue, che deve essere confermata dall’identificazione del deficit enzimatico di G6PD mediante spettrofotometria. La diagnosi negli adulti si basa sull’analisi spettrofotometrica (effettuata in assenza di attacchi emolitici, per evitare di falsare la diagnosi in presenza di un livello elevato di reticolociti). Le analisi molecolari permettono di identificare il difetto patogenetico. La consulenza genetica è necessaria per identificare gli altri familiari portatori del difetto. La presa in carico deve prevenire l’emolisi, informando i pazienti sugli agenti esterni che possono scatenare gli attacchi. Nel 2008, l’agenzia francese per la sicurezza sanitaria dei prodotti sanitari (AFSSAPS) ha redatto delle raccomandazioni, compreso l’elenco dei farmaci che possono scatenare un attacco emolitico acuto. Alcuni di questi farmaci sono pericolosi e altri sono controindicati, ad eccezione dei casi che non dispongono di una terapia alternativa, e perciò devono essere usati solo sotto stretto controllo medico. Altri farmaci sono pericolosi solo se si supera la dose consigliata. Nel 2006, l’agenzia francese per la sicurezza sanitaria degli alimenti (AFSSA) ha stabilito un elenco dei cibi pericolosi e un elenco dei cibi che devono essere assunti in dosi limitate. In caso di anemia emolitica acuta, può essere necessaria una semplice trasfusione di sangue o uno scambio trasfusionale. La prognosi dipende dallo screening che permette di identificare i farmaci pericolosi che devono essere evitati per prevenire gli attacchi emolitici acuti. *Autore: Prof. D. Jolly (maggio 2009)*.

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di glutaril-CoA ossidasi

Laboratori

Associazioni

Associazione Italiana Favismo - Deficit di G6PD UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS

Deficit di glucosio-6-fosfato traslocasi Vedere: Glicogenosi, tipo 1

Deficit di GLUT 2 Vedere: Glicogenosi di Fanconi-Bickel

Deficit di glutammato-cisteina ligasi Vedere: Deficit di gamma-glutamilcisteina sintetasi

Deficit di glutammato decarbossilasi Vedere: Epilessia dipendente dalla piridossina

Deficit di glutaril-CoA deidrogenasi

ORPHA25

MIM: 231670 Il deficit di glutaril-CoA deidrogenasi (GDD) è una malattia neurometabolica autosomica recessiva con una incidenza di 1/50.000 nuovi nati Caucasici. È causata da una mutazione nel gene della glutaril-CoA deidrogenasi localizzato sul cromosoma 19p13.2. La GDD è un enzima mitocondriale chiave nella via catabolica degli aminoacidi L-triptofano, L-lisina e L-idrossilisina, che catalizza la trasformazione di glutaril-CoA in crotonil-CoA. La GDD è caratterizzata biochimicamente dall’accumulo di acido glutarico bicarbonico, 3-idrossiglutarico, acido glutaconico e glutarilcarnitina. Clinicamente è caratterizzata da una specifica neuropatologia, ma solo eccezionalmente si presenta con una sintomatologia metabolica classica, compresa l’ipoglicemia o l’acidosi. Durante il periodo vulnerabile dello sviluppo del cervello, tra i 6 e i 12 mesi di vita, una encefalopatia acuta determina un danno bilaterale dello striato attraverso un meccanismo eccitotossico, che causa un grave disturbo del movimento di tipo distonico-discinetico. La fase pre-encefalopatica è irrilevante, anche se molto spesso si evidenzia una macrocefalia progressiva. L’analisi degli acidi organici nelle urine nei pazienti sospetti è finalizzata alla diagnosi precoce del GDD, oppure l’analisi dell’acilcarnitina su gocce essiccate di sangue può essere implementata nei programmi di scree-

ning neonatale. Dopo la diagnosi presintomatica, può essere instaurato immediatamente un trattamento dietetico, basato sull’integrazione di carnitina, nonché un intervento precoce per il trattamento della patologia intercorrente, che può prevenire il danno neurologico acuto nella maggior parte dei bambini affetti. *Autori: Dott. S. Kölker e Prof. G.F. Hoffmann (giugno 2003)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di glutaril-CoA deidrogenasi Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1 e 2 Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica del deficit di glutaril-CoA deidrogenasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico, Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica delle acidosi organiche (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1, 2 e 3 Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica del deficit di glutaril-CoA deidrogenasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1, 2 e 3 Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1 (spot per acilcarnitine, acidi organici urinari, dosaggio carnitina plasmatica) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi molecolare dell’aciduria glutarica tipo 1 Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di glutaril-CoA ossidasi

ORPHA35706

MIM: 231690 Il deficit di glutaril-CoA ossidasi è una malattia perossisomiale

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di glucosio6-fosfato deidrogenasi (gene G6PD) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia Diagnosi molecolare del deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Pr. GALANELLO Renzo Diagnosi biochimica del deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi Presidio Ospedaliero “Madonna delle Grazie” - Azienda Sanitaria di Matera (ASM), MATERA Dr. CASCONE Agostino, Dr. DELL’EDERA Domenico Diagnosi molecolare di favismo (gene G6PD) CEINGE - Centro di Ricerca per l’Ingegneria Genetica, NAPOLI Pr. IOLASCON Achille Diagnosi molecolare del deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di glucosio6-fosfato deidrogenasi LABOGEN S.a.S., CATANIA Dr. GRILLO Agata

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Deficit di glutatione sintetasi

che causa aciduria glutarica. La prevalenza non è nota. Non si associa ad un fenotipo caratteristico; un soggetto era asintomatico. La trasmissione è probabilmente autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Laboratori Diagnosi biochimica delle malattie perossisomiali (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1, 2 e 3 Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1, 2 e 3 Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Deficit di glutatione sintetasi

ORPHA32

MIM: 231900 Il deficit di glutatione sintetasi è caratterizzato da anemia emolitica associata ad acidosi metabolica e a 5-oxoprolinuria nelle forme moderate e sintomi neurologici progressivi e ricorrenti infezioni batteriche nelle forme più gravi. A livello mondiale questa malattia è stata diagnosticata in almeno 70 pazienti in più di 50 famiglie. La trasmissione è autosomica recessiva. Sono state individuate diverse mutazioni nei geni che codificano per la glutatione sintetasi che sono localizzati sul cromosoma 20q11.2. La glutatione sintetasi catalizza l’ultima tappa della sintesi del glutatione e il deficit deriva dai livelli bassi di quest’ultimo. L’acidosi è dovuta alla ridotta inibizione da feedback della gamma-glutamil cisteina sintetasi nel ciclo del gamma-glutamil che provoca così una sovraproduzione e un accumulo di 5-oxoprolina. La diagnosi di solito si svolge come segue: osservazione clinica, rilevamento della 5-oxoprolinuria, dei bassi livelli di glutatione, della ridotta attività della glutatione sintetasi e analisi mutazionale del gene della glutatione sintetasi. La diagnosi prenatale è possibile. Altre cause della 5-oxoprolinuria comprendono il deficit di 5-oxoprolinasi (vedi questo termine), la dieta (alcuni tipi di latte in polvere per bambini e il succo di pomodoro), le ustioni gravi, la sindrome di Stevens-Johnson (si veda questo termine), i difetti congeniti del metabolismo che non coinvolgono il ciclo del gamma-glutamil, cioè il deficit di ornitina transcarbamilasi legato all’X, i difetti del ciclo dell’urea, la tirosinemia e l’omocistinuria (si vedano questi termini), il metabolismo farmacologico di alcuni farmaci (paracetamolo, vigabatrina, flucloxacillina, netilmicina), la prematurità, la denutrizione, la gravidanza e la cistinosi nefropatica. Il trattamento comprende la correzione dell’acidosi, le integrazioni con antiossidanti ed evitare i farmaci che causano crisi emolitiche nei pazienti affetti da deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi, ossia l’acido fenobarbiturico, acetilsalicilico e i solfanamidici. Uno studio basato su follow-up regolari su 28 pazienti affetti da deficit di glutatione sintetasi ha mostrato che i fattori che possono dare dei buoni risultati a lungo termine per la sopravvivenza sono la diagnosi precoce, la correzione dell’acidosi e l’immediata somministrazione di vitamina C e vitamina E. *Autori: Dott. E. Ristoff e Dott. A. Larson (gennaio 2007)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dell’aciduria piroglutammica IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dell’aciduria piroglutammica Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

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Diagnosi biochimica dell’aciduria piroglutammica Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di GTPCH Vedere: Deficit di GTP cicloidrolasi 1

Deficit di GTP cicloidrolasi 1

ORPHA2102

MIM: 233910 Il deficit di GTP cicloidrolasi 1, una malattia genetica recessiva, è una delle cause di iperfenilalaninemia maligna da deficit di tetraidrobiopterina. Il deficit di tetraidrobiopterina non solo causa iperfenilalaninemia, ma anche anomalie della neurotrasmissione delle monoamine, da malfunzionamento delle tirosina e triptofano idrossilasi, che sono idrossilasi tetrabiopterina-dipendenti. Il deficit di GTP cicloidrolasi 1 dovrebbe essere sospettato in tutti i neonati che presentano un test neonatale positivo per la fenilchetonuria, soprattutto quando l’iperfenilalaninemia è di modesta entità. Lo strumento più efficace per diagnosticare questa malattia è la determinazione dei livelli di pteridina nell’urina, con successiva conferma attraverso la misurazione dei neurotrasmettitori (acido 5-idrossiindolacetico, acido omovanilinico) nel liquido cerebrospinale, nonché con un test da carico di tetraidrobiopterina (20 mg/kg). Se non viene trattato, questo difetto produce sintomi neurologici a 4-5 mesi, anche se alcuni segni clinici sono spesso già evidenti alla nascita. I principali sintomi comprendono il ritardo psicomotorio, le alterazioni del tono, le convulsioni, la sonnolenza, l’irritabilità, le anomalie dei movimenti, l’ipertermia, l’ipersalivazione e le difficoltà nella deglutizione. Il trattamento mira a ristabilire i normali livelli di fenilalaninemia (dieta ristretta in fenilalanina o prescrizione di tetraidrobiopterina) e ripristinare la normale neurotrasmissione monoaminergica attraverso la somministrazione di precursori (L-Dopa/carbidopa e 5-idrossitriptofano). *Autore: Prof. J.L. Dhondt (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di GTP cicloidrolasi (gene GCH1) Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Pr. CARDUCCI Carla, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica del deficit di tetraidrobiopterina (iperfenilalaninemia maligna) IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica delle aminoacidopatie (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata

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Deficit di ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi

Associazioni

Deficit di guanidinoacetato metiltransferasi

Deficit di HAD Vedere: Deficit di 3-idrossiacil-CoA deidrogenasi

Deficit di HSD Vedere: Deficit di 3-idrossiacil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta

Deficit di iduronato 2-solfatasi ORPHA382

MIM: 612736 Il deficit di guanidinoacetato metiltransferasi (GAMT) è un errore congenito della sintesi della creatina, scoperto recentemente. Il fenotipo clinico è variabile e comprende un vasto spettro neurologico, con disturbi progressivi del movimento extrapiramidale e ipotonia muscolare grave, epilessia e ritardo mentale. Il quadro biochimico mostra un’elevata escrezione urinaria di guanidinoacetato (immediato precursore della creatina e substrato dell’attività dell’enzima mancante), una bassa escrezione urinaria di creatinina, e la deplezione della creatina nel cervello e nel muscolo. La diagnosi enzimatica è possibile, con la dimostrazione della assenza della attività GAMT nel fegato, nei fibroblasti cutanei e nelle linee linfoblastoidi. La diagnosi prenatale non è ancora stata messa a punto. I sintomi sono parzialmente reversibili attraverso la somministrazione orale di creatina-monoidrato. Il deficit di GAMT è una malattia genetica autosomica recessiva. Nei 9 pazienti noti, sono state identificate 5 mutazioni alleliche, nell’esone 2 e nell’introne 6 del gene GAMT. Il mezzo più efficace per la diagnosi dei pazienti a rischio è la misura del guanidinoacetato nei fluidi corporei. Sono disponibili vari metodi analitici, che comprendono la gas-cromatografia, la spettrometria di massa, la spettrometria in massa tandem e la cromatografia su colonna. *Autore: Prof. S. Stöckler-Ipsiroglu (ottobre 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di guanidinoacetato metiltransferasi (gene GAMT) Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Pr. CARDUCCI Carla, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica del deficit di guanidinoacetato metiltransferasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di guanidino-acetato-metiltransferasi (GAMT) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica del deficit di guanidinoacetato metiltransferasi Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare

Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 2

Deficit di iduronato 2-solfatasi, tipo A Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 2A

Deficit di iduronato 2-solfatasi, tipo B Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 2B

Deficit di IgA Vedere: Deficit di immunoglobulina A

Deficit di IGF-1 Vedere: Ritardo della crescita da deficit del fattore di crescita 1 insulino-simile

Deficit di immunoglobulina A

ORPHA69127

MIM: 137100 Il deficit di immunoglobulina A (IgAD) è una forma primitiva (o congenita) di immunodeficienza ed è il difetto anticorpale primitivo più frequente. Avendo una incidenza di circa 1/325 individui nei Paesi occidentali, non è di fatto una malattia rara. I pazienti con IgAD presentano l’assenza parziale o totale di IgA, che ha un ruolo chiave nella protezione delle mucose; per questo manifestano infezioni ricorrenti alle vie respiratorie e al tubo digerente. Possono anche avere una immunodeficienza variabile comune (CVID). Nei pazienti affetti da IgAD, l’incidenza delle malattie autoimmuni è aumentata. L’eziologia è sconosciuta, ma in circa il 20-25% dei casi si riscontra una trasmissione familiare, che suggerisce l’influenza di fattori genetici. Non è disponibile una terapia specifica per la IgAD, ma è importante trattare in maniera efficace le infezioni. I pazienti con IgAD che si sottopongono a trasfusione di sangue dovrebbero informare il loro medico, in considerazione del rischio di reazione anafilattica contro i prodotti del sangue che contengono IgA. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Deficit di ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi

ORPHA206428

MIM: 300322 Il deficit di ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi (HPRT) è una patologia ereditaria del metabolismo delle purine associata a iperproduzione di acido urico e spettro variabile di manifestazioni neurologiche secondario alla gravità del deficit

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

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malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di IRAK-4

enzimatico. La prevalenza del deficit di HPRT non è nota, ma la prevalenza per la sindrome di Lesch-Nyhan (LNS; si veda questo termine) è stimata tra 1/380.000 e 1/235.000 nati vivi. I maschi eterozigoti sono generalmente affetti mentre le femmine eterozigoti sono portatrici (solitamente asintomatiche). L’esordio avviene durante l’infanzia. Sono state descritte due forme della patologia: la LNS, forma più grave con deficit enzimatico completo, e la Lesch-Nyhan variante con deficit parziale di HPRT. La LNS è caratterizzata da sintomi associati alla iperproduzione di acido urico come urolitiasi e gotta, gravi manifestazioni neurologiche, anomalie ematologiche e comportamento compulsivo automutilante. I pazienti con LNS hanno aspettativa di vita ridotta. Nella forma meno grave LNS variante, detta anche sindrome Kelley-Seegmiller (KSS; si veda questo termine), i sintomi associati alla iperproduzione di acido urico sono prominenti, le manifestazioni neurologiche sono generalmente non visibili, il comportamento compulsivo automutilante è assente e l’aspettativa di vita è normale. La trasmissione è recessiva legata all’X ed il deficit di HPRT è dovuto a mutazioni del gene HPRT1 (Xq26). *Autori: Dott. R.J. Torres e Dott. J.G. Puig (aprile 2010)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della sindrome di Lesch-Nyhan IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico, Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dei difetti del metabolismo delle purine (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica e molecolare della deficienza di ipoxantina-guanina fosforibosil transferasi, HPRT (sindrome di Lesch-Nyhan, sindrome di KelleySeegmiller) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica della sindrome di Lesch-Nyhan Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica della sindrome di Lesch-Nyhan Università degli Studi di Siena, SIENA Dr. JACOMELLI Gabriella, Pr. MICHELI Vanna, Pr. POMPUCCI Giuseppe Diagnosi biochimica del deficit di ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi (dosaggio purine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi molecolare della sindrome di Lesch-Nyhan Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare della sindrome di Lesch-Nyhan Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare della sindrome di Lesch-Nyhan (gene HPRT1) Policlinico Le Scotte, SIENA Dr. BRUTTINI Mirella, Dr. MELONI Ilaria, Pr. RENIERI Alessandra Diagnosi molecolare della sindrome di Lesch-Nyhan (gene HPRT1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros Diagnosi molecolare della sindrome di Kelley-Seegmiller (gene HPRT1) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche

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META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di IRAK-4 Vedere: Immunodeficienza da deficit di interleuchina-1 chinasi-4 associata al recettore

Deficit di IRE Vedere: Deficit di aconitasi

Deficit di isobutiril-CoA deidrogenasi

ORPHA79159

MIM: 611283 Il deficit di isobutiril-CoA deidrogenasi è un difetto congenito del metabolismo della valina. La prevalenza non è nota. Fino ad oggi è stato descritto solo un paziente sintomatico (con anemia, ritardo della crescita, cardiomiopatia dilatativa e deficit di carnitina nel plasma), anche se sono stati identificati numerosi pazienti mediante screening neonatali, che mostravano un aumento dei livelli di C(4)-carnitina con la spettrometria di massa. La malattia è causata dalle mutazioni del gene ACAD8 (11q25). *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2007)*.

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di istidasi Vedere: Istidinemia

Deficit di LCAT

ORPHA650

MIM: 136120 Il deficit di lecitina-colesterolo-acil-transferasi (LCAT) è una malattia del metabolismo delle lipoproteine caratterizzata da inadeguata esterificazione del colesterolo plasmatico. L’LCAT è un enzima plasmatico legato alle lipoproteine ad alta densità (HDL) e alle lipoproteine contenenti apolipoproteina B (lipoproteine a densità molto bassa, VLDL, e lipoproteine a densità bassa, LDL). L’LCAT catalizza la transesterificazione di colesterolo libero e lecitina. Il deficit di LCAT è raro con solo 30 casi descritti ad oggi in letteratura. Esistono due forme cliniche del deficit di LCAT: il deficit familiare di LCAT, associato a completa assenza di LCAT che causa anomalie dell’esterificazione che coinvolgono sia HDL (attività alfa-LCAT) che LDL (attività beta-LCAT), e la malattia dell’‘occhio di pesce’ che risulta in un deficit parziale di LCAT che colpisce solo l’attività alfa-LCAT. Entrambe le condizioni mostrano livelli plasmatici marcatamente bassi di HDL e opacità corneali dovute ad

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ORPHANET ITALIA 2011

Laboratori Diagnosi biochimica delle malattie perossisomiali (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata

Associazioni

UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Deficit di MAD Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Deficit di malonil-CoA decarbossilasi Vedere: Aciduria malonica

Deficit di maltasi acida Vedere: Glicogenosi, tipo 2

Deficit di maltasi-glucoamilasi Vedere: Diarrea cronica da deficit di glucoamilasi

Deficit di MAT Vedere: Acidosi chetonica da deficit di beta-chetotiolasi

Deficit di LCHAD Vedere: Deficit di 3-idrossiacil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena lunga

Deficit di lecitina-colesterolo-acil-transferasi (LCAT) Vedere: Deficit di LCAT

Deficit di MC4R Vedere: Obesità da deficit del recettore della melanocortina-4

Deficit di metil-cobalamina Vedere: Omocistinuria senza aciduria metilmalonica

Deficit di metil-cobalamina (cbl E)

Deficit di leucotriene C4 (LTC4) sintasi

Vedere: Deficit di metil-cobalamina, tipo cbl E

Vedere: Ipotonia - ritardo di crescita - microcefalia ORPHA2394

MIM: 248600 Il deficit di lipoamide deidrogenasi (LAD) è una rara causa di acidosi lattica primitiva nei bambini, con circa 20 casi noti. La LAD è una subunità catalitica condivisa da tre enzimi mitocondriali: la piruvato deidrogenasi (PDH), la deidrogenasi chetoacida delle catene ramificate (BCKAD) e l’alfa-chetoglutarato deidrogenasi (alfa-KGD). I pazienti di solito non presentano sintomi durante le prime settimane o i primi mesi di vita, ad eccezione di episodi incostanti di ipoglicemia neonatale. In seguito sviluppano un deterioramento neurologico progressivo (ipotonia, microcefalia, ritardo dello sviluppo, distonia, atassia) e attacchi acuti ricorrenti di vomito, con chetoacidosi e acidosi lattica. Tuttavia l’esordio della malattia varia dal periodo neonatale all’età adulta e la presentazione clinica è variabile. Può manifestarsi un esordio neonatale con acidosi lattica metabolica, ipoglicemia, letargia e difficoltà di crescita. Alcuni pazienti sono asintomatici negli intervalli tra gli attacchi acuti. Sono stati anche descritti pazienti adulti con epatite acuta, acidosi lattica e mioglobinuria, in assenza di sintomi neurologici. L’imaging del cervello può evidenziare necrosi dei gangli basali, del talamo e del tronco encefalico, compatibili con l’encefalopatia di Leigh. Le indagini biologiche mostrano chetoacidosi, livelli elevati di lattato, piruvato e aminoacidi con catene ramificate. Gli acidi organici urinari mostrano un aumento di lattato, alfa-chetoglutarato, alfa-idrossi-isovalerato e alfa-idrossibutirrato. Gli studi enzimatici confermano la bassa attività dei tre enzimi coinvolti (PDH, alfa-KGDH, BCKAD), associati a bassa attività di LAD. Il LAD è mappa su 7q31-q32; sono state descritte finora 10 mutazioni, che comprendono sostituzioni neuclotidiche, piccole delezioni e inserzioni. Se sono state caratterizzate le mutazioni nella famiglia, la diagnosi prenatale è possibile sui villi coriali. *Autore: Dott. C. Sevin (febbraio 2004)*.

Deficit di metil-cobalamina (cbl G) Vedere: Deficit di metil-cobalamina, tipo cbl G

Deficit di metil-cobalamina, tipo cbl E

ORPHA2169

MIM: 236270

Laboratori Diagnosi biochimica dell’omocistinuria Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica dell’omocistinuria dovuta a deficit di metil-cobalamina Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’omocistinuria da disturbi della rimetilazione (cbl E e G) Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Deficit di metil-cobalamina, tipo cbl G

ORPHA2170

MIM: 250940

Laboratori Diagnosi biochimica dell’omocistinuria Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica della omocistinuria dovuta a difetto di metilazione tipo cbl G Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

accumulo di depositi di colesterolo nella cornea (‘occhio di pesce’). L’opacità corneale è spesso presente alla nascita, cominciando dalla periferia della cornea e progredendo gradualmente verso il centro. La dislipoproteinemia è a volte eterogena e l’opacità corneale può richiedere trapianto di cornea come trattamento. Il deficit familiare di LCAT è associato con ipertrigliceridemia, anemia emolitica normocromica e proteinuria. La prognosi di questa forma dipende dall’estensione dell’interessamento renale: l’accumulo di lipoproteine anomale (LpX) nei reni può portare ad insufficienza renale. La patologia si trasmette come tratto autosomico recessivo ma sono stati descritti anche casi sporadici. Ad oggi, sono state riportate circa 40 mutazioni nel gene LCAT (16q22.1) che causano sia un totale che un parziale deficit di LCAT. È inoltre stato evidenziato che la malattia dell’‘occhio di pesce’ è associata anche a mutazioni nel gene dell’apolipoproteina A-I. *Autore: Dr. A. Carrié (maggio 2006)*.

Deficit di lipoamide deidrogenasi

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Deficit di metil-cobalamina, tipo cbl G

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Diagnosi biochimica dell’omocistinuria da disturbi della rimetilazione (cbl E e G) Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Deficit di metilene-tetraidrofolato reduttasi Vedere: Omocistinuria da deficit di metilene-tetraidrofolato reduttasi

Deficit di metilmalonil-Coenzima A epimerasi

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Aciduria metilmalonica isolata resistente alla vitamina B12

Deficit di metionina sintasi Vedere: Omocistinuria senza aciduria metilmalonica

può essere secondario ad anomalie degli acidi organici, a difetti del metabolismo degli acidi grassi o alla terapia con acido valproico. La diagnosi può essere suggerita dal riscontro di una riduzione della attività epatica della NAGS e può essere confermata dall’esame del DNA. La principale diagnosi differenziale si pone con il deficit di carbamoil-fosfatosintetasi (si veda questo termine). Il trattamento stabilito per i pazienti affetti da deficit di NAGS è la somministrazione giornaliera di N-carbamil-L-glutamato (NCLG), un analogo strutturale di NAGS, che attiva la CPSI. Dal 2003, il NCLG ha ottenuto dall’UE l’autorizzazione alla commercializzazione come farmaco orfano per il trattamento del deficit di NAGS. In alcuni casi, il trattamento precoce con NCLG (cioè prima dell’esordio delle sequele neurologiche permanenti) permette uno sviluppo psicomotorio normale e una qualità di vita ottimale. Sebbene la gravità della malattia sia variabile, la prognosi in assenza di trattamento è negativa, con deficit cognitivo e un’eventuale evoluzione verso la morte. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2007)*.

Laboratori

Deficit di mevalonato chinasi Vedere: Aciduria mevalonica

Deficit di MHBD Vedere: Deficit di 3-idrossiacil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta

Deficit di miofosforilasi Vedere: Glicogenosi, tipo 5

Deficit di MTHFR Vedere: Omocistinuria da deficit di metilene-tetraidrofolato reduttasi

Deficit di N5-metilomocisteina transferasi Vedere: Omocistinuria senza aciduria metilmalonica

Deficit di N-acetil-alfa-glucosaminidasi sulfamidasi Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 3

Deficit di N-acetilgalattosamina 4-sulfatasi Vedere: Mucopolisaccaridosi, tipo 6

Deficit di N-acetilglucosamina-1-fosfotransferasi Vedere: Mucolipidosi, tipo 2

Deficit di N-acetilglutamatosintasi

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di metilene-tetraidrofolato reduttasi

ORPHA927

Diagnosi biochimica del deficit di N-acetilglutamatosintasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit di N-acetilglutamatosintasi Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica del deficit di N-acetilglutamatosintasi (dosaggio aminoacidi plasmatici, ammonio e acido orotico) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di N-acil-L-aminoacido-amidoidrolasi Vedere: Neuropatie da deficit di aminoacilasi 1

Deficit di NADH CoQ reduttasi

MIM: 252010

MIM: 237310 Il deficit di N-acetilglutamatosintasi (NAGS) è un disturbo del ciclo dell’urea che provoca iperammoniemia. La malattia è molto rara, ma la prevalenza non è nota. L’esordio si verifica a tutte le età, anche se quello neonatale è il più frequente. I sintomi clinici sono variabili. I segni più comuni sono il vomito, l’iperattività o la letargia, la diarrea, la malnutrizione, le crisi epilettiche, l’ipotonia, il ritardo dello sviluppo psicomotorio e l’insufficienza respiratoria. L’iperammoniemia è spesso grave e può portare al coma iperammoniemico. La malattia primitiva viene trasmessa come carattere autosomico recessivo ed è dovuta alle mutazioni del gene NAGS (17q21.31), che provocano la totale o parziale assenza di attività della NAGS. Il prodotto della NAGS, N-acetilglutamato (NAG), è un attivatore allosterico della carbamoil-fosfatosintetasi (CPSI), l’enzima che catalizza la prima tappa dell’ureagenesi. Il deficit di NAGS

ORPHA2609

Laboratori Diagnosi biochimica dei difetti della catena respiratoria e della sintesi dell’ATP mitocondriale IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di P2Y12

AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

Deficit di NAGA Vedere: Deficit di alfa-N-acetilgalattosaminidasi

Deficit di neuraminidasi beta-galattosidasi Deficit di noradrenalina (norepinefrina) Vedere: Deficit di dopamina beta-idrossilasi

Deficit di omocarnosinasi Vedere: Omocarnosinasi

Deficit di ornitina aminotrasferasi Vedere: Iperornitinemia

Deficit di ornitina carbamiltransferasi

ORPHA664

MIM: 311250 Si tratta di un deficit enzimatico molto frequente, trasmesso con modalità recessiva o dominante legata all’X. Nelle donne, la gravità della malattia è variabile in funzione del grado di inattivazione del cromosoma X che porta la mutazione. Il deficit enzimatico completo si manifesta sempre nei maschi emizigoti con coma iperammoniemico neonatale molto grave, di solito letale; mentre nelle eterozigoti è asintomatico, oppure provoca una escrezione di acido orotico (spontaneamente o dopo carico proteico), che permette di riconoscere le portatrici, oppure determina una malattia sintomatica di gravità variabile, che comprende il disgusto per le proteine fino al vomito ciclico, al ritardo della crescita, all’ipotonia, al ritardo psicomotorio o a episodi di coma iperammoniemico o a patologie psichiatriche. Nei maschi emizigoti le mutazioni, che si associano ad attività enzimatica residua, causano coma iperammoniemico, ad esordio tardivo, simile alla sindrome di Reye o encefalite, a volte diagnosticata solo tardivamente, in età adulta. La diagnosi si basa sull’iperammoniemia e sulla cromatografia degli aminoacidi, che mostra un’importante ipocitrullinemia, associata ad un aumento di glutamina, alanina e lisina. Durante gli episodi di coma, si osserva spesso un aumento della escrezione di acido orotico. La presenza di un albero genealogico coerente con la trasmissione di una malattia legata all’X, è molto suggestiva ai fini diagnostici. La conferma della diagnosi richiede il dosaggio enzimatico su biopsia epatica o intestinale. La terapia si basa su una dieta ipoproteica rigorosa o adattata alla tolleranza del paziente, e sulla supplementazione di citrullina, arginina, benzoato e fenilbutirrato di sodio. Alcune forme gravi sono state trattate con successo con il trapianto epatico. L’indagine familiare si basa sull’analisi molecolare che deve essere svolta sia sui genitori affetti che su quelli sani. Per la diagnosi prenatale è anche utilizzata l’analisi molecolare del gene. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di ornitina carbamiltransferasi Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita

Diagnosi biochimica del deficit di ornitina carbamiltransferasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit di ornitina carbamiltransferasi Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica di deficit di ornitina carbamiltransferasi (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica del deficit di ornitina carbamiltransferasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di ornitina carbamiltransferasi (gene OTC) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di ornitina carbamiltransferasi (dosaggio aminoacidi plasmatici, ammonio e acido orotico) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di orotidilico decarbossilasi Vedere: Aciduria orotica ereditaria

Deficit di P2Y12

ORPHA36355

MIM: 609821 Il deficit di P2Y12 (deficit congenito del recettore ADP) è una rara malattia autosomica recessiva delle piastrine, di recente individuazione. P2Y12 appartiene alla famiglia dei recettori con sette domini transmembrana che inviano segnali mediante proteine Gi. Il deficit di P2Y12 causa una sindrome da modesto sanguinamento, caratterizzata da eccessiva perdita ematica post-traumatica e postchirurgica. Nei test di laboratorio, l’aggregazione piastrinica all’ADP dimostra un’intensità ridotta e rapidamente reversibile a tutte le concentrazioni. La prova del difetto funzionale di P2Y12 è che l’ADP non inibisce l’aumento dei livelli di cAMP dopo stimolazione piastrinica con prostaglandina E1.Nei pazienti, sono presenti modificazioni della forma delle piastrine e correnti Ca2+ in quanto è attivo un secondo recettore per l’ADP, P2Y1. In condizioni fisiologiche, P2Y1 innesca la risposta piastrinica all’ADP, ma per la formazione e il mantenimento di grandi aggregati è necessario P2Y12. Dato che l’ADP è un cofattore di aggregazione indotto da numerosi altri stimoli fisiologici, il deficit di P2Y12 causa anche una ridotta risposta piastrinica con bassa attività di collagene e trombina. In condizioni che simulano il sangui-

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Galattosialidosi

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malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di PCI

namento, non si formano i grandi macroaggregati sul collagene, il substrato principale per l’adesione piastrinica. La malattia è di particolare interesse, in quanto gli eterozigoti possono mostrare un modesto difetto della funzione piastrinica simile a quella osservata nelle malattie da accumulo. Il primo paziente ad essere caratterizzato per il difetto molecolare era di origine francese; presentava un allele P2Y12 non espresso e l’altro allele con una delezione di due coppie di basi all’interno del codone 240. Questa mutazione comportava uno spostamento della cornice di lettura per 28 residui e un codone di stop. Lo studio originale è stato seguito dall’identificazione di una delezione diversa, di due coppie di basi, comune a tre pazienti Italiani, omozigoti, che induceva la formazione di una proteina tronca non espressa. Infine, è stato descritto un paziente eterozigote composto con due mutazioni nonsenso, che comportavano la perdita di funzione di P2Y12, pur in presenza di una espressione normale. Il trattamento della malattia consiste nell’emotrasfusione, quando l’emorragia è importante, anche se questo evento è raro. La malattia è di particolare interesse, in quanto la risposta funzionale delle piastrine è simile a quella osservata dopo trattamento con farmaci anticoagulanti (clopidogrel, ticlopidina). P2Y12 è espresso inoltre al livello cerebrale (cellule gliali), ma il suo ruolo funzionale non è noto. *Autore: Dott. A. Nurden (ottobre 2003)*.

