Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dottorato di Ricerca in

March 20, 2018 | Author: Anonymous | Category: Scienza, Biologia, Nutrizione, Apparato digerente
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Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Dottorato di Ricerca in Chirurgia XXIII Ciclo Coordinatore Prof. Antonio Bolognese

Tesi di Dottorato di Ricerca IPOTESI DI DEFINIZIONE DI NUOVI FATTORI PROGNOSTICI NEL CARCINOMA GASTRICO: RUOLO DELL’INFILTRATO LINFOPLASMACELLULARE

Tutor Prof. Antonio BOLOGNESE

Dottorando Dott. Gabriele D’Amata

Un ringraziamento particolare al Dott. Francesco Borrini ed al Prof Marco Sacchi per il fondamentale contributo

INDICE

INTRODUZIONE

pag. 3

LO STOMACO Anatomia macroscopica

pag. 4

Vascolarizzazione

pag. 9

Drenaggio linfatico

pag. 11

Innervazione

pag. 12

Anatomia microscopica

pag. 14

IL CARCINOMA DELLO STOMACO Epidemiologia

pag. 17

Eziopatogenesi

pag. 19

Localizzazione

pag. 26

Anatomia patologica

pag. 27

Classificazione e stadiazione

pag. 31

Terapia

pag. 34

Sopravvivenza

pag. 37

STATO DELL’ARTE

pag. 38

OBIETTIVO DELLA RICERCA

pag. 49

MATERIALI E METODI

pag. 50

Immunoistochimica

pag. 53

Analisi statistica

pag. 56

RISULTATI

pag. 57

CONCLUSIONI

pag. 62

APPENDICE

pag. 70

BIBLIOGRAFIA

pag. 97

INTRODUZIONE

L’adenocarcinoma dello stomaco è una patologia di grande rilevanza a livello mondiale: rappresenta, infatti, la seconda causa di morte per neoplasia in entrambi i sessi (dopo quella polmonare) ed il quarto tumore per incidenza. Come in tutte le neoplasie, anche nel carcinoma gastrico si sviluppa una risposta immunitaria da parte dell’organismo che si manifesta come un’infiltrazione del tumore da parte di cellule immunocompetenti, ovvero macrofagi, cellule NK, neutrofili, linfociti T helper e T citotossici, linfociti B e plasmacellule. Tale infiltrato si può localizzare all’interno della neoplasia o lungo il suo margine di invasione ed ognuna delle sottopopolazioni cellulari che lo costituiscono ha una diversa funzione ed una diversa importanza nel limitarne la crescita e la diffusione. L’impiego di anticorpi monoclonali specifici permette di effettuare una caratterizzazione morfologica e quantitativa di queste sottopopolazioni e di studiare la loro localizzazione nel contesto della neoplasia; correlando i risultati con

le

3

caratteristiche cliniche ed istopatologiche dei pazienti, è possibile arrivare a definire nuovi fattori prognostici per il carcinoma dello stomaco.

LO STOMACO

Anatomia macroscopica Lo stomaco è una dilatazione sacciforme della parte superiore dell’apparato gastrointestinale, che funge da serbatoio in cui viene immagazzinato il cibo ingerito (Fig. 1). Si localizza prevalentemente in epigastrio e ipocondrio sinistro ed è in continuità con l’esofago a livello prossimale e con il duodeno a livello distale. La giunzione gastroesofagea è situata circa 2 cm al di sotto dello hiatus diaframmatico, a sinistra rispetto alla colonna vertebrale. La giunzione gastroduodenale si trova, invece, a livello della prima vertebra lombare, a destra della linea mediana. La posizione dello stomaco, in realtà, può variare molto a seconda della posizione del corpo e della quantità del contenuto gastrico, fino a raggiungere posizioni molto basse

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nell’addome. Tramite le sue secrezioni, quest’organo è in grado di mescolare il bolo alimentare fino a formare il chimo e con movimenti peristaltici può allontanare quest’ultimo verso il duodeno ad una velocità che permette una buona digestione e assorbimento da parte dell’intestino tenue. Le funzioni dello stomaco sono, pertanto, fondamentali perché gli alimenti subiscano quelle modificazioni preliminari necessarie per i processi digestivi veri e propri. Anatomicamente, tra la giunzione gastroesofagea e il piloro si possono riconoscere la piccola curva, che forma il margine destro, o concavo, e la grande curva, che forma il margine sinistro e inferiore, o convesso, dello stomaco. L’intera superficie di quest’organo è ricoperta dal peritoneo, ad eccezione di una piccola area situata posteriormente in prossimità del cardias, delimitata dalle linee di inserzione del legamento gastrofrenico ed in contatto diretto con il diaframma e spesso anche con il surrene di sinistra. Tale rivestimento peritoneale si estende, inoltre, dallo stomaco verso gli organi circostanti sotto forma di legamenti, derivanti dall’accollamento

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delle lamine peritoneali anteriore e posteriore: tra la piccola curvatura ed il fegato si forma il legamento gastroepatico, che continua verso destra con il legamento epatoduodenale, a formare il piccolo omento, che si inserisce a livello del solco trasverso del fegato; dalla grande curva al colon trasverso si estende il legamento gastrocolico, che costituisce la radice del grande omento; quest’ultimo, infatti, è formato da una porzione fissa, corrispondente al legamento gastrocolico, e da una porzione libera, il grembiule omentale, che riveste le anse intestinali e termina con un margine sfrangiato nella parte inferiore dell’addome. Lo stomaco può essere suddiviso in quattro regioni anatomiche, che non corrispondono necessariamente a differenti funzioni motorie o secretorie (Fig. 1). Il cardias rappresenta una piccola porzione situata in prossimità della giunzione gastroesofagea, leggermente a sinistra della linea mediana, ed è la parte più fissa dell’organo. Il fondo è rappresentato dall’area che si porta in alto al di sopra del piano orizzontale che passa a livello del margine superiore del cardias, in diretto contatto con l’emidiaframma

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sinistro. Il corpo è la porzione più larga dello stomaco: inizia immediatamente sotto e in continuità con il fondo e si dirige in basso quasi verticalmente, restringendosi. L’antro gastrico, infine, è la regione più distale dello stomaco, situata tra il corpo e il piloro, che continua direttamente con il duodeno. In un punto della piccola curva, più vicino al piloro che alla giunzione esofagogastrica, è possibile notare un’incisura - definita incisura angularis - che divide lo stomaco in una porzione destra ed una sinistra; se si traccia una linea a partire da tale incisura fino a raggiungere un punto della grande curva situato a circa quattro quinti della distanza tra giunzione esofagogastrica e piloro, si può definire arbitrariamente il confine tra corpo e antro. La parete dello stomaco è formata da quattro tonache: mucosa, sottomucosa, muscolare propria e sierosa (Fig. 2). La mucosa, più interna, tappezza il lume del viscere e contiene la maggior parte delle strutture secernenti dello stomaco. Il confine tra mucosa e sottomucosa è rappresentato dalla muscularis mucosae, formata da cellule muscolari lisce organizzate in una componente interna, circolare, ed una esterna, longitudinale. La

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sottomucosa è composta da tessuto connettivo lasso e presenta nel suo contesto vasi sanguigni e linfatici. Mucosa e sottomucosa formano, nella parete interna dello stomaco, delle estroflessioni - definite pliche - orientate in senso longitudinale ed in grado di appiattirsi in seguito alla distensione dell’organo. La muscolare propria è formata da tre strati muscolari: interno, medio ed esterno. Le fibre dello strato interno, orientate in senso obliquo, sono presenti principalmente all’estremità cardiale dello stomaco e da qui si estendono lungo le pareti anteriore e posteriore. Le fibre muscolari intermedie, circolari, circondano tutto il corpo dello stomaco e a livello distale si ispessiscono a formare il piloro. Lo strato esterno, longitudinale, è poco uniforme ed è prevalentemente rappresentato lungo la piccola e la grande curva. La sierosa, infine, è lo strato più esterno della parete dello stomaco e rappresenta la continuazione del peritoneo viscerale: contiene alcuni dei principali vasi sanguigni e linfatici.

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Vascolarizzazione Lo stomaco è un organo riccamente vascolarizzato e possiede un’importante rete anastomotica che protegge la vitalità della mucosa. L’apporto arterioso deriva dai rami del tronco celiaco (arterie epatica, gastrica sinistra e splenica) che formano due arcate arteriose lungo la piccola e la grande curva, deputate all’irrorazione della maggior parte dell’organo (Fig. 3). Sulla piccola curva è possibile riconoscere in alto l’arteria gastrica sinistra, che deriva direttamente dal tronco celiaco, e in basso l’arteria gastrica destra, ramo dell’arteria epatica: le due arterie gastriche decorrono una verso l’altra fino ad anastomizzarsi a pieno canale. Sulla grande curva sono presenti, invece, in alto l’arteria gastroepiploica sinistra, ramo dell’arteria splenica, e in basso l’arteria gastroepiploica destra, ramo dell’arteria gastroduodenale, a sua volta derivante dall’arteria epatica; le due arterie gastroepiploiche si incontrano, quindi, a completare l’arcata anastomotica della grande curva. La vascolarizzazione del fondo gastrico e del tratto prossimale della grande curva, infine, è sostenuta dalle arterie gastriche brevi, che originano

9

dall’arteria splenica. Tutti questi vasi arteriosi irrorano la tonaca muscolare, si distribuiscono nella sottomucosa ed infine nella mucosa gastrica con arteriole di tipo terminale. Questi ultimi, ramificandosi,

formano

un’importante

rete

capillare

subepiteliale. Le vene dello stomaco hanno origine proprio da questo plesso capillare, che dalla mucosa - attraverso vasi retti - raggiunge la sottomucosa, per formare in questa sede un plesso capillare ancora più cospicuo. Le vene efferenti, quindi, attraversano la muscolare

propria

e

si

fanno

sottosierose,

decorrendo

parallelamente alle arterie. Lungo la piccola curva i vasi venosi confluiscono nella vena gastrica sinistra o vena coronaria dello stomaco e nella vena gastrica destra, affluenti dirette della vena porta. La parte inferiore dello stomaco e la grande curva sono drenate dalle vene gastroepiploiche destra e sinistra; la vena gastroepiploica destra, in seguito alla confluenza di altre vene più distali, diventa la vena gastrocolica e affluisce, infine, nella vena mesenterica superiore, mentre la vena gastroepiploica sinistra confluisce nella vena splenica. Le vene gastriche brevi,

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infine, drenano il fondo e la parte più prossimale della grande curva, scaricando anch’esse nella vena splenica. La vena mesenterica superiore e la vena splenica, che rappresentano quindi i principali vasi di scarico del sangue venoso refluo dello stomaco, costituiscono, insieme alla vena mesenterica inferiore, le radici della vena porta.

Drenaggio linfatico La circolazione linfatica dello stomaco, analogamente a quella sanguigna, presenta ampie comunicazioni anastomotiche intra ed extramurali nella parete gastrica e segue generalmente il decorso del circolo venoso. I vasi linfatici formano un abbondante plesso nella sottomucosa, da cui originano vasi efferenti, che attraversano la tonaca muscolare fino a diventare sottosierosi, confluendo in vasi di calibro sempre maggiore (Fig. 4). I vasi linfatici drenanti il territorio della piccola curva si dirigono verso i linfonodi gastrici superiori, che circondano l’arteria gastrica sinistra e che comprendono anche i linfonodi cardiali. I collettori derivanti dalla grande curva si portano ai linfonodi gastrici

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inferiori - satelliti dell’arteria gastroepiploica destra e situati tra i due foglietti del legamento gastrocolico - ed ai linfonodi pilorici. I vasi linfatici della porzione prossimale della grande curva e del fondo gastrico drenano nei linfonodi splenici. Da tutte queste stazioni linfonodali, infine, la linfa viene drenata ai linfonodi del tripode celiaco.

