Tra i colleghi di fisica delll`isituto dove insegno vi è la convinzione

March 21, 2018 | Author: Anonymous | Category: Scienza, Fisica, Quantum Physics
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Master IDIFO – Università di Udine La crisi della fisica classica e la nascita della fisica moderna

Per insegnare la fisica moderna a scuola, quali cambiamenti sarebbe opportuno effettuare riguardo all'insegnamento della fisica classica e perché?" Giuliani Valter Una premessa per riordinare le idee Prima di suggerire dei cambiamenti all’insegnamento della FC mi sembra utile sintetizzare le proposte didattiche finora presentate nel Master. Intanto è da rilevare che tutte mettono in evidenza l’inadeguatezza dell’approccio usato nella scuola secondaria nell’affrontare la FM. Le tematiche proposte dai programmi ministeriali - e che ritroviamo nei libri di testo - seguono una ricostruzione storico-razionale dei “fatti” e delle ipotesi che hanno portato alla formulazione della fisica del ‘900. Pertanto, essendo presentata come parte conclusiva di una cronistoria, la FM è confinata alla fine del percorso di insegnamento della fisica . Questa impostazione, che è poi quella adottata dai più blasonati manuali universitari, viene criticata dal “gruppo di Udine” perché si ritiene che, in particolare per la MQ, sia più importante comprendere a fondo alcuni nodi concettuali delle nuove teorie: come il concetto di stato; il significato della rappresentazione di stato in termini vettoriali; la particolare natura statistica della teoria, il principio di sovrapposizione e le sue conseguenze. Per introdurre tali idee si utilizza l’approccio fenomenologico sull’interazione di luce con filtri polarizzatori e cristalli birifrangenti. Una tale impostazione è giustificata dal fatto che proprio l’analisi storica conduce ad un esito significativo solo quando sono compresi i concetti fondamentali e che, comunque, la dimensione narrativa risulta spesso dispersiva. Anche per la proposta di relatività che fa riferimento al testo di Taylor&Wheeler il punto di partenza è l’apprendimento dei nodi concettuali, in particolare quello unificante di intervallo spaziotemporale. Se si seguisse tale approccio sembrerebbe possibile introdurre lo studio della relatività speciale nella scuola secondaria superiore prima dello studio dell’elettromagnetismo. Nel dibattito è emerso che ciò potrebbe comportare dei rischi poiché le motivazioni per la costruzione di una teoria sono fondamentali e la disposizione degli argomenti deve seguire una successione logica, che in buona parte coincide con lo sviluppo storico. Poiché la teoria della relatività einsteniana è nata dall’esigenza di estendere all’elettromagnetismo il principio di relatività della meccanica, il proporla prima dell’elettromagnetismo farebbe mancare la consapevolezza dei problemi rimasti insoluti alla fine del ‘800. Il corso di Tarsitani mostra che un insegnante di fisica dovrebbe possedere, a fianco di una solida conoscenza tecnico sperimentale della propria disciplina, un’altrettanta necessaria visione del suo sviluppo storico, unita alla riflessione sul ruolo e sul significato della fisica nonché sui problemi epistemologici che il suo sviluppo ha posto e pone. In particolare emerge che l’indagine storica sia importante non in quanto tale, ma come occasione per l’individuazione di quelle problematiche concettuali e fenomenologiche il cui riconoscimento e superamento ha determinato l’evoluzione delle teorie scientifiche. Quindi una storia della fisica classica e moderna per l’apprendimento, attraverso la discussione dei problemi che sono stati affrontati e mediante analogie e antinomie tra