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Deficit di piruvato chinasi negli eritrociti Vedere: Anemia emolitica da deficit di piruvato chinasi negli eritrociti

Deficit di piruvato deidrogenasi

ORPHA765

MIM: 179060

Diagnosi biochimica del deficit di piruvato carbossilasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit di piruvato carbossilasi Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

Il deficit di piruvato deidrogenasi è una malattia del metabolismo dei carboidrati caratterizzata da degenerazione neurologica di gravità variabile durante l’infanzia. Sono state descritte alcune centinaia di casi, ma la frequenza della malattia è probabilmente sottostimata, in quanto alcune mutazioni sono asintomatiche, soprattutto nelle femmine. Sono stati descritti tre fenotipi clinici: 1) una forma neonatale grave, caratterizzata da sintomi neurologici con acidosi lattica, dismorfismi facciali e anomalie cerebrali prenatali (ad esempio, agenesia del corpo calloso); 2) una forma infantile, con ipotonia, letargia, comparsa di crisi epilettiche o distoniche, ritardo psicomotorio, sindrome di Leigh (presente nella maggior parte dei casi; si veda questo termine), e iperlattatemia (meno grave rispetto a quella associata alla forma neonatale); 3) una forma intermedia, osservata esclusivamente nei maschi e caratterizzata da episodi di atassia con ricadute che si associano a iperlattatemia, che peggiora con l’ingestione di alimenti ricchi di zuccheri. Il deficit di piruvato deidrogenasi è dovuto ad una alterazione del ciclo dell’acido citrico, responsabile del deficit energetico muscolare e cerebrale. Finora sono state descritte circa 100 anomalie genetiche. Quasi tutte le mutazioni si localizzano nel gene PDHA1 (Xp22.2-p22.1), che codifica per la subunità E1-alfa dell’enzima e la maggior parte di esse sono sporadiche. Tuttavia, sono state identificate mutazioni autosomiche recessive nel gene PDHX (11p13), che codifica per la componente proteica X della piruvato deidrogenasi; nel gene PDHB (3p21.1p14.2), che codifica per la subunità beta della componente E1 della piruvato deidrogenasi; nel gene DLAT (11q23.1), che codifica per la subunità del complesso E2 della piruvato deidrogenasi; nel gene PPM2C (8q22.1), che codifica per l’enzima della piruvato deidrogenasi (acetil-trasferente)-fosfatasi 1 (PDP1). L’iperlattatemia è quasi sempre presente ed è stata osservata in associazione con un rapporto lattato/piruvato normale. La diagnosi differenziale si pone con altre cause di iperlattatemia congenita, con rapporto lattato/piruvato elevato. Le famiglie devono essere informate sul fatto che la maggior parte della mutazioni di PDHA1 si presentano de novo, anche se può essere presente un mosaicismo germinale, e che la malattia secondaria alle altre mutazioni viene ereditata come carattere autosomico recessivo. La diagnosi prenatale molecolare è possibile. La supplementazione di tiamina deve essere raccomandata a tutti i pazienti. Il difetto del metabolismo dei carboidrati può essere compensato in parte con una dieta chetogenica (povera di carboidrati e ricca di grassi). La forma neonatale si accompagna ad una prognosi infausta e alla morte precoce. La prognosi per la forma infantile è infausta, ma dipende dalla gravità del coinvolgimento cerebrale al momento della diagnosi, in quanto la progressione dei sintomi cerebrali può essere rallentata con la dieta chetogenica. La prognosi è buona nelle forme della malattia sensibili alla tiamina. *Autore: Dott. M. Brivet (luglio 2007)*.

Associazioni

Laboratori

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Deficit di PCI Vedere: Obesità da deficit di pro-ormone convertasi 1

Deficit di PDH fosfatasi

ORPHA79246

MIM: 608782 Vedere: Deficit di piruvato deidrogenasi

Associazioni

MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

Deficit di PEPCK Vedere: Deficit di fosfoenolpiruvato carbossichinasi

Deficit di piruvato carbossilasi

ORPHA3008

MIM: 266150

Laboratori

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di piruvato deidrogenasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico Diagnosi biochimica del deficit di piruvato deidrogenasi Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “C. Besta” - sede Bicocca, MILANO Dr. GARAVAGLIA Barbara, Dr. ZEVIANI Massimo Diagnosi biochimica del deficit di piruvato deidrogenasi (E1 e E3) Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di purina nucleoside fosforilasi

Diagnosi biochimica del deficit di piruvato deidrogenasi (dosaggio acido lattico e piruvato) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di prolina ossidasi Vedere: Iperprolinemia, tipo 1

Deficit di propionil-CoA carbossilasi Vedere: Acidemia propionica

Deficit di protrombina Vedere: Deficit congenito del fattore II

Deficit di purina nucleoside fosforilasi

ORPHA760

MIM: 613179

Deficit di plasminogeno, tipo 1 Vedere: Deficit congenito di plasminogeno

Deficit di PNP Vedere: Deficit di purina nucleoside fosforilasi

Deficit di POMC Vedere: Obesità da deficit di pro-opiomelanocortina

Deficit di proaccelerina Vedere: Deficit congenito del fattore V

Deficit di prolidasi

ORPHA742

MIM: 170100 Il deficit di prolidasi è una malattia metabolica molto rara. La prevalenza non è nota, ma sono stati descritti 50 casi. È caratterizzato da lesioni cutanee, lievi o gravi, localizzate in particolare sul viso, sul palmo delle mani, sugli arti inferiori e sulla pianta dei piedi, in associazione ad altre caratteristiche variabili. I pazienti eliminano con le urine grandi quantità di imidodipeptidi a causa del deficit di prolidasi esopeptidasi. L’attività dell’enzima può essere dosata sugli emosilati, sui leucociti o sui fibroblasti. Questa condizione si trasmette come carattere autosomico recessivo; sono state descritte mutazioni del gene PEPD, localizzato sul cromosoma 19p13.2. Le lesioni cutanee rispondono in parte al trattamento topico. *Autore: Prof. J. Jaeken (luglio 2006)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di prolidasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi molecolare del deficit di prolidasi (gene PEPD) Università degli Studi di Pavia, PAVIA Dr. FORLINO Antonella, Pr. ROSSI Antonio

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare

Il deficit di purina nucleoside fosforilasi, a trasmissione autosomica recessiva, inibisce il catabolismo dell’inosina a ipoxantina e della guanosina a guanina, dando luogo all’accumulo di guanosina, inosina e dei loro deossi-derivati e alla diminuzione dei livelli di guanina, così come di ipoxantina, xantina e acido urico. La malattia si manifesta essenzialmente con infezioni recidivanti, che compaiono alla fine del primo anno di vita e che evolvono nel corso dei primi 5-6 anni. I pazienti sono particolarmente sensibili alle infezioni virali come la varicella, la parotite, il citomegalovirus, ma un terzo dei pazienti presenta anche infezioni batteriche suppurative e anemia, mentre due terzi soffrono di disturbi neurologici, come l’atassia, la tetraparesi spastica e i tremori. È presente una grave immunodeficienza, caratterizzata dalla marcata riduzione dei linfociti T. La diagnosi è sospettata in base al deficit funzionale dei linfociti T, associato ad ipouricemia grave e viene confermata con il dosaggio dell’enzima sugli eritrociti. Si tratta di una malattia ad evoluzione spontaneamente grave. Oltre al trattamento sintomatico e alla prevenzione delle infezioni, la terapia consiste nel trapianto del midollo e nelle trasfusioni continue di sangue irradiato. È possibile effettuare la diagnosi prenatale. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di purina nucleoside fosforilasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dei difetti del metabolismo delle purine (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica e molecolare del deficit di purina nucleoside fosforilasi (PNP) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica del deficit di purina nucleoside fosforilasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di purina nucleoside fosforilasi Università degli Studi di Siena, SIENA Dr. JACOMELLI Gabriella, Pr. MICHELI Vanna, Pr. POMPUCCI Giuseppe Diagnosi biochimica del deficit di purina nucleoside fosforilasi (dosaggio purine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di saccaropina deidrogenasi

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di saccaropina deidrogenasi Vedere: Saccaropinuria

Deficit di SCAD Vedere: Deficit di acil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta

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Deficit di sfingomielinasi Vedere: Malattia di Niemann-Pick

Deficit di SLSJ-COX Vedere: Malattia di Saguenay-Lac-St. Jean da deficit di citocromo ossidasi

Deficit di solfatasi steroidea Vedere: Ittiosi legata all’X

Deficit di steroido deidrogenasi - anomalie dentali ORPHA3196 Il deficit di steroido deidrogenasi - anomalie dentali è una malattia epatica autosomica recessiva, che è stata associata ad anomalie multiple dei denti in una famiglia consanguinea dell’Arabia Saudita. Questa associazione suggerisce che lo stesso gene sia coinvolto in entrambi i difetti. Si ritiene che l’ipomineralizzazione diffusa e l’ipoplasia dello smalto presenti in questa famiglia siano secondarie al malassorbimento dovuto alla malattia epatica. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2006)*.

Deficit di SCHAD

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Deficit di 3-idrossiacil-CoA deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta

Deficit di sterolo 27-idrossilasi Vedere: Xantomatosi cerebrotendinea

Deficit di SCOT Vedere: Deficit di succinil-CoA acetoacetato transferasi

Deficit di semialdeide succinico deidrogenasi Vedere: Aciduria 4-idrossibutirrica

Deficit di sepiapterina reduttasi

Deficit di sterolo C5-desaturasi Vedere: Latosterolosi

Deficit di succinato coenzima Q reduttasi ORPHA3208 MIM: 252011

ORPHA70594

MIM: 612716 Il deficit di sepiapterina reduttasi appartiene al gruppo dei deficit di tetraidrobiopterina senza iperfenilalaninemia. Nella maggior parte dei casi, l’esordio avviene durante l’infanzia ed è caratterizzato principalmente da ritardo psicomotorio progressivo, distonia e spasticità. Sono presenti spesso anche deficit cognitivi. La prevalenza non è nota. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (gennaio 2006)* Vedere: Distonia Dopa-sensibile

Associazioni

ALDEI - Associazione per la Lotta alle Distonie Evolutive Infantili ARD - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di serina Vedere: Malattia neurometabolica da deficit di serina

Laboratori Diagnosi biochimica dei difetti della catena respiratoria e della sintesi dell’ATP mitocondriale IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico Diagnosi biochimica del deficit di succinato coenzima Q reduttasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

Deficit di succinil-CoA acetoacetato transferasi

ORPHA832

MIM: 245050 Il deficit di succinil-CoA acetoacetato transferasi (SCOT) è un tipico difetto della chetolisi, nel quale i tessuti extraepatici non

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ORPHANET ITALIA 2011

Deficit di UGT

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di transcobalamina II

ORPHA859

MIM: 275350

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di succinil-CoA acetoacetato transferasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit di succinil-CoA acetoacetato transferasi Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Il deficit di transcobalamina II (TCII) è una malattia autosomica recessiva, caratterizzata da ridotto assorbimento della vitamina B12, a livello intestinale. Il deficit di TCII comporta nei primi mesi di vita una sintomatologia aspecifica (vomito, difetto d’accrescimento) e infezioni ricorrenti (a causa di una ipogammaglobulinemia). Il sintomo cardine è l’anemia megaloblastica. I livelli sierici di vitamina sono comunque nella norma, perché la metil-vitamina B12, la forma circolante più rappresentata, si lega ad un’altra proteina trasportatrice (transcobalamina I). La terapia si basa sull’assunzione di dosi elevate di vitamina B12 per os o per via parenterale. La sintomatologia tende a regredire, tranne nei casi in cui il danno neurologico sia diventato permanente. *Autore: Prof. P. Kamoun (settembre 2003)*.

Associazioni

Vedere: Sindrome pseudo-Zellweger

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit di tirosina idrossilasi

Deficit di triosofosfato-isomerasi

Deficit di tiolasi

MIM: 190450

Vedere: Distonia Dopa-sensibile, autosomica recessiva

Deficit di tirosina transaminasi Vedere: Tirosinemia, tipo 2

Deficit di transaldolasi

ORPHA101028

MIM: 606003 Il deficit di transaldolasi è un errore congenito del ciclo dei pentoso fosfati che si manifesta alla nascita o in epoca prenatale con idrope fetale, epatosplenomegalia, disfunzione epatica, trombocitopenia, anemia e difetti cardiaci e renali. Sono stati descritti meno di 10 bambini nati da genitori consanguinei di origine Turca o Araba. Sono stati osservati alcuni dismorfismi comprese le rime palpebrali oblique verso il basso, l’impianto basso dei padiglioni auricolari e la cutis laxa. La gravità dei sintomi e la prognosi sono molto variabili. La malattia è causata da mutazioni del gene della transaldolasi (TALDO1, 11p15.5-p15.4).*Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2009)*.

ORPHA868

Il difetto di triosofosfato-isomerasi (TPI) è una malattia multisistemica grave, ad eredità autosomica recessiva. È caratterizzata soprattutto da anemia emolitica cronica ad esordio precoce, che è costante, e da un coinvolgimento neurologico progressivo, che si manifesta tra i 6 ed i 30 mesi di vita. Possono essere presenti altri segni clinici, in particolare la paralisi del diaframma, che richiede la ventilazione artificiale, la cardiomiopatia e un aumento della suscettibilità alle infezioni. L’incidenza non è nota, ma sono stati descritti solo 30 casi nel mondo. Il gene TPI è localizzato sul cromosoma 12 e sono state identificate diverse mutazioni. La diagnosi prenatale può essere eseguita sia con saggio enzimatico che con analisi molecolare. *Autore: Dott. M.O. Livet (settembre 2003)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Deficit di UGT Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

possono utilizzare i corpi chetonici prodotti dal fegato. Si tratta di una malattia rara, ad oggi sono stati riportati oltre 20 pazienti con deficit di SCOT. Questo disturbo è caratterizzato, a livello clinico, da chetoacidosi intermittente, senza sintomi clinici nel periodo di tempo intercorrente tra gli episodi. Gli episodi di chetoacidosi sono di solito gravi e il primo episodio, di norma, si verifica in epoca neonatale o nella prima infanzia (tra il 6° e 20° mese). Alcuni soggetti muoiono per le conseguenze di questo attacco. Non esiste un profilo caratteristico degli acidi organici e dell’acilcarnitina. I soggetti con deficit di SCOT non sempre presentano chetosi persistente. In ogni caso il riscontro di chetosi persistente è indicativo di deficit di SCOT. È importante prendere in considerazione questa patologia quando una persona presenta episodi chetotici o chetoacidosici. Il deficit di SCOT si pone in diagnosi differenziale con la chetosi fisiologica, che è molto comune durante l’infanzia. Se si instaura un adeguato trattamento, in grado di prevenire attacchi ricorrenti gravi di chetoacidosi nel soggetto affetto, questo avrà una crescita e uno sviluppo normali. *Autore: Dott. T. Fukao (settembre 2004)*.

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Deficit di UGT, tipo 2

Deficit di UGT, tipo 2

e a ogni caso) consente di normalizzare il tasso di colesterolo, al fine di fare regredire le lesioni d’aterosclerosi e di prevenirne le complicanze cardiovascolari. Questa malattia colpisce, in Francia, 1/1.200 nati. Molti ignorano di essere portatori per la mancanza di sintomi d’allerta e la malattia spesso viene diagnostica solo sul dosaggio dei tassi di colesterolo nel sangue. *Autore: Dott. P. Benlian (settembre 2002)*.

Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar, tipo 2

Deficit di uridina-monofosfato sintasi Vedere: Aciduria orotica ereditaria

Laboratori

Deficit di xilitolo deidrogenasi

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Pentosuria

Deficit doppio di xantina deidrogenasi e xantina aldeide ossidasi

Diagnosi molecolare del deficit familiare di apolipoproteina B (gene APOB) P.S.I. “Loreto Crispi”, NAPOLI Dr. PEPE Nicola, Pr. POLISTINA Maria Teresa

Deficit familiare di glucocorticoidi

Vedere: Xantinuria, tipo 2

ORPHA361

MIM: 202200

Deficit endocrino multiplo - malattia di Addison - candidiasi Vedere: Poliendocrinopatia autoimmune, tipo 1

Deficit ereditario di ceruloplasmina Vedere: Aceruloplasminemia

Deficit ereditario di fruttosio-1-fosfato aldolasi Vedere: Intolleranza al fruttosio

Deficit familiare benigno di rame

174

ORPHA1551

MIM: 121270

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit familiare di apolipoproteina B-100

ORPHA89

MIM: 107730 Il colesterolo circola nel sangue grazie a trasportatori definiti lipoproteine. Le lipoproteine, che trasportano i due terzi del colesterolo presente nel sangue, sono definite LDL. Le LDL rilasciano il colesterolo nei tessuti attraverso un sistema di riconoscimento tra l’apolipoproteina B e un recettore: il recettore delle LDL (sistema chiave-serratura) permette l’entrata delle LDL e del loro contenuto di colesterolo nelle cellule. Quando l’apolipoproteina B è mutata, a livello del sito di riconoscimento dei recettori, le LDL si accumulano nel sangue e nella parete delle arterie. I tassi di colesterolo sono elevati sin dalla nascita e l’accumulo di colesterolo nella parete arteriosa favorisce lo sviluppo di lesioni aterosclerotiche che possono essere causa di accidenti cardiovascolari (infarto del miocardio, accidenti vascolari cerebrali) dopo i 40 anni. Alcuni sintomi clinici e biologici permettono di riconoscere questa malattia. La diagnosi genetica ne identifica le cause con certezza. Quando un soggetto è affetto da deficit familiare di apolipoproteina B-100, un soggetto su due nella sua famiglia è affetto. Quando la malattia viene riconosciuta, un trattamento farmacologico (adattato a ogni età

La sindrome da deficit familiare di glucocorticoidi (FGD) consiste in un’insufficienza surrenalica, in assenza di un difetto di mineralcorticoidi. Si tratta di una sindrome genetica a bassa incidenza. In generale, si evidenzia durante il periodo neonatale, ma può essere diagnosticata nell’infanzia. Si manifesta con crisi ipoglicemiche ricorrenti (ad esempio durante gli episodi infettivi), che possono portare a convulsioni o addirittura a coma, astenia cronica, infezioni ricorrenti, suscettibilità alle allergie e, di solito, macchie cutanee. È caratterizzata da livelli plasmatici di cortisolo molto bassi o non rilevabili, che non rispondono alla somministrazione esogena di ACTH, mentre i livelli plasmatici di ACTH sono molto elevati, espressione di una resistenza specifica all’ACTH. I livelli di aldosterone e renina in genere sono normali e rispondono correttamente all’attivazione dell’asse renina-angiotensina. Devono essere esclusi l’iperplasia del surrene da blocco enzimatico, l’iperplasia del surrene congenita legata all’X e l’adrenoleucodistrofia. Sono state identificate solo in alcuni pazienti mutazioni nel gene del recettore per l’ACTH (FGD di tipo 1). Nei restanti casi è stato ipotizzato il coinvolgimento di altri geni che devono ancora essere identificati. Il trattamento è relativamente semplice e consiste in una terapia sostitutiva con idrocortisone/desametasone per via orale. *Autore: Dott. M. Bégeot (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit familiare di glucocorticoidi (FGD; geni ACTHR, Aladdin, MRAP) Istituto Auxologico Italiano, CUSANO MILANINO (MI) Dr. BONOMI Marco, Dr. CORDELLA Daniela, Pr. PERSANI Luca Diagnosi molecolare della resistenza all’azione dell’ACTH Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale maggiore Policlinico, MILANO Pr. BECK-PECCOZ Paolo, Pr. SPADA Anna

Deficit grave degli arti Vedere: Focomelia, tipo Schinzel

Deficit grave del fattore IX Vedere: Emofilia B grave

Deficit grave del fattore VIII Vedere: Emofilia A grave

Deficit infantile fatale di citocromo C ossidasi

ORPHA1561

MIM: 604377

Laboratori Diagnosi biochimica dei difetti della catena respiratoria e della sintesi dell’ATP mitocondriale IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico

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Deficit multiplo di carbossilasi

Deficit infantile fatale di COX

Deficit isolato di xantina ossidasi (XO)

Vedere: Deficit infantile fatale di citocromo C ossidasi

Vedere: Xantinuria, tipo 1

Deficit isolato dell’ormone della crescita, tipo 1A ORPHA231662

Deficit isolato di xantina ossidoreduttasi (XOR)

MIM: 262400

Laboratori

Deficit isolato dell’ormone della crescita, tipo 2 ORPHA231679 MIM: 173100

Laboratori

Deficit isolato familiare di vitamina E Vedere: Atassia Friedreich-simile con deficit selettivo di vitamina E

Deficit lieve del fattore IX Vedere: Emofilia B lieve

Deficit lieve del fattore VIII Vedere: Emofilia A lieve

Deficit moderatamente grave del fattore IX Vedere: Emofilia B moderatamente grave

Diagnosi molecolare del deficit dell’ormone della crescita (gene GH) Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. BALDAZZI Lilia, Pr. CICOGNANI Alessandro

Deficit isolato dell’ormone della crescita, tipo 2B ORPHA231671 MIM: 612781

Deficit moderatamente grave del fattore VIII Vedere: Emofilia A moderatamente grave

Deficit multiplo degli ormoni ipofisari senza malformazioni correlate Vedere: Deficit combinato degli ormoni ipofisari, non acquisito, non sindromico

Laboratori

Deficit multiplo di acil-CoA deidrogenasi

Diagnosi molecolare del deficit dell’ormone della crescita (gene GH) Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. BALDAZZI Lilia, Pr. CICOGNANI Alessandro

Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Deficit isolato dell’ormone follicolo-stimolante (FSH)

ORPHA52901

MIM: 229070

Laboratori Diagnosi molecolare dei deficit ipofisari unitropici familiari Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale maggiore Policlinico, MILANO Pr. BECK-PECCOZ Paolo, Pr. SPADA Anna

Deficit isolato dell’ormone stimolante la tiroide

ORPHA90674

MIM: 275100 Vedere: Ipotiroidismo congenito

Deficit isolato di vitamina E Vedere: Atassia Friedreich-simile con deficit selettivo di vitamina E

Deficit isolato di xantina deidrogenasi (XDH) Vedere: Xantinuria, tipo 1

Deficit multiplo di carbossilasi

ORPHA148

MIM: 253260 Il deficit multiplo di carbossilasi (piruvato carbossilasi, acetilCoA carbossilasi, propionil-CoA carbossilasi, metilcrotonilCoA carbossilasi) è dovuto a una carenza o a una anomalia ereditaria del metabolismo intracellulare della biotina, il cofattore enzimatico di queste quattro carbossilasi. Sono state identificate due malattie genetiche: il deficit di biotinidasi e il deficit di olocarbossilasi sintetasi. L’enzima biotinidasi, il cui deficit si trasmette con modalità autosomica recessiva, trasforma la biocitina in biotina, mediante la scissione del legame biotina-lisina. La mancata trasformazione provoca un accumulo di biocitina cellulare e un deficit delle quattro carbossilasi biotina-dipendenti sopra citate. Generalmente esordisce nel primo anno di vita, di solito dopo 1-3 mesi. I segni principali sono: coma con acidosi lattica e chetosi, segni neurologici vari soprattutto con encefalopatia di ogni tipo, grave ipotonia, convulsioni, sindrome di Leigh, congiuntivite e segni cutanei caratterizzati da alopecia ed eruzioni vescicolo-bollose. Se non trattata, la malattia evolve verso il ritardo mentale e la sordità neurosensoriale. La diagnosi viene sospettata in base alla cromatografia degli acidi organici urinari, che mostra l’accumulo caratteristico di lattato, dei metaboliti del propionato e dell’acido metilcrotonico, con l’accumulo dei derivati correlati alla carnitina. La diagnosi è confermata dal dosaggio della biotinidasi sierica. La terapia, di notevole efficacia, si basa sulla somministrazione a vita di biotina (da 5 a 10 mg) per via orale. L’olocarbossilasi sintetasi permette il legame della biotina alle differenti apocarbossilasi. Nella maggioranza dei casi la malattia insorge alla nascita o nelle prime settimane di vita con un quadro simile a quello del deficit di biotinidasi e, soprattutto, con gravi segni cutanei suggestivi di una carenza

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare del deficit dell’ormone della crescita (gene GH) Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. BALDAZZI Lilia, Pr. CICOGNANI Alessandro

Vedere: Xantinuria, tipo 1

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Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

di acidi grassi essenziali (alopecia, eruzioni vescicolo-bollose e dermatosi). Come per il deficit di biotinidasi, la diagnosi si basa sulla cromatografia degli acidi organici, che mette in evidenza acidosi lattica e la comparsa di acidi organici caratteristici, nonché sul profilo delle acilcarnitine plasmatiche. La diagnosi è confermata dal dosaggio delle carbossilasi sui fibroblasti in coltura deprivati o supplementati di biotina. La terapia consiste nella somministrazione permanente di dosi farmacologiche di biotina per via intramuscolare prima, e per via orale successivamente. L’individuazione sistematica di queste malattie è possibile mediante il prelievo di sangue su carta bibula (test di Guthrie), effettuato qualche giorno dopo la nascita e analizzato con l’aiuto di un sistema elettrospray accoppiato a un doppio spettrometro in massa tandem. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit multiplo di carbossilasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica del deficit multiplo di carbossilasi (geni HLCS e BTD) Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica enzimatica del deficit di biotinidasi Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica del deficit multiplo di carbossilasi da deficit di biotinidasi Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica del deficit multiplo di carbossilasi Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica del deficit multiplo di carbossilasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica e molecolare del deficit multiplo di carbossilasi da deficit di biotinidasi e da deficit di olocarbossil sintetasi (geni BTD e HLCS) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica del deficit di biotinidasi Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

ORPHA26791

MIM: 231675 Il deficit multiplo di FAD deidrogenasi, trasmesso in maniera autosomica recessiva e noto come aciduria glutarica tipo 2, è legato ad un’anomalia del trasporto degli elettroni delle flavoproteine (trasferimento elettronico della flavoproteina

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deidrogenasi). Questi deficit bloccano non solo l’ossidazione degli acidi grassi, ma anche l’ossidazione degli aminoacidi ramificati della lisina e dell’acido glutarico. I deficit completi gravi esordiscono nel periodo neonatale con coma acidosico senza chetosi, con ipoglicemia, iperammoniemia, ipotonia, miocardiopatia, occasionalmente associati a malformazioni congenite (rene policistico, dismorfismi facciali). Forme meno gravi possono essere presenti nell’infanzia, nell’adolescenza e anche nell’età adulta, sotto forma di miocardiopatia progressiva e di miopatia prossimale. La diagnosi si basa sulla cromatografia degli acidi organici urinari e delle acilcarnitine plasmatiche, che mostra aciduria dicarbossilica, aciduria glutarica ed etilmalonica dell’isovalerilcarnitina e della suberilglicina. Il tasso di carnitina totale è ridotto. La diagnosi viene confermata dallo studio in vitro dell’ossidazione degli acidi grassi sui linfociti o sui fibroblasti e dal dosaggio enzimatico. Il trattamento consiste nell’evitare il digiuno e nell’attuare un regime ristretto in protidi e povero in grassi. La carnitina deve essere aggiunta sistematicamente. Alcune forme sono sensibili alla riboflavina, cofattore della deidrogenasi FAD. La diagnosi prenatale è possibile. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1 e 2 Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 2 IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dei difetti della beta-ossidazione (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1, 2 e 3 Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 1, 2 e 3 Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica dell’aciduria glutarica tipo 2 (spot per acilcarnitine, acidi organici urinari, dosaggio carnitina plasmatica, N.E.F.A., 3-OH-butirrato) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

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ORPHANET ITALIA 2011

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Deformità di Madelung

Deficit multiplo di solfatasi

Vedere: Deficit combinato del fattore V e del fattore VIII

IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Deficit parziale di ipoxantina guanina fosforibosil transferasi (HPRT)

Deficit primitivo del fattore di crescita insulinosimile

Vedere: Sindrome di Kelley-Seegmiller

Vedere: Ritardo della crescita da deficit del fattore di crescita 1 insulino-simile

Vedere: Mucosolfatidosi

Deficit multiplo familiare di un fattore della coagulazione

ORPHA2971

MIM: 264470 Il deficit perossisomiale di acil-CoA ossidasi è una malattia neurodegenerativa rara che appartiene al gruppo delle malattie perossisomiali ereditarie ed è caratterizzata da ipotonia e convulsioni nel periodo neonatale e regressione neurologica nella prima infanzia. Il deficit di acil-CoA ossidasi è una malattia rara descritta solo in 30-40 pazienti a livello mondiale. La malattia esordisce nel periodo neonatale e presenta come caratteristiche prevalenti l’ipotonia (92%) e le convulsioni (91%). Possono essere presenti dismorfismi facciali (50%), ad esempio l’ipertelorismo, l’epicanto, la sella nasale infossata e le orecchie a bassa attaccatura. Alcuni bambini presentano polidattilia ed epatomegalia. Lo sviluppo psicomotorio è ritardato, anche se i bambini di solito riescono a camminare e a dire alcune parole. La regressione neurologica avviene di solito tra 1 e 3 anni (età media: 28 mesi). L’ipotonia viene sostituita dall’ipertonia, che si associa a iperreflessia. L’epilessia può peggiorare e può comparire sordità neurosensoriale. Possono essere presenti anche strabismo, nistagmo e atrofia ottica. Il deficit perossisomiale di acil-CoA ossidasi è dovuto alle mutazioni del gene ACOX1 (17q25.1) che codifica per l’acilCoA ossidasi perossisomiale a catena lineare. La trasmissione è autosomica recessiva. La diagnosi si basa sugli esami di laboratorio che rivelano un aumento degli acidi grassi a catena molto lunga (VLCFA) nel siero e una significativa diminuzione dell’attività dell’acil-CoA ossidasi nei fibroblasti. La risonanza magnetica cerebrale rivela anomalie del segnale a livello della sostanza bianca. La diagnosi può essere confermata dalla presenza di mutazioni nel gene ACOX1. Le diagnosi differenziali si pongono con la sindrome di Usher (si veda questo termine) e con tutte le cause di ipotonia neonatale. Devono essere escluse le altre malattie perossisomiali, in particolare l’adrenoleucodistrofia neonatale (si veda questo termine), che presenta un quadro clinico simile. È possibile la diagnosi prenatale mediante analisi biochimiche e/o molecolari sugli amniociti o sui villi coriali. Deve essere proposta la consulenza genetica alle famiglie dei pazienti. La prognosi non è favorevole; il decesso di solito avviene all’età di 5 anni a causa delle complicazioni respiratorie. *Autore: Prof. R.J.A. Wandes (febbraio 2010)*.