Innervazione L’innervazione autonoma dello stomaco è fornita sia dal sistema simpatico

che

dal

parasimpatico.

Quest’ultimo

esercita

un’importante attività di stimolo sulla secrezione gastrica e sui movimenti

peristaltici;

l’ortosimpatico

provvede

ad

antagonizzare gli stimoli parasimpatici, inibendoli. L’innervazione parasimpatica è rappresentata dai nervi vaghi, destro e sinistro, costituiti da due tronchi che nascono dal plesso esofageo distale e che si distribuiscono lungo la piccola curva gastrica (Fig. 3). Il tronco anteriore, che deriva prevalentemente dal vago sinistro, dà origine - cranialmente rispetto al cardias ad un ramo epatico, continua il suo decorso lungo la piccola

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curvatura passando tra i foglietti del piccolo omento (nervo di Latarjet anteriore) ed invia rami che si portano alla parete anteriore dello stomaco, formando

il plesso gastrico

anteriore. Il tronco posteriore, che origina principalmente dal vago destro, dopo aver emesso un ramo celiaco subito al di sotto dello hiatus diaframmatico, si porta sulla parete posteriore dello stomaco (nervo di Latarjet posteriore), dividendosi in piccoli rami che si anastomizzano tra loro a formare il plesso gastrico posteriore. L’innervazione ortosimpatica deriva da fibre pre-gangliari provenienti dal 5°-8° nervo toracico, si portano al plesso celiaco; da questo hanno origine fibre post-gangliari, che seguono il decorso dell’arteria gastrica sinistra lungo la piccola curva e delle arterie gastroepiploiche lungo la grande curva e si ramificano a formare il plesso gastrico superiore e quello inferiore.

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Anatomia microscopica La superficie mucosa dello stomaco è composta da un epitelio di rivestimento cilindrico monostratificato e produce il succo gastrico (1,5-2 litri al giorno), necessario per l’iniziale digestione degli alimenti. Le cellule epiteliali sono per lo più cellule mucipare; il muco da esse prodotto si distribuisce sulla parete interna del viscere a formare un sottile strato necessario alla protezione della mucosa dall’acidità del succo gastrico, dalla pepsina e dagli altri enzimi proteolitici, nonché da sostanze ingerite e agenti patogeni. L’epitelio appare sollevato in piccoli rilievi di circa 2-4 mm di diametro, definiti areole gastriche. Sulla loro superficie è possibile notare l’apertura di minuscole cavità derivanti dall’invaginazione dell’epitelio stesso, le fossette gastriche; nel fondo di ciascuna fossetta si aprono le ghiandole gastriche, che da qui riversano il loro secreto nel lume (Fig. 2). Queste ghiandole presentano caratteristiche strutturali differenti nelle diverse regioni dello stomaco.

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Le ghiandole cardiali sono ghiandole tubulari composte, che sono formate da cellule mucipare, cellule endocrine e cellule indifferenziate, e secernono per lo più glicoproteine neutre. Le ghiandole principali o ossintiche, che si trovano nel fondo e nel corpo dello stomaco, sono le più numerose e le più tipiche. Sono ghiandole tubulari semplici, responsabili della secrezione di acido cloridrico, fattore intrinseco, pepsina ed altri enzimi proteolitici. Le cellule principali sono localizzate nelle aree più profonde delle ghiandole ossintiche e sono fondamentali per la sintesi e la secrezione del pepsinogeno, precursore della pepsina. Il tipo di cellule maggiormente rappresentato è, invece, rappresentato dalle cellule parietali, situate sulla superficie più esterna dei tubuli ghiandolari e responsabili della secrezione di ioni idrogeno e di fattore intrinseco. Gli ioni idrogeno, combinandosi con ioni cloro, determinano la formazione dell’acido cloridrico, necessario per mantenere il pH gastrico a valori < 3; questo permette la formazione della pepsina dal pepsinogeno e crea un ambiente ottimale per l’azione proteolitica di questo enzima. Il fattore intrinseco è una

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glicoproteina che si lega alla vitamina B12 assunta con gli alimenti e ne permette l’assorbimento a livello della parte distale dell’ileo. Strettamente associate alle cellule parietali sono le cellule del colletto, cellule mucipare localizzate a livello del collo delle ghiandole principali. Queste ultime differiscono da quelle dell’epitelio di superficie in quanto producono un muco ricco di proteoglicani acidi, rispetto al muco neutro secreto dalle cellule superficiali. Varie cellule endocrine o argentaffini secernenti serotonina ed altri neuropeptidi - sono sparse, infine, tra le cellule delle ghiandole ossintiche. Nell’antro sono contenute le ghiandole piloriche, formate da cellule endocrine, cellule mucipare e cellule G. Queste ultime sono particolarmente importanti perché responsabili della produzione di gastrina, ormone necessario per stimolare la produzione di acido cloridrico da parte delle cellule parietali e, pertanto, fondamentale nel controllo della secrezione acida dello stomaco.

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IL CARCINOMA DELLO STOMACO

Epidemiologia Il carcinoma dello stomaco è una patologia estremamente diffusa a livello mondiale: rappresenta la seconda causa di morte per neoplasia in entrambi i sessi (dopo quella polmonare), il quarto tumore in ordine di frequenza e ne vengono diagnosticati circa un milione di nuovi casi l’anno.1 Negli anni ’30 esso rappresentava la prima causa di morte per neoplasia nel sesso maschile e la seconda in quello femminile (dopo il tumore della mammella).2 Negli ultimi settanta anni si è assistito, in tutto il mondo, ad una progressiva diminuzione dei tassi di incidenza e mortalità di questo tumore (1)(2)(3). Rimangono, tuttavia, sostanziali differenze tra le diverse aree. Quelle a maggiore endemia sono il Sud-Est asiatico, in particolare il Giappone e la Corea, l’America centro-meridionale

1

Fonte dati: Crew KD, Neugut A. Epidemiology of gastric cancer, World J Gastroenterol, 2006, Jan 21; 12(3): 354-362. 2 Fonte dati: Harrison TR, Principi di Medicina Interna, XV Edizione, Milano, McGraw-Hill, 2002.

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e l’Europa dell’Est. Il Giappone è il Paese con l’incidenza più elevata, con 75-80 nuovi casi l’anno per 100.000 abitanti.3 L’Italia è considerata un Paese a media endemia, con circa 30 nuovi casi l’anno ogni 10.000 abitanti. Il tasso di mortalità nella popolazione generale è di 1,91 decessi l’anno ogni 10.000 abitanti, con valori più elevati nel Nord Italia, nel sesso maschile e soprattutto nei soggetti di età superiore a 65 anni (per i quali il tasso di mortalità aumenta di quattro volte).4 Il tumore dello stomaco compare più frequentemente negli uomini (rapporto maschi/femmine di 1,5-2:1) e sia il tasso di incidenza che quello di mortalità aumentano con l’età 5; il picco di incidenza coincide con la quarta-sesta decade di vita e la mortalità massima si ha nella settima-ottava decade di vita in entrambi i sessi (Fig. 5).6

3

Fonte dati: Parkin DM et al. Cancer incidence in five continents, Lione, IARC Scientific Publication, 1997. 4 Fonte dati: ISTAT, 2006. 5 Fonte dati: Crew KD, Neugut A. Epidemiology of gastric cancer, World J Gastroenterol, 2006, Jan 21; 12(3): 354-362. 6 Fonte dati: OMS, 2006.

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Eziopatogenesi L’eziologia del carcinoma gastrico è di tipo multifattoriale; sono stati individuati, infatti, numerosi fattori di rischio - genetici e ambientali - che concorrono in maniera variabile allo sviluppo del tumore (Tab. 1). Per questa patologia esiste una predisposizione genetica, dimostrata dalla maggiore frequenza della neoplasia all’interno di alcune famiglie (4). È stato calcolato che i familiari di 1o grado dei pazienti con adenocarcinoma gastrico hanno una probabilità di sviluppare il tumore da 2 a 4 volte superiore rispetto alla popolazione generale.7 Nonostante le modificazioni genetiche alla base della familiarità siano ancora sconosciute, esse non rappresentano una causa sufficiente per lo sviluppo della malattia. Si è visto, infatti, che individui emigrati da Paesi ad elevata incidenza di questo tumore verso Paesi ad incidenza più bassa presentano lo stesso rischio del Paese di origine. Una diminuita frequenza del tumore si osserva, invece, intorno alla seconda-terza generazione, negli individui nati nel Paese di

7

Fonte dati: Palli D et al. Family history and risk of stomach cancer in Italy. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 1994; 3: 15-18.

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arrivo (da 100 casi/anno/100.000 abitanti in Giappone, a 70/100.000 nella prima generazione negli Stati Uniti, fino a 35/100.000 nella seconda generazione).8 Questi dati suggeriscono, pertanto, che i fattori ambientali rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo del carcinoma dello stomaco. Con l’eccezione del Giappone che, nonostante sia un Paese industrializzato, presenta un’elevata incidenza di cancro gastrico, l’incidenza di questa neoplasia sembra essere inversamente correlata con le condizioni socio-economiche della popolazione, dato che probabilmente riflette l’influenza di fattori dietetici, culturali e occupazionali (5)(6). I fattori dietetici sono considerati tra i fattori di rischio più importanti. L’incidenza del cancro gastrico è in rapporto diretto con un’elevata assunzione di sale nella dieta e con un alto consumo di carne e pesce conservati (soprattutto se affumicati, essiccati o conservati sotto sale); questi alimenti contengono infatti un’elevata concentrazione di idrocarburi aromatici

8

Fonte dati: Yamamoto S. Stomach cancer incidence in the world. Jpn J Clin Oncol, 2001; 31: 471.

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policiclici, nitrati e nitriti, che sono sostanze irritanti per lo stomaco e note sostanze cancerogene (7)(8). La diffusione della refrigerazione del cibo, riducendo la necessità di conservare gli alimenti con dette tecniche, ha parallelamente contenuto l’esposizione a questi cancerogeni e potrebbe essere, almeno in parte, responsabile della diminuita incidenza di cancro gastrico osservata negli ultimi decenni.9 È ormai assodato, invece, che diete ricche di frutta e verdura cruda si associano ad un basso rischio di sviluppare il tumore, grazie all’elevato contenuto di sostanze antiossidanti in questi alimenti, come l’acido ascorbico e il beta-carotene: tali sostanze determinano, infatti, l’induzione di enzimi detossificanti e l’inibizione della formazione di nitrosammine (9). Per quanto riguarda i fattori di rischio individuali, anche il fumo di sigaretta e l’obesità sono indicati come responsabili dell’aumento del rischio relativo di cancro gastrico. La durata dell’abitudine del fumo e il numero di sigarette fumate sono direttamente correlati con un rischio aumentato di sviluppare il

9

Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.