processi storici e mentali. Risulta allora evidente evidente che tutte le teorie fisiche ci appaiono in ogni momento in uno stadio provvisorio e perfettibile, e come tali destinate ad essere superate. Ma raramente, se sufficientemente stabilite, esse vengono completamente contraddette dalle teorie successive, che invece solitamente le inglobano come riferentesi a casi più particolari o situazioni limite. E’ certamente vero che nello sviluppo della Fisica si verificano vere e proprie rivoluzioni concettuali. Ogni modello, tuttavia, anche quando superato mantiene un suo ambito di validità e di convenienza attraverso un opportuno codice di traduzione nel linguaggio del modello successivo. Il corso di Giliberti vuol rendere consapevoli del fatto che lo sviluppo teoretico della fisica quantistica non si è esaurito con la formulazione della meccanica quantistica nel 1926, la quale non è più la teoria di riferimento. E’ così notevolmente cambiato il significato di alcuni fondamentali concetti quantistici nel “passare” dalla prima teoria dei quanti all’odierna teoria quantistica dei campi che risulta indispensabile una revisione culturalmente significativa non solo della FC ma anche della FM. Viene quindi scelto un percorso unitario alla FC e alla FM tracciato da un osservatore che guarda l’intero corpo delle conoscenze fisiche a partire dalla fisica di oggi. La descrizione di tutti i sistemi fisici viene data in termini di campo che diventa il concetto chiave e gli aspetti statistici e “particellari” della FQ sono concentrati nella descrizione delle interazioni. Anche l’approccio operativo di Torino sul “metodo dei molti cammini di Feynmann” richiede l’abbandono di una distinzione tra FC e FM e dell’uso di certe associazioni mentali ritenute fuorvianti come “onda” e “particella”. Non soltanto le particelle del microcosmo sono oggetti quantistici cioè né onde né particelle; sono tali qualunque corpo, anche di massa elevata, basta mettersi nelle condizioni opportune ed avere la tecnica di rivelazione adatta. Anche in questa proposta è implicito l’invito a ridisegnare il quadro delle conoscenze. Come e cosa cambiare? A questo punto le indicazioni su come insegnare FM e quindi come cambiare o riorganizzare l’insegnamento della FC per rendere più efficace l’acquisizione dei concetti della fisica moderna e contemporanea deve muoversi su due piani distinti: il piano delle scelte culturali di fondo (la rilevanza culturale della proposta) e il piano didattico (la sua realizzabilità in classe). Quale scelta di fondo adottare? Punto di vista olistico. Se lo spirito della disciplina è partire da principi introdotti fin dall'inizio in una forma in qualche modo definitiva e far discendere da questi tutte le nostre conoscenze il tradizionale approccio didattico di stampo newtoniano-maxwelliano andrebbe abbandonato a favore di una totale ristrutturazione in senso relativistico-quantistico di tutta la didattica della Fisica. In definitiva ogni lezione dovrebbe essere organizzata sulla base della totalità delle conoscenze della disciplina. Quindi, ad esempio, le definizioni di osservatore e sistema di riferimento e di condizione di moto relativo dello stesso sarebbero prioritari rispetto a qualsiasi altra nozione fisica. Punto di vista cronologico-storico. E’ evidentemente quello di una didattica che segua i percorsi storici che hanno condotto alle più importanti leggi e scoperte con particolare attenzione a quei nodi problematici che consentono di mettere a confronto i risultati sperimentali con le ipotesi e i modelli che cercano di interpretarli. Punto di vista logico. E’ quello utilizzato dalla maggioranza dei libri di testo in circolazione. Una fisica – soprattutto classica – presentata con un assetto sufficientemente logico per consentire all’allievo l’acquizione dei concetti fondamentali della disciplina (per esempio, i principi della dinamica, conservazione..).