Laboratori Diagnosi biochimica delle malattie perossisomiali (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta

Deficit selettivo di gamma-A-globulina Vedere: Deficit di immunoglobulina A

Deficit transitorio di tirosina-ossidasi

ORPHA3402

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit transitorio di tirosinaossidasi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Deformità di Klippel-Feil - sordità conduttiva - agenesia della vagina Vedere: Associazione MURCS

Deformità di Madelung

ORPHA35688

La deformità di Madelung (DM) è un’anomalia del polso, di solito bilaterale, caratterizzata dall’accorciamento e dall’incurvamento del radio e dell’ulna, che causano la dislocazione dorsale dell’ulna e la limitazione dei movimenti del polso e del gomito. La prevalenza esatta non è nota. La DM è clinicamente riconoscibile nel periodo intermedio e finale dell’infanzia o nella prima adolescenza (tra gli 8 e i 12 anni) come segno monolaterale o bilaterale. È più comune nelle femmine. I pazienti presentano una ridotta ampiezza dei movimenti e una limitazione della supinazione, della dorso-flessione e della deviazione radiale. La pronazione e la flessione sono di solito normali. I pazienti lamentano una progressiva deformità e dolori al polso. La DM è dovuta alla crescita disorganizzata delle epifisi radiali, che causa l’incurvamento del radio, la fusione prematura delle epifisi e un ritardo di sviluppo delle porzioni ulnari e palmari delle epifisi radiali distali. Queste alterazioni causano l’inclinazione verso il palmo e l’ulna della superficie articolare radiale distale, la traslazione del palmo della mano e del polso, la dislocazione dorsale dell’ulna, e l’incuneamento delle ossa carpali. La DM può essere idiopatica, genetica, displastica o post-traumatica. La lesione monolaterale è rara e di solito è secondaria a eventi traumatici, con lesioni delle epifisi radiali o carico ripetuto ed eccessivo sull’articolazione non ancora matura degli arti superiori. Le cause displastiche comprendono le esostosi multiple o la sindrome nail-patella (unghia-rotula; si vedano questi termini). La DM bilaterale è il principale segno clinico della discondrosteosi di Léri-Weill, mentre è occasionale nella sindrome di Turner (si vedano questi termini). La DM può essere isolata o fare parte di altre sindromi genetiche, come la discondrosteosi-nefrite e la brachidattilia tipo C (si vedano questi termini). Sono state descritte anche cause ambientali (traumi e infezioni). La diagnosi viene sospettata in base agli esami clinici e viene confermata sulle radiografie dell’avambraccio/polso. Stecche, supporti e apparecchi ergonomici per il polso possono ridurre il disagio della DM. In alcuni casi, è necessario l’intervento chirurgico nel periodo intermedio e finale dell’infanzia, che consiste in un’istolisi mirata a ridurre l’aspetto ulnare del radio distale e a

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Deficit perossisomiale di acil-CoA ossidasi

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tagliare il ligamento di Vickers, diminuendo il dolore e ristabilendo la funzionalità del polso. L’ampiezza del movimento di solito migliora poco, ma varia a seconda delle diverse casistiche chirurgiche. Il dolore peggiora con l’età a causa dell’artrite. *Autore: Dott. K. Heath (novembre 2009)*.

distrofia retinica periferica. L’eredità è autosomica recessiva; il gene-malattia è stato mappato in 16q22.1; la sindrome è dovuta alla mutazione del gene CDH3, che codifica per la Pcaderina. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (aprile 2003)*.

Associazioni

ANDE - Associazione Nazionale Displasia Ectodermica

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Degenerazione cocleosacculare - cataratta

Questa sindrome è caratterizzata da sordità progressiva neurosensoriale da grave degenerazione cocleosacculare e cataratta. È stata descritta in 2 famiglie. La trasmissione è autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Degenerazione corticobasale

ORPHA278

La degenerazione corticobasale (CBD) è una malattia neurodegenerativa che colpisce aree del cervello subcorticali e corticali. Si presenta nella 6a o 7a decade con movimenti a scatto monolaterali degli arti, lentamente progressivi, tremori, acinesia, rigidità e aprassia con postura distonica fissa e sindrome degli arti alieni. Le manifestazioni comportamentali possono includere anche disturbi del linguaggio e comportamento di tipo frontolobare. I sintomi e la presentazione sono variabili. I sintomi clinici sono comuni con altre patologie neurodegenerative, soprattutto la paralisi sopranucleare progressiva (PSP): resistenza alla L-Dopa, mioclono, tremori d’azione, disturbi dell’equilibrio, paralisi pseudobulbare, paralisi sopranucleare dello sguardo e deterioramento cognitivo. L’esame neuroradiologico mostra grovigli neurofibrillari nelle aree subcorticale e corticale frontoparietale. È presente anche gliosi, perdita di neuroni e presenza di neuroni balloniformi acromatici. Il profilo dei grovigli neurofibrillari è simile, a livello biochimico, alla PSP: consiste nell’aggregazione di proteine tau con profilo elettroforetico (coppia tau 64 e tau 69) composto esclusivamente da isoforme tau con l’esone 10 (taupatie tipo 2). Non esistono trattamenti disponibili per rallentare il corso della degenerazione corticobasale, e i sintomi della malattia sono generalmente resistenti alla terapia. La terapia occupazionale, la fisiochinesiterapia e la terapia del linguaggio possono essere d’aiuto nella gestione della disabilità. *Autore: A. Delacourte MD (febbraio 2005)*.

Associazioni

ALDEI - Associazione per la Lotta alle Distonie Evolutive Infantili ARD - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia

Degenerazione epatolenticolare Vedere: Malattia di Wilson

Degenerazione maculare giovanile - ipotrichia

Associazioni

Degenerazione maculare legata all’età

ORPHA279

MIM: 153800 ORPHA3233

MIM: 120040

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Degenerazione cocleosacculare - cataratta

ORPHA1573

MIM: 601553 L’associazione tra perdita dei capelli e degenerazione dell’epitelio retinico pigmentato è stata identificata per la prima volta nel 1935. Sono stati descritti 2 casi sporadici e 7 famiglie con più soggetti affetti. I pazienti nascono con capelli apparentemente normali ma sviluppano alopecia del cuoio capelluto verso i 3 mesi. Alla pubertà può verificarsi una ricrescita parziale dei capelli, che sono corti e radi. Tra i 3 e i 21 anni compare una degenerazione maculare progressiva associata a lieve

La degenerazione maculare legata all’età (DMEC) è una malattia dell’occhio, che porta alla perdita della visione centrale nell’anziano. È una malattia caratterizzata da una lesione, sia primitiva che secondaria, delle cellule dell’epitelio pigmentato della retina (EPR), con formazione di drusen (depositi situati sotto l’EPR), neovascolarizzazione della coroide e atrofia dei fotorecettori e dello strato coriocapillare della membrana coroidea. La DMEC è ritenuta la causa principale delle difficoltà alla lettura delle persone dopo i 65 anni nelle popolazioni a prevalenza Caucasica. Il decorso della malattia si divide in due stadi: le fasi precoci della DMEC sono caratterizzate da drusen maculare, quelle avanzate dalle complicanze neovascolari e dalla cicatrizzazione disciforme. Le forme precoci di DMEC si riscontrano nel 30% della popolazione dopo i 75 anni, mentre le forme tardive si sviluppano nel 4-8% dei soggetti oltre i 70 anni. Il modello eziopatogenetico attuale riconosce come causa il danno ossidativo, che influenzerebbe negativamente il metabolismo dei fotorecettori e dell’EPR. L’età avanzata, il fumo, l’arteriosclerosi e i fattori genetici predispongono alla DMEC. Numerosi loci segregano nelle famiglie DMEC, suggerendo per questa malattia un pattern di eredità complessa oligogenica. La terapia comprende la somministrazione di sostanze antiossidanti nutritive, il trattamento laser e chirurgico e gli strumenti di amplificazione delle immagini. *Autore: Dott. C. Mardin (agosto 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della degenerazione maculare legata all’età (gene ABCA4) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Pr. TORRICELLI Francesca

Degenerazione maculare vitelliforme Vedere: Malattia di Best

Degenerazione neuronale progressiva dell’infanzia associata a malattia epatica Vedere: Sindrome di Alpers

Degenerazione retinica - microftalmia - glaucoma

ORPHA1574

MIM: 267760 Questa sindrome è caratterizzata da degenerazione pigmentosa progressiva della retina (associata a nictalopia e a riduzione del campo visivo), degenerazione maculare cistica e glaucoma ad angolo chiuso. È stata descritta in 7 soggetti della stessa famiglia. I pazienti presentano anche iperopia e nanoftalmo. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Degenerazione spinocerebellare - distrofia corneale ORPHA3177 MIM: 271310 Questa sindrome è caratterizzata dalla associazione tra degenerazione spinocerebellare e distrofia corneale. Sono state

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ORPHANET ITALIA 2011

Delezione 2q37

descritte 3 sorelle, nate da genitori non affetti consanguinei. Una di esse presentava disturbi spinocerebellari, in assenza di lesioni oculari. Questa sindrome, a trasmissione autosomica recessiva, si differenzia dalla sindrome di Mousa-Al-Din-AlNassar (si veda questo termine), a causa dello sviluppo mentale subnormale e della natura epiteliale (e non stromale) della distrofia corneale. La cheratoplastica perforante ha permesso di migliorare la vista delle pazienti. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2006)*.

Associazioni

AISA - Associazione Italiana per la Lotta alle Sindromi Atassiche

Delezione 10p distale Vedere: Monosomia 10p distale

Delezione 10p telomerica Vedere: Monosomia 10p distale

Delezione 10q distale Vedere: Monosomia 10q distale

Delezione 10q telomerica Vedere: Monosomia 10q distale

Delezione 11p Vedere: Aniridia

Delezione 11p11.2 Vedere: Sindrome di Potocki-Shaffer

Vedere: Monosomia 18p

Delezione 18q distale Vedere: Monosomia 18q distale

Delezione 18q telomerica Vedere: Monosomia 18q distale

ORPHA91496

Delezione 1p36 telomerica

MIM: 193230

Vedere: Monosomia 1p36 distale

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Malattia di Wagner

Delezione 18p - sindrome di De Grouchy

Vedere: Monosomia 1p36 distale

La degenerazione vitreoretinica a “fiocchi di neve” (SVD) è caratterizzata dalla presenza di piccoli depositi che ricordano la forma dei fiocchi di neve nella retina, da degenerazione fibrillare del vitreo e da cataratta. La prevalenza non è nota, anche se la malattia è stata descritta in diverse famiglie. La trasmissione è autosomica dominante e il gene-malattia è stato localizzato sul cromosoma 2q36. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2007)*.

Degenerazione vitreoretinica di Wagner

Vedere: Sindrome di Jacobsen

Delezione 1p36 distale

Vedere: Malattia di Canavan

Degenerazione vitreoretinica a “fiocchi di neve’’

Delezione 11q telomerica

Delezione 20p11.2 Vedere: Sindrome di Alagille

Delezione 2p21

ORPHA163693

MIM: 606407

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS MITOCON Insieme per lo Studio e la Cura delle Malattie Mitocondriali

Delezione 2q24

ORPHA1617

La delezione 2q24, ossia la perdita di una piccola ma specifica, regione del braccio lungo del cromosoma 2, causa una sindrome clinicamente (sebbene non facilmente) riconoscibile. In letteratura sono stati descritti 23 casi. Diversi sintomi sono comuni a quelli presenti nei pazienti con altre anomalie cromosomiche, come il basso peso alla nascita, il ritardo di crescita, il ritardo mentale e le orecchie dismorfiche e a basso impianto. Le anomalie oculari (coloboma, cataratta e microftalmia), delle mani e dei piedi (deformità in flessione) e le cardiopatie congenite costituiscono le caratteristiche più specifiche e sono particolarmente importanti nel riconoscimento del fenotipo clinico. *Autore: Dott. S.M. Maas (marzo 2004)*.

Associazioni

Delezione 11p13

SINCRO - Associazione Sindromi Cromosomiche e Genetiche

Vedere: Sindrome WAGR

Delezione 2q37

Delezione 11q distale Vedere: Sindrome di Jacobsen

ORPHA1001

MIM: 600430 La delezione 2q37 o monosomia 2q37 è un’anomalia cromosomica che comporta la delezione della banda cromosomica

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Degenerazione spongiosa del sistema nervoso centrale

D

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

D

ORPHANET ITALIA 2011

Delezione 2q37-qter

2q37 e si manifesta con tre sintomi principali: ritardo dello sviluppo, malformazioni scheletriche e dismorfismi facciali. L’incidenza è stimata in meno di 1 ogni 10.000. Sono stati descritti più di 100 soggetti. La maggior parte dei pazienti presenta un quadro clinico simile all’osteodistrofia ereditaria di Albright (definita anche AHO3), associato a ritardo dello sviluppo o deficit cognitivo, bassa statura (23% dei casi), tendenza all’obesità con l’avanzare dell’età e brachimetafalangia (50%). Sono anche frequenti la clinodattilia del quinto dito e le mani e i piedi piccoli, la sindattilia delle dita delle mani e dei piedi, la persistenza dei cuscinetti fetali sui polpastrelli, la piega palmare unica, la microcefalia o la macrocefalia. I dismorfismi facciali sono caratteristici e comprendono il viso arrotondato, i capelli radi, la fronte prominente, le rime palpebrali oblique verso l’alto, gli occhi infossati, le sopracciglia rade e arcuate, l’ipoplasia della porzione media del viso, la radice nasale infossata, le anomalie delle ali del naso, la columella prominente, l’aspetto a V della punta del naso, l’assottigliamento delle labbra e il palato ogivale. I capezzoli sono spesso iperdistanziati, localizzati distalmente e soprannumerari. È comune l’eczema. Malformazioni diverse sono presenti nel 30% dei pazienti, in particolare cardiopatie, difetti gastrointestinali (30%), urogenitali (11%) e del sistema nervoso centrale (6%). È spesso presente ipotonia. Sono state riportate convulsioni in circa il 35% dei pazienti e anomalie del comportamento in circa il 30%. Un sottotipo di pazienti con autismo presenta un comportamento ripetitivo e gravi deficit della comunicazione e nell’interazione sociale, movimenti stereotipati, aggressività intermittente, iperattività, disturbi dell’attenzione, disturbi ossessivo-compulsivi e del sonno. La banda 2q37 contiene tre sottobande con più di 80 geni nella regione 2q37.1-q37.3. Sono state identificate poche correlazioni genotipo-fenotipo e possibili geni candidati per il brachimetafalangismo, l’obesità e lo spettro autistico. La monosomia può essere pura o associarsi ad altri sbilanciamenti cromosomici. La diagnosi si basa sulle analisi citogenetiche e sulla caratterizzazione molecolare. Devono essere ricercate eventuali traslocazioni, in quanto la delezione può essere espressione della trasmissione di un cromosoma derivativo. La diagnosi differenziale si pone con altre sindromi da aneusomia segmentale e con la sindrome di Prader-Willi (si veda questo termine). Anche l’AHO (pseudoipoparatiroidismo; PHP) e lo pseudo-PHP (PPHP; si vedano questi termini) devono essere compresi nella diagnosi differenziale, sebbene il calcio, il fosforo e i livelli di paratormone rientrino nella norma nei pazienti con delezione 2q37. È possibile la diagnosi prenatale e deve essere proposta la consulenza genetica. La presa in carico dei pazienti affetti dalla delezione 2q37 deve essere multidisciplinare e basata sulla valutazione dei principali sintomi clinici. È necessaria la terapia occupazionale, la logopedia e la fisioterapia. La prognosi dipende dalle malformazioni (cardiache, cerebrali, intestinali) associate. *Autore: Dott. M. Doco-Fenzy (agosto 2008)*.

Associazioni

SINCRO - Associazione Sindromi Cromosomiche e Genetiche RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Delezione 2q37-qter Vedere: Delezione 2q37

Delezione 4p distale Vedere: Sindrome di Wolf-Hirschhorn

Delezione 4p telomerica Vedere: Sindrome di Wolf-Hirschhorn

Delezione 5p Vedere: Monosomia 5p

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Delezione 5q distale Vedere: Monosomia 5q distale

Delezione 5q telomerica Vedere: Monosomia 5q distale

Delezione 7q11.23 Vedere: Sindrome di Williams

Delezione 8p distale Vedere: Monosomia 8p distale

Delezione 8p telomerica Vedere: Monosomia 8p distale

Delezione 8q24.1 Vedere: Sindrome di Langer-Giedion

Delezione parziale del cromosoma Y

ORPHA1646

MIM: 400003 La sterilità maschile, da delezione del cromosoma Y, è caratterizzata da grave deficit della spermatogenesi. Le delezioni del cromosoma Y sono una causa genetica frequente di sterilità maschile. La prevalenza stimata è di 1/2.500. La modalità di trasmissione è legata al cromosoma Y, a penetranza incompleta, ma, dal momento che le delezioni si associano spesso a infertilità, di solito originano de novo. Il 5-10% dei casi di azospermia (assenza di sperma) o di oligospermia grave di tipo secretorio (1.500 cellule/mm3) e questo tipo di endocardite si presenta nel contesto della sindrome eosinofila primitiva di Chusid o della sindrome di Churg-Strauss (si veda questo termine). I risultati sulla cardiopatia, ottenuti con la terapia farmacologia, sono deludenti, in quanto i pazienti vengono diagnosticati spesso quando la malattia è già in una fase avanzata. L’intervento chirurgico consiste in un’endocardiotomia o nella sostituzione della tricuspide e/o della valvola mitrale (a seconda delle lesioni). La mortalità postoperatoria è alta (il 10%), ma la prognosi a lungo termine è buona, senza recidiva della fibrosi. In assenza di trattamenti chirurgici, la prognosi della FEMT è infausta, con un tasso di mortalità di oltre il 50% nei due anni successivi alla diagnosi. *Autore: Prof. P. Aubry (dicembre 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Fibrosi polmonare idiopatica

ORPHA2032

MIM: 178500 La fibrosi polmonare idiopatica (FPI) è una malattia polmonare non neoplastica, caratterizzata dalla formazione di tessuto cicatriziale all’interno dei polmoni, in assenza di cause note. La FPI è una malattia rara che colpisce circa 5 milioni di pazienti nel mondo. Si stima che la prevalenza sia lie-

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare della fibrosi cistica Ospedali Riuniti “Umberto I - G.M. Lancisi - G. Salesi”, ANCONA Dr. PIERMATTEI Paola Diagnosi molecolare della fibrosi cistica BIOAESIS, JESI (AN) Dr. BIANCHI Daniela, Dr. SIMONETTI Emanuela, Dr. TROZZI Caterina Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. ARDUINO Carlo, Pr. MIGONE Nicola Diagnosi molecolare della fibrosi cistica Azienda Sanitaria Ospedaliera O.I.R.M. - S. Anna - Università di Torino, TORINO Dr. DE LEO Cristina, Dr. RESTAGNO Gabriella, Dr. SBAIZ Luca Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari, BARI Pr. ARMENIO Lucio, Dr. POLIZZI Angela, Dr. SANTOSTASI Teresa Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) IRCCS “Saverio De Bellis”, CASTELLANA GROTTE (BA) Dr. GENTILE Mattia Diagnosi molecolare della fibrosi cistica Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” - ASL LE, LECCE Dr. CARUSO Sebastiano, Dr. MAURO Salvatore Diagnosi molecolare della fibrosi cistica Presidio Ospedaliero di Ozieri - ASL 1, OZIERI (SS) Dr. CARTA Piera, Dr. PIRASTRU Maria Gavina Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (ricerca delle 32 principali mutazioni del gene CFTR) LABOGEN S.a.S., CATANIA Dr. GRILLO Agata Diagnosi molecolare della fibrosi cistica Laboratorio di Genetica e Biologia Molecolare, CATANIA Dr. DE GREGORIO Laura, Dr. VIOLA Alessandra Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Pr. TORRICELLI Francesca Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) Università degli Studi di Perugia - Ospedale S. Maria della Misericordia, PERUGIA Dr. ANGIUS Antonella, Pr. FURBETTA Mario Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros Diagnosi molecolare della fibrosi cistica Arcella Analisi Mediche Biolab S.r.L., PADOVA Dr. CAMURRI Lamberto, Dr. GASPARONI Gianluigi, Dr. LIPPI Elisabetta, Dr. PREGNOLATO Giovanna Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. SCARPA Maurizio, Pr. ZACCHELLO Franco Diagnosi genetica preconcezionale sul primo globulo polare (analisi dei microsatelliti) Policlinico Universitario di Padova, PADOVA Pr. FORESTA Carlo, Dr. VINANZI Cinzia, Dr. ZUCCARELLO Daniela Diagnosi molecolare della fibrosi cistica (gene CFTR) Azienda Ospedaliera - Ospedale Policlinico “G.B. Rossi”, VERONA Dr. DE MATTEIS Giovanna, Pr. GUIDI Gian Cesare, Dr. SOLERO G. Pietro

F

Fibrosi polmonare idiopatica

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

F

Fibrosi polmonare - immunodeficienza - disgenesia gonadica

vemente più elevata nei maschi (20/100.000), rispetto alle femmine (13/100.000). L’età media all’esordio è 66 anni. La FPI si manifesta inizialmente con sintomi di affanno indotto dall’esercizio fisico e da tosse secca. All’ascultazione dei polmoni si percepiscono fin dall’esordio dei crepitii inspiratori, localizzati in particolare nelle regioni infero-posteriori. In circa il 50% dei pazienti è stato osservato ippocratismo digitale. Il quadro di cor polmonare si sviluppa nelle fasi finali della malattia, quando possono comparire i segni dell’insufficienza cardiaca destra. L’eziologia non è ancora del tutto nota. Possono predisporre alla FPI alcuni fattori ambientali (fumo di sigarette, esposizione alla silice e contatto con animali). La FPI è caratterizzata, alla tomografia computerizzata ad alta risoluzione, dalla presenza di opacità reticolari alla periferia del lobo inferiore in sede sottopleurica, in associazione con alterazioni sottopleuriche “a favo d’api”. La FPI si associa a una lesione nota come polmonite interstiziale comune (PIC). Il quadro clinico della PIC consiste nell’alternanza di quadri polmonari normali e placche di fibrosi densa, che assumono la forma di lamine di collagene. La diagnosi di FPI richiede l’uso combinato di strumenti utili a catturare le immagini radiografiche e la biopsia polmonare. In assenza della biopsia, la diagnosi di FPI può essere posta con criteri clinici definiti, stabiliti dalle linee-guida approvate da varie società professionali. La diagnosi differenziale si pone con le altre forme di polmonite interstiziale idiopatica, con le malattie del tessuto connettivo (sclerosi sistemica, polimiosite, artrite reumatoide), con la “forma frusta” delle malattie autoimmuni, con la polmonite da ipersensibilità cronica e con l’esposizione ad altri fattori ambientali (a volte professionali). La terapia medica non è efficace nel trattamento della FPI. Sono stati identificati nuovi target terapeutici molecolari e diverse sperimentazioni cliniche in corso stanno valutando l’efficacia di nuovi farmaci. Al momento, il trapianto del polmone rimane un’opzione soddisfacente per questi pazienti. Tuttavia, la FPI è tipicamente progressiva e causa una disabilità significativa. Il periodo medio di sopravvivenza oscilla tra i 2 e i 5 anni dal momento della diagnosi. *Autori: Prof. E.B. Meltzer e Prof. P.W. Noble (marzo 2008)*. Tratto da Idiopathic pulmonary fibrosis. Orphanet J Rare Dis. 2008; 3:8.

Associazioni

AIMIP - Associazione Italiana Malattie Interstiziali o rare del Polmone

Fibrosi polmonare - immunodeficienza - disgenesia gonadica

ORPHA137631

MIM: 611926 Questa sindrome è caratterizzata da immunodeficienza, disgenesia gonadica e fibrosi fatale dei polmoni. È stata descritta in 2 sorelle nate da genitori consanguinei. I cariotipi erano normali. Non sono state identificate anomalie genetiche mediante analisi CGH o attraverso lo studio dei geni noti per la loro associazione con questi tipi di anomalie. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2008)*.

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Fibrosi retroperitoneale

ORPHA49041

MIM: 228800 La fibrosi retroperitoneale (RPF) è caratterizzata dallo sviluppo di una massa fibrosa che avvolge le strutture retroperitoneali, come l’aorta, la vena cava, gli ureteri e il muscolo psoas. La sua incidenza varia tra 0,4 e 1/200.000. La sintomatologia cambia a seconda della localizzazione e dell’estensione della crescita fibrosa. I sintomi clinici più comuni comprendono il dolore, la perdita di peso, la nausea e il vomito. Nei casi più gravi, il processo fibroso può causare l’ostruzione degli ureteri e l’insufficienza renale. La fibrosi retroperitoneale è una causa non comune di uropatia ostruttiva nei bambini. Nella maggior parte dei pazienti, la causa non è nota; questo giustifica la

ORPHANET ITALIA 2011

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definizione di “fibrosi retroperitoneale idiopatica’’. La diagnosi può essere posta con tomografia computerizzata, risonanza magnetica o biopsia. La precocità della diagnosi consente di preservare la funzione renale e impedisce il coinvolgimento di altri organi. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Fibula a serpentina - reni policistici

ORPHA2853

MIM: 600330 La sindrome fibula a serpentina - reni policistici (SFPKS) è una malattia rara descritta finora in 6 pazienti. Anche se è stata separata dalla sindrome di Melnick-Needles, almeno due autori hanno suggerito che la SFPKS sia una variante della sindrome di Hadju-Cheney (HCS), anch’essa rara, descritta in meno di 50 pazienti. I pazienti con SFPKS presentano l’allungamento e la forma a serpentina delle fibule, con reni policistici bilaterali. Presentano anche bassa statura proporzionata, viso caratteristico e intelligenza normale. I segni craniofacciali comprendono sopracciglia folte e arcuate, occhi distanziati e prominenti, guance piene, micrognazia e collo corto. La maggior parte dei pazienti presenta macrocefalia con una depressione occipitale (botriocefalia), torace carenato con accenno a pectus excavatum, teletelia e irsutismo. L’incurvamento degli avambracci e delle gambe è dovuto all’incurvamento del radio e all’allungamento delle fibule, con deformità a serpentina. È frequente anche il metatarso addotto. Metà dei pazienti presenta sordità neurosensoriale. La sopravvivenza dipende dalla funzione renale, che può andare incontro a insufficienza e/o ipertensione arteriosa. Il cariotipo è normale. L’ereditarietà non è chiara, ma sono stati descritti 3 fratelli affetti; una patologia autosomica potrebbe spiegare i casi sporadici, ma è possibile anche un mosaicismo germinale parentale. La sindrome SFPKS e la HCS possono rappresentare quadri clinici variabili di una stessa entità, ma sarà necessaria la scoperta del difetto molecolare per confermare l’ipotesi di allelia. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

FIHPT Vedere: Iperparatiroidismo familiare isolato

Filariosi

ORPHA2034

Le filariosi sono un gruppo di parassitosi dovute a nematodi tissutali, che si contrappongono a quelle intestinali. La Loa loa causa la loiasi; la Wuchereria bancrofti e la Filarioidea del genere Brugia causano la filariasi epatica; l’Onchocerca volvulus causa l’oncocercosi; il genere Mansonella è responsabile della mansonellosi. Tutte queste parassitosi possono essere definite filariosi in senso stretto. Il Dracunculus medinensis o verme della Guinea, vettore della dracunculiasi, anche se è generalmente compreso nel gruppo, perché è un nematode tissutale, non causa filariosi. Ciascuna di queste parassitosi è trattata in maniera separata. *Autore: Dott. L. Paris (dicembre 2001)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Filariosi linfatica

ORPHA2035

La Wuchereria bancrofti e la Filarioidea del genere Brugia causano la filariosi linfatica, che è presente in tutte le zone tropicali. Questa parassitosi è trasmessa dalle zanzare. I primi segni clinici sono la linfangite che, quando origina dagli arti, procede in direzione centrifuga. I sintomi successivi sono do-

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ORPHANET ITALIA 2011

vuti all’ostruzione dei vasi linfatici. L’elefantiasi si manifesta solo dopo anni di infezione imponente. L’ivermectina è il trattamento d’elezione. *Autore: Dott. L. Paris (febbraio 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Fistola arterovenosa polmonare

ORPHA2038

MIM: 265140

Associazioni

Associazione Italiana Angiodisplasie ed Emangiomi Infantili ORPHA2040

La fistola congenita tra le vie respiratorie e i dotti biliari, che comprende la fistola tracheobiliare e la fistola broncobiliare, è un difetto raro dello sviluppo. La fistola broncobiliare può originare da malattie che subentrano durante la vita, come la pancreatite cronica, la coledocolitiasi, o la rottura di un ascesso epatico da idatidosi o amebiasi. Sono noti al momento solo una ventina di casi di fistola broncobiliare. La broncoscopia consente la diagnosi precoce, ma i pazienti dovrebbero essere anche esaminati per possibili malformazioni dell’albero biliare. Successivamente all’intervento chirurgico, i pazienti recuperano una vita normale. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Fistola coronarocardiaca Vedere: Fistole delle arterie coronarie

Fistole delle arterie coronarie

ORPHA2041

Le fistole delle arterie coronarie sono comunicazioni che si formano tra una o più arterie coronariche e una camera cardiaca o un grosso vaso sanguigno. L’incidenza esatta non è nota, ma la malattia è rara e si manifesta in forma isolata. La

maggior parte di queste fistole è congenita, anche se sporadicamente possono insorgere dopo un intervento chirurgico. Non provocano di solito sintomi o complicazioni nelle prime due decadi di vita, specialmente se sono piccole. Dopo questo periodo, i sintomi e le complicazioni hanno una frequenza progressiva. Le complicazioni comprendono la sottrazione di sangue dal miocardio, la trombosi, l’embolia, il collasso cardiaco, la fibrillazione atriale, la rottura della fistola, l’endocardite/endarterite e l’aritmia. La trombosi della fistola è rara e può provocare infarto miocardico acuto, fibrillazione atriale parossistica e aritmia ventricolare. È stata osservata la rottura spontanea della fistola aneurismatica, che causa emopericardio. La più importante diagnosi differenziale si pone con il dotto arterioso pervio, sebbene si debbano escludere altri shunt arterovenosi. Mentre l’ecocardiografia bidimensionale aiuta a distinguere i diversi shunt, l’angiografia coronarica è lo strumento fondamentale per definirne l’anatomia. Il trattamento tradizionale è stato a lungo la correzione chirurgica, mentre adesso viene consigliata la chiusura mediante catetere, che si può realizzare con varie tecniche. Con il catetere si ottengono risultati eccellenti e le complicazioni sono rare. *Autore: Dott. S.A. Quireshi (dicembre 2006)*. Tratto da Coronary arterial fistulas. Orphanet J Rare Dis. 2006;1:51. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Fitosterolemia

ORPHA2882

MIM: 210250 La fitosterolemia è una malattia genetica causata dalla deregolazione dell’assorbimento del colesterolo e dall’accumulo degli steroli, in particolare quelli di origine vegetale (da cui il nome fitosterolemia). Clinicamente, è caratterizzata da xantomi, aterosclerosi prematura delle coronarie, anemia emolitica e/o epatopatia. La malattia è causata da uno dei due geni, ABCG5 e ABCG8, che mappano al locus STSL. *Autore: team editoriale di Orphanet (marzo 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

FJHN Vedere: Nefropatia iperuricemica giovanile familiare

Flutter atriale idiopatico neonatale

ORPHA45452

Il flutter atriale idiopatico neonatale è una rara aritmia del neonato che è quasi sempre diagnosticata in epoca prenatale o alla nascita. L’incidenza dovrebbe essere di 1/50.0001/100.000 nati vivi. È causata da un circuito di rientro intorno all’atrio destro, che produce tachicardia atriale rapida e ritmica, indipendente dalle variazioni nella conduzione atrioventricolare (AV). Di solito è presente la conduzione 2:1, ma si riscontrano anche quelle 1:1, 4:1 e persino la conduzione variabile. La diagnosi con ECG non lascia dubbi, con onde flutter a dente di sega, che si vedono meglio nelle derivazioni II, III e aVF. Nel neonato la frequenza atriale è di solito intorno a 400 battiti/min, con conduzione AV di 2:1, che causa una frequenza ventricolare di circa 200 battiti/min. Il flutter atriale può essere invertito con cardioversione a corrente diretta o pacing transesofageo. La ricorrenza del flutter atriale è rara e il trattamento profilattico non è consigliato. In un numero limitato di casi il ristabilimento del ritmo del seno può essere seguito dall’insorgenza di una tachicardia da rientro AV, che potrebbe costituire il problema di base. *Autore: Dott. C. Wren (aprile 2003)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La fistola arterovenosa (FAV) è una malformazione, caratterizzata dalla comunicazione a pieno canale tra l’arteria e la vena polmonare, che causa uno shunt destro-sinistro extracardiaco, responsabile di due principali sintomi: alterazione dell’ossigenazione a livello polmonare e ascessi cerebrali. La maggior parte delle FAV polmonari si verifica nel quadro della telangectasia emorragica ereditaria (malattia di RenduOsler-Weber), dove si osservano nel 13-50% dei casi. Si manifestano generalmente nell’età adulta e raramente durante l’infanzia. Possono essere uniche o multiple e, di solito, si localizzano a livello delle basi polmonari. Possono essere asintomatiche o si manifestano con complicanze (in particolare ascesso cerebrale o dispnea). Spesso, alla dispnea si associano cianosi con poliglobulia e, occasionalmente, ippocratismo digitale. Lo shunt può essere confermato da varie indagini: ipossiemia con aumento del gradiente alveolo-arterioso di ossigeno, inalando ossigeno puro (spesso più marcata nella posizione seduta che in clinostatismo); fissazione extrapolmonare alla scintigrafia polmonare perfusionale; ecocardiografia con mezzo di contrasto positiva (con ritorno tardivo nelle cavità cardiache sinistre, dopo alcuni cicli cardiaci, delle microbolle immesse nella circolazione venosa periferica, successivamente al loro arrivo nelle cavità cardiache destre). La radiografia e, soprattutto, la TAC del torace mettono in evidenza una o più FAV. La gravità delle complicanze delle FAV (neurologiche o emorragiche polmonari) giustifica il loro screening e il loro trattamento nei pazienti affetti da telangectasia emorragica ereditaria. La terapia prevede l’occlusione della fistola con materiale metallico, in corso di angiografia polmonare. *Autore: Prof. J.F. Cordier (aprile 2002)*.