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tumore dello stomaco, soprattutto a livello del cardias (10); un Indice di Massa Corporea (BMI) superiore a 25 favorisce lo sviluppo di ernia iatale e di reflusso gastroesofageo, condizioni che determinano una stimolazione cronica nella regione del cardias, aumentando la probabilità di sviluppare un cancro in questa regione (11)(12). Il consumo di alcool non sembra avere la stessa importanza rispetto ai fattori appena menzionati, nonostante il suo ruolo non sia stato ancora chiarito in maniera definitiva. È stato, infatti, indicato come causa favorente lo sviluppo di adenocarcinomi del colon-retto, ma non è stato dimostrata la stessa associazione negli altri organi dell’apparato digerente (8)(13). L’assunzione cronica e regolare di acido acetilsalicilico e di altri FANS (almeno 1/settimana per almeno 6 mesi) rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di un cancro della regione cardiale: questa classe di farmaci è, infatti, in grado di inibire la formazione

delle

prostaglandine,

molecole

dotate

di

un’importante attività di stimolo sulla risposta immunitaria

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antitumorale, determinando, quindi, immunosoppressione e blocco dell’apoptosi delle cellule tumorali (14). Il rischio di sviluppare un carcinoma dello stomaco risulta, inoltre, essere 3-6 volte superiore nei pazienti con infezione da Helicobacter pylori rispetto alla popolazione generale sana (15)(16). Questo rischio appare ancora più elevato negli individui di sesso femminile e di razza nera (17). Il tasso di infezione da H. pylori nelle varie popolazioni appare direttamente proporzionale al tasso di incidenza del cancro dello stomaco, con l’eccezione dell’Africa, dove l’infezione da H. pylori è molto comune, mentre questo tipo di tumore risulta generalmente poco frequente.10 L’H. pylori è presente e documentabile in una percentuale elevata, ma non in tutti gli individui con cancro gastrico e/o lesioni precancerose. Il ruolo e l’importanza patogenetica di questo batterio, quindi, non sono ancora chiari: secondo una delle ipotesi, l’infezione potrebbe rappresentare una causa diretta dello sviluppo del tumore (18); un’altra ipotesi sostiene, invece,

10

Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.

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che l’H. pylori possa determinare modificazioni a livello della mucosa gastrica, sia in senso infiammatorio che eventualmente atrofico, in grado di rendere la fattori di rischio, principalmente delle sostanze cancerogene contenute negli alimenti (19). Lavori recenti (20) hanno evidenziato come la risposta infiammatoria alla presenza dell’H.P. determini un infiltrato infiammatorio costituito da macrofagi. Il TNF- prodotto dai macrofagi attivati stimola le cellule epiteliali circostanti a promuovere l’attività del segnale Wingless/Wnt oltre il normale livello basale e potrebbe quindi contribuire alla tumorigenesi. L’adenocarcinoma dello stomaco si sviluppa più facilmente (rischio aumentato di 2-4 volte) su monconi gastrici in individui precedentemente sottoposti a gastrectomia parziale per una malattia benigna (21). Questo tipo di carcinoma si caratterizza per la prognosi particolarmente infausta: tale dato può essere spiegato in parte per l’età più avanzata di questi pazienti e lo stadio generalmente più avanzato del tumore al momento della presentazione clinica, ma anche per la maggiore aggressività del

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tumore stesso rispetto a quello che insorge su uno stomaco intatto.11 Il rischio di cancro gastrico appare, infine, aumentato anche nei pazienti con lesioni precancerose. La principale tra queste lesioni è la gastrite cronica atrofica associata ad anemia perniciosa, caratterizzata da atrofia della mucosa, perdita di cellule parietali, ipocloridria ed eventuale metaplasia intestinale della mucosa stessa. In questi pazienti sembra che il rischio di sviluppare il tumore sia doppio rispetto a quello della popolazione generale.12 Altre lesioni precancerose che possono intervenire nel processo di cancerogenesi sono la malattia di Ménétrier o gastrite ipertrofica gigante, i polipi gastrici adenomatosi e l’ulcera peptica. Un discorso a parte merita l’esofago di Barrett, condizione caratterizzata da metaplasia dell’epitelio squamoso pluristratificato della parte distale dell’esofago con epitelio cilindrico, tipico del tratto inferiore dell’apparato digerente: in questi casi è sempre presente un

11

Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003. 12 Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.

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grado variabile di displasia, da cui può originare un carcinoma dell’esofago o del cardias (22).

Localizzazione Tutte le zone dello stomaco possono essere interessate dal tumore. La regione antro-pilorica è quella colpita più frequentemente (50% dei casi), seguita dalla piccola curvatura (20%), dalla regione cardiale (9%), ed infine dalla grande curvatura (7%) (Fig. 5).13 La distinzione più importante è, però, quella tra il carcinoma gastrico prossimale, che interessa la giunzione gastroesofagea ed il cardias, e quello distale, che può riguardare tutto l’organo in maniera diffusa, anche se interessa prevalentemente il corpo e l’antro, risparmiando la regione cardiale. L’adenocarcinoma gastrico prossimale è tipico di popolazioni con elevato livello socio-economico, ovvero i Paesi occidentali, ed è strettamente associato a fattori di rischio quali la dieta ricca di cibi conservati e povera di frutta e verdura, l’obesità, il fumo,

13

Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000.

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la malattia da reflusso gastroesofageo (per i tumori della giunzione). Il cancro distale è più frequente, invece, nei Paesi in via di sviluppo, caratterizzati da un basso livello socio-economico, ed in Giappone, ed appare associato solo con l’infezione da H. pylori (Tab. 1). Questo tipo di distinzione è di fondamentale importanza. Le marcate differenze tra queste due localizzazioni inducono, infatti, a ritenere che il carcinoma gastrico prossimale e quello distale siano, in realtà, due entità nosologiche distinte, con un’eziologia e una patogenesi diversa, e quindi anche con un comportamento e soprattutto una prognosi diversa. 14

Anatomia patologica I tumori maligni dello stomaco possono originare dalla componente ghiandolare o dal tessuto connettivo: più del 90% di tutti questi tumori è costituito da adenocarcinomi, mentre il

14

Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000.

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restante 10% è rappresentato da linfomi non-Hodgkin e da leiomiosarcomi. 15 A livello macroscopico, secondo la classificazione di Borrmann, si possono riconoscere quattro tipi di cancro gastrico: polipoide o vegetante (I), ulcerato (II), ulcerato ed infiltrante (III), diffusamente infiltrante (IV) (Fig. 7). Tale classificazione ha anche un valore prognostico. I diversi tipi morfologici corrispondono, infatti, ad un grado di differenziazione cellulare progressivamente minore, con aumento dell’aggressività clinica del tumore e diminuzione della probabilità di sopravvivenza. Le forme ulcerate (III) pongono frequentemente problemi di diagnosi differenziale con l’ulcera peptica. I tumori diffusamente infiltranti (IV grado) possono provocare l’insorgenza di una marcata reazione scirrosa nell’ambito della neoplasia, che può estendersi a tutto il viscere, determinando il quadro della linite plastica, che ha quasi sempre una prognosi infausta. Da un punto di vista microscopico, la classificazione dell’adenocarcinoma dello stomaco proposta da Lauren nel 1965

15

Fonte dati: Harrison TR, Principi di Medicina Interna, XV Edizione, Milano, McGraw-Hill, 2002.

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consente di comprendere meglio la patogenesi e la distribuzione epidemiologica di questa neoplasia (23). In base ad essa si distinguono due principali sottotipi tumorali. Il sottotipo intestinale, definito anche epidemico, espansivo, o ben differenziato, si contraddistingue per la presenza di cellule neoplastiche organizzate in strutture simil-ghiandolari; interessa più frequentemente l’antro e la piccola curva dello stomaco e la sua insorgenza è spesso preceduta da lesioni precancerose e si riscontra, soprattutto nelle aree a maggiore endemia, in individui di sesso maschile, razza nera ed età superiore a 40 anni. Nel sottotipo diffuso, definito anche endemico, infiltrante, o scarsamente differenziato, si ritrova invece un’infiltrazione diffusa di cellule neoplastiche isolate, che presentano spesso una morfologia “ad anello con castone” (2), senza formazione di masse tumorali. Esso può interessare tutto l’organo, compreso il cardias, e nella maggior parte dei casi non si evidenziano lesioni precancerose

precedenti

l’insorgenza

del

tumore.

Uniformemente distribuito tra i sessi, le razze ed i diversi Paesi, interessa individui più giovani rispetto al tipo intestinale.

29

La diminuzione dell’incidenza del cancro gastrico - riscontrata negli ultimi settanta anni - si rispecchia, istologicamente, in una diminuzione del sottotipo intestinale, con progressivo aumento del sottotipo diffuso, tanto nelle popolazioni a basso rischio, che in alcune di quelle ad alto rischio (Fig. 6) (1)(24)(25). In base alla localizzazione del tumore, si è assistito, inoltre, ad un aumento dei casi di cancro gastrico prossimale rispetto a quello distale (1)(12). Queste modificazioni epidemiologiche possono essere spiegate con le modificazioni dello stile di vita avvenute negli ultimi decenni soprattutto nei Paesi occidentali, in cui il livello socioeconomico è più elevato: i cambiamenti nella dieta, la diffusione del fumo, l’obesità, l’infezione dell’H. pylori, che ha ormai raggiunto quasi proporzioni epidemiche, rappresentano tutti fattori di rischio per lo sviluppo di un adenocarcinoma gastrico a localizzazione prossimale e prevalentemente di tipo istologico diffuso. 16

16

Fonte dati: Crew KD, Neugut A. Epidemiology of gastric cancer, World J Gastroenterol, 2006, Jan 21; 12(3): 354-362.

30

Classificazione e stadiazione Il

metodo

più

utilizzato

per

la

classificazione

dell’adenocarcinoma dello stomaco è il TNM (Tumor-NodeMetastasis) (Tab. 2). Il parametro T valuta la profondità di invasione della parete gastrica: se il tumore rimane confinato a livello della mucosa e della sottomucosa, senza interessare la muscolare propria, indipendentemente dall’infiltrazione linfonodale, viene definito “early gastric cancer” o carcinoma gastrico “precoce”; se, invece, supera la muscolare propria, si parla di carcinoma gastrico “avanzato” (Fig. 8). L’“early gastric cancer” ha una particolare importanza, in quanto presenta una prognosi notevolmente migliore rispetto alle forme più avanzate; tuttavia, non ha ancora una definizione anatomo-clinica precisa: potrebbe, infatti, rappresentare un’entità biologica a sé stante oppure una forma particolare della malattia.17 Il parametro N descrive il coinvolgimento dei linfonodi regionali in termini quantitativi, ovvero sulla base del numero di linfonodi

17

Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.

31

coinvolti dal processo neoplastico. Non vengono, invece, distinte le stazioni linfonodali colpite in base alla localizzazione, in quanto questo dato non costituisce un fattore prognostico utile per la stadiazione. Coerentemente con lo scorrimento linfatico, comunque, le prime stazioni linfonodali interessate sono quelle situate lungo la piccola e la grande curvatura gastrica. Successivamente vengono coinvolti i linfonodi situati a livello del tripode celiaco e delle sue diramazioni principali. Solo in fase avanzata vengono interessati i linfonodi epatoduodenali, retropancreatici, mesenterici, paraortici e quello sovraclaveare sinistro (linfonodo di Troisier); in questo caso vengono considerati, da un punto di vista prognostico, metastasi a distanza. Per quanto riguarda le metastasi ad altri organi (parametro M), il fegato rappresenta la sede più spesso coinvolta, in quanto il drenaggio venoso dello stomaco raggiunge il sistema portale; meno frequentemente sono interessati il polmone, la milza, le ossa e il sistema nervoso centrale. In alcuni casi si può verificare la diffusione transcelomatica del tumore, con possibile

32

coinvolgimento dell’omento, del peritoneo viscerale e/o parietale, talora del cavo di Douglas e delle ovaie (tumore di Krukenberg), fino al possibile sviluppo di una carcinosi peritoneale. La stadiazione del carcinoma dello stomaco attualmente utilizzata a livello internazionale è stata definita nel 2002 dalla AJCC (American Joint Committee on Cancer), sulla base della classificazione

TNM, in seguito adottata anche dalla UICC

(Union Internationale Contre le Cancer) e dalla JRSGC (Japanese Research Society for Gastric Cancer).18 Una corretta stadiazione è fondamentale, perché rappresenta il fattore prognostico più rilevante ai fini della sopravvivenza. La prognosi è condizionata anche da altri fattori, tra cui l’età del paziente, il tipo istologico del tumore, la sua localizzazione, la presenza di alterazioni genetiche, la precocità della diagnosi e del trattamento, l’eventuale residuo tumorale, l’invasione vascolare, linfonodale e sierosa (26)(27)(28)(29).