In una fisica olistica si corre il rischio di non far comprendere che le motivazioni per la costruzione di una teoria sono fondamentali e che la disposizione degli argomenti deve seguire una successione logica che, in parte, necessariamente coincide con lo sviluppo storico. D’altra parte se si pone troppa attenzione alla ricostruzione dello sviluppo logico dei concetti e delle teorie analizzate si corre il rischio di generare negli studenti l’opinione che vi siano due fisiche: quella classica e quella moderna, perché la prima è molto più intuitiva, logica e vicino al “senso comune delle cose” della seconda. E’ altresì vero che un approccio esclusivamente storico emargina la FM sia per motivi cronologici che del poco tempo a disposizione dell’insegnante Cosa fare in classe. Allora quali strategie adottare? Alcuni suggerimenti e strategie su come rinnovare l’insegnamento della FC sono stati proposti o stanno emergendo – come sopra brevemente richiamato - negli insegnamenti di questo Master e sono direttamente applicabili nella nostra attività didattica. Aggiungerei che potrebbe risultare efficace l’impostazione dei contenuti secondo un approccio a temi di tipo trasversale, caratterizzati da un’ampia flessibilità nella programmazione didattica. Non ci si deve preoccupare di anticipare, anche se in modo preliminare e sintetico rispetto alla sequenza tradizionale, alcune nozioni. Queste, anche se svolte su base intuitiva, si dimostrano di grande efficacia per evidenziare analogie fra fenomeni di natura fisica diversa, ma che presentano aspetti formali o fenomenologici affini. Ad esempio, quando si parla di interazione gravitazionale si potrebbe anticipare la definizione di alcune grandezze elettriche ed alcune nozioni sul nucleo dell’atomo. Ciò permetterebbe di offrire una visione generale di insieme delle quattro interazioni fondamentali (come già proposto da un manuale scolastico). L’anticipazione delle nozioni di base relative alla propagazione delle onde ed ai fenomeni ondulatori renderebbe possibile un approccio che accomuna le onde meccaniche e le onde elettromagnetiche, e perché no, anche le onde materiali. Si conferirebbe così una visione di insieme al tema relativo alle onde e si eviterebbero fratture e ripetizioni nel passare dall’acutica all’ottica ondulatoria e materiale. Anche il tema della misura e del ruolo dello sperimenattore e dell’osservatore si prestano a delle interrelazioni tra FC e FM. Un’esemplificazione. Sempre con l’intento di realizzare percorsi in grado di accorpare elementi fisicamente affini sto sviluppando in una mia classe quarta un’unità didattica di introduzione alla meccanica quantistica. A causa dell’interpretazione statistica della teoria, la probabilità gioca un ruolo centrale in MQ, ho pertanto ritenuto necessario far prima acquisire i fondamentali rudimenti di statistica partendo dal concetto di probabilità nelle variabili discrete, con il gioco del lancio di due dadi, e continue, con la legge delle distribuzione delle velocità di Maxwell-Boltzmann (che gli studenti sommariamente conoscevano perché introdotta dal collega di Chimica) e precisando che se 3

mv 2

 m  2 2  2 kT P( )  4   v e  2 kT 

Il prodotto P(v)v è la frazione (probabilità) di molecole le cui velocità sono comprese tra v e v+v. Non ho visto tra gli studenti volti troppo perplessi quando, con le dovute premesse (*), ho detto loro che in meccanica quantistica lo stato di un sistema è descritto da una funzione d’onda . Mentre nel discreto, come nel caso della polarizzazione, la funzione d’onda è la probabilità, nel continuo – come nel caso degli stati che rappresentano la posizione di una particella – essa assume il

significato di densità di probabilità. Uno di loro mi ha dato la corretta interpretazione statistica di Born della funzione d’onda :  probabilità di tro var e la particella  2  ( x, t ) dx     fra x e ( x  dx) al tempo t  Tra l’altro in questi giorni, per collegarmi all’argomento degli orbitali che sta portando avanti il collega di chimica, ho notato che i ragazzi non hanno avuto difficoltà a comprendere e tracciare con Excel quella che i chimici chiamano la "funzione di distribuzione" della probabilità radiale dell'elettrone nello stato 1s dell'idrogeno:

P(r )  4 r  2

2



1 2

con  1s  ( a ) e 3 o

3 2 o

P(r )  4a r e





r ao

2r ao

Loro stessi hanno dedotto (e calcolato per alcuni casi) che la probabilità di trovare l'elettrone ad una distanza compresa tra r e r+r è P(r)r. Questo esempio mi permette anche di evidenziare l’importanza di organizzare progetti interdisciplinari perché importante è sapere cosa, come, ma anche come utilizzare un insieme di conoscenze provenienti da diversi settori disciplinari e la necessità di una riflessione critica sulle conoscenze acquisite studiando la fisica classica. Sono stati così rivisti alcuni concetti classici in questi termini: 

Il concetto di completezza della rappresentazione dello stato di un sistema classico, in base al quale si presume che tutte le variabili che caratterizzano tale stato abbiano, in ogni istante, un valore esattamente definito.

In generale, uno stato è una lista di numeri che rappresentano le grandezze fisiche studiate e la cui interpretazione è data dalla teoria. In uno stato determinato tutte le possibili grandezze fisiche del sistema sono determinate. Si può ricordare, ad esempio, che lo stato di un sistema termodinamico è descritto dai parametri di stato. Nel caso di un gas si scelgono solitamente due fra le tre grandezze P,V,T. Essendo i parametri di stato particolari funzioni di stato è altrettanto lecito descrivere il sistema con qualunque altra coppia di funzioni indipendenti come: energia interna-volume, entropia-temperatura, entalpia-pressione. E’ interessante far notare che se gli stati di un sistema classico hanno carattere vettoriale la somma vettoriale di stati non è sempre possibile in meccanica classica.