Fistola broncobiliare congenita

F

Flutter atriale idiopatico neonatale

F

Focomelia - ectrodattilia - sordità - aritmia

ORPHA2878

MIM: 171480 Questa sindrome è caratterizzata da focomelia (che colpisce in modo più grave le braccia), ectrodattilia, anomalie delle orecchie (anomalie bilaterali del padiglione), sordità di conduzione, dismorfismi (filtro lungo e prominente, lieve ipoplasia mascellare) e aritmia sinusale. È stata descritta in 4 pazienti (2 coppie padre-figlio e madre-figlia, appartenenti a 2 famiglie non correlate). *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2007)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Focomelia, tipo Schinzel

ORPHA2879

MIM: 276820 La focomelia tipo Schinzel, definita anche sindrome da aplasia/ipoplasia degli arti e del bacino, è caratterizzata da malformazioni scheletriche che colpiscono l’ulna, le ossa del bacino, la fibula e il femore. Dato che il fenotipo è simile a quello osservato nella sindrome malformativa di Al Awadi-Raas-Rotschild, si ritiene che le due sindromi siano in realtà la stessa condizione. Sono stati osservati solo pochi casi. I pazienti presentano deficit intercalari degli arti (focomelia a volte associata a polidattilia, oligodattilia o ectrodattilia), ipoplasia o agenesia delle ossa del bacino (compresa l’agenesia o l’ipoplasia del sacro), malformazioni craniche (in genere un’anomalia dell’occipite con o senza meningocele). Altri segni sono la distrofia toracica, le malformazioni facciali (orecchie grandi e displastiche, palato alto e stretto) e le malformazioni genitali (aplasia mülleriana, agenesia dell’utero e della vagina, micropene con criptorchidismo). La crescita e lo sviluppo mentale sono normali. Dato che la maggior parte dei pazienti ha genitori consanguinei, si suppone una trasmissione autosomica recessiva. Questa sindrome è dovuta alla mutazione del gene WNT74 (3p25). Si tratta di una forma allelica grave della sindrome di Fuhrmann. L’ecografia può evidenziare le malformazioni degli arti e/o l’agenesia del bacino. Alcuni bambini muoiono poco dopo la nascita. *Autore: team editoriale di Orphanet (luglio 2006)*.

Associazioni

RAGGIUNGERE - Associazione Italiana per Bambini con Malformazioni agli Arti - ONLUS

Follicolite decalvante di Quinquaud

ORPHA346

La follicolite decalvante o depilante di Quinquaud è una variante dell’alopecia cicatriziale del cuoio capelluto, che si manifesta con placche, ad estensione lenta e centrifuga, che a livello periferico presentano un bordo proliferante con pustole follicolari, che progressivamente e permanentemente sono sostituite da fibrosi cicatriziale. La follicolite depilante descritta da Quinquaud nel 1888 colpiva esclusivamente il cuoio capelluto. Tuttavia altre zone del corpo coperte da peli possono essere colpite da follicoliti decalvanti o depilanti analoghe. *Autore: Dott. P. Reygagne (maggio 2002)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Follicolite depilante di Quinquaud Vedere: Follicolite decalvante di Quinquaud

Follicolite dissecante del cuoio capelluto

ORPHA345

MIM: 260910 La follicolite dissecante del cuoio capelluto è una suppurazione grave del cuoio capelluto, costituita da noduli infiammatori flut-

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Focomelia - ectrodattilia - sordità - aritmia

tuanti e confluenti, presenti su un cuoio capelluto eritematoso ed edematoso. I maschi giovani sviluppano più frequentemente la malattia, soprattutto quelli appartenenti alla popolazione nera, rispetto a quella bianca. L’eziologia non è nota. L’evoluzione della malattia è variabile, ma cronica, con remissioni parziali e poussées di riacutizzazione; colpisce più spesso il vertice e la regione occipitale, ma può estendersi a tutto il cuoio capelluto. Il trattamento si basa sulla terapia sistemica con antibiotici, antisepsi locale e, se necessario, isotretinolo per bocca a forti dosi. *Autore: Dott. P. Reygagne (maggio 2002)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

FOP Vedere: Fibrodisplasia ossificante progressiva

Foramina parietalia permagna Vedere: Forami parietali

Forami parietali

ORPHA60015

MIM: 168500

Laboratori Diagnosi molecolare dei forami parietali (gene MSX2) Ospedali Galliera, GENOVA Dr. COVIELLO Domenico, Dr. PERRONI Lucia

Forma sintomatica femminile della distrofia ORPHA206546 muscolare di Duchenne e di Becker Le forme sintomatiche delle distrofie muscolari di Duchenne e Becker (DMD e DMB; si vedano questi termini) nelle femmine portatrici sono caratterizzate da quadri variabili di debolezza muscolare secondaria a una miopatia scheletrica progressiva, che si associa a volte a cardiomiopatia dilatativa o alla dilatazione del ventricolo sinistro. La prevalenza non è nota: la DMD e la DMB colpiscono prevalentemente i maschi ed è stata riportata solo una piccola percentuale di femmine portatrici clinicamente affette (il 24% delle femmine portatrici appartenenti alle famiglie affette da DMD e il 19% di quelle appartenenti alle famiglie affette da DMB). Nelle femmine portatrici sintomatiche, la malattia si manifesta di solito nell’età adulta. La debolezza muscolare in genere varia dalle forme leggere a quelle moderate e di solito è prossimale e asimmetrica; spesso gli arti superiori sono più deboli rispetto a quelli inferiori. Sono stati descritti anche mialgie e crampi. Alcune pazienti presentano solo segni cardiaci. La DMD e la DMB sono malattie recessive legate all’X e sono provocate dal deficit di distrofina nei muscoli cardiaci e scheletrici, da delezioni/mutazioni del gene DMD (Xp21.2). Le femmine che presentano i segni clinici della DMD e della DMB sono di solito portatrici di riarrangiamenti del cromosoma X, oppure presentano un’inattivazione non casuale del cromosoma X, oppure sono affette dalla sindrome di Turner (assenza completa o parziale di un cromosoma X). La diagnosi viene confermata dai test molecolari. Per quanto riguarda i maschi affetti da DMD e DMB, la presa in carico deve essere multidisciplinare mentre le femmine portatrici della DMB e della DMD devono sottoporsi a regolari monitoraggi cardiaci. La prognosi per le femmine portatrici sintomatiche è variabile, ma di regola il decorso della malattia è più lieve nelle femmine rispetto ai maschi e la progressione più lenta. *Autore: Dott. R. Quinlivan (settembre 2009)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) CNR, MANGONE (CS) Dr. CITTADELLA Rita

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ORPHANET ITALIA 2011

Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene distrofina) Università degli Studi di Ferrara, FERRARA Pr. FERLINI Alessandra Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Laboratorio Genetica Medica Artemisia, ROMA Dr. MESORACA Alvaro Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Istituto di Diagnostica Clinica Proda, ROMA Dr. FREZZA Katia, Dr. SABBADINI Guglielmo, Dr. TOZZI Carla Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Dr. DRAGONE Elisa, Pr. MIGONE Nicola, Pr. PASINI Barbara Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” - ASL LE, LECCE Dr. CARUSO Sebastiano, Dr. MAURO Salvatore Diagnosi molecolare della distofia muscolare tipo Duchenne e Becker LABOGEN S.a.S., CATANIA Dr. GRILLO Agata Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Pr. TORRICELLI Francesca Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene distrofina) Azienda Ospedaliera - Ospedale Policlinico “G.B. Rossi”, VERONA Dr. DE MATTEIS Giovanna, Pr. GUIDI Gian Cesare, Dr. SOLERO G. Pietro

Associazioni

UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Forma sintomatica femminile dell’emofilia A

ORPHA177926

MIM: 306700 L’emofilia A sintomatica nelle femmine portatrici è una forma di emofilia A (si veda questo termine) che si manifesta in alcune donne che presentano mutazioni del gene F8 (Xq28), che codifica per il fattore VIII della coagulazione. La prevalenza non è nota, ma si tratta di una forma molto rara. I sintomi comprendono le emorragie patologiche dopo lievi traumi, gli interventi chirurgici o le estrazioni dentali. Le emorragie spontanee sono rare. La trasmissione è recessiva legata all’X. *Autore: Prof. C. Negrier (maggio 2009)*.

Laboratori Diagnosi molecolare e biochimica dell’emofilia A e B IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. COLAIZZO Donatella, Dr. GRANDONE Elvira

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Azienda Ospedaliera BMM, REGGIO CALABRIA Dr. LAGANÀ Carmelo, Dr. MAMMÌ Corrado Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) P.S.I. “Loreto Crispi”, NAPOLI Pr. POLISTINA Maria Teresa, Dr. TIBERIO Claudia Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Azienda Ospedaliera Universitaria - Seconda Università degli Studi di Napoli, NAPOLI Dr. AURINO Stefania, Pr. NIGRO Vincenzo Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker A.O. S. Andrea, ROMA Pr. CHESSA Luciana, Dr. LULLI Patrizia, Dr. PIANE Maria Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DYS) Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale maggiore Policlinico, MILANO Dr. TEDESCHI Silvana Diagnosi molecolare e immunologica della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene distrofina) Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Besta”, MILANO Dr. BERNASCONI Pia, Dr. MANTEGAZZA Renato, Dr. MORA Marina Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene distrofina) Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Pr. MELIS Maria Antonietta Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Ospedale Santa Chiara, PISA Dr. BALDINOTTI Fulvia, Dr. SIMI Paolo Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Università degli Studi di Pisa, PISA Pr. SICILIANO Gabriele Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BIANCHI Silvia, Dr. CARDAIOLI Elena, Sig. DA POZZO Paola, Pr. FEDERICO Antonio Diagnosi immunoistochimica e Western blotting delle distrofie muscolari tipo Duchenne e Becker Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. BERTI Gianna, Pr. FEDERICO Antonio, Pr. MALANDRINI Alessandro Diagnosi molecolare della distrofia tipo Duchenne e Becker (gene distrofina) Università degli Studi di Padova, PADOVA Pr. MOSTACCIUOLO Maria Luisa Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker (gene DMD) Policlinico Universitario di Chieti, CHIETI Pr. PALKA Giandomenico, Pr. STUPPIA Liborio Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker e delle portatrici (gene distrofina) Seconda Università degli Studi di Napoli, NAPOLI Pr. POLITANO Luisa Diagnosi molecolare della distrofia muscolare tipo Duchenne e Becker Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco

F

Forma sintomatica femminile dell’emofilia A

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

F

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ORPHANET ITALIA 2011

Forma sintomatica femminile dell’emofilia B

Diagnosi molecolare dell’emofilia A (gene F8) Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Dr. MURRU Stefania, Pr. ROSATELLI Maria Cristina Diagnosi molecolare dell’emofilia A e B Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’emofilia A e B Università degli Studi di Ferrara - Azienda Ospedaliera S. Anna, FERRARA Dr. GEMMATI Donato Diagnosi molecolare dell’emofilia A (gene F8) Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, PARMA Pr. NERI Tauro Maria, Dr. RICCARDI Federica Diagnosi molecolare dell’emofilia A e B (geni F8 e F9) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro Diagnosi molecolare dell’emofilia A (gene F8) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, FIRENZE Pr. TORRICELLI Francesca

normale. Il primo bambino ha sviluppato lesioni eritematose e vescicolari sul viso, a seguito di esposizione al sole per 6 ore, all’età di 2 settimane, ed è morto a 6 mesi. La secondogenita è morta a 20 mesi dopo un analogo decorso clinico. Sono state escluse le principali malattie metaboliche, in particolare la porfiria e l’acrodermatite enteropatica (in uno dei fratelli è stata osservata una normale concentrazione di zinco nel plasma). La storia familiare suggerisce che questa malattia abbia una trasmissione autosomica recessiva. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (luglio 2005)*.

Associazioni

FPLD3

ASCE - Associazione Sarda Coagulopatici Emorragici

Forma sintomatica femminile dell’emofilia B

ORPHA177929

MIM: 306900

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

FPLD1 Vedere: Lipodistrofia parziale familiare, tipo Köbberling

FPLD2 Vedere: Lipodistrofia parziale familiare, tipo Dunnigan

Vedere: Lipodistrofia parziale familiare associata a mutazioni di PPARG

Fragilità ossea - craniosinostosi - proptosi - idrocefalo

L’emofilia B sintomatica nelle femmine portatrici è una forma di emofilia B (si veda questo termine) che si manifesta in alcune donne portatrici di mutazioni nel gene F9 (Xq28), che codifica per il fattore IX della coagulazione. La prevalenza non è nota, ma si tratta di una forma molto rara. I sintomi comprendono le emorragie patologiche secondarie a lievi traumi, gli interventi chirurgici o le estrazioni dentali. Le emorragie spontanee sono soli occasionali. La trasmissione è recessiva legata all’X. *Autore: Prof. C. Negrier (maggio 2009)*.

Vedere: Sindrome di Cole-Carpenter

Laboratori

La fruttosuria è, in genere, asintomatica. È causata da un difetto della fruttochinasi epatica, un enzima coinvolto nel catabolismo del fruttosio. Questa anomalia produce livelli ematici molto elevati di fruttosio dopo ingestione di fruttosio, saccarosio o sorbitolo. Il fruttosio in eccesso viene eliminato con le urine. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2006)*.

Diagnosi molecolare e biochimica dell’emofilia A e B IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. COLAIZZO Donatella, Dr. GRANDONE Elvira Diagnosi molecolare dell’emofilia A e B Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’emofilia A e B Università degli Studi di Ferrara - Azienda Ospedaliera S. Anna, FERRARA Dr. GEMMATI Donato Diagnosi molecolare dell’emofilia A e B (geni F8 e F9) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro

Associazioni

ASCE - Associazione Sarda Coagulopatici Emorragici

Fosfoetanolaminuria Vedere: Ipofosfatasia

Fotosensibilità cutanea - colite letale

ORPHA2881

MIM: 219095 L’associazione tra la fotosensibilità cutanea precoce e la colite grave è stata descritta in 3 di 4 fratelli, nati da genitori non consanguinei. I tre fratelli affetti sono morti per diarrea intrattabile. Il quarto fratello, figlio di un padre diverso, era

Fruttosemia congenita Vedere: Intolleranza al fruttosio

Fruttosuria

ORPHA2056

MIM: 229800

Laboratori Diagnosi biochimica della fruttosuria Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

FSH-RO Vedere: Disgenesia gonadica 46,XX

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ORPHANET ITALIA 2011

FTDP-17 Vedere: Demenza frontotemporale e parkinsonismo legato al cromosoma 17

Fucosidosi

F

Fusioni delle vertebre cervicali

ORPHA349

MIM: 230000

Fukutinopatia Vedere: Distrofia muscolare dei cingoli, autosomica recessiva, tipo 2I

Fundus flavimaculatus Vedere: Malattia di Stargardt

Fusione congenita dei segmenti cervicali Vedere: Sindrome isolata di Klippel-Feil

Fusione congenita delle vertebre cervicali Vedere: Sindrome isolata di Klippel-Feil

Fusione posteriore delle vertebre lombosacrali - blefaroptosi

ORPHA2064

MIM: 192800

Laboratori Diagnosi biochimica della fucosidosi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico Diagnosi biochimica della fucosidosi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica della fucosidosi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica della fucosidosi Policlinico “Le Scotte”, SIENA Pr. FEDERICO Antonio, Dr. PALMERI Silvia, Dr. TARQUINI Ermelinda Diagnosi biochimica della fucosidosi Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella Diagnosi biochimica della fucosidosi Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Questa sindrome è caratterizzata da ptosi congenita e fusione delle vertebre lombosacrali. È stata descritta in una donna e nelle sue due figlie. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2007)*.

Associazioni

Fusioni delle vertebre cervicali

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Fusione vertebrale progressiva, non infettiva, forma sindromica

ORPHA2062

La fusione vertebrale anteriore non infettiva progressiva può essere isolata o associata a sintomi variabili. La fusione anteriore vertebrale non infettiva progressiva sindromica è stata descritta in 10 casi. Sintomi correlati sono la sinostosi radioulnare, le esostosi, l’assenza delle vertebre cervicali, il gigantismo generalizzato, i dismorfismi facciali, la diastematomielia e/o il situs inversus visceri. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Sindrome isolata di Klippel-Feil

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

La fucosidosi è una malattia da accumulo lisosomiale molto rara, che appartiene al gruppo delle oligosaccaridosi o delle glicoproteinosi. È dovuta a un difetto di alfa-L-fucosidasi, responsabile dell’accumulo generalizzato di glicolipidi, contenenti fucosio e oligosaccaridi nei tessuti corporei. La trasmissione è autosomica recessiva. Sono stati descritti meno di 100 casi (20 dei quali nel sud dell’Italia). Esiste uno spettro di forme intermedie, con forme gravi (tipo 1, insorgenza tra 3 e 18 mesi), e moderate (tipo 2, a evoluzione più lenta). I segni clinici comprendono i dismorfismi facciali, le disostosi multiple, la lieve epatomegalia, il ritardo mentale grave, la sordità e, a seconda dell’età, gli angiocheratomi. La diagnosi biologica viene posta sul profilo cromatografico caratteristico degli oligosaccaridi urinari. I risultati sono confermati con la misurazione dell’attività dell’alfa-L-fucosidasi nei leucociti. Il dosaggio dell’enzima negli amniociti e sul trofoblasto è difficile. Il gene è stato localizzato in 1p36-p34 (locus FUCA1) e clonato; esiste anche uno pseudogene sul cromosoma 2. Sono state identificate oltre 20 mutazioni. Un locus polimorfico (FUCA2) sul cromosoma 6 controlla l’attività enzimatica nel siero e nei fibroblasti. L’unico trattamento specifico consiste nell’allotrapianto di midollo osseo, che è stato effettuato in meno di 10 casi, con risultati non ancora accertati. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (luglio 2003)*.

ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

G

ORPHANET ITALIA 2011

Galattosemia

G Galattosemia

ORPHA352

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 230200 La galattosemia è una malattia caratterizzata da deficit degli enzimi del metabolismo del galattosio, di solito il galattosio1-fosfato-uridil-transferasi (GALT), con conseguente accumulo di galattosio-1-fosfato. In Europa, la malattia colpisce circa un neonato ogni 35.000. I segni clinici compaiono nei primi giorni di vita e consistono nella mancanza di appetito, vomito, ittero, sonnolenza, epatomegalia, edema e ascite. Se non trattata, la malattia evolve rapidamente nell’insufficienza renale ed epatica, con setticemia da infezione da Escherichia coli, un batterio Gram-negativo. Dopo diversi giorni o settimane si sviluppa una cataratta nucleare, che diventa rapidamente irreversibile. La malattia ha una trasmissione autosomica recessiva ed è dovuta a mutazioni puntiformi. È correlata al deficit di uno dei tre enzimi della via metabolica del galattosio: la galattochinasi (GALK), l’uridin-difosfato (UDP)-galattosio-4-epimarasi e, più comunemente, il galattosio-1-fosfato-uridil-transferasi (GALT). Il gene che codifica per il GALT è stato localizzato sul cromosoma 9p13. La diagnosi si basa sull’accumulo di galattosio-1-fosfato negli eritrociti (spot test), sulla determinazione del deficit di un enzima della via metabolica del galattosio e sull’identificazione della mutazione. In alcuni Paesi, lo screening postnatale viene offerto in maniera sistematica. Ai genitori eterozigoti può essere proposta la diagnosi prenatale. Al momento, l’unica cura disponibile si basa sulla dieta priva di galattosio. Nonostante la dieta, durante l’infanzia possono comparire complicazioni neurologiche (diminuzione del QI con il progredire dell’età, disprassia verbale, alterazioni della mielina) e ipogonadismo ipergonadotropo (disfunzione ovarica, livelli di FSH e LH estremamente elevati). Il deficit dell’UDP-galattosio e/o l’accumulo di galattosio-1-fosfato in utero causerebbero un difetto nella galattosilazione delle glicoproteine (in particolare dell’FSH) e dei glicolipidi (in particolare dei galattolipidi della mielina), che giustificherebbero la comparsa delle complicazioni. Inoltre, una anomala galattosilazione può anche contribuire ad alterare le funzioni delle molecole galattosilate. La dieta priva di galattosio consente la biosintesi parziale delle catene dei carboidrati di alcune glicoproteine. La ricerca sulle forme classiche della galattosemia mira in primo luogo a identificare strategie terapeutiche in grado di prevenire i sintomi neurologici ed endocrinologici, tendendo a limitare l’accumulo di galattosio e dei suoi derivati e a sviluppare un trattamento capace di stimolare una via metabolica secondaria, in grado di metabolizzare i derivati dal galattosio e di aumentare i livelli di UDP-galattosio, necessario per la glicosilazione delle proteine e dei lipidi. *Autore: Dott. K. Petry (aprile 2006)*.

Laboratori Diagnosi molecolare della galattosemia Croce Rossa Italiana, ROMA Dr. ANGELONI Ulrico, Dr. DELAROCHE Isabella Diagnosi biochimica della galattosemia IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica della galattosemia da deficit di Gal-1PUT Ospedale dei Bambini “ Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi molecolare della galattosemia classica (gene GALT) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto

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Diagnosi biochimica della galattosemia Azienda Sanitaria Ospedaliera O.I.R.M. - S. Anna - Università di Torino, TORINO Dr. BRACCO Guglielmo, Dr. PAGLIARDINI Severo Diagnosi biochimica della galattosemia Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica della galattosemia (dosaggio galattosio plasmatico, aminoacidi urinari e attività del galattosio-1-fosfato-uridil-transferasi) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi molecolare della galattosemia Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe Diagnosi molecolare della galattosemia (gene GALT) IRCCS “Saverio De Bellis”, CASTELLANA GROTTE (BA) Dr. GENTILE Mattia

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Galattosialidosi

ORPHA351

MIM: 256540 La galattosialidosi è una malattia rara da accumulo lisosomiale, da deficit di neuraminidasi e beta-galattosidasi, che origina dal deficit primitivo di una terza proteina lisosomiale, la proteina bifunzionale protettiva/catepsina a (PPCA). La PPCA si lega alla beta-galattosidasi e alla neuraminidasi, formando un complesso multienzimatico, e garantisce la loro attività e la loro stabilità all’interno dei lisosomi. La trasmissione è autosomica recessiva. Sono noti tre fenotipi clinici: la forma congenita o della prima infanzia è caratterizzata da edema, ascite ed epatosplenomegalia (può simulare l’idrope fetale), disturbi neurologici, insufficienza renale, dismorfismi facciali, difetti scheletrici e oculari (macchia rosso-ciliegia e cecità precoce). La forma infantile tardiva è caratterizzata da sviluppo mentale normale o ritardo moderato. Le forme giovanili o adulte (presenti soprattutto in Giappone) sono caratterizzate da disturbi neurologici lentamente progressivi, dismorfismi facciali, disostosi multiple, patologia oculare (macchia rosso-ciliegia e opacità corneali) e angiocheratomi. La diagnosi biologica identifica il profilo cromatografico caratteristico degli oligosaccaridi urinari. I risultati sono confermati dal dosaggio enzimatico dell’alfa-D-neuraminidasi e della beta-galattosidasi o della carbossipeptidasi A nei fibroblasti, negli amniociti o sul trofoblasto. Il gene è stato localizzato nella regione 20q13; è stato clonato e sono state identificate diverse mutazioni (una mutazione è responsabile della maggior parte dei casi Giapponesi). Il trattamento è solo sintomatico. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (luglio 2003)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della galattosialidosi Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica e molecolare della galattosialidosi (gene PPGB)

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ORPHANET ITALIA 2011

Gangliosidosi GM2, variante O

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS AIMPS - Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini - ONLUS

Gamma-sarcoglicanopatia

La gangliosidosi GM1 è causata da un deficit dell’enzima lisosomiale beta-galattosidasi (beta-gal). Si trasmette come carattere autosomico recessivo. Il gene-malattia è localizzato sul cromosoma 3p21-p33. Sono state identificate varie mutazioni, che impediscono la fosforilazione del precursore della beta-galattosidasi che, di conseguenza, viene secreto, anziché essere trasferito ai lisosomi. Il deficit di beta-galattosidasi e l’accumulo di GM1 sembrano indurre l’attivazione indiretta di una via dell’apoptosi neuronale. La diagnosi può essere confermata con la biopsia cutanea, che dimostra una notevole riduzione dell’attività enzimatica della beta-galattosidasi sulle colture di fibroblasti, come nei leucociti. Sono possibili lo screening degli eterozigoti e la diagnosi prenatale. La prognosi dipende dall’età di esordio della gangliosidosi. Le attese di vita non superano i 2 anni nella forma infantile e, raramente, i 20 anni nella forma giovanile. Nella gangliosidosi dell’adulto, il fenotipo è variabile, ma i danni neurologici progressivi, di solito, riducono le attese di vita. È in corso la sperimentazione di una terapia, rivolta alle forme lentamente progressive, che impedisce la sintesi dei gangliosidi (Miglustat). *Autori: Prof. N. Baumann e Prof. J.C. Turpin (aprile 2006)*.

Laboratori Diagnosi biochimica delle gangliosidosi GM1 e GM2 IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica della gangliosidosi GM1 Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica e molecolare della gangliosidosi GM1 (gene GLB1) Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica della gangliosidosi GM1 Policlinico “Le Scotte”, SIENA Pr. FEDERICO Antonio, Dr. PALMERI Silvia, Dr. TARQUINI Ermelinda

Vedere: Distrofia muscolare dei cingoli, autosomica recessiva, tipo 2C

Diagnosi molecolare della gangliosidosi Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco

Gangliocitoma displastico del cervelletto

Diagnosi biochimica delle gangliosidosi GM1 e GM2 Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella

Vedere: Malattia di Lhermitte-Duclos

Gangliosidosi GM1

ORPHA354

MIM: 230500 La gangliosidosi GM1 è una malattia neurodegenerativa, caratterizzata dall’accumulo di gangliosidi GM1. Si distinguono tre forme di gangliosidosi GM1. La forma infantile (tipo 1) esordisce prima dei 3 mesi di vita, con encefalopatia progressiva e amaurosi. All’esordio, compaiono epatosplenomegalia, infiltrazione cutaneo-mucosa (che conferisce al viso l’aspetto grossolano) e deformazioni scheletriche (compresa la cifoscoliosi). Durante i primi 6 mesi di vita si manifesta un ritardo o un arresto dello sviluppo, seguito da un deterioramento neurologico progressivo. Nel 50% dei casi la macula presenta macchie rosso-ciliegia. I livelli degli oligosaccaridi urinari sono elevati. La forma giovanile (tipo 2) esordisce tra 1 e 5 anni di età. Il sintomo principale è l’atassia locomotoria, che esita in uno stato di decerebrazione, con crisi epilettiche. I visceri sono coinvolti solo in maniera lieve. Nella forme dell’adulto (tipo 3 o gangliosidosi GM1 cronica), l’esordio può essere variabile, occasionalmente in età giovanile, ma la diagnosi non viene posta prima dell’età adulta. I segni clinici sono simili a quelli delle forme giovanili della malattia di Parkinson, della degenerazione spinocerebellare atipica o della distonia. I visceri non sono coinvolti e non si riscontra la macchia rosso-ciliegia a livello della macula. Il ritardo mentale può inizialmente mancare o essere di lieve entità, ma con il tempo progredisce.