18

Fonte dati: AJCC Cancer Staging Manual, V edizione, Philadelphia, Lippincott-Raven, 1997.

33

Terapia La chirurgia rappresenta la terapia di elezione per il carcinoma dello stomaco: la radioterapia è, infatti, inefficace, vista la scarsa radiosensibilità di questo tumore; la chemioterapia viene, invece,

utilizzata

di

routine

in

sede

postoperatoria

(chemioterapia adiuvante), anche se complessivamente fornisce risultati modesti, con rari casi di remissione completa e più frequenti risposte parziali al trattamento. È ancora da definire il ruolo della chemioterapia neoadiuvante: questo tipo di trattamento, utilizzato in sede preoperatoria, è in grado di ridurre le dimensioni della neoplasia e di renderla resecabile in maniera radicale anche in pazienti giudicati inizialmente inoperabili, il che si traduce in un prolungamento della sopravvivenza media dei pazienti stessi. Sono necessari, tuttavia, altri studi per definire con precisione gli schemi di trattamento e la loro durata e per conoscere i risultati effettivi a lungo termine: per tale motivo questo tipo di approccio non è ancora utilizzato a pieno titolo nella terapia del cancro gastrico.19

19

Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000.

34

Generalmente, la scelta del tipo di intervento chirurgico e della sua estensione è determinata dalla localizzazione del tumore primitivo nel contesto dello stomaco e dalla necessità di ottenere ampi margini di tessuto libero da malattia. Per i carcinomi della parte distale si può eseguire una gastrectomia subtotale o totale, nonostante quest’ultima non migliori significativamente la sopravvivenza dei pazienti, ma anzi ne può aumentare la morbilità postoperatoria. Le lesioni del terzo medio richiedono quasi sempre la gastrectomia totale, mentre per le lesioni prossimali si effettua la gastrectomia totale con esofagectomia distale (Fig. 9). In quest’ultimo caso la ricostruzione con ansa ad Y secondo Roux post-gastrectomia fornisce risultati funzionali migliori rispetto alla gastrectomia subtotale prossimale con moncone gastrico distale, e perciò è preferita per il trattamento di queste lesioni

(Fig. 10).

A livello internazionale non è stato ancora raggiunto, tuttavia, un accordo riguardo l’estensione della resezione gastrica (30). In Giappone, ad esempio, vengono utilizzate per lo più tecniche di resezione estesa, quindi gastrectomie totali o subtotali, con

35

dissezione linfonodale in blocco. I risultati in termini di sopravvivenza sono ottimi, ma occorre tenere presente che in questo Paese esistono programmi di screening di massa per il cancro gastrico, che viene di solito diagnosticato in una fase precoce di sviluppo ed è perciò più facilmente aggredibile.20 In Europa e negli Stati Uniti non esistono programmi di screening analoghi e la neoplasia è, pertanto, scoperta spesso in fase avanzata; viene solitamente effettuata, quindi, una resezione gastrica più o meno ampia, comprendente il tumore, ampi margini di tessuto libero da malattia (almeno 5 cm), ed i linfonodi regionali di drenaggio.21 È sempre necessario valutare, in sede pre- o intraoperatoria, l’eventuale coinvolgimento dei linfonodi e degli organi circostanti, soprattutto la milza ed il pancreas, da parte della neoplasia. In questi casi la resezione chirurgica comprenderà anche la linfadenectomia (la cui estensione dipenderà dalla

20

Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003. 21 Fonte dati: Harrison TR, Principi di Medicina Interna, XV Edizione, Milano, McGraw-Hill, 2002.

36

localizzazione dei linfonodi coinvolti), la splenectomia o la pancreasectomia distale o totale (Fig. 9).

Sopravvivenza A 5 anni dalla diagnosi, la sopravvivenza globale dei pazienti varia tra il 5% ed il 20% , mentre, esaminando solo i soggetti sottoposti ad intervento chirurgico radicale, essa raggiunge il 2530%.22

I pazienti con “early gastric cancer” ottengono la

guarigione in più dell’80% dei casi, mentre quelli con tumore “avanzato” in meno del 10%, e questo testimonia l’importanza di una diagnosi precoce.23 La prognosi, inoltre, è migliore per i tumori localizzati in sede distale rispetto a quelli prossimali (2025% e 10% rispettivamente), e di tipo intestinale rispetto al tipo diffuso (25% e 15% rispettivamente) (Fig. 11). 24

22

Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000. Fonte dati: Dionigi R, Chirurgia, III edizione, Masson, 2003. 24 Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003. 23

37

STATO DELL’ARTE

Nell’ambito dell’immunoistochimica, l’orientamento attuale della ricerca è diretto allo studio dell’impatto prognostico di peculiari

modificazioni

genetiche

nei

pazienti

con

adenocarcinoma dello stomaco (31). I

primi

studi

di

immunoistochimica,

effettuati

prevalentemente su tumori del colon retto, hanno quantificato le cellule

immunitarie

su

sezioni

tessutali

colorate

con

ematossilina-eosina, sottostimando il vero numero di leucociti presenti nel tessuto tumorale. Con tale metodica, inoltre, non è stato possibile caratterizzare morfologicamente le singole sottopopolazioni dell’infiltrato linfoplasmacellulare, ed in particolare i linfociti T helper, i T citotossici, le cellule Natural Killer ed i macrofagi, che svolgono tutte un ruolo fondamentale nella risposta immunitaria dell’ospite contro il tumore (32)(33)(34)(35). Allo stato attuale, sono state ormai chiarite le modalità di interazione tra le cellule linfoplasmacellulari e l’importanza che

38

esse hanno nella sorveglianza anti-tumorale e nei processi di invasione e diffusione del cancro (36)(37). Tale caratteristica anti-tumorale dipende molto dall’immunogenicità del tumore, che a sua volta è subordinata alla quantità di mutazioni presenti nelle cellule neoplastiche. Tumori come quelli del colon-retto presentano

numerose

mutazioni,

che

sono

correlate

prevalentemente all’instabilità dei microsatelliti, mentre i tumori dello stomaco ne sarebbero poveri, risultando pertanto capaci di sfuggire alla risposta immunitaria dell’ospite (38). Considerando

singolarmente

il

ruolo

delle

diverse

sottopopolazioni linfocitarie nella sorveglianza antitumorale, i macrofagi

(TAM,

“tumor-associated

macrophages”),

riconosciuti per la presenza dell’antigene CD68 sulla loro superficie, sono responsabili, direttamente o indirettamente, dell’effetto soppressore nei confronti dei linfociti T attivati contro le cellule tumorali (38). I macrofagi associati al tumore rappresentano

una

componente

essenziale

dell’infiltrato

leucocitario tumorale e rappresentano una sorta di arma a doppio taglio, con la potenzialità di esprimere sia attività pro tumorale

39

che anti tumorale, con la prima che prevale nelle neoplasie (39). Da molto tempo è noto che i macrofagi e alcuni dei loro prodotti (IL-1, TNF, IL-6) incrementano le metastasi. La plasticità è una caratteristica di tutti i fagociti mononucleati, e in risposta a diversi segnali i macrofagi vanno incontro ad una attivazione polarizzata. Classicamente i macrofagi attivati (M1) in seguito all’esposizione dell’interferon hanno attività antitumorale. In risposta all’interleuchina 4 o interleuchina 13 i macrofagi si sottopongono ad una attivazione alternativa (M2) (40). Le cellule M2 sono orientate al rimodellamento e riparazione tumorale, all’immunoregolazione e alla promozione tumorale. Nella maggior parte dei tumori i macrofagi hanno un fenotipo M2 (41) . L’acquisizione delle funzioni pro tumorali M2 è stimolata da alcune citochine prodotte dal microambiente tumorale, in particolare IL-10, PGE2, TGF- e CSF-1 (42)(Figura 15). L’analisi delle basi molecolari del fenotipo dei TAM ha identificato il fattore di trascrizione NF-kB e l’HIF (Hypoxia inducible Factor) come i principali regolatori del loro programma trascrizionale e dell’attività di promozione del

40

tumore e delle metastasi (43). Una condizioni micro ambientale importante che sembra influenzare il segnale NF-kB nei TAM è l’ipossia. La presenza di molte aree di ipossia è una caratteristica della maggior parte dei tumori solidi e i macrofagi associati al tumore si accumulano in queste aree dove l’ipossia promuove il loro fenotipo pro-tumorale (44). I tumori solidi contengono livelli aumentati di HIF-1 e HIF-2hypoxia-inducible transcription factor) e questi livelli incrementati sono correlati con un aumento della mortalità (45). Uno studio effettuato su cavie transgeniche suggerisce che i macrofagi attivati hanno un importante ruolo nella tumorigenesi gastrica attraverso la promozione del segnale Wnt/beta catenina (46). La via regolatrice che parte da Wnt e coinvolge la β-catenina è definita “canonica” per il fatto che è stata la prima ad essere identificata e per gli importanti meccanismi in cui essa è coinvolta. In assenza di un segnale mitotico proveniente dall’esterno, la β-catenina viene sequestrata in un complesso formato da diverse

41

sub

unità

proteiche

comprendente

le

proteine

APC

(Adenomatous Polyposis Coli), la glicogeno-sintasi-chinasi 3β (GSK-3β), la fosfoprotein-fosfatasi 2A (PP-2A) e l’axina. Quando questo complesso è assemblato, la GSK-3β catalizza la fosforilazione della β-catenina. In seguito alla fosforilazione multipla, le molecole di βcatenina vengono distrutte, inviandole al proteosoma. Questo meccanismo, in sinergia con il legame della β-catenina all’Ecaderina, causa la presenza di bassi livelli di β-catenina libera a livello citosolico. Quando il ligando Wnt lega il proprio recettore “frizzled” viene attivata, secondo un meccanismo non ancora del tutto chiaro, una proteina intracellulare (Dsh) la quale viene reclutata sulla membrana e destabilizza il complesso APC, GSK3β, axina, che non è più in grado di fosforilare la β-catenina. In conseguenza della diminuita fosforilazione della β-catenina aumenta la quantità citosolica della proteina, che si trasferisce nel nucleo legandosi ai fattori di trascrizione Lef-1 (Lymphocyte Enhaucer Factor) e TCF (T-cell Factor). In seguito a queste interazioni viene regolata l’espressione di geni coinvolti nella

42

migrazione cellulare (Figura 14). Il segnale Wnt-beta catenina ha un’importante funzione nel mantenimento delle cellule staminali intestinali e la sua attivazione causa lo sviluppo di tumori gastrointestinali (47). L’accumulo di beta catenina nucleare è stato osservato soprattutto nel fronte di invasione del carcinoma del colon rispetto all’area tumorale non invasiva (48). Inoltre la sensibilità delle cellule staminali embrionali per la differenziazione è inibita dall’aumento dell’attività del segnale Wnt- beta catenina (49). Questi risultati presi insieme suggeriscono che la promozione del segnale Wnt-beta catenina oltre il livello basale è necessaria per la tumorigenesi, l’invasione tumorale ed il mantenimento delle cellule staminali. Il cancro gastrico è strettamente associato all’infezione da Helicobacter Pylori, che comporta un’infiammazione cronica. Inoltre, l’attivazione del segnale Wnt-beta catenina è riportato in circa il 30% dei cancri gastrici (50). La cooperazione del segnale Wnt-beta catenina e del percorso prostaglandine E2 (PGE2) provoca lo sviluppo del cancro gastrico in un modello murino transgenico (51). Il TNF-