Se si considera il movimento di una palla da biliardo, lo stato della palla è definito da posizione e quantità di moto. Lo stato formato per somma vettoriale degli stati (x1,y1;px1,py1) e (x2,y2;px2,py2) non è uno stato possibile della palla se il punto di coordinate (x1+x2;y1+y2) è al di fuori del tavolo.



Il carattere deterministico della descrizione classica: lo stato di un sistema subisce sempre la stessa evoluzione se non cambiano le condizioni fisiche dei sistemi con cui esso interagisce; la conoscenza completa dello stato istantaneo di un sistema ed eventualmente dei sistemi con cui esso interagisce, è condizione necessaria e sufficiente per prevedere l’intera evoluzione.

Solitamente si insegna la meccanica classica con la mentalità del meccanicismo e del determinismo, presentando cioè una serie di rassicuranti certezze volte a dare fiducia ad un sistema universale di conoscenze, per poi presentare la meccanica quantistica come quella che ha osato mettere in dubbio tali certezze . Sarebbe opportuno, da un punto di vista culturale, far vedere che le cose non vanno poi in modo così perfetto neanche all’interno di quell’edificio apparentemente inespugnabile che è la meccanica classica. Infatti, salvo pochi esempi semplici, come il moto rettilineo uniforme, quello uniformemente accelerato e quello armonico, rimangono dei problemi ancora insoluti nella meccanica classica, ad esempio nella dinamica dei corpi celesti; basti pensare che tomi di volumi di meccanica analitica sono stati scritti nel tentativo di risolvere l’intricatissimo “problema dei tre corpi”. Si dice che la scoperta del pianeta Nettuno - avvenuta intorno alla metà dell’Ottocento ad opera di Le Verrier – rappresenti il trionfo del meccanicismo poiché l’astronomo francese scoprì il pianeta prima “a tavolino” e poi con il telescopio; ma non va dimenticato che gli astronomi usano metodi approssimati nel calcolo delle orbite e che il loro successi sono resi possibili solo dalla fortunata circostanza che la massa del Sole è enormemente più grande di quella dei pianeti. Se così non fosse il moto dei pianeti sarebbe quasi del tutto imprevedibile. E’ necessario inoltre sottolineare che sistemi fisici classici presentano una dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali, basti pensare ai moltissimi casi di corpi in equilibrio instabile, per i quali il moto che segue la rottura dell’equilibrio è spesso del tutto impredicibile. Anche nei casi di non equilibrio instabile non sempre è facile descrivere l’evoluzione di un fenomeno. Si dovrebbe precisare che un conto è risolvere il problema matematicamente da un punto di vista formale – l’equazione del moto e le sue condizioni iniziali – un altro è la sua verifica sperimentale dove l’errore nella misurazione delle condizioni iniziali, con la conseguente propagazione degli errori sul risultato finale, conduce a volte ad esiti inaspettati. Va ricordato infine che non sono possibili previsione deterministiche su sistemi complessi , vale a dire costituto da un enorme numero di particelle (atomi) sia per la dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali, sia per l’impossibilità di registrare i dati sulle condizioni iniziali di ciascun atomo. 

Il carattere epistemico delle ipotesi probabilistiche che è necessario introdurre quando non si ha una conoscenza completa del sistema.

Per mettere ben in evidenza il carattere irriducibilmente aleatorio della meccanica quantistica è importante richiamare processi probabilistici classici (come già ricordato) nei quali le probabilità sono attribuite ad ignoranza, ad una mancanza di informazione sul sistema che, se fosse disponibile, ci consentirebbe di trasformare le asserzioni probabilistiche in asserzioni certe. Infatti, si può affermare che se si conoscesse con estrema precisione la velocità di lancio dei dadi, la rotazione ad essi impressa, l’attrito dell’aria e la struttura della superficie su cui cadranno potremmo, in linea di principio prevedere con certezza l’esito del lancio. (*) agli interessati posso inviare l’intera e dettagliata proposta

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