Diagnosi biochimica della gangliosidosi GM1 Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Associazioni

Associazione Italiana Niemann Pick - ONLUS APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS AIMPS - Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini - ONLUS

Gangliosidosi GM2, variante O Vedere: Malattia di Sandhoff

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica della galattosialidosi Policlinico “Le Scotte”, SIENA Pr. FEDERICO Antonio, Dr. PALMERI Silvia, Dr. TARQUINI Ermelinda Diagnosi biochimica della galattosialidosi (dosaggio degli oligosaccaridi urinari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi biochimica della galattosialidosi Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella Diagnosi biochimica della galattosialidosi Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

G

G

Gastrinoma Vedere: Sindrome di Zollinger-Ellison

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Gastrite ipertrofica gigante familiare

GCL

Vedere: Malattia di Menetrier

Vedere: Lipodistrofia congenita di Berardinelli-Seip

Gastroenterite eosinofila

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

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ORPHANET ITALIA 2011

Gastrinoma

ORPHA2070

La gastroenterite eosinofila (EGE) è una condizione patologica non frequente, caratterizzata dalla presenza di sintomi gastrointestinali non specifici, associati a un’infiltrazione eosinofila del tratto gastrointestinale (una o più aree), senza coinvolgimento sistemico. La presentazione clinica è variabile, dipende dalla regione del tratto digestivo coinvolta (più spesso lo stomaco e/o il piccolo intestino): nausee, vomito, dolore addominale, perdita di peso e diarrea. Occasionalmente si possono associare altri segni: malassorbimento, anemia sideropenica, enteropatia da perdita di proteine, steatorrea. L’eziologia e la patogenesi della EGE sono poco chiare. Vari stimoli, tra cui allergeni alimentari, farmaci (azatioprina, sali d’oro, trimetoprim-sulfonamide) e deficit immunologici, possono scatenare un’infiltrazione eosinofila del tratto gastrointestinale, seguita dalla degranulazione con rilascio di citochine e danno cellulare. Nell’80% dei casi si osservano eosinofilia del sangue periferico e concentrazioni elevate di IgE sieriche. Il quadro istopatologico di solito evidenzia infiltrati eosinofili (oltre 20 eosinofili per campo) che interessano tutti e tre gli strati della parete gastrointestinale, con iperplasia delle cripte, ulcerazioni e atrofia dei villi. Descritta per la prima volta da Kaijser nel 1937, la EGE è una malattia molto rara la cui incidenza non è nota. I casi riportati appartengono per la maggior parte alle popolazioni Caucasiche, con una lieve predominanza nei maschi. La terapia si basa, in primo luogo, sulla dieta, in associazione con la corticoterapia orale durante le esacerbazioni acute della malattia. Può essere necessaria la corticoterapia di mantenimento a basse dosi per controllare la malattia. La prognosi è buona nonostante l’evoluzione cronica. *Autore: Dott. C. Henegar (gennaio 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Gastroschisi

ORPHA2368

GEFS+ Vedere: Epilessia generalizzata con convulsioni febbrili plus

Geniospasmo

ORPHA53372

MIM: 190100 Il geniospasmo ereditario è una malattia del movimento caratterizzata da episodi di tremore involontario del mento e del labbro inferiore. La malattia è stata descritta in meno di 25 famiglie in Europa e negli USA, ed è stata osservata una leggera preponderanza maschile (rapporto maschi-femmine 1,3:1). L’esordio di solito avviene nell’infanzia e può essere preceduto da stress e fattori emotivi. Gli episodi possono insorgere durante il sonno. La malattia non si associa a difetti neurologici, anche se sono stati descritti occasionalmente disturbi del sonno, anomalie all’EEG e il coinvolgimento di altri muscoli facciali. È possibile un miglioramento spontaneo con l’età. È stato identificato un locus in 9q13-q21 in 4 generazioni diverse di una famiglia britannica. Tuttavia, non è stata osservata concatenazione con quella regione in una seconda famiglia della Gran Bretagna affetta dalla malattia, dato che suggerirebbe un’eterogeneità genetica. La trasmissione è autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2009)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Genitali ambigui - normale sviluppo delle strutture mülleriane Vedere: Sindrome di Fuqua-Berkovitz

Genocondromatosi

ORPHA85197

MIM: 230750

MIM: 137360

La gastroschisi è caratterizzata da visceri sporgenti dall’addome del feto/neonato sul lato destro dell’ombelico, che non sono ricoperti da un sacco. È dovuta a un’anomalia nella crescita dell’embrione, che solo raramente si associa ad altre malformazioni. In Europa, la prevalenza media della gastroschisi è stimata a 1/5.000 nati. Le lesioni intestinali associate dipendono dalla qualità della vascolarizzazione mesenterica e dal contatto tra le anse intestinali e il liquido amniotico. Quando l’ernia è stretta o le sue dimensioni diminuiscono, può osservarsi necrosi o ischemia progressiva degli intestini sporgenti: in questo caso la prognosi non è favorevole. L’eziologia non è nota. La diagnosi di solito è possibile prima della nascita con l’ecografia prenatale. La diagnosi prenatale permette di programmare il parto in unità specialistiche nelle quali è possibile effettuare immediatamente l’intervento chirurgico. La diagnosi differenziale si pone con l’onfalocele (si veda questo termine), che è più frequente e si associa ad altre malformazioni. Il trattamento è chirurgico e consiste nella chiusura della parete addominale. L’intervento non è sempre possibile immediatamente ed è necessario ricorrere a diverse tecniche di chiusura successiva. In presenza di una riduzione del volume del liquido amniotico è possibile effettuare trasfusioni di liquido amniotico in epoca prenatale per limitare le lesioni intestinali. La prognosi dipende dalla qualità funzionale delle anse intestinali e in genere è eccellente in oltre il 90% dei casi. *Autore: Prof. F. Bargy (gennaio 2009)*.

La genocondromatosi è caratterizzata da condromatosi che, di solito, interessa le clavicole, l’estremità prossimale dell’omero e l’estremità distale del femore. Le lesioni sono bilaterali e simmetriche. È stata descritta in 4 soggetti della stessa famiglia ed è trasmessa come carattere autosomico dominante. La genocondromatosi 2, un’altra forma della malattia, presenta notevoli analogie con la genocondromatosi, ma è caratterizzata dal coinvolgimento delle ossa tubulari corte e da clavicole normali. È stata descritta in una famiglia non consanguinea. La genocondromatosi 2 viene trasmessa come carattere autosomico dominante. La genocondromatosi ha un decorso clinico benigno. *Autore: team editoriale di Orphanet (agosto 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Genodermatosi “a coccarda” di Degos Vedere: Eritrocheratodermia “a coccarda”

GEPD Vedere: Epilessia generalizzata - discinesia parossistica

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ORPHANET ITALIA 2011

Gerodermia osteodisplastica

Glicogenosi da deficit di fosforilasi epatica ORPHA2078

MIM: 231070 La gerodermia osteodisplastica è una malattia rara (sono stati riportati circa 25 casi), caratterizzata da cute lassa e corrugata, in particolare sul dorso delle mani e dei piedi, ritardo globale dello sviluppo e aspetto progeroide, associato ad alterazioni scheletriche, tra cui l’osteoporosi, i difetti vertebrali e le fratture. La trasmissione è autosomica recessiva. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Sindrome da resistenza all’ormone della crescita

Gigantismo cerebrale Vedere: Sindrome di Sotos

Gigantismo cerebrale - cisti mascellari

ORPHA2081

Questa sindrome è caratterizzata da gigantismo cerebrale associato alla sindrome del nevo delle cellule basali e a cisti mascellari. È stata descritta in meno di 10 pazienti appartenenti a due diverse famiglie. I segni neurologici comprendono l’idrocefalo, le malformazioni dei ventricoli, una sindrome cerebellare, calcificazioni intracraniche, disturbi oculomotori e, in alcuni casi, lievi disturbi del sistema nervoso periferico. *Autore: team editoriale di Oprhanet (febbraio 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Gigantismo cerebrale, tipo Nevo Vedere: Sindrome di Nevo

Gigantismo parziale - emipertrofia - macrocefalia Vedere: Sindrome di Proteus

Vedere: Tumore stromale gastrointestinale familiare o sporadico

ORPHA359

MIM: 137700 Le forme ereditarie di glaucoma comprendono: 1) Il glaucoma congenito che insorge nei primi mesi di vita, in utero o alla nascita. Il glaucoma congenito isolato è caratterizzato da malformazioni minori dell’angolo iridocorneale della camera anteriore dell’occhio. I sintomi clinici comprendono la lacrimazione, la fotofobia e l’allargamento del globo oculare, con insorgenza nei primi mesi di vita. Il glaucoma è causato da un ostacolo al deflusso dell’umore acqueo e il trattamento è principalmente chirurgico. Il glaucoma congenito ha una frequenza di 1 ogni 10.000 nati nei Paesi occidentali ed è più elevata in alcuni Paesi (soprattutto in Medio Oriente). L’eredità è autosomica recessiva e i geni coinvolti sono CYP1B1, GLC3A e GLC3B. 2) Il glaucoma giovanile è un glaucoma primitivo ad angolo aperto, a insorgenza nelle prime due decadi di vita, caratterizzato da aumento della pressione intraoculare, escavazione della papilla del nervo ottico e riduzione del campo visivo. Il trattamento è sia medico che, spesso, chirurgico. La frequenza della malattia è sconosciuta, ma probabilmente è sottostimata. L’eredità è autosomica dominante, e il gene-malattia è MYOC. 3) Il glaucoma ad angolo aperto dell’adulto è la forma più frequente di glaucoma, con caratteristiche cliniche sovrapponibili a quelle del glaucoma giovanile, con insorgenza generalmente oltre i 40 anni. L’eziologia è probabilmente multifattoriale, con una componente ereditaria. Numerosi geni, incluso OPTN, sono coinvolti. *Autore: Dott. P. Dureau (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi molecolare del glaucoma ereditario infantile (geni CYP1B1 e MYOC/TIGR) Ospedale Niguarda Ca’ Granda, MILANO Dr. PATROSSO Maria Cristina, Dr. PENCO Silvana Diagnosi molecolare del glaucoma ereditario (geni MYOC, OPTN) Policlinico “Le Scotte”, SIENA Dr. BRUTTINI Mirella, Dr. MELONI Ilaria, Pr. RENIERI Alessandra

Associazioni Glaucoma giovanile

ORPHA98977

MIM: 610535

ORPHA98976

Vedere: Glaucoma ereditario

MIM: 133760

Glicinemia chetosica

Vedere: Glaucoma ereditario

Vedere: Acidemia propionica

Glaucoma congenito di Peters

Glicogenosi da deficit di fosforilasi epatica

Vedere: Anomalia di Peters

Glaucoma - ectopia - sferofachia - rigidità articolare - bassa statura

Glaucoma ereditario

Fedra ONLUS

GIST Glaucoma congenito

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

ORPHA369

MIM: 232700 ORPHA2084

MIM: 137765 Questa sindrome è caratterizzata da rigidità articolare progressiva, glaucoma, bassa statura e dislocazione del cristallino. È stata descritta in 3 membri della stessa famiglia (il nonno, la figlia e il nipote). La trasmissione è probabilmente autosomica dominante. È stato suggerito di definire la sindrome con l’acronimo GEMSS (Glaucoma, Ectopia, Microsferofachia, articolazioni rigide “Stiff joints”, Statura bassa). Questa sindrome è simile per alcuni aspetti alla sindrome di MooreFederman (si veda questo termine). *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2007)*.

Questa glicogenosi (tipo 6B), detta anche malattia di Hers, è dovuta al deficit di fosforilasi epatica, enzima limitante della glicogenolisi, attivato da una cascata di reazioni enzimatiche: adenilato-ciclasi, proteinchinasi dipendente dall’AMP ciclico, fosforilchinasi (responsabile della maggior parte dei casi di glicogenosi tipo 6). È una glicogenosi rara, a trasmissione autosomica recessiva. I pazienti hanno un’evoluzione clinica molto sfumata. Durante l’infanzia presentano epatomegalia e ritardo di crescita. Gli episodi ipoglicemici non sono molto gravi e sono poco frequenti, l’ipertransaminasemia e l’iperlipidemia sono moderate e incostanti. L’epatomegalia migliora generalmente con l’età per scomparire alla pubertà. La diagnosi biochimica si basa sull’evidenziazione, su biopsia

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

GHIS

G

G

epatica, di un accumulo di glicogeno e di un deficit parziale di fosforilasi totale attiva. Il gene è stato localizzato sul cromosoma 14 (14q21-22), è stato clonato e sono state identificate alcune mutazioni. Una dieta ricca di carboidrati e pasti regolari sono sufficienti a prevenire l’ipoglicemia. (si veda anche questo termine: glicogenosi tipo 6 da deficit di fosforilchinasi). *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (luglio 2003)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 0, 6 e 9 (acido lattico) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS

Glicogenosi da deficit di fosforilchinasi

ORPHA370

MIM: 261750 Le glicogenosi da deficit fosforilchinasi (tipo 6A e/o 9) sono le più comuni glicogenosi tipo 6 (circa 80%). I malati hanno un’evoluzione clinica molto sfumata (si veda anche il tipo 6B), sebbene in alcuni casi si possa presentare in forma più grave. La fosforilchinasi è un enzima esadecamerico, tetramero contenente quattro subunità: [alfa, beta, gamma, delta] x 4. La glicogenosi tipo 6A (o 7), a trasmissione recessiva legata al cromosoma X (il 75% dei casi di tipo 6), causa un deficit epatico isolato, dovuto alla subunità regolatrice alfa, codificata dal gene PHKA2, localizzato in Xp22. A seconda che il deficit enzimatico possa essere dimostrato negli eritrociti e nel fegato o solo nel fegato, si distinguono due sottogruppi (XLG1 e XLG2), ma l’analisi mutazionale ha dimostrato che si trattava di mutazioni della stessa subunità. La glicogenosi tipo 9, a trasmissione autosomica recessiva (10% dei casi di glicogenosi tipo 6 da deficit di fosforilchinasi) causa un deficit espresso a livello del fegato, del muscolo e degli eritrociti, anche se il muscolo è poco colpito a livello clinico (ipotonia discreta). La subunità responsabile è quella regolatrice beta, codificata dal gene PHKB, localizzato in 16q. Inoltre, esistono alcuni rari casi molto gravi (a evoluzione cirrotica) di deficit epatico isolato (trasmissione autosomica recessiva), dovuti alla mutazione della subunità catalitica gamma codificata dal gene PHKG2 (localizzato in 16p); casi di deficit muscolare isolato; un caso di deficit cardiaco isolato. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (luglio 2003)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 0, 6 e 9 (acido lattico) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS

Glicogenosi da deficit di LAMP2

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ORPHANET ITALIA 2011

Glicogenosi da deficit di fosforilchinasi

ORPHA34587

MIM: 300257 La glicogenosi da deficit di LAMP2 (detta anche malattia di Danon) è caratterizzata da grave cardiomiopatia e da un grado variabile di debolezza muscolare, spesso associata a ritardo mentale. Ad oggi, sono state descritte più di 20 famiglie. La malattia si manifesta classicamente nei maschi con un’età superiore ai 10 anni. Il quadro clinico può essere grave in entrambi i sessi, ma l’esordio è generalmente più tardivo nelle femmine. La malattia si trasmette come carattere recessivo legato all’X ed è causata dalle mutazioni nel gene LAMP2, localizzato sul cromosoma Xq24. La proteina LAMP2 è una componente essenziale della membrana lisosomiale e sembra avere un ruolo nella fusione dell’autofagosoma-lisosoma. La diagnosi biologica si basa sulla dimostrazione della normale o elevata attività della maltasi acida in associazione alla biopsia musco-

lare che evidenzi grandi vacuoli (pieni di glicogeno e di prodotti della degradazione citoplasmatica) e in assenza della proteina LAMP2 mediante analisi immunoistochimica. La diagnosi può essere confermata dall’analisi molecolare del gene LAMP2. La diagnosi differenziale si pone con la miopatia legata all’X con autofagia eccessiva (XMEA) e con la glicogenosi tipo 2 (si vedano questi termini). L’identificazione della mutazione a livello del gene LAMP2 permette di individuare i portatori nei familiari degli affetti. La consulenza genetica è complicata dalla natura eterogenea della malattia, anche tra i maschi della stessa famiglia. La diagnosi prenatale si può eseguire per i familiari dei pazienti una volta che sia stata caratterizzata la mutazione responsabile della malattia. Non esiste un trattamento specifico per questa patologia. Il trattamento sintomatico è necessario per i sintomi cardiaci e i pazienti possono necessitare di trapianto cardiaco. I pazienti sono a rischio di morte improvvisa a causa dell’aritmia che colpisce i giovani adulti. *Autori: Dott. R. Froissart e Dott. I. Maire (luglio 2007)*.

Laboratori Diagnosi molecolare ed immunoistochimica della malattia di Danon (gene LAMP2) Venetian Institute of Molecular Medicine, PADOVA Pr. ANGELINI Corrado, Dr. NASCIMBENI Annachiara, Dr. TASCA Elisabetta

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Glicogenosi di Fanconi-Bickel

ORPHA2088

MIM: 227810 La glicogenosi di Fanconi-Bickel (FBG) è una malattia rara da accumulo di glicogeno, caratterizzata dall’accumulo epatorenale di glicogeno, grave disfunzione dei tubuli renali e anomalie del metabolismo del glucosio e del galattosio. La prevalenza non è nota, ma al momento sono stati descritti meno di 200 casi. L’esordio avviene nei primissimi mesi di vita e si manifesta con ritardo della crescita, poliuria e rachitismo da perdite a livello dei tubuli prossimali. Il ritardo della crescita e l’epatosplenomegalia, che produce una protrusione dell’addome, sono evidenti a partire dalla prima infanzia. La pubertà è ritardata. È stata osservata anche osteopenia generalizzata, che causa fratture durante l’infanzia, e che evolve successivamente in osteoporosi. Alcuni pazienti presentano anche una distribuzione anomala del grasso corporeo. La FBG viene trasmessa come carattere autosomico recessivo ed è dovuta alle mutazioni eterozigoti composte o omozigoti del gene SLC2A2 (3q26.2-q27). La diagnosi può essere sospettata in base ai sintomi clinici, ai segni radiologici che evidenziano il rachitismo, e ai risultati degli esami di laboratorio che evidenziano la disfunzione dei tubuli renali prossimali (livelli elevati di glicosuria, proteinuria, fosfaturia, ipofosfatemia, aminoaciduria e iperuricemia). Sono comunque stati individuati diversi casi di FBG attraverso lo screening neonatale dei livelli di galattosio. Altre anomalie di laboratorio comprendono l’ipoglicemia a digiuno, la chetonuria e l’ipercolesterolemia. Nei pazienti affetti da FBG, è stato osservato anche un aumento dell’attività della biotinidasi nel siero, che è stato recentemente proposto come marker diagnostico per questa sindrome e per altre malattie da accumulo di glicogeno. Le biopsie ri-

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ORPHANET ITALIA 2011

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS

Glicogenosi epatorenale Vedere: Glicogenosi, tipo 1 ORPHA2089

MIM: 240600 La glicogenosi tipo 0 o deficit di glicogeno-sintetasi non è una glicogenosi propriamente detta, in quanto il deficit enzimatico comporta una diminuzione delle riserve di glicogeno. Si tratta di un deficit genetico molto raro a trasmissione autosomica recessiva. I sintomi clinici comprendono l’ipoglicemia a digiuno (senza epatomegalia), associata ad affaticamento mattutino e, sul piano biochimico, iperchetonemia senza iperalaninemia, né iperlattacidemia. Dopo i pasti compaiono sia una importante iperglicemia, sia un aumento dei lattati e dell’alanina. La diagnosi di laboratorio, sospettata dopo prove da carico di glucosio, richiede una biopsia epatica, che dimostra una concentrazione di glicogeno normale o poco diminuita e permette di mettere in evidenza il deficit enzimatico (che non è espresso nel muscolo, negli eritrociti, nei leucociti o nei fibroblasti). Il gene è stato localizzato sul cromosoma 12p22.2. La sua struttura è conosciuta e sono state identificate diverse mutazioni, che, in alcuni casi, permettono la conferma diagnostica senza ricorrere alla biopsia epatica. La terapia è dietetica, con pasti frequenti, ricchi in proteine durante la giornata e arricchiti di amido crudo alla sera. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 0, 6 e 9 (acido lattico) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS

Glicogenosi, tipo 1

ORPHA364

MIM: 232200 Le glicogenosi tipo 1 (malattia di von Gierke) sono dovute a una disfunzione del sistema della glucosio-6-fosfatasi, tappa chiave della regolazione della glicemia. Il deficit interessa sia la subunità catalitica (tipo 1A), sia il trasportatore del glucosio6-fosfato (tipo 1B). La loro incidenza è dell’ordine di 1/100.000 nati e la trasmissione è autosomica recessiva. I pazienti presentano scarsa tolleranza al digiuno, epatomegalia, ritardo

staturo-ponderale (che generalmente migliora con una dieta appropriata), osteoporosi, facies paffuta, ipotonia, ritardo delle acquisizioni, reni grandi e coinvolgimento delle funzioni piastriniche. Nel tipo 1B è anche presente una tendenza alle infezioni secondarie a neutropenia, gengivostomatiti aftose recidivanti e infiammazione cronica dell’intestino. La diagnosi biologica, che si basa sull’evidenza di alterazioni biologiche a livello basale e sulle prove funzionali, è confermata dall’evidenza del deficit specifico, che è valutabile su una biopsia di fegato preferibilmente non congelato. I geni dei tipi 1A e 1B sono stati localizzati sui cromosomi 17 e 11, che sono stati clonati e nei quali sono state identificate alcune mutazioni, e consentono la diagnosi prenatale di queste glicogenosi. Il trattamento dietetico è rivolto a evitare le ipoglicemie (pasti frequenti, nutrizione enterale notturna con sondino naso-gastrico e integrazione orale di amido crudo), l’acidosi (restrizione di fruttosio e galattosio) e le complicazioni epatiche (adenomi). Il trapianto di fegato, utilizzato nei casi più rari quando si ha un’evoluzione verso l’epatocarcinoma, corregge le crisi ipoglicemiche. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (gennaio 2002)*.

Laboratori Diagnosi molecolare delle glicogenosi, tipo 1A e 1B (geni G6PC) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 1 (dosaggio acido lattico e acidi organici urinari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi molecolare della glicogenosi tipo 1A Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare della glicogenosi di tipo 1A (gene G6PC) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS

Glicogenosi, tipo 2

ORPHA365

MIM: 232300 La glicogenosi tipo 2 è una malattia da accumulo lisosomiale da deficit di alfa-1,4-glucosidasi acida, che idrolizza il glicogeno in unità di glucosio e comporta un accumulo intralisosomiale di glicogeno. La trasmissione è autosomica recessiva. Il deficit è ubiquitario, ma è espresso solo a livello di alcuni organi (soprattutto cuore e/o muscolo scheletrico). La forma infantile o malattia di Pompe si manifesta prima dei 3 mesi con grave ipotonia, difficoltà alla suzione/deglutizione, cardiomiopatia ipertrofica ed epatomegalia progressiva; il decesso sopraggiunge entro i 2 anni. Esistono forme giovanili, ma soprattutto forme dell’adulto, caratterizzate da miopatia dei cingoli, che esordisce a partire dagli arti inferiori, con una evoluzione finale che dipende dall’interessamento dei muscoli respiratori. La diagnosi biologica si basa sulla dimostrazione del deficit enzimatico (linfociti, fibroblasti, biopsia del trofoblasto studiata con metodo diretto). L’esistenza di pseudodeficit può complicare la diagnosi prenatale. Il gene è stato localizzato sul cromosoma 17q23. Alcune mutazioni sono più frequenti, ma la presenza di mutazioni diverse si accorda con l’eterogeneità clinica. Oltre al trattamento sintomatico sono in corso test clinici di terapia sostitutiva mediante enzima ricombinante su neonati e su 3 pazienti in età giovanile. Oltre alla terapia sintomatica, è disponibile in Europa la terapia enzimatica ricombinante per il trattamento della malattia di Pompe. Sono in corso sperimentazioni cliniche di terapia sostitutiva enzimatica nei pazienti giovani e tra breve avranno inizio anche nei pazienti adulti. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (febbraio 2005)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

velano steatosi epatica e accumulo di glicogeno negli epatociti e nelle cellule tubulari renali prossimali. La diagnosi può essere confermata attraverso l’identificazione delle mutazioni del gene SLC2A2. La diagnosi differenziale più importante si pone con la malattia da accumulo di glicogeno di tipo 1, che è dovuta al deficit di glucosio-6-fosfatasi (si veda questo termine). È possibile la diagnosi prenatale nelle famiglie nelle quali è già stata identificata la mutazione di SLC2A2. Il trattamento della FBG è sintomatico e prevede il compenso della sindrome renale attraverso il ricambio di acqua ed elettroliti. Per prevenire il rachitismo ipofosfatemico è essenziale la somministrazione di vitamina D e di fosfato. I pazienti devono seguire una dieta povera di galattosio, analoga a quella dei soggetti diabetici, e l’apporto di carboidrati deve essere garantito dal fruttosio. La prognosi a lungo termine non è nota. La disfunzione dei tubuli renali persiste nell’età adulta, anche se in molti casi non sembra evolvere in insufficienza renale. La dieta e le supplementazioni alleviano alcuni sintomi della FBG, anche se non sono in grado di incidere sulla crescita e per questo, in età adulta, la statura rimane bassa. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2008) *.

Glicogenosi, tipo 0

G

Glicogenosi, tipo 2

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

G

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ORPHANET ITALIA 2011

Glicogenosi, tipo 3

Laboratori

Laboratori

Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 2 IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Pr. BERTINI Enrico Screening dell’attività enzimatica su spot di sangue per la malattia di Pompe Azienda Sanitaria Ospedaliera O.I.R.M. - S. Anna - Università di Torino, TORINO Dr. BRACCO Guglielmo, Dr. PAGLIARDINI Severo Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 2 Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 2 Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi molecolare e biochimica della glicogenosi tipo 2 (gene GAA) Venetian Institute of Molecular Medicine, PADOVA Pr. ANGELINI Corrado, Dr. NASCIMBENI Annachiara, Dr. TASCA Elisabetta Diagnosi biochimica della malattia di Pompe (dosaggio oligosaccaridi urinari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi enzimatica della malattia di Pompe Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. PARENTI Giancarlo Diagnosi biochimica e molecolare della glicogenosi tipo 2 (gene GAA) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. FILOCAMO Mirella Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 2 Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Diagnosi biochimica della glicogenosi tipo 3 (dosaggio acido lattico e aminoacidi plasmatici) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Glicogenosi, tipo 3

ORPHA366

MIM: 232400 La glicogenosi tipo 3 (malattia di Cori o di Forbes) è dovuta al deficit dell’enzima deramificante, la cui azione, coordinata con quella della fosforilasi, è necessaria alla degradazione del glicogeno. L’enzima (amilo-1,6 glicosidasi) ha diversi siti catalitici responsabili di attività transferasica e idrolitica. L’incidenza è stimata in circa 1/100.000 nati (può essere maggiore nelle popolazioni nord-africane) e la sua trasmissione è autosomica recessiva. La sintomatologia è meno grave rispetto al tipo 1. La tolleranza al digiuno è variabile, ma gli episodi di ipoglicemia sono generalmente meno gravi e occasionalmente l’epatomegalia precoce scompare nell’età adulta. Nella maggior parte dei casi si associa a ipotonia muscolare e cardiomiopatia ipertrofica. Fatta eccezione per alcuni casi a evoluzione cirrotica o miopatica, di solito si osserva un miglioramento alla pubertà. Le alterazioni biochimiche comprendono ipoglicemia senza acidosi, ipertrigliceridemia, ipertransaminasemia nell’infanzia. A differenza del tipo 1, c’è risposta al glucagone dopo i pasti. Il deficit enzimatico può essere evidenziato su biopsia epatica o sul trofoblasto, nei leucociti non congelati e nei fibroblasti. Il gene è stato localizzato sul cromosoma 1p21, è stato clonato e sono state identificate alcune mutazioni. Il trattamento è dietetico: in caso di ipoglicemia si raccomanda un’alimentazione enterale notturna, mediante sondino naso-gastrico e pasti frequenti arricchiti di amido crudo. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (luglio 2003)*.

Associazioni

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Glicogenosi, tipo 4

ORPHA367

MIM: 232500 La glicogenosi tipo 4 (malattia di Andersen o amilopectinosi) è causata dal deficit di enzima ramificante (GBE), responsabile dell’accumulo di glicogeno a struttura anomala, meno ramificata, che richiama quella dell’amilopectina. È una glicogenosi rara e grave, a trasmissione autosomica recessiva. La malattia è eterogenea. Esistono forme estremamente gravi con riduzione dei movimenti fetali, artrogriposi, ipoplasia polmonare e morte perinatale. Nella forma classica i bambini, normali alla nascita, sviluppano durante i primi mesi epatomegalia con ritardo dello sviluppo e ipotonia. L’evoluzione è verso una cirrosi rapidamente evolutiva, con ipertensione portale e ascite, che porta alla morte nella prima infanzia. È stata descritta in alcuni casi una forma epatica non evolutiva. Esistono forme più tardive, caratterizzate da debolezza muscolare o da cardiomiopatia, che porta a insufficienza cardiaca e forme neurologiche dell’adulto. La diagnosi biochimica si basa sull’evidenziazione, su biopsia, di glicogeno a struttura anomala e sulla dimostrazione di un deficit enzimatico nel fegato, nel muscolo, negli eritrociti, nei fibroblasti, nel trofoblasto o sugli amniociti in coltura. Il gene è stato clonato e sono state identificate mutazioni. La glicogenosi, caratterizzata da estese lesioni del motoneurone superiore e inferiore, può manifestarsi anche in assenza di deficit dell’enzima ramificante. Questo indica che lo stesso fenotipo può essere il risultato di difetti biochimici differenti. È evidente che la glicogenosi tipo 4 esiste in forme multiple che presentano eterogeneità enzimatica e molecolare. Non esiste trattamento specifico. Nelle forme gravi, senza interessamento cardiaco, può essere proposto il trapianto epatico. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (febbraio 2005)*.

Associazioni

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Glicogenosi, tipo 5

ORPHA368

MIM: 232600 La glicogenosi tipo 5 (malattia di McArdle) è dovuta al deficit di fosforilasi muscolare. I pazienti presentano una sindrome da intolleranza muscolare allo sforzo, con mialgie, crampi, affaticamento e debolezza muscolare. Dopo l’esercizio, la metà dei pazienti presenta un aumento importante di creatinchinasi e rabdomiolisi con mioglobinuria (urine scure), che può esitare in insufficienza renale acuta. Infine, molti presentano un fenomeno di “second wind’’: stanchezza, vomito, debolezza muscolare, mialgie, crampi e mioglobinuria. Generalmente la malattia si presenta nella forma classica, ma alcuni malati possono presentare forme molto sfumate e sono note forme infantili rapidamente fatali con ipotonia, debolezza muscolare generalizzata e insufficienza respiratoria progressiva. La diagnosi biologica si basa sulla dimostrazione del mancato aumento dei lattati alla prova da sforzo sotto ischemia e un accumulo di glicogeno e di un deficit di fosforilasi sulla biopsia muscolare. La trasmissione è autosomica recessiva. Il gene è stato localizzato sul cromosoma 11 (11q13), è stato clonato e sono state identificate varie mutazioni. La mutazione R49X è la più frequente nella popolazione caucasica. La dieta

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ORPHANET ITALIA 2011

Glomangiomi multipli ereditari

iperproteica non sembra in grado di migliorarne l’evoluzione. Il trattamento di solito proposto consiste in un allenamento fisico controllato, finalizzato a sviluppare le capacità ossidative mitocondriali muscolari, associato a una dieta a base di glucidi, che deve essere programmata in rapporto all’esercizio. *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (luglio 2003)*.