43

derivato dai macrofagi attivati promuove l’attività del segnale Wnt-beta catenina nelle cellule del cancro gastrico attraverso la soppressione della GSK3. Inoltre, l’infezione da Helicobacter nelle cavie transgeniche provoca un’infiltrazione di macrofagi e l’attivazione del segnale Wnt-beta catenina nella mucosa gastrica, portando quindi alla tumorigenesi (52). Le mutazioni dei

geni

APC

e

della

beta-catenina

possono

attivare

costituzionalmente il segnale Wnt e causare la poliposi intestinale (53). L’attivazione del segnale Wnt rientra tra la cause principali del cancro gastrico e l’accumulo nucleare di beta-catenina, un marchio di attivazione del segnale Wnt, è riscontrabile nel 30-50% dei casi di cancro gastrico (54) e sono state riscontrate anche mutazioni del gene della beta catenina (55). E’ stato ipotizzato che la soppressione dell’infiltrazione dei macrofagi e della loro attivazione attraverso farmaci antinfiammatori o inibitori delle PGE2 possa essere un possibile strategia di chemio prevenzione del cancro gastrico. La valutazione quantitativa dei macrofagi nel contesto del tumore ha dimostrato che un’elevata rappresentanza è correlata

44

ad una minore sopravvivenza dei pazienti. Questo è dovuto alla creazione, da parte di queste cellule, di un microambiente che favorisce la neo-vascolarizzazione e lo sviluppo di una reazione fibrotica, mediante la produzione di fattori fibro-angiogenetici, quali il VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), il bFGF (basic Fibroblast Growth Factor) e il TNF-α (Tumor Necrosis Factor-α) (57)(58)(59) ed alla promozione del segnale Wnt-beta catenina. In vitro, invece, i macrofagi mostrano un’attività prevalentemente anti-tumorale, che si sviluppa attraverso un contatto

cellula-cellula,

non

mediato

da

un’attività

immunologica. In vivo, l’infiltrazione dei macrofagi si correla positivamente con la profondità di infiltrazione del tumore, il coinvolgimento linfonodale e lo stadio clinico, con una sopravvivenza a 5 anni peggiore nel gruppo di pazienti con un infiltrato maggiore (60). I macrofagi, inoltre, secernono citochine immunosoppressive, che influiscono indirettamente sui linfociti infiltranti il tumore (56). In un recente studio, suddividendo la popolazione dei macrofagi in due sottogruppi, di cui uno periferico ed uno nel

45

contesto del tumore, è stato dimostrato che, nel gruppo con un numero maggiore di macrofagi intratumorali, la sopravvivenza è risultata essere migliore: ciò indica, probabilmente, che il ruolo dei macrofagi potrebbe essere diverso a seconda della loro localizzazione rispetto al tumore, ma sono comunque necessari altri studi per avvalorare questa ipotesi (60). Per quanto riguarda le cellule dendritiche (CD83+), che sono cellule che presentano gli antigeni ai linfociti T CD4+ (APC), il loro numero nel contesto della neoplasia è inversamente correlato con la profondità di invasione tumorale e con la presenza di metastasi linfonodali. Un ridotto numero di DC è, infatti, correlato con una prognosi peggiore (61)(62)(63). Le cellule T regolatrici (CD4+/CD25+) hanno un effetto inibitorio nei confronti della risposta immunitaria mediata dalle cellule T CD4+/CD25- e T CD8+, in quanto non producono INF e secernono in grandi quantità IL-10, uno dei fattori maggiormente responsabili dell’immunosoppressione (64). Le cellule Natural Killer (CD57+) sono cellule del sistema immunitario che agiscono in maniera aspecifica nei confronti dei

46

tumori. Un alto numero di cellule NK infiltranti è stato riscontrato più frequentemente in pazienti affetti da “early gastric cancer”, con coinvolgimento linfonodale basso o assente. In questi casi, le cellule NK appaiono in numero minore nel contesto del tumore, mentre sono maggiormente rappresentate intorno alla neoplasia; nei tumori di grandi dimensioni ed infiltrativi,

invece, sono

poco

numerose sia a livello

intratumorale che peritumorale. L’infiltrazione da parte delle cellule NK risulta, quindi, inversamente correlata alla profondità di invasione tumorale, lo stadio clinico ed l’invasione venosa e linfatica.

Anche

significativamente

la

sopravvivenza

migliore

in

sembra

pazienti

con

essere maggiore

infiltrazione di cellule NK (65)(66)(67). I linfociti T citotossici (CD8+) hanno un ruolo fondamentale nel limitare la crescita e la diffusione del tumore. Il grado di infiltrazione

tumorale

da

parte

di

queste

cellule

è

quantitativamente diverso nei due tipi istologici, intestinale e diffuso. Nel sottotipo intestinale, esse appaiono ampiamente rappresentate a livello dell’infiltrato; nel caso del sottotipo

47

diffuso, invece, l’immunosoppressione è generalmente più pronunciata ed il numero delle cellule CD8+ presenti è basso. È stato dimostrato, inoltre, che i linfociti localizzati nell’epitelio tumorale possono avere un effetto prognostico positivo, mentre quelli localizzati nello stroma o lungo il margine del tumore non hanno nessun effetto sulla prognosi (38)(64)(68). Se si considera esclusivamente l’entità globale dell’infiltrato linfoplasmacellulare, non si può dimostrare una significativa differenza in termini di prognosi tra i vari pazienti. Tra i parametri da considerare, uno dei più importanti, su cui si stanno concentrando tutti i recenti studi, è la localizzazione delle cellule immunitarie rispetto al tessuto tumorale, che vengono

distinte, pertanto,

in

intratumorali/intraepiteliali,

peritumorali e dello stroma (Figg. 12, 13). Si ritiene, infatti, che, a seconda della localizzazione, le singole sottopopolazioni cellulari possano essere esposte all’azione di molteplici sostanze, soprattutto mediatori dell’infiammazione, che ne alterano la funzione, producendo un determinato effetto prognostico (69).

48

OBIETTIVO DELLA RICERCA

L’infiltrazione del carcinoma dello stomaco da parte di cellule immunocompetenti rappresenta l’espressione di una risposta immune dell’organismo nei confronti del tumore: il suo studio è, pertanto, di fondamentale importanza per comprendere le modalità di sviluppo di questa risposta e la sua efficacia. La nostra ricerca si è basata sulla valutazione delle sottopopolazioni cellulari presenti nel contesto di una neoplasia gastrica.

Utilizzando

anticorpi

monoclonali,

sono

stati

caratterizzati morfologicamente e quantificati i diversi tipi di cellule costituenti tale infiltrato. L’obiettivo del presente studio è di correlare i risultati ottenuti con le caratteristiche clinico-istologiche dei pazienti (età, estensione del tumore primitivo, presenza di metastasi linfonodali, grado di differenziazione e tipo istologico delle cellule neoplastiche, presenza di cellule ad anello con castone) per valutarne l’effetto finale sulla prognosi ed eventualmente definire nuovi fattori prognostici.

49

MATERIALI E METODI

Per il nostro studio retrospettivo sono stati analizzati 300 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per neoplasia gastrica, con relativa asportazione di almeno 15 linfonodi regionali, presso il Dipartimento di Chirurgia “Pietro Valdoni” e l’ospedale civile di Latina “Santa Maria Goretti”, nell'intervallo di tempo compreso tra il 1998 e il 2008. Da questa popolazione è stato estrapolato un campione di 46 pazienti, individuati in base ai criteri di selezione prefissati: presenza di carcinoma gastrico (sia di tipo intestinale che di tipo diffuso), allo stadio iniziale (T1 e T2), in assenza di metastasi linfonodali (N0) o con coinvolgimento di meno di 8 linfonodi (N1) e assenza di metastasi a distanza (M0), stadio I e II. (Tab. 3) Il campione comprende 28 maschi e 18 femmine, compresi in una classe d’età che va dai 41 ai 92 anni, con una media di 64,9 anni (maschi 41-83 anni, età media 64,8 anni; femmine 40-92 anni, età media 65 anni).

50

Il follow-up ha avuto una durata media di 57,53 mesi, con un minimo di 24 ed un massimo di 88 mesi. Dei 46 pazienti, 17 sono deceduti (37%, 11 maschi e 6 femmine), 11 dei quali (24%) per recidiva della neoplasia e/o per la comparsa di metastasi e 6 (13%) per cause non correlate alla neoplasia: la sopravvivenza è stata di 1-84 mesi, con una media di 30,91 mesi; l’età media totale era di 64,93 anni, con 64 anni per i maschi e 65 anni per le femmine. In tutto il campione, soltanto 6 pazienti sono stati sottoposti a chemioterapia adiuvante in seguito all’intervento chirurgico: di questi, uno è deceduto a 24 mesi dall’intervento, mentre gli altri cinque sono stati seguiti, rispettivamente, per 36, 40, 84, 85 e 88 mesi dopo l’intervento chirurgico. I preparati del tumore primitivo, precedentemente incluso in paraffina, sono stati sezionati con uno spessore di 4 μm, quindi sottoposti a rilevazione immunoistochimica con l’utilizzo di anticorpi monoclonali specifici, al fine di identificare e studiare le

diverse

sottopopolazioni

presenti

nell’infiltrato

linfoplasmacellulare peri- ed intratumorale.

51

Queste sottopopolazioni sono costituite prevalentemente da cellule immunocompetenti che vengono suddivise, in base all’espressione di molecole di adesione sulla membrana, in CD20+ (linfociti B), CD4+ (linfociti T helper), CD8+ (linfociti T citotossici), CD68+ (macrofagi) e CD57+ (cellule Natural Killer). La colorazione dei vetrini è stata effettuata con la diaminobenzidina. Sono state, quindi, quantificate le cellule marcate con un ingrandimento 400x in 15 diversi campi. E’ stata inoltre valutata l’espressione della beta catenina a livello nelle cellule tumorali a livello di membrana, citoplasma e nucleo e correlata con l’infiltrazione dei macrofagi associati al tumore. I pazienti, infine, sono stati suddivisi in due sottogruppi in base al numero di cellule di ciascuna sottopopolazione, rispettivamente inferiore o superiore alla mediana (gruppo A < n, gruppo B ≥ n).

52

L’infiltrato linfoplasmacellulare è stato distinto, sulla base della localizzazione, in peritumorale (lungo il margine di infiltrazione) ed intratumorale/intraepiteliale.

Immunoistochimica Per l’analisi immunoistochimica sono stati utilizzati i seguenti anticorpi: - anti-CD4 (monoclonale, clone 4B12, diluizione 1:20, Novocastra); - anti-CD8 (monoclonale, clone 1A5, diluizione 1:20, Novocastra); - anti-CD20 (monoclonale, clone L26, diluizione 1:400, Novocastra); - anti-CD57 (monoclonale, clone NK-1, diluizione 1:50, Novocastra); - anti-CD68 (monoclonale, clone KP1, diluizione 1:400, Novocastra); - anti-betacatenina

(monoclonale,

clone

14,

diluizione di 1:500, Lexington, KY, USA)

53

Lo studio immunoistochimico è stato effettuato sulle sezioni istologiche fissate in formalina ed incluse in paraffina. Queste sezioni sono state raccolte su vetrini portaoggetti a carica positiva, poste in stufa per 5 minuti a 50° C, sparaffinate in xilolo e quindi reidratate, utilizzando alcool con gradazione a scalare fino a giungere all’acqua corrente. È stato effettuato il blocco delle perossidasi endogene con un bagno di 5 minuti in acqua ossigenata al 3% per tutti i campioni, fatta eccezione per l’anticorpo anti-CD4, per cui la stessa operazione è stata eseguita con un bagno di 5 minuti in acqua ossigenata/metanolo 0.5%. I siti antigenici sono stati messi in evidenza per tutti gli anticorpi mediante trattamento al calore, utilizzando il forno a microonde a 750 W, per 3 cicli da 5 minuti ciascuno, in una soluzione di tampone citrato a pH 6, seguito poi da un periodo di raffreddamento di 20 minuti a temperatura ambiente. Dopo risciacquo con acqua distillata, le sezioni sono state ricoperte con siero normale diluito (R.T.U. Normal Horse

54

Serum, Vector) per 10 minuti e poi incubate con 100 l di anticorpo primario per 60 minuti a temperatura ambiente. È stato effettuato il risciacquo con PBS (Phosphate buffered saline, Tampone Fosfato in soluzione salina), per 2 volte da 5 minuti ciascuna, e quindi le sezioni sono state messe ad incubare per 30 minuti con due/tre gocce di anticorpo secondario biotilinato (R.T.U. Biotinylated Universal Antibody, Vector); dopo ulteriore risciacquo con PBS, ogni vetrino è stato messo ad incubare per 30 minuti a temperatura ambiente con due/tre gocce di siero contenente il complesso Avidina/Biotina (R.T.U. VECTASTAIN® Elite ABC Reagent, Vector). Le sezioni, nuovamente risciacquate con PBS per 2 volte da 5 minuti ciascuna, sono state incubate per 5-10 minuti con soluzione di substrato cromogeno, diaminobenzidina (DAB), ed infine controcolorate in ematossilina di Meyer (MERCK) per 7 secondi, deidratate in serie alcolica crescente, chiarificate in xilolo e montate in resina sintetica.

55

Analisi statistica Le sottopopolazioni linfocitarie intratumorali e peritumorali sono state ulteriormente suddivise in 2 sottogruppi, in base alla bassa o alta densità di cellule nell’infiltrato linfoplasmacellulare, scegliendo come valore di riferimento la mediana di ciascun gruppo (gruppo A < n, gruppo B ≥ n). Con l’ausilio di test statistici computerizzati, inoltre, è stata effettuata una analisi multivariata, utilizzando il test t di Student ed il 2-test (Tab. 6-9). È stato valutato, infine, l’impatto prognostico delle varie sottopopolazioni cellulari con il metodo di Kaplan-Meier e del Log-Rank test (Tab. 10, Figg. 14, 15). La significatività statistica è stata presa in considerazione nei casi con p < 0.05.

56

RISULTATI

L’infiltrato

linfoplasmacellulare

è

stato

caratterizzato

morfologicamente, utilizzando anticorpi monoclonali, in cellule CD4+ (linfociti Th), CD8+ (linfociti Tc), CD20+ (linfociti B), CD57+

(cellule

Natural

Killer)

e CD68+ (macrofagi);

successivamente è stata effettuata un’ulteriore suddivisione, in base

alla

localizzazione,

in

peritumorale

ed

intratumorale/intraepiteliale (Figg. 12, 13). E’ stata inoltre valutata l’espressione della beta-catenina allo scopo di cercare una correlazione soprattutto con l’infiltrato dei macrofagi associati al tumore. Previa valutazione quantitativa del numero di cellule marcate con ingrandimento 400x in 15 diversi campi per ciascuno dei due gruppi, il campione è stato suddiviso in due sottogruppi, rispettivamente

inferiore

e

superiore

alla

mediana

(n)

(sottogruppo A < n, sottogruppo B ≥ n) (Tab. 5).

57

La conta delle cellule CD4+ si è resa impossibile a causa della cross-reattività

dell’anticorpo

specifico

con

l’equivalente

specifico per i macrofagi. La conta delle cellule CD20+, inoltre, si è rivelata molto bassa e, quando presenti, queste cellule non erano situate in prossimità del tumore, ma erano associate ai tessuti MALT (Mucosal Associated Lymphoid Tissue). Lo studio è stato focalizzato, pertanto, sulle cellule CD8+, CD57+ e CD68+ e sull’espressione della beta catenina. In alcuni pazienti con tumore di tipo diffuso è stato impossibile quantificare le cellule a distribuzione intratumorale: in questi casi,

pertanto,

alcuni

criteri

non

sono

stati

presi

in

considerazione nella valutazione. La distribuzione intra- e peritumorale delle cellule CD8+, CD57+ e CD68+ (Tab. 6, 7), ciascuna distinta nei sottogruppi A e B, è stata messa in relazione con i seguenti parametri clinici ed istologici: l’età dei pazienti, l’estensione del tumore primitivo, la presenza di metastasi linfonodali, il grado di differenziazione delle cellule neoplastiche, il tipo istologico tumorale in base alla

58

classificazione di Lauren, la presenza di cellule ad anello con castone (Tab. 8, 9). Queste stesse distribuzioni sono state confrontate con i dati di sopravvivenza (Tab. 10) ed è stata costruita la curva di sopravvivenza dei pazienti con il metodo di Kaplan-Meier (Fig. 16). Infine, sono state confrontate le curve di sopravvivenza dei gruppi A e B per le singole sottopopolazioni linfocitarie intra- e peritumorali tramite il Log-Rank test (Fig. 16).

Risultati dei sottogruppi

Le cellule CD8+ (Linfociti T citotossici) La maggior parte delle cellule CD8+ sono distribuite lungo il margine di invasione tumorale, mentre nel contesto del tumore sono presenti in scarsa quantità (media 185.96 cellule e 17.24 cellule rispettivamente, per 15 campi). L’analisi statistica non ha rivelato nessuna significatività nei confronti dei fattori presi in considerazione, sia per le cellule peritumorali, sia per quelle intratumorali (Tab. 6, 8; Figg. 17).

59

Le cellule CD57+ (Natural Killer) Anche per le cellule Natural Killer la distribuzione è maggiore lungo il margine di infiltrazione (58.27cellule per 15 campi) rispetto al contesto del tumore (5.67 cellule per 15 campi). L’analisi statistica non ha dimostrato differenze significative tra i parametri presi in considerazione. Le cellule CD68+ (Macrofagi) Lo schema di distribuzione delle cellule CD68+ è analogo a quello delle cellule CD8+ e CD57+ (224.39 cellule lungo il margine di infiltrazione tumorale, 16.04 cellule nel contesto del tumore). E’ stata riscontrata una significatività statistica per il carcinoma diffuso rispetto al carcinoma intestinale per i macrofagi

intratumorali,

che

sono

risultati

quindi

significativamente aumentati nel carcinoma diffuso (p=0.003, test t di Student ), ed anche l’espressione della beta catenina

60

risulta significativamente aumentata in relazione al numero dei macrofagi intratumorali (p=0.021, test t di Student). Comparando, invece, le curve di sopravvivenza dei singoli sottogruppi, è stato evidenziato un migliore outcome nei pazienti con basso grado di infiltrazione da parte delle cellule CD68+ a localizzazione peritumorale, nonostante il valore non raggiunga livelli significativi (p=0.179) (Tab. 7, 9; Figg. 17-VI). Inoltre è stato evidenziato un miglior outcome nei pazienti con minore rappresentazione dei macrofagi ed espressione conservata della beta catenina (figura 18), ma anche in questo caso senza significatività statistica (p=0.394).

61

CONCLUSIONI

Lo scopo di questo studio è analizzare le sottopopolazioni cellulari infiltranti l’adenocarcinoma dello stomaco, valutando la risposta

immunitaria

dell’organismo

nei

confronti

della

neoplasia ed eventualmente la possibilità di definire nuovi fattori prognostici e di sviluppare una nuova modalità di trattamento fondata su basi immunologiche. Esaminando i risultati ottenuti, le cellule immunocompetenti che costituiscono questo infiltrato risultano distribuite sia lungo il margine di infiltrazione del tumore stesso che nel suo contesto, con una prevalenza delle sottopopolazioni presenti a livello peritumorale. La presenza di linfociti T CD8+ peritumorali sembra essere indicativa dell’importanza di queste cellule nel limitare l’invasione neoplastica. L’effetto di tali linfociti è correlato alla presenza dei macrofagi. Queste cellule, che esprimono sulla membrana il CD68, sono cellule presentanti l’antigene (APC): dopo aver

62

fagocitato l’antigene stesso, lo processano e lo espongono sulla loro superficie affinché sia riconosciuto dalle cellule T CD4+, che a loro volta determinano l’induzione di una risposta citotossica da parte dei linfociti CD8+. Come già dimostrato da Ohno et al. (60) ed evidenziato anche da questo studio, nei pazienti affetti da cancro gastrico il grado di infiltrazione delle cellule CD8+ intratumorali è direttamente proporzionale al numero dei macrofagi intratumorali. Ishigami et al. (56) hanno dimostrato che una maggiore aggressività clinica è legata alla presenza di un elevato numero di macrofagi associati al tumore (TAM), pur senza distinguere tra cellule intratumorali e peritumorali. Nel nostro studio, invece, abbiamo potuto evidenziare che un elevato numero di TAM lungo il margine di infiltrazione del tumore è correlato ad un peggior outcome dei pazienti, pur senza raggiungere una significatività statistica. Questo risultato appare in accordo con altri studi effettuati su neoplasie di pertinenza non esclusivamente gastrica, in cui un alto numero di TAM è associato ad un’alta probabilità di

63

coinvolgimento linfonodale, ad un’infiltrazione tumorale più profonda e ad uno stadio clinico più avanzato (71)(72)(73). Ad esempio, Leek et al. (73) hanno dimostrato una correlazione diretta tra TAM e neoangiogenesi in pazienti affetti da cancro della mammella, con riduzione della sopravvivenza libera da malattia e di quella globale, indicando i CD68+ come fattore prognostico

indipendente.