Associazioni

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Glicogenosi, tipo 6A Vedere: Glicogenosi da deficit di fosforilchinasi

Vedere: Glicogenosi da deficit di fosforilasi epatica

Glicogenosi, tipo 7

ORPHA371

MIM: 232800 La glicogenosi tipo 7 (malattia di Tarui) è una malattia rara (circa 30 casi) che interessa principalmente i giapponesi e gli ebrei ashkenaziti. È dovuta al deficit di isoenzima muscolare della fosfofruttochinasi, enzima chiave della regolazione della glicolisi anaerobia, che comprende tre isoenzimi (muscolo, fegato e piastrine). I malati presentano una sindrome da intolleranza muscolare allo sforzo, più grave rispetto al tipo 5 e senza fenomeni di “second wind’’: stanchezza, vomito, debolezza muscolare, mialgie, crampi e mioglobinuria. Si associa a una emolisi compensata (aumento della bilirubina e dei reticolociti) e iperuricemia. È nota anche una forma neonatale rapidamente fatale (6 famiglie). La diagnosi biologica si basa sulla dimostrazione sulla biopsia muscolare di un accumulo di glicogeno a struttura anomala e di un deficit enzimatico (da 1 a 33% di attività residua, mentre negli eritrociti è superiore al 50%). La modalità di trasmissione è autosomica recessiva, sebbene siano stati riportati alcuni casi pseudodominanti ed eterozigoti sintomatici. Il gene è stato localizzato sul cromosoma 1 (1q) e sono state identificate circa 20 mutazioni. Il trattamento consiste nell’evitare esercizi intensi. I glucidi comporterebbero una diminuzione delle prestazioni (da diminuzione degli acidi grassi liberi e dei corpi chetonici). *Autori: Dott. I. Maire e Dott. R. Froissart (febbraio 2005)*.

Associazioni

UNIAMO - Federazione Italiana Malattie Rare - ONLUS AIG - Associazione Italiana Glicogenosi - ONLUS UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

Glicogenosi, tipo 9 Vedere: Glicogenosi di Fanconi-Bickel

Laboratori Diagnosi molecolare dei tumori gliali del sistema nervoso centrale Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, SIENA Dr. GALLI Lucia, Dr. ORRICO Alfredo, Pr. SORRENTINO Vincenzo Diagnosi molecolare delle patologie associate a TP53 (gene TP53) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

ALTI - Associazione ‘’Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

Glicogenosi, tipo 9 Vedere: Malattia da deposito di glicogeno, tipo 9

Glioblastoma

neurologici sono aspecifici in quanto sono secondari all’ipertensione endocranica e comprendono la cefalea e il vomito, spesso in associazione ai cambiamenti del comportamento o a deficit neurologici focali. Sono state descritte alcune varianti istologiche (gliosarcoma e glioblastoma a cellule giganti), per le quali i protocolli di terapia sono simili a quelli del glioblastoma. La causa della malattia non è nota, ad eccezione di quando insorge dopo un’irradiazione terapeutica al cervello eseguita per un’altra malattia. Le mutazioni genetiche note consistono nell’amplificazione del gene EGFR (7p12), nelle mutazioni nel gene TP53 (17p13.1) e nella perdita del cromosoma 10 e variano in rapporto alla natura del tumore: glioblastoma primario (de novo) o glioblastoma secondario (che si sviluppa da un tumore astrocitario benigno). Le indagini radiologiche, la tomografia computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica (RM) consentono di evidenziare l’infiltrazione tumorale che si può associare ad aree alterne di aumentato contrasto e di necrosi. La diagnosi differenziale si pone con le malattie infettive e parassitarie che coinvolgono il sistema nervoso centrale. Le forme familiari sono molto rare ma il tumore può insorgere come parte di una sindrome genetica, come la sindrome di Turcot, la neurofibromatosi tipo 1 o la sindrome di Li-Fraumeni (si vedano questi termini). Il trattamento di prima scelta è di solito chirurgico, sia per confermare la diagnosi attraverso una biopsia, sia per rimuovere il più estensivamente possibile la massa tumorale. Una resezione completa può essere eseguita solo di rado, dato che di solito le cellule tumorali si infiltrano nel cervello circostante. Il trattamento viene integrato dalla radioterapia mirata a livello del letto tumorale, in combinazione con la chemioterapia (nitrosurea e temozolamide). In termini di sopravvivenza, i benefici di un trattamento adiuvante dopo l’intervento chirurgico sono significativi, anche se rimangono modesti. Nel caso di recidiva, possono essere eseguiti la chemioterapia di seconda scelta o un secondo intervento chirurgico. Data la relativa rarità del tumore, la presa in carico dei pazienti deve essere effettuata da un gruppo multidisciplinare di esperti in neuro-oncologia nel contesto di eventuali studi rivolti a definire la sopravvivenza e a migliorare la qualità della vita del paziente. La prognosi è sfavorevole, soprattutto in assenza di resezione totale, nei pazienti in età avanzata e in caso di grave deficit neurologico. *Autore: Dott. J. Grill (novembre 2007)*.

Glioblastoma multiforme ORPHA360

MIM: 137800 I glioblastomi sono tumori maligni astrocitari (di IV grado secondo la classificazione OMS). Sono le neoplasie cerebrali degli adulti più comuni, con un’incidenza annuale di circa 1/33.330. La prevalenza è stimata in circa 1/10.000. Possono insorgere a tutte le età, ma nel 70% dei casi sono diagnosticati a un’età compresa tra 45 e 70 anni. I tumori si localizzano di solito negli emisferi cerebrali, ma possono avere sede in tutto il sistema nervoso centrale. Il tumore ha spesso un decorso rapidamente progressivo (intorno ai 2-3 mesi), tranne quando il glioblastoma si sviluppa a partire da un astrocitoma preesistente di basso grado (glioblastoma secondario). I segni

Vedere: Glioblastoma

Globodonzia Vedere: Sindrome otodentale

Glomangiomatosi Vedere: Malformazione glomovenosa

Glomangiomi multipli ereditari Vedere: Malformazione glomovenosa

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Glicogenosi, tipo 6B

G

G

Glomerulonefrite membranosa congenita da alloimmunizzazione materna anti-endopeptidasi neutra

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Glomerulonefrite membranosa congenita da alloimmunizzazione materna anti-endopeptidasi neutra

ORPHA69063

La glomerulonefrite membranosa congenita da alloimmunizzazione materna anti-endopeptidasi neutra (NEP) è una malattia immune feto-materna, caratterizzata da sindrome nefrosica (con significativa eliminazione di proteine con le urine), ipertensione e insufficienza renale alla nascita. Finora sono stati descritti solo 5 neonati nati da 4 madri appartenenti a 3 famiglie caucasiche non consanguinee. I sintomi renali scompaiono nel primo mese, anche se nell’adulto può presentarsi insufficienza renale cronica. Nelle forme più gravi possono associarsi anomalie dei tubuli prossimali (sindrome di Fanconi) e insufficienza respiratoria. L’esame ecografico durante la gravidanza può rivelare iperecogenicità renale e oligoidramnios. Gli anticorpi anti-NEP vengono prodotti durante la gravidanza in quanto le madri presentano un deficit di NEP, da mutazioni troncanti autosomiche dominanti nell’esone 7 o nell’esone 15 del gene MME (che codifica per NEP). Le madri presentano un’immunizzazione in caso di aborto o di gravidanza, quando il sistema immunitario è esposto agli antigeni NEP espressi dalle cellule fetali e dalle cellule placentari. Il deficit completo di NEP non sembra associarsi a nessuna disfunzione organica o ad alterazioni immunologiche. La diagnosi di alloimmunizzazione anti-NEP si basa sull’immunofluorescenza e sull’analisi mediante Western blotting. Il deficit di NEP può essere evidenziato nelle urine materne attraverso un dosaggio enzimatico specifico o al Western Blot. La sindrome deve essere differenziata da altre cause di nefropatia membranosa a esordio precoce (sifilide, infezione da virus dell’epatite B) e dalla sindrome nefrosica ereditaria da mutazione delle proteine dei podociti. La ricorrenza della malattia renale è molto grave dopo la seconda gravidanza, a causa di una risposta molto forte degli anticorpi anti-NEP. Le madri con precedenti familiari devono sottoporsi a indagini di laboratorio per accertare la presenza del deficit di NEP e ricorrere a trattamenti basati sull’associazione tra immunoglobuline per via venosa, corticosteroidi e plasmaferesi, in modo da fare diminuire il livello degli anticorpi anti-NEP circolanti responsabili della nefropatia. I neonati affetti da nefropatia membranosa congenita devono essere trattati con agenti protettivi dei reni, per tenere sotto controllo l’ipertensione e la proteinuria e devono sottoporsi a un followup regolare fino all’età adulta. La prognosi renale non è nota, ma è stata riscontrata una ricorrenza tardiva della sindrome nefrosica. *Autore: Prof. P. Ronco (settembre 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Glomerulopatia immunotattoide o fibrillare

ORPHA91137

Le glomerulopatie fibrillari e immunotattoidi sono malattie molto rare da accumulo renale che spesso vengono raggruppate insieme. La loro prevalenza non è nota, ma finora sono stati riportati circa 50 casi. La maggior parte dei pazienti ha oltre 50 anni ed è stato registrato un picco di incidenza della glomerulopatia immunotattoide verso i 60 anni. Queste glomerulopatie sono caratterizzate da proteinuria associata a sindrome nefrotica in due terzi dei casi, spesso insieme a un’ematuria microscopica o a volte mascroscopica. Nell’80% dei pazienti è presente insufficienza renale e nel 50% insufficienza renale terminale entro un anno dall’esordio della malattia. La glomerulopatia immunotattoide si associa a disturbi linfoproliferativi, invece l’eziologia della glomerulopatia fibrillare non è nota. La diagnosi si basa sulle analisi delle biopsie renali tramite microscopia ottica, immunofluorescenza e microscopia elettronica. La microscopia ottica mostra dei depositi anomali a livello del flocculo, nel contesto dell’asse mesangiale e lungo i lati esterni ed endoteliali delle pareti dei glomeruli. A differenza dei depositi amiloidi, i depositi nella glomerulopatia fibrillare e immunotattoide non reagiscono positivamente alla colorazio-

ORPHANET ITALIA 2011

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ne al rosso Congo. Questi risultati sono confermati dagli studi immunoistochimici che spesso mostrano depositi monotipici non amiloidi in caso di glomerulopatia immunotattoide e depositi di IgG4 policlonali nella glomerulopatia fibrillare. In alcuni casi, i glomeruli sono responsabili dell’aspetto dei noduli mesangiali. Le analisi con la microscopia elettronica permettono di distinguere depositi granulari e organizzati. Nella glomerulopatia immunotattoide, i depositi sono microtubulari, con un diametro che varia tra 20 e 50 nm. La glomerulopatia fibrillare è caratterizzata dalla presenza di fibrille che variano di dimensione tra 15 e 20 nm (invece le fibrille amiloidi variano tra 8 e 12 nm). La diagnosi differenziale si pone con la glomerulonefrite proliferativa e la glomerulosclerosi nodulare diabetica (tipo Kimmelstiel-Wilson). È di solito proposto il trattamento con corticosteroidi e immunosoppressori, ma l’efficacia di queste terapie non è stata ancora stabilita con esattezza. È stata usata in alcuni casi la terapia con anticorpi anti-CD20. Può essere proposto il trapianto renale, ma esiste il rischio di ricorrenza. La prognosi è grave. *Autore: Dott. L.H. Noël (luglio 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Glomerulopatia - ipotrichia - telangectasia

ORPHA2087

MIM: 137940 Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra glomerulonefrite con proliferazione delle membrane e complemento normale, riduzione dei capelli, agenesia delle sopracciglia e delle ciglia, telangectasia cutanea e altri segni. È stata descritta in meno di 10 pazienti, a esordio nell’infanzia. La trasmissione sembra essere autosomica dominante. *Autore: team editoriale di Orphanet (agosto 2006)* Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Glucosuria renale

ORPHA69076

MIM: 233100

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Glucosuria renale familiare Vedere: Glucosuria renale

Glutaricaciduria, tipo 2 Vedere: Deficit multiplo di FAD deidrogenasi

Glutaricaciduria, tipo 3 Vedere: Deficit di glutaril-CoA ossidasi

GM2-gangliosidosi, variante B, B1, AB Vedere: Malattia di Tay-Sachs

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ORPHANET ITALIA 2011

GOSHS Vedere: Sindrome da megacolon di Goldberg-Shprintzen

Gozzo - sordità

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Granulazioni laringee e oculari nei bambini indiani Vedere: Sindrome LOGIC

Granulomatosi a cellule di Langerhans

ORPHA33111

La granulomatosi con cutis laxa (GSS) è una variante della micosi fungoide (MF; si veda questo termine). Si tratta di una forma di linfoma cutaneo a cellule T, caratterizzata da aree circoscritte con cute lassa e cascante. Sono stati descritti finora meno di 50 casi. La GSS colpisce prevalentemente i maschi (rapporto maschi/femmine 2,9:1). L’esordio di solito si verifica nell’età adulta. La malattia è caratterizzata dalla formazione lenta di grandi aree di cute lassa nei siti delle principali pieghe cutanee (ascelle e inguine). Sebbene la GSS sia considerata una variante della MF, è stata osservata l’associazione con il linfoma di Hodgkin in circa un terzo dei pazienti. L’eziologia non è nota. In un caso è stata osservata una traslocazione cromosomica, t(3;9)(q12;p24). La diagnosi si basa sul quadro clinico che è caratteristico e sui segni istologici che rivelano un’infiltrazione nel derma delle cellule T (con fenotipo CD3+, CD4+ e CD8-) associata a segni di granulomatosi e alla presenza di cellule giganti multinucleate. Le analisi molecolari rivelano un riarrangiamento monoclonale dei geni dei recettori delle cellule T. La cutis laxa acquisita (si veda questo termine) si pone in diagnosi differenziale con la GSS e la loro discriminazione è possibile in base ai risultati degli esami istologici. Non è disponibile un trattamento affidabile. In casi aneddotici, sono state testate diverse terapie (per lo più gli stessi trattamenti utilizzati per la MF), che hanno prodotto risultati variabili. Molti pazienti presentano un decorso clinico subdolo. *Autore: Dott. L. Cerroni (giugno 2009)*.

Associazioni

FIAGOP - Federazione Italiana Associazioni Genitori Oncoematologia Pediatrica ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili ORPHA379

MIM: 138990 La granulomatosi cronica è una malattia ereditaria a trasmissione recessiva legata all’X o autosomica. È caratterizzata da un difetto di distruzione dei funghi e dei batteri fagocitati dai neutrofili polimorfonucleati e dai macrofagi, secondario a un’anomalia della NADPH ossidasi, produttrice di radicali liberi dell’ossigeno. Esistono quattro diverse forme genetiche. Il deficit della catena pesante del citocromo (legato all’X) è il più comune. L’incidenza è di 1/500.000. La terapia consiste essenzialmente nella prevenzione delle infezioni batteriche e fungine mediante l’uso di antibiotici e antifungini. In alcuni casi può essere proposto un allotrapianto di cellule staminali emopoietiche. *Autore: Prof. A. Fischer (gennaio 2005)*.

Granulomatosi di Wegener

ORPHA900

MIM: 608710 La granulomatosi di Wegener è una vasculite necrotizzante dei piccoli vasi caratterizzata dall’associazione tra l’infiammazione della parete dei vasi e la granulomatosi extravascolare. È una malattia rara con una prevalenza stimata tra 1/42.000 e 1/6.400 abitanti e un’incidenza annuale che varia tra 2 e 12 per milione. Sono interessati entrambi i sessi. L’età media di esordio è 45 anni, anche se la condizione è stata descritta in soggetti molto anziani e nei bambini. Nella sua forma completa, la malattia è clinicamente caratterizzata da manifestazioni dell’orecchio, del naso e della gola nel 70-100% dei pazienti (ostruzione nasale persistente, sinusite, rinite emorragica e/o crostosa, otite media sierosa, perdita dell’udito e/o deformità della sella del naso), coinvolgimento polmonare (noduli, emorragia alveolare e da infiltrazione) e malattia renale (tipicamente una glomerulonefrite necrotizzante extracapillare). Sono frequenti i sintomi generali (astenia, febbre, artralgia, mialgia e/o perdita di peso). Nell’11-68% dei pazienti è presente una neuropatia periferica (in particolare, una multineurite) e nel 6-13% dei casi sono stati osservati sintomi a carico del sistema nervoso centrale (cefalee, deficit sensitivo-motorio, emiplegia ed epilessia). Nel 10-50% dei pazienti sono state osservate lesioni cutanee (porpora, papule e ulcere). Sono frequenti le anomalie oculari (14-60% dei casi). È meno comune il coinvolgimento cardiaco (meno del 10% dei pazienti) che spesso è asintomatico. L’eziologia non è nota. La diagnosi si basa sul riconoscimento del quadro clinico e sulla rilevazione degli anticorpi citoplasmatici antineutrofili (ANCA) nel siero, in particolare cANCA anti-PR3. La biopsia della cute o dei tessuti del naso, dei polmoni e dei reni dovrebbe permettere la conferma della diagnosi. Il trattamento delle forme sistemiche si basa sulla corticoterapia in associazione alla somministrazione intravenosa di ciclofosfamide, inizialmente ogni 2 settimane e in seguito ogni 3 settimane fino alla remissione. Per la terapia di mantenimento viene usato un agente immunosoppressivo alternativo (azatioprina o metotrexato). Con il trattamento, la remissione della malattia è raggiunta nell’85% dei casi, ma la ricorrenza è presente nella metà dei pazienti nei 5 anni successivi alla diagnosi. *Autore: Prof. L. Guillevin e Dott. C. Pagnoux (luglio 2007)*.

Laboratori Diagnosi immunologica della granulomatosi di Wegener Policlinico Umberto I, ROMA Dr. CONTI Fabrizio, Pr. VALESINI Guido

Granulomatosi lipofagica intestinale Vedere: Malattia di Whipple

Granulomatosi Wegener-simile Vedere: Broncopneumopatia cronica da deficit di TAP

GTN

Laboratori

Vedere: Tumore trofoblastico della gravidanza

Diagnosi molecolare della granulomatosi cronica Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. MANTOVANI Vilma, Pr. ROMEO Giovanni, Dr. ROSSI Cesare

GVH Vedere: Malattia da rigetto del trapianto (graft versus host disease)

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Vedere: Istiocitosi a cellule di Langerhans

Granulomatosi cronica

Diagnosi molecolare della granulomatosi cronica legata all’X Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco

Associazioni

Vedere: Sindrome di Pendred

Granulomatosi con cutis laxa

G

GVH

H

ORPHANET ITALIA 2011

H-ABC

H

Associazioni

Vedere: Sindrome di Urban-Rogers-Meyer

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

HAE

HHT

Vedere: Angioedema ereditario

Vedere: Malattia di Rendu-Osler-Weber

HAE-1

HIES, autosomica dominante

Vedere: Angioedema ereditario, tipo 1

Vedere: Sindrome iper-IgE, autosomica dominante

HAE-2

HIES, autosomica recessiva

Vedere: Angioedema ereditario, tipo 2

Vedere: Sindrome iper-IgE, autosomica recessiva

H-ABC Vedere: Ipomielinizzazione con atrofia dei gangli basali e del cervelletto

Habitus Prader-Willi - osteopenia - camptodattilia malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

306

HAE-3

HMN5B

Vedere: Angioedema ereditario, tipo 3

Hawkinsinuria

Vedere: Paraplegia spastica, autosomica dominante, tipo 17 ORPHA2118

MIM: 140350 La hawkinsinuria è un disturbo congenito del metabolismo della tirosina, caratterizzato da ritardo della crescita, acidosi metabolica persistente, capelli radi e fini ed escrezione urinaria di un metabolita di un aminoacido ciclico insolito, la hawkinsina ([2-I-cisteina-S-yl, 4-diidrossicicloex-5-en-1-yl] acido acetico). La prevalenza non è nota, ma la malattia sembra essere molto rara essendo state descritte solo poche famiglie. I sintomi insorgono nei neonati nutriti con latte in polvere o di mucca o dopo lo svezzamento dal latte materno. La malattia è trasmessa come carattere autosomico dominante ed è causata dalle mutazioni A33T della 4-idrossifenilpiruvato diossigenasi (4-HPPD), un enzima che catalizza la conversione dell’idrossifenilpiruvato in omogentisato. La diagnosi viene confermata attraverso l’individuazione di metaboliti caratteristici della tiroxina nelle urine, con l’analisi degli acidi organici. I pazienti vengono trattati con acido ascorbico e seguono una dieta povera di proteine (in particolare, un’assunzione minima di fenilalanina e tirosina). Attraverso questa dieta i pazienti crescono normalmente e scompare l’acidosi metabolica. La prognosi dei pazienti affetti da hawkinsinuria è buona, anche se continuano a espellere l’hawkinsina nelle urine, i sintomi migliorano in modo significativo dopo il primo anno di vita e i bambini sono asintomatici prima di raggiungere la tarda infanzia. *Autore: team editoriale di Orphanet (dicembre 2006)*.

Laboratori Diagnosi biochimica della hawkinsinuria IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica della hawkinsinuria Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

HMSN 5 Vedere: Neuropatia sensitivo-motoria ereditaria, tipo 5

HOMG2 Vedere: Ipomagnesemia isolata, autosomica dominante

HPT-JT Vedere: Iperparatiroidismo - sindrome da tumore della mandibola

HSAN1B Vedere: Neuropatia autonoma e sensoriale ereditaria, tipo 1B

HSAN 2 Vedere: Neuropatia autonoma e sensoriale ereditaria, tipo 2

HSAN 5 Vedere: Neuropatia autonoma e sensoriale ereditaria, tipo 5

HSAN con paraplegia spastica Vedere: Neuropatia autonoma e sensoriale ereditaria - paraplegia spastica

HSAN con sordità e ritardo globale Vedere: Neuropatia autonoma e sensoriale ereditaria - sordità - ritardo globale

307

ORPHANET ITALIA 2011

HVR

HSAN con sordità legata all’X

HUS

Vedere: Neuropatia autonoma e sensoriale ereditaria - sordità legata all’X

Vedere: Sindrome emolitico-uremica tipica

HSAN con tosse e reflusso gastroesofageo Vedere: Neuropatia autonoma e sensoriale ereditaria, tipo 1B

H

HVR Vedere: Retinopatia vascolare ereditaria

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

I

ORPHANET ITALIA 2011

Ialinosi cutaneomucosa

I Ialinosi cutaneomucosa Vedere: Lipoproteinosi

Ialinosi sistemica infantile

ORPHA2176

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 236490 La ialinosi sistemica infantile (ISI) è una patologia molto rara che appartiene all’eterogeneo gruppo delle fibromatosi genetiche e che è caratterizzata da contratture articolari progressive, anomalie cutanee, dolore cronico importante e deposizione diffusa di materiale ialino in diversi tessuti come la cute, il muscolo scheletrico, il muscolo cardiaco, il tratto gastrointestinale, i linfonodi, la milza, la tiroide e i surreni. Ad oggi sono stati descritti meno di 20 casi. I segni clinici sono evidenti già alla nascita o entro i primi 6 mesi di vita. In alcuni pazienti con ISI sono stati descritti ritardo di crescita intrauterino e ridotti movimenti fetali. I segni clinici principali sono le contratture articolari doloranti e gonfie, l’importante disfunzione manuale e la riduzione dei movimenti spontanei. Le anomalie cutanee comprendono la ridotta elasticità cutanea, l’ispessimento diffuso della cute con iperpigmentazione delle regioni prominenti, le piccole papule perlacee (soprattutto sul viso, sullo scalpo e sul collo), l’ipertrofia gengivale massiva e i noduli di grasso nella regione perianale. Segni comuni sono la suscettibilità alle infezioni e la diarrea non trattabile. La ridotta crescita è caratteristica. L’osteopenia è spesso presente e conferisce un’aumentata suscettibilità alle fratture. I bambini con ISI hanno uno sviluppo mentale normale. La ISI è causata da mutazioni del gene che codifica per il recettore della tossina dell’antrace 2 (ANTRX2) sul cromosoma 4q21. Mutazioni nello stesso gene causano la fibromatosi ialina giovanile, una patologia simile ma più lieve (si veda questo termine). La ISI è trasmessa come carattere autosomico recessivo. La diagnosi è clinica e può essere supportata dall’evidenza istologica di depositi di materiale ialino amorfo nella cute o nelle mucose. La fibromatosi ialina giovanile, la sindrome di Winchester, la lipoido-proteinosi (malattia di Urbach-Wiethe) e la mucopolisaccaridosi tipo 2 (sindrome di Hunter) devono essere considerati nella diagnosi differenziale (si vedano questi termini). Non esiste uno specifico trattamento per la ISI. La fisioterapia e un supporto nutrizionale migliorano la qualità della vita dei pazienti. La ISI ha un andamento progressivo che può portare alla morte entro i primi due anni di vita, frequentemente secondaria alle infezioni respiratorie ricorrenti e alla grave diarrea. Nei pazienti che sopravvivono fino all’età adulta la mobilità risulta gravemente compromessa dalle contratture articolari. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

IDI Vedere: Diarrea intrattabile dell’infanzia

Idradenoma verrucoso fistoloso vegetante Vedere: Siringocistadenoma papillifero

Idrocefalo - agiria - displasia retinica Vedere: Sindrome di Walker-Warburg

Idrocefalo - alta statura - iperlassità

ORPHA2181

MIM: 236660 L’associazione tra idrocefalo, alta statura, lassità articolare

308

e cifosi toracolombare è stata descritta una sola volta in 2 sorelle. Si trattava di figlie uniche di genitori giovani non consanguinei. Il padre presentava lieve lassità dei lembi valvolari aortici e minimo rigurgito aortico. La madre presentava un aumento della mobilità articolare. È stata suggerita la diagnosi di sindrome di Marfan. Entrambe le sorelle sono state sottoposte a uno shunt ventricolo-atriale o ventricolo-peritoneale, per la risoluzione dell’idrocefalo. L’associazione osservata nelle due sorelle può rappresentare un’entità genetica secondaria a una mutazione recessiva di un gene implicato nel tessuto connettivo, segregante da genitori eterozigoti. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (ottobre 2004)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Idrocefalo autosomico recessivo

ORPHA2185

MIM: 236600

Associazioni

FAISBI - Federazione delle Associazioni Italiane Spina Bifida e Idrocefalo

Idrocefalo da stenosi dell’acquedotto di Silvio

ORPHA2182

MIM: 236635 L’idrocefalo da stenosi dell’acquedotto di Silvio (HSAS), o sindrome di Bickers-Adams, è caratterizzata dall’associazione tra idrocefalo, grave deficit cognitivo, spasticità e pollici addotti. Possono essere associate diverse malformazioni cerebrali, compresa la dilatazione dei ventricoli cerebrali, la stenosi dell’acquedotto di Silvio, l’agenesia del corpo calloso e i segni piramidali. La trasmissione è recessiva legata all’X. La malattia è dovuta alle mutazioni del gene L1CAM. La proteina L1CAM è una molecola di adesione cellulare che fa parte della superfamiglia delle immunoglobuline. È espressa durante lo sviluppo embrionale negli assoni e nei neuroni postmitotici del sistema nervoso centrale e periferico e ha un ruolo nella migrazione neuronale e nella crescita dei neuriti. Sono state descritte numerose mutazioni di L1CAM nei pazienti affetti da HSAS; le mutazioni dello stesso gene sono responsabili anche della sindrome MASA (caratterizzata da deficit cognitivo, afasia, spasticità agli arti inferiori con iperreflessia e pollici addotti; si veda questo termine) e della paraplegia spastica associata a deficit cognitivo (SPP). L’ipertensione intracranica è assente nella sindrome MASA e nella SPP e, quindi, a differenza della HSAS, queste malattie consentono una sopravvivenza prolungata. Tuttavia, le tre malattie si caratterizzano per una variabilità clinica intra- e interfamiliare. La HSAS, la SPP e la MASA sono pertanto forme diverse di uno stesso spettro clinico e non già tre malattie distinte. L’individuazione delle mutazioni del gene L1CAM è problematica, per la frammentazione della regione codificante in 28 esoni, la grande eterogeneità allelica e l’ampia distribuzione delle mutazioni nella regione codificante. Tuttavia, l’individuazione delle mutazioni del gene L1CAM consente di confermare l’origine genetica dell’idrocefalo. La correttezza della diagnosi è importante per stabilire il rischio di ricorrenza e per fornire una consulenza genetica adeguata alle famiglie affette, attraverso lo screening della mutazione nella madre e nel caso indice (un terzo dei casi originano da nuova mutazione). Se la madre è portatrice, lo screening dovrebbe essere esteso a tutte le femmine della famiglia. L’identificazione della mutazione nelle famiglie affette consente di offrire una diagnosi prenatale più accurata e precoce. La malattia comporta una prognosi infausta. *Autore: Dott. P. Saugier-Veber (gennaio 2004)*.

Associazioni

FAISBI - Federazione delle Associazioni Italiane Spina Bifida e Idrocefalo

309

ORPHANET ITALIA 2011

Idrocefalo - displasia costovertebrale - anomalia di Sprengel

Idrosadenite suppurativa

ORPHA2180

MIM: 600991 Questa sindrome è caratterizzata dall’anomalia di Sprengel (sopraelevazione della scapola) e idrocefalo. Inoltre, possono essere presenti altre anomalie come il ritardo psicomotorio, la psicosi, la brachidattilia e la displasia costovertebrale. È stata descritta in 8 pazienti di sesso femminile. La trasmissione non è stata ancora chiaramente definita, ma sembra essere autosomica dominante o dominante legata all’X. *Autore: team editoriale di Orphanet (febbraio 2006)*.

Idrocefalo - fibroelastosi - cataratta Vedere: Sindrome HEC

Idrocefalo - obesità - ipogonadismo

di tipo 4 o 6, la sindrome di Joubert e la forma grave della sindrome di Smith-Lemli-Opitz. La prevalenza alla nascita è circa 1/20.000 in Finlandia, dove sono stati descritti 56 casi. Sono stati segnalati meno di 10 casi da autori non finlandesi. Di regola il bambino nasce morto o muore in epoca neonatale; è stato descritto un caso di sopravvivenza a 6 settimane e un altro a 7 mesi. Il gene della sindrome idroletale è stato mappato sul cromosoma 11q23-q25 nelle famiglie finlandesi. La regione critica è localizzata tra i marcatori D11S933 e D11S934. Studi genealogici, sulle famiglie affette dalla sindrome, non hanno rivelato la concentrazione con una regione geografica specifica, suggerendo che la mutazione sia stata introdotta in un’epoca relativamente lontana nella popolazione finlandese, che si è poi diffusa con la migrazione nelle aree di più recente insediamento. *Autore: Dott. E. Robert-Gnansia (aprile 2003)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Idromelia ORPHA2183

Vedere: Siringomielia

Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra idrocefalo congenito, obesità centripeta, ipogonadismo, deficit cognitivo e bassa statura. È stata descritta in due maschi appartenenti alla stessa famiglia. È stata suggerita una trasmissione recessiva legata all’X. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2009)*.