Pertanto,

il

comportamento

aggressivo di un cancro gastrico potrebbe essere attribuito all’effetto angiogenetico dei TAM, evidenziato dall’aumento dei microvasi all’interno della massa tumorale (57). Un aumento della secrezione di citochine immunosoppressive da parte dei TAM, inoltre, potrebbe influenzare indirettamente anche l’azione delle cellule T citotossiche, determinando alterazione del segnale di trasduzione della risposta immunologica antitumorale da parte delle cellule T stesse. Questi risultati stabiliscono che le cellule TAM distribuite lungo il margine di invasione tumorale e vicino ad aree di necrosi contribuiscono alla neoangiogenesi e sono correlate ad una prognosi peggiore (63). Il nostro studio inoltre sembra

64

evidenziare, pur senza significatività statistica, che i macrofagi associati al tumore promuovono l’espressione della beta catenina. La beta-catenina è una subunità del complesso proteico della caderina. Tale proteina è importante per la stabilizzazione del citoscheletro, per la stabilità delle giunzioni intercellulari e per la via di segnalazione denominata wingless/Wnt. In riferimento a quest'ultimo aspetto, il gene che codifica per la beta-catenina è considerato un oncogene. In disaccordo con questi dati appaiono i risultati di Ohno et al. (60), che hanno preso in considerazione, nel loro studio, soltanto le cellule CD68+ intratumorali ed hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione significativa tra il numero di tali cellule e la frequenza di apoptosi delle cellule tumorali, nonché l’evidenza di una maggior sopravvivenza libera da malattia per questi pazienti. Non hanno però potuto confermare tale correlazione anche per i macrofagi distribuiti lungo il margine del tumore. Un altro aspetto molto importante da considerare nello studio della risposta dell’organismo nei confronti del carcinoma dello stomaco è la soppressione dell’immunità cellulo-mediata

65

dell’ospite contro il tumore (36)(37)(68)(69). Questa può essere dovuta a varie condizioni come la scarsa presentazione degli antigeni da parte delle cellule APC per una down regulation dei recettori MHC-I, la riduzione o la perdita completa degli epitopi delle cellule T sulle cellule tumorali, la secrezione di fattori immunosoppressivi da parte delle cellule tumorali stesse e la disfunzione delle cellule T (ad esempio IL10 e TGF-), da attribuire ad una riduzione delle molecole-segnale oppure all’induzione dell’apoptosi delle cellule T stesse. Nonostante ciò, non sono ancora chiari i meccanismi di regolazione delle cellule immunocompetenti nell’ambito dell’immunosorveglianza tumorale (78)(79). In conclusione, il contatto tra le cellule dell’immunità aspecifica (macrofagi, cellule NK, granulociti neutrofili) e quelle dell’immunità specifica (linfociti T helper e T citotossici, linfociti B e plasmacellule) costituisce un quadro ultrastrutturale ricorrente a livello dell’infiltrato linfoplasmacellulare del tumore, in particolare nel tumore dello stomaco, elemento che suggerisce l’esistenza di un’intensa interazione intercellulare,

66

tramite la quale i leucociti ricevono e inviano messaggi regolatori, polarizzando in tal modo la secrezione di citochine e di altri fattori. Questa interazione potrebbe rivelarsi importante nel regolare la risposta immunitaria dell’ospite nei confronti del cancro gastrico, soprattutto negli stadi iniziali, in cui la crescita del tumore può ancora essere bloccata (80)(81). In particolar modo risulta interessante il ruolo dei macrofagi associati al tumore, che nel loro fenotipo M2 sembrerebbero, come già detto in precedenza, favorire la tumorigenesi e la progressione neoplastica. Il Tumor Necrosis Factor prodotto dai macrofagi attivati, a dispetto del suo nome, sembra essere una citochina attraverso la quale l’infiammazione promuove lo sviluppo dei tumori, in particolare attraverso la promozione del segnale Wntbeta catenina mediante la soppressione della fosforilazione della betacatenina. Gli anticorpi anti-TNF-, già da tempo utilizzati in malattie infiammatorie croniche (82), rappresentano una possibile strategia terapeutica nel cancro. Anche la soppressione dell’infiltrazione dei macrofagi e della loro attivazione

67

attraverso farmaci anti-infiammatori o inibitori delle PGE2 è una possibile chemio prevenzione nei confronti del cancro gastrico. Sono necessari, tuttavia, ulteriori studi per esaminare fino in fondo la natura di questa interazione, che può costituire il principio essenziale per lo sviluppo di una immunoterapia, basata sull’utilizzo di sostanze in grado di stimolare in maniera specifica la risposta immunitaria antitumorale. I dati dei vari studi non sono facilmente confrontabili in quanto la conta delle cellule non segue delle regole ben precise (ingrandimento distinzione

tra

microscopico, cellule

numero

peritumorali,

campi

visionati,

intratumorali

ed

intraepiteliali) e molti di questi studi non hanno preso in considerazione le cellule intratumorali/intraepiteliali. Tra le ricerche inerenti l’oggetto d’indagine, la nostra, anche se limitata dalla ridotto numero di pazienti arruolati e dalla mancanza di risultati statisticamente significativi, può costituire il punto di partenza per nuovi studi che, impiegando tecniche immunoistochimiche sempre più innovative e prendendo in esame campioni più ampi, potranno avallare i nostri risultati e

68

confermare quanto già evidenziato negli altri studi. Tale studio non ha pretesa di esaustività, ma rappresenta un ulteriore contributo al panorama terapeutico per la cura delle neoplasie.

69

APPENDICE

Tabella 1 Differenze epidemiologiche tra cancro dello stomaco prossimale (cardias) e distale (corpo e antro).

PROSSIMALE

DISTALE

In aumento

In diminuzione

Paesi Occidentali

+

-

Asia Orientale

-

+

Paesi in via di sviluppo

-

+

Età

++

++

Sesso Maschile

++

+

Razza Caucasica

+

-

Basso livello socio-economico

-

+

Infezione da H. pylori

?

+

Cibi conservati

+

+

Frutta/Verdura

-

-

Obesità

+

?

Fumo

+

+

Incidenza Localizzazione geografica

Dieta

70

Tabella 2 Classificazione TNM dell’adenocarcinoma gastrico (UICC 2002).

TUMORE Tx T0 Tis T1 T2 T3 T4 LINFONODI Nx N0 N1 N2 N3 METASTASI Mx M0 M1 STADIAZIONE 0 IA IB II IIIA IIIB IV

Impossibilità di stabilire l’estensione del tumore primitivo Nessuna evidenza del tumore primitivo Carcinoma in situ Invade la lamina propria e la sottomucosa Invade la muscolare propria Invade l’avventizia Invade le strutture adiacenti Impossibilità di valutare l’estensione ai linfonodi regionali Linfonodi regionali indenni Da 1 a 6 metastasi linfonodali regionali Da 7 a 15 metastasi linfonodali regionali Oltre 15 metastasi linfonodali regionali Impossibilità di valutare la presenza di metastasi a distanza Assenza di metastasi a distanza Presenza di metastasi a distanza Tis,N0,M0 T1,N0,M0 T1,N1,M0 oppure T2,N0,M0 T1,N2,M0 oppure T2,N1,M0 oppure T3,N0,M0 T2,N2,M0 oppure T3,N1,M0 oppure T4,N0,M0 T3,N2,M0 oppure T4,N1,M0 T4,N2,M0 oppure ogni T,ogni N,M1

71

Tabella 3

Caratteristiche istopatologiche dei pazienti (totale 46)

Caratteristiche Sesso Maschi Femmine Tumore T1 T2 T3 Linfonodi NN+ Differenziazione G1 G2 G3 Infiltrato linfoplasmacellulare Scarso Moderato Marcato Classificazione sec Lauren Intestinale Diffuso Misto Cellule ad anello con castone Si No

Pazienti n (%) 28 (60) 18 (40) 11 (24) 33 (72) 2 (4) 21 (45,6) 25 (55,4)) 4 (8) 18 (30) 24 (52) 14 (30) 22 (48) 10 (21) 29 (63) 14 (30) 3 (7) 16 (34) 30 (66)

72

Tabella 4 Caratteristiche del campione.

PAZIENTI

N

Classe d’età (anni)

Età media (anni)

Maschi

28

41-83

64,8

Femmine

18

40-92

65

Totale

46

41-92

64,9

73

Tabella 5 Immunoistochimica: suddivisione in gruppi dei pazienti sulla base della localizzazione delle cellule marcate in intratumorale e peritumorale e i singoli valori (somma di 15 campi del conteggio delle cellule per campo a 400x di ingrandimento).

CD8

peritumorale intratumorale CD57 peritumorale intratumorale CD68 peritumorale intratumorale

min max mediana

media

29 1 1 1 5 1

185.96 17.24 58.27 5.67 224.39 16.04

486 120 143 31 465 42

194 9 41.50 4 237 14

Deviazione standard (DS) 108.92 25.76 39.50 5.76 121.86 11.95

74

Tabella 6 Distribuzione delle cellule CD8+ e caratteristiche clinicopatologiche dei pazienti (media ± deviazione standard, test t di Student). (p < 0.05)

CD8+ Variabili (n)

Intra

Peri p*

Età (anni) < 65 ≥ 65 Sesso Maschi Femmine Tumore pT1 pT2 pT3 Differenziazione G1 G2 G3 Linfonodi Negativi Positivi Classificazione di Lauren Intestinale Diffuso Misto Infiltrato Linfoplasmacellulare Scarso Moderato Marcato Cellule ad anello con castone Si No

p*

20.23 ± 30.56 (10) 10.50 ± 11.38 (6)

0.224

196,94 ± 117,32 (175,5) 194,13 ± 113,83 (205,5)

0.942

17.23 ± 25.76 (10) 11.29 ± 13.34 (5.50)

0.432

196.19 ± 105.71 (189.00) 175.00 ± 121.53 (163.50)

0.538

0.647

229.70 ± 138.32 (224) 174.52 ± 104.69 (152) 195.50

0.183

120.33±92.59(104) 170.83 ± 101.03 (172) 208.79 ± 119.12 (194)

0.283

14 16.81 ± 17.98 (9.50) 13.37 ± 17.39 (7)

0.653

19.80 ± 28.53 (12) 11.43 ± 15.08 (7)

0.485

209.66 ± 100.66 (219) 168.33 ± 118.68 (146)

0.216

19.57 ± 25.97 (13) 7.64 ± 5.30 (9) 7.64 ± 5.30 (1.5)

0.478

188.14 ± 118.41 (200.5) 185 ± 99.15 (170) 196 ± 141.26 (244)

0.932

22 ± 34.17 (8) 12.13 ± 12.20 (10.50) 9.88 ± 8.89 (9.50)

0.293

158.53 ± 96.08 (125) 184.80 ± 100.98 (204) 237.20 ± 143.82 (242)

0.442

12 ± 12.06 (9.50) 16 ± 24.61 (8.50)

0.637

190.44 ± 120.33 (164.50) 186.17 ± 108.42 (202)

0.904

18.71 ± 11.16 (14) 14.36 ± 24.02 (5.50)

75

Tabella 7 Distribuzione delle cellule CD57+ e CD68+ peritumorali ed intraepiteliali e caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti (media ± deviazione standard, test t di Student). (p < 0,05) CD57+ Variabili (n)

Intra

CD68+ Peri

p*

Intra p*

Peri p*

p*

Età (anni) < 65 ≥ 65

7.08 ± 8.22 (5) 4.33 ± 4.22 (3)

0.206

70.71 ± 38.66 (72) 54.74± 41.58 (36)

0.224

21.20 ± 14.38 (16) 17.27 ± 12.04 (14.50)

0.436

176.23 ± 126.48 (158) 220.09 ± 113.85 (212.50)

0.311

Sesso Maschi Femmine

4.08 ± 3.98 (3) 6.86 ± 8.01 (4.50)

0.161

52.42 ± 36.40 (39) 70.07 ± 43.03 (72)

0.146

20 ± 11.52 (18) 16 ± 14.68 (13.50)

0.398

198.35 ± 129.44 (170) 213.64 ± 104.81 (217)

0.665

Tumore pT1

6.6 ± 9.66 (3)

pT2

4.63 ± 3.84 (4)

pT3 Differenziazione G1 G2 G3

3 6.40 ± 8.30 (3) 4.45 ± 3.59 (4) 5.65 ± 7.52 (3) 4.67 ± 4.19 (4)

59.91 ± 49.03 (31) 0.374

58.97 ± 37.34 (47)

0.352

50.50 69.53 ± 42.31 (73) 53 ± 34.04 (44)

0.614

62.71 ± 40.13 (51) 55.79 ± 39.55 (39)

0.065

66.32 ± 42.51 (55) 48.93 ± 29.22 (41.5) 38 ± 47.82 (21)