Idrometrocolpo - polidattilia

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Vedere: Sindrome di Ochoa

Vedere: Sindrome di McKusick-Kaufman

Idronefrosi - sorriso invertito Idrope fetale di Barts

Idrocefalo - palatoschisi - rigidità articolare

MIM: 141800 Vedere: Alfa talassemia

Vedere: Sindrome di Aase-Smith

Idroletale

ORPHA163596

ORPHA2189

Idrosadenite suppurativa

ORPHA387

MIM: 236680

MIM: 142690

La sindrome idroletale è stata descritta per la prima volta da autori finlandesi, che l’hanno differenziata dalla sindrome di Meckel, con la quale condivide diverse caratteristiche: l’eredità autosomica recessiva, la letalità, i difetti del sistema nervoso centrale e la polidattilia. A differenza della sindrome di Meckel, la sindrome idroletale non presenta rene e fegato policistici e l’anomalia del sistema nervoso centrale è l’idrocefalo e non l’encefalocele. La gravidanza è caratterizzata da polidramnios (spesso grave) e da parto prematuro, nei casi in cui la gravidanza evolve spontaneamente. I criteri diagnostici minimi nei feti o nei neonati comprendono l’idrocefalo, la micrognazia e la polidattilia. Gli emisferi cerebrali sono separati, con ventricoli laterali aperti medialmente, in uno spazio che contiene liquido, nel quale sono assenti il corpo calloso e il setto pellucido, mentre il verme cerebellare può essere assente o ipoplasico. È presente un difetto mediano dell’occipite dorsalmente al grande foro, che consiste in una lacuna a forma di serratura. La polidattilia è postassiale alle mani e preassiale ai piedi. I piedi hanno un aspetto “a clava’’. La mandibola è sempre piccola e il naso poco formato; gli occhi sono infossati. Circa la metà dei pazienti mostra ampi difetti dei setti cardiaci. Sono anche presenti stenosi delle vie aeree (laringe, trachea o bronchi), genitali anomali (bifidità dell’utero nelle femmine e testicoli ectopici nei maschi) e anomalie della segmentazione dei polmoni. In casi isolati è stata osservata oloprosencefalia o anencefalia. La diagnosi prenatale con ultrasonografia può essere sospettata già alla fine del primo trimestre, nel caso di una precedente gravidanza con feto/ neonato affetto. È altrimenti difficile effettuare una diagnosi precisa, in quanto si pongono problemi di diagnosi differenziale con altre sindromi mendeliane, come le malformazioni multiple della linea mediana, ad esempio la sindrome di Pallister-Hall, la pseudotrisomia 13, la sindrome oro-facio-digitale

L’idrosadenite suppurativa è una malattia cronica, caratterizzata da noduli ricorrenti, dolorosi, profondi, arrotondati, e da ascessi. Le caratteristiche principali sono la cicatrizzazione ipertrofica secondaria e la suppurazione della pelle ricca di ghiandole apocrine: ascella, inguine, regioni perianali e perineali. L’esordio si verifica di solito dopo la pubertà, anche se è molto comune nella terza decade di vita e può persistere nella vecchiaia. La malattia tende a cronicizzare, con un’estensione sottocutanea che porta a indurimento, formazione di seni e fistole, con effetto negativo sulla qualità della vita. La prevalenza è stata stimata intorno all’1%, ma in genere viene considerata più bassa. Il coinvolgimento ascellare e inguinale è più frequente nelle donne, mentre negli uomini è più comune la forma perineale. L’eziologia esatta non è nota. L’evento primitivo consiste in un’occlusione follicolare con infiammazione secondaria, infezione e distruzione dell’apparato pilo-sebaceo-apocrino ed estensione al tessuto sottocutaneo adiacente. Anche se si osservano frequentemente infezioni e influenze ormonali, di per sé non costituiscono fattori eziologici primitivi. Il fumo può essere un fattore scatenante. L’obesità peggiora il disagio. La diagnosi differenziale si pone con la malattia di Crohn, l’acne nodulare e la foruncolosi. Le complicazioni principali sono le fistole, l’artropatia, il carcinoma e l’amiloidosi. Il trattamento dipende dallo stadio della malattia: le lesioni precoci vengono di solito trattate con terapia medica, ad esempio gli antibiotici nello stadio acuto; sono stati usati antibiotici ad ampio spettro, steroidei per via sistemica, estrogeni, antiandrogeni, retinoidi durante la fase cronica, tuttavia con risultati limitati. Il trattamento chirurgico si basa sull’incisione e sul drenaggio, seguiti dalla somministrazione di antibiotici nel caso di pochi noduli e di escissioni limitate. L’escissione totale ampia e la guarigione per seconda intenzione dei lembi e degli innesti rappresentano l’unico trattamento nel caso di malattia avanzata. *Autore: Prof. J. Revuz (marzo 2004)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

I

I

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Immunodeficienza combinata grave da deficit di espressione delle molecole HLA di classe 2

Idrossi-metil-glutaricaciduria

Vedere: Immunodeficienza da deficit di espressione delle molecole HLA di classe 2

Vedere: Aciduria 3-idrossi-3-metilglutarica

Immunodeficienza combinata grave legata ORPHA277 a deficit di adenosina deaminasi

IED Vedere: Displasia epiteliale intestinale

Iminoglicinuria

MIM: 102700 ORPHA42062

MIM: 242600

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

310

ORPHANET ITALIA 2011

Idrossi-metil-glutaricaciduria

L’iminoglicinuria è una malattia metabolica causata da un difetto nel riassorbimento renale di prolina, idrossiprolina e glicina. La prevalenza è stimata in circa 1/15.000. È di solito asintomatica e viene diagnosticata casualmente, a seguito del riscontro di elevati livelli di aminoacidi e glicina nelle urine. Si trasmette come carattere autosomico recessivo. *Autore: team editoriale di Orphanet (giugno 2006)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iminoglicinuria Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’iminoglicinuria Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Immunodeficienza combinata da deficit di ZAP70

ORPHA911

MIM: 176947 Il deficit di ZAP70 (proteina associata alla catena zeta di 70 kDa) è una forma autosomica recessiva di immunodeficienza combinata grave (SCID), che è caratterizzata dalla carenza di linfociti T CD8+ e da normali linfociti T CD4+ nel circolo. La malattia è estremamente rara, con solo 12 pazienti appartenenti a 8 famiglie non correlate, finora descritti. Quasi tutti i pazienti con difetti di ZAP70 hanno presentato precocemente i tipici sintomi clinici della SCID: gravi infezioni polmonari spesso sostenute da patogeni opportunisti (Pneumocystis carinii), diarrea cronica, ritardo di accrescimento e candidiasi persistenti. Il deficit di ZAP70 è in definitiva fatale, a meno che i pazienti non si sottopongano a trapianto di midollo osseo (BMT). In futuro, la terapia genica potrebbe fornire una forma alternativa di trattamento. La maggior parte dei difetti genici del gene ZAP70 identificati nell’uomo impedisce l’espressione proteica e si concentra in una regione critica per la stabilità e l’attività enzimatica. Le mutazioni comprendono inserzioni, delezioni e sostituzioni di un singolo nucleotide. Può essere effettuata la diagnosi prenatale mediante analisi del DNA sui villi coriali. *Autore: Prof. L.D. Notarangelo (novembre 2001)*.

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Il deficit di adenosina deaminasi (ADA) provoca un difetto immunitario combinato grave (SCID), che di solito nei primi mesi di vita causa infezioni gravi e multiple (batteriche, virali, micotiche). È stata descritta una linfopenia estrema e radiologicamente viene dimostrata l’assenza dell’ombra timica. Si tratta di una malattia autosomica recessiva che rappresenta circa il 50% delle SCID non legate all’X. Quando i bambini non sono stati trasfusi, la diagnosi può essere posta dosando l’attività dell’ADA eritrocitaria. I possibili protocolli terapeutici prevedono il trapianto di midollo osseo e il trattamento sostitutivo enzimatico con politilenglicole. Svariati tentativi di terapia genica sono stati condotti negli ultimi 15 anni; ma solo recentemente è stata descritta una correzione a lungo termine in alcuni pazienti, mediante terapia genica con cellule staminali associata a mieloablazione di bassa intensità. *Autore: Dott. J.L. Pérignon (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi biochimica del deficit di adenosina deaminasi IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dei difetti del metabolismo delle purine (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi immunologica, biochimica e molecolare dell’ADA-SCID (gene ADA) Telethon Institute of Gene Therapy - Ospedale San Raffaele, MILANO Pr. AIUTI Alessandro, Pr. RONCAROLO Maria Grazia, Dr. VILLA Anna Diagnosi biochimica e molecolare dell’immunodeficienza combinata grave (SCID) da deficit di adenosina deaminasi (ADA) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica dell’immunodeficienza combinata grave legata a un deficit di adenosina deaminasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica dell’immunodeficienza combinata grave legata a un deficit di adenosina deaminasi (ADA-SCID) Università degli Studi di Siena, SIENA Dr. JACOMELLI Gabriella, Pr. MICHELI Vanna, Pr. POMPUCCI Giuseppe Diagnosi biochimica dell’immunodeficienza combinata grave legata a deficit di adenosina deaminasi (dosaggio purine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche

311

ORPHANET ITALIA 2011

I

Immunodeficienza da deficit di interleuchina-1 chinasi-4 associata al recettore

META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Immunodeficienza combinata grave T- B+ ORPHA276 da deficit della catena gamma

Laboratori

MIM: 209920 L’immunodeficienza da deficit di espressione delle molecole dell’HLA di classe 2 è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva. Il difetto di espressione delle molecole HLA di classe 2 provoca immunodeficienza cellulare combinata (linfopenia relativa delle cellule CD4 e difetto di risposta alle stimolazioni antigeniche) e immunodeficienza umorale (ipogammaglobulinemia). Questo deficit espone i pazienti alle infezioni batteriche e virali recidivanti. Sintomi frequenti della malattia sono la diarrea cronica e il ritardo della crescita. Sono note forme ereditarie della malattia da mutazioni di quattro proteine coinvolte nella regolazione trascrizionale dei geni che codificano per le molecole dell’HLA di classe 2. La prevalenza è molto bassa (meno di 100 casi riscontrati in tutto il mondo). Il trattamento consiste in un allotrapianto di cellule staminali emopoietiche. *Autore: Prof. A. Fischer (aprile 2002)*.

Laboratori Diagnosi molecolare del deficit immunitario combinato grave da difetto d’espressione dell’HLA di classe 2 Università degli Studi di Brescia - Azienda Ospedaliera Spedali Civili, BRESCIA Dr. GILIANI Silvia, Pr. NOTARANGELO Luigi Daniele, Dr. SAVOLDI Gianfranco

Associazioni

AIP - Associazione Immunodeficienze Primitive - ONLUS

Diagnosi molecolare dell’immunodeficienza combinata grave legata all’X, T- B+ Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. MANTOVANI Vilma, Pr. ROMEO Giovanni, Dr. ROSSI Cesare Diagnosi molecolare dell’immunodeficienza combinata grave legata all’X Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Tor Vergata, ROMA Dr. BENGALA Mario, Pr. NOVELLI Giuseppe

Immunodeficienza da deficit di interleuchina-1 chinasi-4 associata al recettore ORPHA70592 MIM: 607676

MIM: 146830 La malattia è caratterizzata da ipogammaglobulinemia che interessa tutti gli istotipi, con una gravità che varia da malato a malato e nel tempo. Il suo meccanismo genetico è complesso. I sintomi esordiscono il più delle volte nella seconda o terza decade. La malattia espone i pazienti alle infezioni batteriche recidivanti respiratorie e, talvolta, gastroenteriche, nonché alle manifestazioni granulomatose e autoimmuni. La prevalenza è compresa tra 1/10.000 e 1/20.000. La terapia consiste principalmente nella somministrazione di immunoglobuline polivalenti. Alcuni pazienti (50 mg/dl. Non è utile la decontaminazione gastrointestinale. *Autore: Dott. B. Mégarbane (giugno 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Intossicazione da Paraquat

ORPHA31827

L’intossicazione acuta da Paraquat (un erbicida impiegato ampiamente in tutto il mondo) è una intossicazione rara nei Paesi sviluppati, ma spesso letale in quanto provoca citolisi epatica, necrosi tubulare acuta e insufficienza renale e respiratoria, per fibrosi polmonare. Il meccanismo che scatena

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

prescrizione di massa di questi farmaci ha ridotto il numero di casi di overdose da eroina e anche il suo commercio. Tuttavia, i tossicodipendenti hanno sviluppato la nuova abitudine di consumare sostanze oppioidi e/o psicotrope multiple. L’uso non corretto dei trattamenti sostitutivi avviene a diversi livelli, esitando in intossicazioni da gravi a fatali, compresa l’iniezione endovenosa di pillole di buprenorfina ridotte in pezzi, il commercio e la vendita per strada, le prescrizioni multiple, l’abuso, la combinazione con benzodiazepine, cocaina, crack o alcol. Fino ad oggi non sono stati condotti studi per stabilire e confrontare la frequenza e la gravità dell’intossicazione acuta causata dai vari prodotti oppioidi. La variabilità della risposta ai farmaci oppioidi può dipendere da molti fattori, comprese le caratteristiche del soggetto/consumatore, il metodo di consumo e le interazioni tra farmaci. Le alterazioni nell’interazione del farmaco possono associarsi a fattori farmacocinetici (modificazioni della biodisponibilità, distribuzione, eliminazione o metabolismo) o a fattori farmacodinamici (variabilità del livello dei recettori e dei segnali di trasduzione cellulare). Il naloxone, un’inibitore competitivo del recettore mu degli oppioidi, rappresenta l’antidoto di elezione. Può ovviare alla necessità di intubare la trachea e di ricorrere alla ventilazione assistita. Tuttavia, non appare efficace nell’invertire i segni dell’intossicazione. *Autore: Dott. B. Mégarbane (maggio 2006)*.

I

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

I

ORPHANET ITALIA 2011

Intrappolamento del nervo pudendo

questi sintomi è l’affinità del Paraquat per le cellule alveolari e la conseguente fibrosi acuta irreversibile causata da una reazione redox che porta alla produzione in situ di radicali liberi dell’ossigeno. I fattori prognostici comprendono la dose presunta di Paraquat ingerita, la sua concentrazione ematica e urinaria, la presenza di lesioni caustiche nello stomaco, l’esordio dello shock circolatorio e l’evidenza di infiltrazioni polmonari sulle radiografie. La presa in carico dei pazienti nelle unità di terapia intensiva si basa sulla decontaminazione gastrointestinale e sulle terapie di supporto (apporto di liquidi, analgesici e ventilazione meccanica, se necessaria). Nessuna delle terapie antiossidanti o chelanti fino ad oggi sperimentate (superossido dismutasi, clofibrato, acido ascorbico, alfa-tocoferolo, N-acetil-cisteina o deferoxamina) è stata riconosciuta ufficialmente come trattamento efficace per la prevenzione della fibrosi polmonare e per evitare la morte dei pazienti. Uno studio randomizzato prospettico ha indicato che il trattamento con metilprednisolone, desametasone e ciclofosfamide riduce la mortalità in casi di avvelenamento lieve o moderato. *Autore: Dott. B. Mégarbane (maggio 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Intrappolamento del nervo pudendo Vedere: Nevralgia del nervo pudendo

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cifico ritardante, basato sull’associazione di piccole dosi di desametasone con un antialdosteronico. *Autore: Prof. X. Jeunemaitre (ottobre 2001)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’iperaldosteronismo familiare tipo 1 (geni CYP11B1 e CYP11B2) Università degli Studi di Brescia - Azienda Ospedaliera Spedali Civili, BRESCIA Pr. CASTELLANO Maurizio, Dr. MORI Luigi, Dr. PANAROTTO Alessandra

Iperaldosteronismo familiare, tipo 2

ORPHA404

MIM: 605635 L’iperaldosteronismo familiare tipo 2 è una patologia ereditaria a trasmissione autosomica dominante che conduce a ipertensione arteriosa secondaria a iperaldosteronismo primario non trattabile con desametasone. I soggetti presentano un adenoma delle ghiandole surrenali che secerne aldosterone. L’osservazione di alcune famiglie portatrici di questa malattia porta a ipotizzare l’esistenza di un altro meccanismo molecolare non ancora identificato e distinto da quello dell’iperaldosteronismo familiare tipo 1. Il sospetto diagnostico deve condurre all’individuazione dei soggetti affetti attraverso la determinazione del rapporto aldosterone/renina. *Autore: Prof. X. Jeunemaitre (ottobre 2001)*.

Associazioni

ALTI - Associazione “Io, domani’’ per la Lotta contro i Tumori Infantili

IOSCA Vedere: Atassia spinocerebellare a esordio infantile

Iperaccrescimento - problemi di apprendimento - dismorfismi facciali ORPHA137634 MIM: 611358 Questa sindrome è caratterizzata da alta statura, difficoltà di apprendimento e dismorfismi facciali. Finora, è stata descritta in 6 famiglie. È dovuta alle mutazioni del gene RNF135. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2008)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Iperaldosteronismo familiare, tipo 1

ORPHA403

MIM: 103900 L’iperaldosteronismo familiare tipo 1 è una patologia ereditaria rara, a trasmissione autosomica dominante, dovuta all’espressione ectopica dell’aldosterone sintasi nella zona fascicolata della ghiandola surrenale. Si manifesta con una forma grave di ipertensione arteriosa a esordio precoce (spesso appare prima dei 20 anni), un quadro biologico di iperaldosteronismo primario di gravità variabile e un tasso anormalmente elevato di derivati 18-oxo e 18-idrossicortisolo. L’alterazione molecolare patogenica è causata da un fenomeno di ricombinazione genetica sul braccio lungo del cromosoma 8, che determina una duplicazione-fusione tra l’estremità 5’ del gene della 11 beta-idrossilasi (CYP11B1) e l’estremità 3’ del gene dell’aldosterone sintasi (CYP11B2), due geni molto simili (93%) e molto vicini. I riarrangiamenti si verificano a monte dell’esone 5 del gene CYP11B2 che possiede aminoacidi essenziali per la funzione dell’aldosterone sintasi. Il gene ibrido possiede così il promotore del gene CYP11B1, sensibile all’ACTH, e la porzione codificante del gene CYP11B2. Ciò provoca una sintesi surrenalica eccessiva, dipendente dall’asse ipotalamo-ipofisario, di composti mineralcorticoidi. La diagnosi e l’individuazione di familiari affetti si basano sull’evidenziazione del gene ibrido attraverso Southern Blot e/o PCR. I dosaggi urinari mostrano un livello aumentato di 18-oxo e 18-idrossicortisolo. La certezza diagnostica permette l’impostazione di un trattamento spe-

Iperaminoaciduria dicarbossilica

ORPHA2195

MIM: 222730 L’iperaminoaciduria dicarbossilica è caratterizzata da ipoglicemia e iperprolinemia a partire dall’infanzia e si associa, in alcuni casi, a ritardo mentale. Sono stati descritti 10 soggetti. Sono stati osservati difetti nel trasporto del glutammato e dell’aspartato, a livello renale e intestinale, che suggerirebbero, alla base del difetto, un’anomalia del trasportatore EAAC1 implicato nel trasporto di questi due aminoacidi. *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

Laboratori Diagnosi biochimica delle aminoacidopatie Policlinico Umberto I, ROMA Pr. ANTONOZZI Italo, Dr. CARDUCCI Claudia Diagnosi biochimica delle aminoacidopatie (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica dell’iperaminoaciduria dicarbossilica Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’iperaminoaciduria dicarbossilica Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Iperammoniemia - ipornitonimia - ipocitrullinemia - ipoargininemia - ipoprolinemia Vedere: Neurodegenerazione progressiva - iperlassità articolare - cataratta

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ORPHANET ITALIA 2011

I

Ipercalcemia ipocalciurica familiare

Iperammoniemia paradossale a digiuno

Iperbilirubinemia ereditaria non coniugata, tipo 1

Vedere: Neurodegenerazione progressiva - iperlassità articolare - cataratta

Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar, tipo 1

Iperattività della fosforibosilpirofosfato sintetasi

Iperbilirubinemia ereditaria non coniugata, tipo 2 ORPHA3222

MIM: 300661

Laboratori Diagnosi biochimica e molecolare del malfunzionamento della fosforibosil pirofosfato sintetasi (gene PRPS1) Università degli Studi di Catania, CATANIA Pr. LAZZARINO Giuseppe Diagnosi biochimica dell’iperattività della fosforibosilpirofosfatasi sintetasi Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica dell’iperattività della fosforibosilpirofosfatasi sintetasi (dosaggio purine) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperbilirubinemia non coniugata ereditaria Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar

Iperbilirubinemia, tipo 1 Vedere: Sindrome di Gilbert

Iperbilirubinemia, tipo 2 Vedere: Sindrome di Dubin-Johnson

Iperbilirubinemia, tipo Rotor Vedere: Sindrome di Rotor

Ipercalcemia familiare benigna Vedere: Ipercalcemia ipocalciurica familiare

Ipercalcemia ipocalciurica familiare

ORPHA405

MIM: 143880 L’ipercalcemia ipocalciurica familiare (FHH) o ipercalcemia familiare benigna è caratterizzata biologicamente da ipercalcemia significativa, ma moderata, associata a livelli di paratormone (PTH) ed escrezioni urinarie di calcio inadeguate, in presenza di ipercalcemia. In realtà, le concentrazioni del paratormone sono normali o lievemente aumentate, quando dovrebbero essere molto basse, a seguito dell’ipercalcemia. Inoltre, la calciuria è bassa, quando dovrebbe essere alta per contrastare l’ipercalcemia. Questa patologia del metabolismo fosfocalcico è asintomatica nel corso della vita ed è considerata benigna, in quanto l’ipercalcemia viene di solito scoperta casualmente. La prevalenza non è nota. La malattia è ereditata come carattere dominante, con una penetranza di circa il 100%. Le analisi di linkage, eseguite su diverse famiglie con ipercalcemia ipocalciurica familiare, hanno identificato mutazioni inibitorie (missenso eterozigoti e inserzione Alu) del gene RCa, localizzato in 3q13.3-q21. Questo gene codifica per il recettore sensibile al calcio (RCa), che appartiene alla sottofamiglia dei recettori transmembrana accoppiati alle proteine G. Il RCa riveste un ruolo chiave nella regolazione del metabolismo fosfocalcico, controllando la secrezione del PTH e l’escrezione urinaria di calcio, in risposta alle variazioni della calcemia. Una perdita di funzione di RCa riduce la sensibilità delle cellule paratiroidee e renali ai livelli del calcio, in modo che l’ipercalcemia viene percepita come normale. Tuttavia, questa particolare anomalia molecolare non chiarisce tutti i casi d’ipercalcemia ipocalciurica familiare. Studi di linkage hanno anche ipotizzato l’implicazione di un locus sul cromosoma 19. Di regola, non occorre intervenire terapeuticamente, ma questa anomalia molecolare deve essere riconosciuta nelle donne in gravidanza. Infatti, quando il feto non eredita questa anomalia, si sviluppa comunque in un contesto di marcata ipercalcemia, e ciò impedisce la secrezione endogena di PTH. Di conseguenza, il neonato è ad alto rischio di ipocalcemia grave durante i primi giorni di vita, fino a quando la funzione paratiroidea non viene più ostacolata. *Autore: Prof. A. Lienhardt-Roussie (giugno 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

L’iperattività della fosforibosilpirofosfato (PRPP) sintetasi è una rara malattia del metabolismo delle purine legata al cromosoma X, nella quale l’eccessiva attività della fosforibosilpirofosfato sintetasi (PRS) provoca una accelerata sintesi di nucleotidi purinici e acido urico. La iperattività della PRS sembra rara, con meno di 30 famiglie affette descritte dal 1972. In tutti i soggetti affetti è presente iperuricemia e iperuricosuria, che predispongono alla gotta, con iperproduzione di acido urico e urolitiasi di acido urico. Tra i maschi affetti, che manifestano la malattia nella tarda adolescenza o nella età adulta precoce, la gotta artritica e la calcolosi urinaria sono di solito gli unici sintomi dell’iperattività della PRS. Altre famiglie mostrano un fenotipo più grave e i bambini maschi affetti presentano cristalluria dell’acido urico, iperuricemia e iperuricosuria associate a danni nello sviluppo neuronale; le donne eterozigoti possono mostrare anomalie metaboliche e neurologiche più lievi. L’eterogeneità genetica è alla base delle differenti espressioni fenotipiche dell’iperattività della PRS ereditaria. Il quadro clinico grave si associa normalmente a mutazioni puntiformi nella regione trascritta del gene PRPS1, che determina un difettoso controllo allosterico dell’attività dell’isoforma PRS1. Di contro, l’esordio tardivo e la minore gravità della malattia si associano normalmente a un aumento selettivo della trascrizione di PRPS1, il cui risultato è un aumento della concentrazione dell’isoforma PRS1 normale. Il trattamento con allopurinolo della sovraproduzione di acido urico annulla o previene con successo le conseguenze dell’iperuricemia e dell’iperuricosuria. Il successo nel trattamento dei danni dello sviluppo neurologico sarà conseguente alla comprensione dei meccanismi patogenetici di questi sintomi. *Autore: Dott. M. Becker (ottobre 2003)*.

Vedere: Sindrome di Crigler-Najjar, tipo 2

I

ORPHANET ITALIA 2011

Ipercheratosi epidermolitica

Ipercheratosi epidermolitica Vedere: Eritrodermia congenita ittiosiforme bollosa

Ipercheratosi palmoplantare - sordità

ORPHA2202

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

MIM: 148350 Sono state descritte circa 10 famiglie di 2-5 generazioni, nelle quali vari soggetti sono affetti da ipoacusia neurosensoriale progressiva e cheratoderma palmoplantare non epidermolitico. L’ipoacusia è bilaterale, neurosensoriale, colpisce le alte frequenze ed esordisce nella prima infanzia, mentre l’ipercheratosi progressiva del palmo delle mani e della pianta dei piedi compare nella media infanzia. Entrambe le caratteristiche mostrano penetranza incompleta. Nelle famiglie note alcune persone manifestano solo una di queste caratteristiche. È possibile che la malattia sia geneticamente eterogenea, in quanto è stata dimostrata una mutazione nel gene che codifica per la connessina 26, sul cromosoma 13q11-q12 in alcune famiglie, mentre in altre, a trasmissione materna, è stata documentata una mutazione mitocondriale puntiforme (7445AG). *Autore: team editoriale di Orphanet (agosto 2005)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Ipercolesterolemia da difetto del recettore di LDL Vedere: Ipercolesterolemia familiare

LDL moderata e fluttuante che si normalizza in risposta a una dieta con lipidi controllati e nessuna storia familiare di FH su tre generazioni). Le storie diagnostiche permettono una distinzione clinica tra adulti e bambini affetti da FH eterozigote e quelli affetti da iperlipidemia combinata. La diagnosi deve essere confermata dall’analisi molecolare. Dato l’alto rischio di malattia cardiovascolare, la diagnosi di FH in un paziente deve portare a indagare e a prendere in carico tutta la famiglia. La presa in carico deve essere iniziata il prima possibile, preferibilmente durante la fase clinicamente silente della malattia, quando i sintomi arteriosi sono reversibili. La diagnosi prenatale deve essere offerta a tutte le famiglie con almeno un soggetto affetto con FH omozigote nel quale sono state identificate le mutazioni patogenetiche trasmesse dai genitori. La presa in carico della FH grave deve essere effettuata presso centri specializzati per le malattie metaboliche ereditarie. La FH eterozigote risponde alla dieta povera di lipidi e alla terapia medica (statina, un inibitore dell’assorbimento del colesterolo e della resina) finalizzata alla riduzione del colesterolo LDL del 50%. La prognosi dipende dall’età del paziente, dal livello di colesterolo LDL, e dal grado di esposizione delle arterie a livelli elevati di LDL sin dalla nascita. In assenza di trattamento, il rischio di morte improvvisa (sintomo iniziale di arteriosclerosi progressiva localizzata a livello prossimale sulle arterie coronariche) prima dei 40 anni di età è 50 volte maggiore nei soggetti affetti da FH rispetto alla popolazione generale. Tuttavia, la prognosi è eccellente nei pazienti a cui è offerto un trattamento precoce e adeguato. *Autore: Dott. P. Benlian (luglio 2008)*.

Laboratori Diagnosi molecolare delle alterazioni del metabolismo delle lipoproteine (gene LDLR) P.S.I. “Loreto Crispi”, NAPOLI Dr. PEPE Nicola, Pr. POLISTINA Maria Teresa

Ipercolesterolemia da mutazione arg3500 di ApoB-100 Vedere: Deficit familiare di apolipoproteina B-100

Ipercolesterolemia familiare

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ORPHA406

MIM: 143890 L’ipercolesterolemia familiare (FH) è una dislipidemia ereditaria caratterizzata da un aumento isolato e permanente dei livelli di lipoproteina a bassa densità (LDL). La prevalenza è stimata in 1/500 per la forma eterozigote a trasmissione dominante della malattia, anche se sono state riportate forme molto meno frequenti di FH. La FH è spesso trasmessa come carattere codominante e sono state descritte due forme cliniche. La forma eterozigote è spesso clinicamente silente e può essere diagnosticata a qualsiasi età a seguito di un’analisi lipidica completa (dopo un periodo di digiuno superiore alle 12 ore) e delle storie diagnostiche che si basano sull’anamnesi familiare (su tre o più generazioni) o una storia personale di una coronaropatia, depositi extravascolari e un’ipercolesterolemia isolata che non rispondono a una dieta finalizzata al controllo dei lipidi. La forma omozigote grave è molto rara (1/1.000.000) con un esordio nei primi due anni di vita ed è caratterizzata da depositi extravascolari di colesterolo (xantomi cutanei o tendinei) e livelli di LDL >3,30 g/L e un’arteriopatia (stenosi aortica, malattia arteriosa coronarica) che si manifestano prima dei 10 anni di vita. L’ipercolesterolemia a trasmissione recessiva (meno di 20 casi riportati finora) è caratterizzata da xantomi e/o un’aterosclerosi in bambini affetti da ipercolesterolemia, nati da genitori con livelli lipidici normali. La FH è dovuta alle mutazioni genetiche che causano un deficit dell’endocitosi delle LDL. Per le forme dominanti, sono state identificate le mutazioni dei seguenti geni: LDLR (responsabile tra i due terzi e tre quarti dei casi a trasmissione dominante), APOB che codifica per il legante del recettore della LDL e PCSK9, un modulatore dell’endocitosi epatica. Per le forme recessive, sono state identificate le mutazioni causative dei geni LDLRAP1 e ABCG5/ABCG8. La diagnosi differenziale si pone con l’iperlipidemia familiare combinata (quantità di grassi totale >2g/L in diverse persone imparentate) e un’iperlipidemia poligenetica combinata (iperlipidemia

Diagnosi molecolare dell’ipercolesterolemia familiare Azienda Ospedaliera San Paolo, MILANO Dr. BIONDI Maria Luisa, Pr. MELZI D’ERIL Gian Vico Diagnosi molecolare dell’ipercolesterolemia familiare Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Pr. CALCAGNO Giuseppe, Pr. SALVATORE Francesco Diagnosi molecolare dell’ipercolesterolemia familiare Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare dell’ipercolesterolemia familiare Azienda Sanitaria Ospedaliera O.I.R.M. - S. Anna - Università di Torino, TORINO Dr. DE LEO Cristina, Dr. RESTAGNO Gabriella, Dr. SBAIZ Luca

Iperfenilalaninemia da deficit di 6-piruvoil-tetraidropterina-sintasi Vedere: Deficit di 6-piruvoil-tetraidropterina-sintasi

Iperfenilalaninemia da deficit di deidratasi Vedere: Deficit di deidratasi

Iperfenilalaninemia da deficit di diidropteridina Vedere: Deficit di diidropteridina reduttasi

Iperfenilalaninemia da deficit di GTP cicloidrolasi Vedere: Deficit di GTP cicloidrolasi 1

Iperfenilalaninemia da deficit di pterina-4-alfa-carbinolamina deidratasi Vedere: Deficit di deidratasi

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ORPHANET ITALIA 2011

Iperfenilalaninemia materna

Iperimidodipeptiduria ORPHA2209

Laboratori Diagnosi biochimica delle aminoacidopatie (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica dell’iperfenilalaninemia materna e moderata Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperglicerolemia

ORPHA408

MIM: 307030

Laboratori Diagnosi biochimica di iperglicerolemia IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperglicinemia isolata non chetotica

ORPHA407

MIM: 605899 L’iperglicinemia non chetotica è una malattia relativamente frequente nei neonati, a trasmissione autosomica recessiva, che colpisce il sistema epatico coinvolto nella scissione della glicina, fonte principale di radicali monocarbonati. La malattia insorge, nella maggior parte dei casi, nel periodo neonatale con coma e ipotonia grave, stato di male mioclonico e microcefalia, che evolve verso un ritardo mentale profondo e una sindrome tetrapiramidale. L’elettroencefalogramma mostra un aspetto caratteristico, con un tracciato ipoattivo e pseudoperiodico. La diagnosi si basa sulla dimostrazione di un forte aumento della glicina plasmatica, urinaria e soprattutto del liquido cerebrospinale, con abbassamento dei livelli di serina. La diagnosi viene confermata attraverso il dosaggio enzimatico sul fegato. Esistono alcune forme lente, che si presentano con quadri di encefalopatia aspecifica e alcune forme neonatali transitorie, che all’inizio evolvono favorevolmente, ma le cui conseguenze a lungo termine sono scoraggianti. Il trattamento, poco o per nulla efficace, si basa sul benzoato di sodio e il destro-metorfano. Dal punto di vista molecolare, si distinguono le mutazioni che coinvolgono le subunità N o P della proteina. La diagnosi prenatale è possibile sui villi coriali, attraverso lo studio globale del sistema della scissione della glicina, ma questo approccio non è del tutto affidabile. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iperglicinemia isolata non chetotica Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica dell’iperglicinemia isolata non chetotica Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’iperglicinemia isolata non chetotica (spettrometria di massa tandem) Facoltà di Chirurgia e Medicina - Università degli Studi di Foggia, FOGGIA Pr. CORSO Gaetano Diagnosi biochimica dell’iperglicinemia non chetotica Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica dell’iperglicinemia isolata non chetotica Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica dell’ipergllicinemia non chetotica (dosaggio aminoacidi plasmatici, acido lattico, N.E.F.A., 3-OH-butirrato) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperimidodipeptiduria Vedere: Deficit di prolidasi

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

L’iperfenilalaninemia materna espone la donna incinta al rischio di aborti spontanei e il feto a un rischio importante di embriofetopatia, la cui gravità è direttamente correlata ai valori della fenilalanina materna. Questa embriopatia può essere responsabile di malformazioni: cardiopatia, nella maggior parte dei casi di tipo troncoconale, agenesia del corpo calloso, disturbo della migrazione neuronale, dismorfismi facciali e, più raramente, labiopalatoschisi o anomalie tracheo-esofagee. Tuttavia i disturbi più frequenti sono quelli legati alla crescita e allo sviluppo del feto e del bambino: ritardo nella crescita intrauterina, microcefalia, ritardo mentale. Si può prevenire l’embriopatia fenilchetonurica seguendo una dieta rigida, povera in fenilalanina, prima del concepimento e durante tutta la gravidanza. Questo tipo di prevenzione comporta un’informazione precoce e costante per le pazienti in cura per un deficit di fenilalanina idrossilasi, affinché le loro gravidanze siano programmate e seguite da un’équipe specializzata. La diagnosi di embriopatia fenilchetonurica deve anche essere considerata nel caso di feti e di bambini di donne non identificate (nate prima dell’organizzazione dello screening di questa malattia o in un Paese in cui questa indagine non esista). *Autore: Dott. V. Abadie (gennaio 2004)*.

I

I

Iperimmunizzazione anti-HLA

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

ORPHANET ITALIA 2011

Iperimmunizzazione anti-HLA ORPHA2194

L’iperimmunizzazione anti-HLA è caratterizzata da un aumento degli antigeni anti-HLA che si osserva in particolare nei pazienti con insufficienza renale cronica (IRC) sottoposti a dialisi e politrasfusi. Altri fattori responsabili di iperimmunizzazione anti-HLA sono il trapianto renale e la gravidanza. L’iperimmunizzazione anti-HLA è il fattore maggiormente responsabile della reazione acuta da rigetto al trapianto. Questo può essere limitato attraverso la somministrazione di eritropoietina (Epo) per il trattamento dell’anemia correlata all’IRC, che riduce il numero delle trasfusioni necessarie. Altre strategie, alcune delle quali sono ancora in uno stadio sperimentale, sono la somministrazione di immunoglobuline, la plasmaferesi e l’immunoassorbimento. *Autore: team editoriale di Orphanet (maggio 2006)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Iperimmunoglobulinemia D associata a febbre periodica Vedere: Iperimmunoglobulinemia D associata a febbre ricorrente

Iperimmunoglobulinemia D associata a febbre ricorrente

ORPHA343

MIM: 251170 La sindrome che associa febbre e iperimmunoglobulinemia D (iperIgD) è caratterizzata da attacchi febbrili periodici, che si ripetono ogni 4-8 settimane, con un’intensa reazione infiammatoria, accompagnata da linfadenopatie, dolori addominali, diarrea, dolori articolari, epatosplenomegalia e segni cutanei. Il primo episodio compare di solito nell’infanzia ed è difficile da trattare. A differenza della febbre mediterranea familiare, la colchicina non ha effetto preventivo sugli episodi febbrili. La sindrome è dovuta a mutazioni nel gene che codifica per l’enzima mevalonato chinasi (MVK). Il gene mappa sul cromosoma 12 (12q24) e l’eredità è autosomica recessiva. Il deficit di MVK si associa ad un difetto dello sviluppo noto come aciduria mevalonica. La diagnosi si basa su un gruppo di segni clinici, in associazione con un’elevata concentrazione sierica di IgD (anche se incostante e poco specifica) e può essere attualmente confermata da una bassa attività patologica di mevalonato chinasi. Recentemente è stata impiegata con successo la terapia con simvastatina e con gli inibitori del TNF per gli attacchi infiammatori della sindrome iperimmunoglobulinemia D associata a febbre periodica.*Autore: Dott. G. Grateau (febbraio 2005)*.

Laboratori Diagnosi molecolare delle febbri periodiche (HIDS, TRAPS; geni MVK e TNFRSF1A) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Dr. CECCHERINI Isabella, Pr. RAVAZZOLO Roberto Diagnosi molecolare delle sindromi autoinfiammatorie (geni MEFV, MVK e TNFRSF1A) Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, PARMA Dr. MARTORANA Davide, Pr. NERI Tauro Maria Diagnosi molecolare delle febbri periodiche Università Cattolica del Sacro Cuore, ROMA Pr. GURRIERI Fiorella, Pr. NERI Giovanni, Pr. ZOLLINO Marcella Diagnosi molecolare dell’iperimmunoglobulinemia D associata a febbre ricorrente (gene MVK) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

AIFP - Associazione Italiana Febbri Periodiche APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite

324

ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperlassità cutanea da deficit del fattore della coagulazione vitamina ORPHA91135 K - dipendente MIM: 610842 Questa sindrome è caratterizzata da iperlassità cutanea diffusa. È stata descritta in 6 pazienti. Il fenotipo è legato al deficit dei fattori di coagulazione dipendenti dalla vitamina K e la sindrome è stata associata alle mutazioni del gene GGCX. Questo gene codifica per la gamma-glutamil carbossilasi, un’enzima già implicato nei deficit congeniti dei fattori della coagulazione dipendenti dalla vitamina K. Questa sindrome deve essere distinta dallo pseudoxantoma elastico e dalla cutis laxa (si vedano questi termini) nei quali il ripiegamento eccessivo della cute è limitato ad alcune zone. *Autore: team editoriale di Orphanet (aprile 2007)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Iperlipoproteinemia, tipo 3

ORPHA412

MIM: 107741 L’organismo può fabbricare da solo i lipidi, quando il loro apporto mediante l’alimentazione non è sufficiente. Nel fegato avviene la sintesi dei trigliceridi e del colesterolo, che sono impacchettati nelle lipoproteine VLDL, che vengono immesse nel circolo sanguigno. Le VLDL possono rilasciare il loro contenuto di trigliceridi grazie alla LPL (si veda l’iperlipoproteinemia tipo 1), diventando particelle più piccole chiamate residui (remnants). Queste lipoproteine residue, meno voluminose, possono essere riconosciute a livello delle cellule dall’interazione dell’apolipoproteina E (ApoE) con i recettori cellulari (meccanismo chiave-serratura). Le lipoproteine rilasciano quindi nelle cellule il contenuto di colesterolo. Quando l’ApoE è deficitaria, le particelle residue si accumulano nel plasma e nella parete delle arterie, favorendo lo sviluppo di lesioni aterosclerotiche che sono causa di accidenti cardiovascolari (infarto del miocardio, accidenti vascolari cerebrali) a partire dai 40 anni. La malattia è riconoscibile attraverso alcuni sintomi clinici e biologici e la diagnosi genetica consente di identificarne con certezza la causa. Il trattamento si basa su un regime dietetico adattato e sull’assunzione di farmaci ipolipemici, che mirano a ritardare la progressione delle lesioni aterosclerotiche e a prevenire le complicazioni cardiovascolari. *Autore: Dott. P. Benlian (settembre 2002)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’iperlipoproteinemia tipo 3 Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. MANTOVANI Vilma, Pr. ROMEO Giovanni, Dr. ROSSI Cesare Diagnosi molecolare dell’iperlipoproteinemia tipo 3 (gene APOE) Laboratorio Research and Innovation S.p.A., PADOVA Dr. LEON Alberta Diagnosi molecolare dell’iperlipoproteinemia tipo 3 Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco

325

ORPHANET ITALIA 2011

Iperlisinemia

ORPHA2203

MIM: 238700

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iperlisinemia IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dell’iperlisinemia Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’iperlisinemia Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Ipermetioninemia da deficit di S-adenosilomocisteina idrolasi Vedere: Ritardo psicomotorio da deficit di S-adenosilomocisteina idrolasi ORPHA414

MIM: 258870 La causa principale dell’iperornitinemia ereditaria è il deficit di ornitina aminotransferasi mitocondriale, a trasmissione autosomica recessiva. Si tratta di un enzima mitocondriale reversibile, che consente la transaminazione dell’ornitina e dell’alfa-chetoglutarato, per formare il delta-1-pirolina-5-carbossilato. La vitamina B6 è il cofattore di questo enzima, che permette di distinguere due forme genetiche, una sensibile e l’altra resistente alla piridossina. L’esordio avviene nel periodo neonatale con coma iperammoniemico, anche se i livelli normali di ammoniemia sono ristabiliti rapidamente e definitivamente subito dopo. L’espressione clinica principale è l’atrofia convoluta della coroide e della retina, che insorge durante l’infanzia con miopia e cecità notturna, seguite

dal restringimento concentrico del campo visivo e l’aspetto molto particolare della retinopatia del fondo dell’occhio. L’elettroretinogramma si appiattisce rapidamente. I pazienti sviluppano spesso una cataratta sottocapsulare posteriore, nella seconda decade, e diventano virtualmente ciechi tra i 40 e i 55 anni. La maggior parte ha intelligenza normale, ma alcuni presentano un ritardo mentale modesto e un coinvolgimento muscolare prossimale. La diagnosi si basa sull’iperornitinemia plasmatica e urinaria, che risultano aumentati sulla cromatografia degli aminoacidi, confermata dal dosaggio enzimatico sulle colture di fibroblasti. Il trattamento consiste nell’uso di piridossina, somministrata in dosi da 500 mg a 1 g/die, per almeno 15 giorni. I pazienti sensibili normalizzano la loro ornitinemia e devono essere trattati per tutta la vita. I pazienti resistenti possono essere trattati con una dieta povera di proteine, associata o meno a supplementazione di prolina, la cui efficacia è controversa. *Autore: Prof. J.M. Saudubray (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iperornitinemia Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica dell’iperornitinemia IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dell’iperornitinemia Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’iperornitinemia Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica dell’iperornitinemia Azienda Ospedaliera Universitaria Anna Meyer, FIRENZE Dr. DONATI Maria Alice, Dr. MORRONE Amelia, Dr. PASQUINI Elisabetta Diagnosi biochimica dell’atrofia girata della coroide e della retina (dosaggio aminoacidi plasmatici) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto Diagnosi molecolare dell’iperornitinemia (gene OAT) B.I.R.D. Foundation, COSTOZZA DI LONGARE (VI) Dr. HLADNIK Uros

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperossaluria

ORPHA416

MIM: 259900 L’iperossaluria primitiva tipo 1, definita anche ossalosi 1, è trasmessa come carattere autosomico recessivo. È dovuta a un difetto in un enzima dei perossisomi epatici, la Lalanina-gliossilato aminotransferasi (AGT). Nei due terzi dei casi, il primo segno clinico si manifesta prima dei 5 anni. I pazienti sviluppano urolitiasi, che causa infezioni secondarie o ostruzioni nelle vie urinarie. L’ultimo stadio dell’insufficienza renale compare prima del quindicesimo anno di età, nella metà dei casi, e il conseguente aumento di ossalato

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

L’iperlisinemia è una malattia del metabolismo della lisina, caratterizzata da livelli elevati di lisina nel liquido cerebrospinale e nel sangue. Si accompagna a saccaropinuria di grado variabile. La prevalenza non è nota. La malattia è stata descritta in soggetti affetti da disturbi neurologici e ritardo mentale. Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato che alcune persone asintomatiche erano affette da marcata iperlisinemia; pertanto, questa condizione non si associa a uno specifico fenotipo clinico. Una madre affetta da iperlisinemia ha partorito un neonato sano. L’iperlisinemia è trasmessa come carattere autosomico recessivo. È causata dal deficit dell’enzima bifunzionale alfaaminoadipato semialdeide sintasi, codificato dal gene AASS (mappato in 7q31.3). Quest’enzima ha sia un’attività lisinachetoglutarato reduttasica (LKR), sia un’attività saccaropina deidrogenasica (SDH) e catalizza le prime due fasi della degradazione della lisina. Nell’iperlisinemia, entrambe le funzioni enzimatiche dell’alfa-aminoadipato semialdeide sintasi sono deficitarie. In alcuni casi è indicata una dieta povera in lisina. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2006)*.

Iperornitinemia

I

Iperossaluria

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

I

ORPHANET ITALIA 2011

Iperossaluria, tipo 1

di calcio circolante produce depositi tissutali, che causano aritmie, ipertensione, arteriti agli arti e fratture con anchilosi dolorose. L’iperossaluria si associa a iperglicolaturia. L’attività dell’AGT può essere valutata sulle biopsie epatiche. La diagnosi prenatale può essere effettuata attraverso lo studio delle mutazioni sui villi coriali, nel caso che siano state in precedenza identificate nella fratria; alternativamente è necessaria la biopsia epatica del feto. La terapia si basa sull’apporto di liquidi con piridossina fosfato (coenzima dell’AGT) e l’alcalinizzazione delle urine. Il trapianto renale, da solo, non è in grado di correggere il difetto metabolico, che ricorre dopo il trapianto. Il trattamento di elezione è il trapianto combinato di fegato e rene, soprattutto nei bambini: il trapianto deve essere eseguito prima o immediatamente dopo l’inizio della dialisi, per prevenire le complicazioni extrarenali. L’iperossaluria tipo 2 è estremamente rara ed è causata dalla mancanza di glicerato deidrogenasi. *Autore: Prof. Niaudet (marzo 2004)*.

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iperossaluria IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica delle malattie perossisomiali (analisi dei metaboliti) Istituto G. Gaslini - Ospedale Pediatrico IRCCS, GENOVA Sig. CARUSO Ubaldo, Pr. CERONE Roberto, Pr. LORINI Renata Diagnosi biochimica dell’iperossaluria A.O. Ordine Mauriziano, TORINO Pr. MARANGELLA Martino, Pr. PETRARULO Michele Diagnosi biochimica delle acidurie organiche Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta”, MILANO Dr. RIMOLDI Marco

Iperossaluria, tipo 1 Vedere: Deficit di alanina-gliossilato aminotransferasi

Iperossaluria, tipo 2 Vedere: Deficit di D-glicerato deidrogenasi

Iperossaluria, tipo non 1-non 2

Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Iperparatiroidismo familiare isolato

ORPHA99879

MIM: 145000

Laboratori Diagnosi molecolare dell’ipoparatiroidismo familiare primitivo e isolato (geni HRPT2 e MENI) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo Diagnosi molecolare dell’iperparatiroidismo familiare Istituto Oncologico Veneto IRCCS, PADOVA Pr. OPOCHER Giuseppe, Dr. SCHIAVI Francesca

Iperparatiroidismo familiare primitivo

ORPHA2207

MIM: 145000

Laboratori Diagnosi molecolare dell’iperparatiroidismo familiare primitivo e isolato (geni HRPT2 e MENI) IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, SAN GIOVANNI ROTONDO (FG) Dr. ZELANTE Leopoldo ORPHA417

ORPHA93600

MIM: 613616

L’iperparatiroidismo primitivo neonatale è caratterizzato da ipercalcemia grave (>3,5 mmol/L), associata a iperparatiroidismo. La prevalenza non è nota. I sintomi clinici sono precoci (si presentano durante i primi anni di vita) e sono gravi, con difficoltà respiratorie, ipotonia, deformazioni toraciche, demineralizzazione dello scheletro e fratture multiple, disturbi che possono influire sulle immediate attese di vita del nascituro. Dal punto di vista biologico, il bambino presenta tassi molto elevati di paratormone e ipocalciuria relativa. L’iperparatiroidismo primitivo neonatale si associa in molti casi a mutazioni omozigoti inibitorie del gene RCa, localizzato in 3q13.3-q21. Questo gene codifica per il recettore sensibile al calcio (RCa), che appartiene alla sottofamiglia dei recettori transmembrana accoppiati alle proteine G. RCa riveste un ruolo chiave nella regolazione del metabolismo fosfocalcico, controllando la secrezione di PTH e l’escrezione urinaria di calcio, in risposta alle variazioni della calcemia. Pertanto, questa malattia corrisponde alla forma omozigote dell’ipercalcemia ipercalciurica familiare ed è trasmessa come carattere autosomico recessivo. Tuttavia, in alcuni casi la malattia si associa ad una mutazione eterozigote de novo del gene RCa. Il controllo dell’ipercalcemia può essere ottenuto con una terapia progressiva, che comprende l’uso di bifosfonati e della dialisi, prima del ricorso alla paratiroidectomia totale. *Autore: Prof. A. Lienhardt-Roussie (giugno 2006)*.

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperostosi corticale deformante giovanile

Vedere: Osteopatia striata - sclerosi cranica

Questa sindrome è caratterizzata dall’associazione tra iperostosi vertebrale anchilosante e ipercheratosi palmoplantare. È stata descritta in almeno 8 pazienti appartenenti a 4 fratrie su 2 generazioni di una famiglia greco-cipriota. Altri sei membri della famiglia presentavano solo ipercheratosi palmoplantare. Questa sindrome è probabilmente trasmessa come carattere autosomico dominante. È una condizione diversa dalla iperostosi scheletrica idiopatica diffusa (DISH), che non è una malattia rara. *Autore: team editoriale di Orphanet (ottobre 2007)*.

MIM: 239200

Associazioni

Iperostosi generalizzata striata

ORPHA2206

MIM: 106400

Iperparatiroidismo primitivo neonatale

Vedere: Iperossaluria

Vedere: Malattia di Paget, forma giovanile

Iperostosi vertebrale anchilosante con tilosi

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Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

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ORPHANET ITALIA 2011

Iperparatiroidismo - sindrome da tumore della mandibola

ORPHA99880

MIM: 145001 Vedere: Iperparatiroidismo familiare primitivo

Iperpipecolatemia Vedere: Acidemia pipecolica

Iperpiressia maligna Vedere: Ipertermia maligna ORPHA418

MIM: 145295 L’iperplasia congenita dei surreni (ISC) riguarda un gruppo di malattie associate ad anomalie complete (forma classica) o parziali (non classica) nella biosintesi degli ormoni del surrene. La prevalenza della forma classica associata al deficit della 21-idrossilasi è stimata in circa 1/14.000. Tuttavia, le forme non classiche sono comuni. La malattia è caratterizzata da un’insufficiente produzione di cortisolo o di aldosterone (forma classica con perdite di sali), associata a una iperproduzione di androgeni surrenali. Nella forma classica, lo scompenso metabolico (disidratazione con iponatremia, iperkaliemia e acidosi associata a deficit di mineralcorticoidi e ipoglicemia associata a deficit di glucocorticoidi) può costituire un rischio per la vita, a partire dal periodo neonatale. Alla nascita possono essere osservate anomalie dei genitali nelle femmine affette. L’iperandrogenismo cronico può causare un’accelerazione della crescita durante l’infanzia, ma l’avanzamento dell’età ossea può esitare in una statura finale adulta ridotta. Gli adulti tendono ad avere sovrappeso e possono essere presenti difetti metabolici, anomalie ossee e problemi di fertilità. Le forme non classiche hanno un esordio tardivo nel periodo peri- o postpuberale e si manifestano con segni di iperandrogenismo (acne, irsutismo, problemi mestruali e infertilità). L’ISC è trasmessa come carattere autosomico recessivo. La forma più comune (95% dei casi) è causata dal deficit di 21-idrossilasi. Altre cause di ISC sono il deficit di 11-idrossilasi, 3-beta-idrossisteroido deidrogenasi, 17-alfa-idrossilasi. Lo screening neonatale per il deficit della 21-idrossilasi (forma classica) è stato adottato in molti Paesi e si basa sulla misurazione dei livelli di 17-idrossiprogesterone. L’identificazione di un caso deve portare a indagare tutti i soggetti della famiglia e i consanguinei. La diagnosi prenatale è possibile con l’analisi molecolare del DNA fetale e permette di avviare la terapia per prevenire la virilizzazione nelle femmine affette. La terapia ormonale sostitutiva (gluco- e mineralcorticoidi per la forma classica con perdita di sali, e glucocorticoidi per le forme semplici virilizzanti) va attuata per tutta la vita e richiede un attento follow-up (prima pediatrico, poi per l’adulto) e migliora la prognosi dei pazienti, in quanto previene le complicazioni associate all’iperandrogenismo cronico, permettendo di mantenere una normale fertilità. Le anomalie dei genitali nelle femmine possono richiedere interventi chirurgici. *Autore: Prof. J. Léger (luglio 2007)*.

Laboratori Diagnosi molecolare dell’iperplasia congenita dei surreni (gene CYP21) Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi, BOLOGNA Dr. BALDAZZI Lilia, Pr. CICOGNANI Alessandro Diagnosi molecolare della sindrome adrenogenitale dovuta a deficit di 21-idrossilasi Ospedale Niguarda Ca’ Granda, MILANO Dr. PATROSSO Maria Cristina, Dr. PENCO Silvana Diagnosi biochimica dell’iperplasia congenita dei surreni Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO

Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria

Diagnosi molecolare del deficit di 21-idrossilasi (gene CYP21) Ospedale Regionale per le Microcitemie, CAGLIARI Dr. MURRU Stefania, Pr. ROSATELLI Maria Cristina Diagnosi molecolare del deficit di 21-idrossilasi Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, NAPOLI Dr. FELICIELLO Antonio Diagnosi molecolare dell’iperplasia congenita dei surreni (gene CYP21A2) CEINGE - Centro di Ricerca per l’Ingegneria Genetica, NAPOLI Pr. IOLASCON Achille Diagnosi molecolare del deficit di 21-idrossilasi (gene CYP21A2) Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, ROMA Pr. GRAMMATICO Paola Diagnosi molecolare del deficit di 21-idrossilasi Laboratorio Genoma, ROMA Dr. FIORENTINO Francesco Diagnosi molecolare dell’iperplasia congenita dei surreni (gene CYP21B) IRCCS Ospedale San Raffaele, MILANO Dr. CARRERA Paola, Pr. FERRARI Maurizio Diagnosi molecolare del deficit di 21-idrossilasi (gene CYP21) Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, TORINO Pr. MENEGATTI Elisa, Pr. MIGONE Nicola, Pr. PASINI Barbara Diagnosi molecolare del deficit di 21-idrossilasi (gene CYP21) Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, PALERMO Pr. CORSELLO Giovanni, Dr. FABIANO Carmelo, Dr. NICETA Marcello, Dr. PICCIONE Maria, Dr. SAMMARCO Pietro

Associazioni

CAH - Associazione Romana Familiari Sindrome Adreno Genitale - ONLUS ISC - Associazione Famiglie Iperplasia Surrenale Congenita Lombardia - ONLUS

Iperplasia emifacciale - strabismo Vedere: Sindrome di Bencze

Iperplasia ganglionaria angiofollicolare Vedere: Malattia di Castleman

Iperplasia linfatica angiofollicolare Vedere: Malattia di Castleman

Iperplasia multighiandolare

ORPHA99878

MIM: 600166 Vedere: Iperparatiroidismo familiare primitivo

Iperplasia surrenalica congenita da deficit di citocromo P450 ossidoreduttasi (POR) ORPHA95699 MIM: 613571 Vedere: Iperplasia congenita dei surreni

Iperprolinemia, tipo 1

ORPHA419

MIM: 239500 L’iperprolinemia tipo 1 è un’anomalia congenita del metabolismo della prolina caratterizzata da livelli elevati di prolina nel

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Iperplasia congenita dei surreni

I

Iperprolinemia, tipo 1

I

ORPHANET ITALIA 2011

Iperprolinemia, tipo 2

plasma e nell’urina. La prevalenza non è nota. La malattia viene di solito considerata benigna, ma può associarsi ad anomalie renali, crisi epilettiche e altri segni neurologici, ad esempio alcune forme di schizofrenia. È trasmessa come carattere autosomico recessivo ed è dovuta a mutazioni nel gene della prolina deidrogenasi o della prolina ossidasi (PRODH o POX, cromosoma 22q11.2). *Autore: team editoriale di Orphanet (settembre 2006)*.

malattie rare, laboratori diagnostici e associazioni

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iperprolinemia, tipo 1 e 2 Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica dell’iperprolinemie IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ROMA Dr. DIONISI-VICI Carlo, Dr. RIZZO Cristiano Diagnosi biochimica dell’iperprolinemia, tipo 1 e 2 Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’iperprolinemia Ospedale Regionale per le Microcitemie - ASL 8, CAGLIARI Dr. CONTINI Liliana, Dr. LILLIU Franco Diagnosi biochimica dell’iperprolinemia, tipo 1 e 2 (dosaggio aminoacidi plasmatici e urinari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Associazioni

APMMC - Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite ABM - Associazione per la Tutela del Bambino con Malattie Metaboliche META - Associazione Malattie Metaboliche Ereditarie del Piemonte e Valle d’Aosta IRIS - Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare AMMeC - Associazione Malattie Metaboliche Congenite ONLUS AISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS COMETA ASMME - Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie - ONLUS

Iperprolinemia, tipo 2

ORPHA79101

MIM: 239510

Laboratori Diagnosi biochimica dell’iperprolinemia, tipo 1 e 2 Università degli Studi di Napoli “Federico II”, NAPOLI Dr. CATANZANO Francesca, Pr. RUOPPOLO Margherita Diagnosi biochimica dell’iperprolinemia, tipo 1 e 2 Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, MILANO Dr. CORBETTA Carlo, Dr. MELOTTI Davide, Dr. RAVAZZANI Valeria Diagnosi biochimica dell’iperprolinemia, tipo 1 e 2 (dosaggio aminoacidi plasmatici e urinari) Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, PADOVA Dr. BURLINA Alberto

Iperekplessia Vedere: Iperekplessia ereditaria

Iperekplessia ereditaria

ORPHA3197

MIM: 149400

Laboratori Diagnosi molecolare della iperekplessia ereditaria (gene GLRA1) CNR, MANGONE (CS) Dr. ANNESI Grazia

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Diagnosi molecolare dell’iperekplessia (gene GLRA1) Consorzio per la Genetica Molecolare Umana, MONZA E DELLA BRIANZA Pr. DALPRÀ Leda, Pr. PIPERNO Alberto

Ipersonnia idiopatica

ORPHA33208

L’ipersonnia idiopatica è un disturbo del sonno classificato in due forme: ipersonnia idiopatica con aumento della durata del sonno e ipersonnia idiopatica senza aumento della durata del sonno. La prevalenza non è nota, anche se è stata stimata, per la prima forma, tra 1/10.000 e 1/25.000 e, in una seconda, tra 1/11.000 e 1/100.000. Entrambe le malattie esordiscono prima dei 25 anni e interessano i due sessi in ugual misura. L’ipersonnia idiopatica con aumento della durata del sonno è caratterizzata da sonno notturno protratto (oltre 10 ore) di buona qualità, eccessiva sonnolenza diurna più o meno costante, con episodi di sonno protratto, non riposante, e difficoltà a svegliarsi, con inerzia o ubriachezza da sonno. L’ipersonnia idiopatica senza aumento della durata del sonno è caratterizzata da sonnolenza diurna eccessiva isolata, che si protrae per oltre 3 mesi, con sonnellini diurni involontari più o meno riposanti. Il sonno notturno è normale o leggermente protratto, ma dura meno di 10 ore e la qualità del risveglio è spesso normale. L’ipersonnia idiopatica non si associa mai a cataplessia. L’eziologia non è nota. La malattia non è legata a nessun particolare marcatore HLA o alla diminuzione dei livelli di orexina/ipocretina. La diagnosi è complicata e deve escludere tutte le altre cause di sonnolenza ed essere in grado di riconoscere l’eccesso di sonno. La diagnosi finale si basa sulla polisonnografia con test ripetuti di latenza del sonno (MSLT). Questi test rivelano una buona qualità del sonno e una latenza media del sonno inferiore a 8 minuti, con al massimo un episodio di sonno paradossale. In caso di ipersonnia idiopatica con aumento della durata del sonno, dopo il MSLT, può essere effettuata una registrazione di 24-36 ore, che mostra un sonno notturno superiore a 10 ore, con un breve sonno diurno superiore a un’ora. Gli esami clinici (che comprendono più o meno un diario del sonno o actimetria) escludono la sindrome da carenza di sonno cronica. Le registrazioni del sonno escludono la narcolessia, i disturbi del ritmo e il sonno notturno frammentato da eventi respiratori o motori. L’esame psicologico esclude l’origine neurologica dell’ipersonnia. I test neuroradiologici effettuati di rado hanno escluso lesioni cerebrali. Il trattamento si basa sui farmaci stimolanti come il modafinil, che rappresenta il trattamento di prima scelta, con il miglior rapporto rischio/beneficio. Altri farmaci stimolanti sono il metilfenidato e le amfetamine. Anche se efficaci per la sonnolenza diurna, questi farmaci hanno poco effetto sull’ubriachezza da sonno osservata nell’ipersonnia idiopatica con aumento della durata del sonno. La malattia ha un impatto sociale e professionale negativo. La sua evoluzione è spesso stabile e sono stati descritti alcuni miglioramenti spontanei. *Autori: Prof. Y. Dauvilliers e Dott. M.F. Vecchierini (ottobre 2009)*. Attualmente non sono presenti attività relative a laboratori di diagnosi ed associazioni. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Orphanet (www.orpha.net).

Ipertensione arteriosa polmonare primitiva

ORPHA422

MIM: 178600 L’ipertensione arteriosa polmonare primitiva (PAH) è una malattia rara, caratterizzata da un’elevata resistenza delle arterie polmonari, che porta allo scompenso del cuore destro. La PAH può essere sporadica (PAH idiopatica o ipertensione polmonare primaria), familiare (causata da mutazioni germinali di BMPR2, un membro della famiglia dei recettori di TGF-beta di tipo II), o associata ad altre condizioni, comprese le malattie del connettivo, le cardiopatie congenite, l’infezione da HIV, l’ipertensione portale, l’esposizione ad anoressizzanti. La prevalenza della PAH è 15 per milione in Francia. La mancanza di sintomi specifici (soprattutto dispnea) probabilmente causa una sottostima diagnostica di questa condizione. Il metodo elettivo per lo screening non invasivo è l’ecocardiogramma. È

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ORPHANET ITALIA 2011

I

Ipertermia maligna

necessario misurare i parametri emodinamici durante il cateterismo del cuore destro, per stabilire la diagnosi (pressione media dell’arteria polmonare >25 mmHg; pressione di incuneamento dell’arteria polmonare
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