0.947

15.63 ± 13.04 (10.50) 19.41 ± 13.20 (15.50) 20

0.174

11 16.42 ± 13.36 (14) 21.94 ± 12.21 (19)

0.564

17.36 ± 13.48 (13) 19.39 ± 12.41 (17)

141.63 ± 95.73 (101) 0.492

229.88 ± 124.17 (239)

0.076

241.50

0.266

91.25 205.09 ± 85.75 (268) 237.10 ± 135.39 (315)

0.485

0.662

211.35 ± 139.87 (190) 209.44 ± 105.45 (217)

0.964

0.003

201.05 ± 113.36 (235) 233.46 ± 135.92 (199) 169.33 ± 129.96 (104)

0.470

0.371

220.82 ± 132.15 (171) 174.81 ± 116.46 (180) 267.13 ± 104.72 (186.50)

0.349

Linfonodi Negativi Positivi Classificazione di Lauren Intestinale Diffuso Misto

6.52 ± 7.00 (5) 2.58 ± 1.62 (2.5) 4.33 ± 4.16 (3)

0.177

14.44 ± 10.30 (14) 28,27 ± 12.08 (28) 7 ± 2 (7)

Infiltrato Linfoplasmacellulare Scarso Moderato Marcato

5.86 ± 7.55 (4) 4.76 ± 5.29 (3) 4.43 ± 3.26 (5)

0.638

66.32 ± 42.51 (55) 48.93 ± 29.22 (41.5) 38 ± 47.82 (21)

0.177

23.27 ± 14.75 (26) 18.53 ± 11.80 (16) 9.67 ± 5.82 (8.50)

Cellule ad anello con castone Si

No

6.75 ± 8.75 (3.50) 4.35± 3.88 (4)

0.245

67.50 ± 39.40 (61.50) 54.34± 39.48 (37)

0.290

19.90 ± 14.18 (13.50) 17.86 ± 12.30 (15.50)

213.09 ± 144.26 (145) 0.681

209.13 ± 113.02 (237)

0.930

Espressione beta catenina Conservata

Alterata

6.10 ± 5.22 (4.50) 4.88 ± 6.30 (3.50)

0.590

68.25 ± 47.29 (58.50) 54.31 ± 36.27 (41.50)

11.75 ± 7.72 (11.50) 0.303

22.05 ± 13.39 (18.00)

223,55 ± 100.78 (190) 0.021

213 ± 127.25 (239)

0.811

76

Tabella 8 Suddivisione in gruppi della distribuzione delle cellule CD8+ e correlazione con le caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti (test 2). (p < 0,05) CD8 Variabili A Età (anni) < 65 ≥ 65 Totale Sesso Maschi Femmine Totale Tumore pT1 pT2 pT3 Totale Differenziazione G1 G2 G3 Totale Linfonodi Negativi Positivi Totale Classificazione di Lauren Intestinale Diffuso Misto Totale Infiltrato Linfoplasmacellulare Scarso Moderato Marcato Totale Cellule ad anello con Castone Si No Totale

Peritumorale B Tot p*

A

Intraepiteliale B Tot p*

9 9 18

6 14 20

15 23 38

0.354

10 9 19

3 7 10

13 16 29

0.440

11 6 17

10 8 18

21 14 35

0.836

11 4 15

4 6 10

15 10 25

0.211

4 6 1 11

4 11 1 16

8 17 2 27

0.793

0 12 1 13

6 9 0 15

6 21 1 28

0.026

1 8 9 18

2 4 11 17

3 12 20 35

0.399

1 7 7 15

0 4 9 13

1 11 16 28

0.380

8 10 18

8 9 17

16 19 35

0.854

4 9 13

4 10 14

8 19 27

0.767

7 9 1 17

12 4 2 18

19 13 3 35

0.170

6 5 2 13

9 5 0 14

15 10 2 27

0.277

8 8 2 18

4 8 6 18

12 16 8 36

0.189

6 5 2 13

3 9 3 15

9 14 5 28

0.331

8 9 17

5 13 18

13 22 35

0.407

4 9 13

4 11 15

8 20 28

0.857

77

Tabella 9

Suddivisione in gruppi della distribuzione delle cellule CD57+ e CD68+ peritumorali ed intraepiteliali e correlazione con le caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti (test 2). (p < 0,05)

CD57

CD68

Variabili Peritumorale

Età (anni) < 65 ≥ 65 Totale Sesso Maschi Femmine Totale Tumore pT1 pT2 pT3 Totale Differenziazione G1 G2 G3 Totale Linfonodi Negativi Positivi Totale Classificazione di Lauren Intestinale Diffuso Misto Totale Infiltrato Linfoplasmacellulare Scarso Moderato Marcato Totale Cellule ad anello con Castone Si No Totale Espressione Beta catenina Conservata Alterata Totale

Intraepiteliale

Peritumorale

Intraepiteliale

A

B

Tot

p*

A

B

Tot

p*

A

B

Tot

p*

A

B

Tot

p*

6 10 16

7 9 16

13 19 32

1

3 11 14

4 13 17

7 24 31

0.770

7 10 17

6 12 18

13 22 35

0.897

5 7 12

5 11 16

10 18 28

0.864

13 4 17

9 9 18

22 13 35

0.204

10 4 14

9 8 17

19 12 31

0.496

11 6 17

11 7 18

8 7 35

0.897

9 7 16

11 5 16

20 12 32

0.715

5 10 0 15

3 14 1 18

8 24 1 33

0.385

4 9 1 14

4 12 0 16

8 21 1 30

0.522

6 10 1 17

2 15 1 18

8 25 2 35

0.226

5 10 1 16

3 12 1 16

8 22 2 32

0.711

3 4 10 17

1 7 10 18

4 11 20 35

0.408

2 5 7 14

1 6 10 17

3 11 17 31

0.715

4 5 8 17

0 7 11 18

4 12 19 35

0.092

3 7 6 16

1 5 10 16

4 12 16 32

0.311

7 10 17

9 9 18

16 19 35

0.854

6 8 14

7 10 17

13 18 31

0.786

9 8 17

7 11 18

16 19 35

0.621

8 8 16

5 11 16

13 19 32

0.472

8 7 2 17

11 6 1 18

19 13 3 35

0.652

5 7 2 14

12 4 1 17

17 11 3 31

0.151

9 6 2 17

10 7 1 18

19 13 6 35

0.805

10 3 3 16

8 8 0 16

18 11 3 32

0.064

6 8 3 17

6 9 3 18

12 17 6 35

0.985

4 8 2 14

7 7 3 17

11 15 5 31

0.670

7 9 1 17

5 7 6 18

12 16 7 35

0.127

5 6 5 16

6 9 1 16

11 15 6 32

0.187

5 12 17

8 10 18

13 22 35

0.569

5 9 14

5 12 17

10 21 31

0.990

7 10 17

5 13 18

12 23 35

0.632

6 10 16

4 12 16

10 22 32

0.703

7 15 22

7 16 23

14 31 45

0.824

6 12 18

7 13 20

13 25 38

0.815

7 10 17

5 13 15

12 23 35

0.632

8 8 16

3 12 15

11 20 31

0.171

78

Tabella 10

Correlazione tra distribuzione delle cellule CD8+, CD57+ e CD68+ e sopravvivenza (Log-Rank test).

CD8+ Peri A

Media di sopravvivenza 27.13 (46) in mesi (n° pazienti)

p

CD57+ Intra

Peri

CD68+ Intra

Peri

Intra

B

A

B

A

B

A

B

A

B

A

B

34.69 (46)

25.81 (46)

35.58 (46)

26 (46)

36.60 (46)

22.88 (46)

36.07 (46)

45.64 (46)

23 (46)

40.45 (46)

32.5 (46)

0.131

0.132

0.074

0.048

0.179

0.291

79

Figura 1 Anatomia macroscopica dello stomaco.

Figura 2 Anatomia microscopica dello stomaco.

80

Figura 3 Vascolarizzazione ed innervazione dello stomaco.

Figura 4 Drenaggio linfatico dello stomaco.

1. Linfonodi cardiali. 2. Linf. gastrici superiori. 3. Linf. gastrici inferiori. 4. Linf. pilorici. 5. Linf. dell’arteria gastrica sinistra. 6. Linf. dell’arteria epatica. 7. Linf. del tripode celiaco. 8. Linf. dell’ilo splenico. 9. Linf. dell’arteria slpenica.

81

Figura 5 Incidenza del carcinoma gastrico in base all’età dei pazienti ed alla localizzazione nelle varie aree dello stomaco.

Figura 6 Incidenza del carcinoma gastrico intestinale e di quello diffuso nell’intervallo di tempo 1973-2000.

82

Figura 7 Classificazione istologica del carcinoma dello stomaco secondo Bormann.

Figura 8 Stadiazione del carcinoma gastrico in base al grado di infiltrazione della parete gastrica da parte del tumore.

83

Figura 9 Tecniche più utilizzate di resezione chirurgica dello stomaco. a

b

c

d

e

f

g

a) Neoplasia circoscritta dell’antro: resezione distale. b) Neoplasia dell’antro con diffusione ai linfonodi situati lungo l’arteria gastrica sinistra: gastrectomia totale e linfoadenectomia. c) Neoplasia dell’antro con diffusione ai linfonodi del tripode celiaco e dell’ilo splenico ed infiltrazione del pancreas: gastrectomia totale, linfoadenectomia, spleno-pancreasectomia. d) Neoplasia circoscritta del corpo: gastrectomia totale. e) Neoplasia del corpo con diffusione ai linfonodi del tripode celiaco ed infiltrazione del pancreas: gastrectomia totale, linfoadenectomia, spleno-pancreasectomia. f) Neoplasia circoscritta del cardias: resezione polare superiore con o senza splenectomia. g) Neoplasia del cardias con diffusione ai linfonodi del tripode celiaco ed infiltrazione del pancreas: gastrectomia totale, linfoadenectomia, spleno-pancreasectomia.

84

Figura 10 Tecniche più utilizzate di ricostruzione chirurgica postgastrectomia. a

b

d

e

c

a) Esofago-digiunostomia terminolaterale con entero-enteroanastomosi distale. b) Ricostruzione su ansa ad Y secondo Roux. c) Ricostruzione su ansa ad Y secondo Roux con reservoir secondo Hunt-Lawrence. d) Interposizione di un reservoir digiunale. e) Gastro-enteroanastomosi a scopo palliativo per neoplasie gastriche in operabili.

Figura 11 Sopravvivenza post-operatoria dei pazienti in relazione allo stadio della neoplasia.

85

Figura 12 Schematizzazione di un adenocarcinoma e della distribuzione dell’infiltrato linfoplasmacellulare. Le cellule intratumorali (per il tipo diffuso) e/o intraepiteliali (per il tipo intestinale) sono indicate come “Nest”; le cellule peritumorali e/o marginali sono indicate come “Margin”. La maggior parte delle cellule è distribuita lungo il margine del tumore e in zone con segni di necrosi (“Hot spot”), invece solo una minima parte è presente nel contesto del tumore.

86

Figura 13 A. Rappresentazione schematica dei linfociti T CD8+ in tre differenti patterns di localizzazione: lungo il margine di invasione; nello stroma tumorale; intraepiteliali/intratumorali. B. Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi anti-CD8+; linfociti CD8+ sono distribuiti nello stroma e nel contesto del tumore. C. Immunoistochimica per cellule positive al granzima B, con pattern granulare diffuso. D. Immunoistochimica per linfociti CD8+ (rosso) e Ki67+ (marrone).

87

Figura 14 Schema del segnale Wnt-beta catenina

88

Figura 15: polarizzazione della funzione dei macrofagi (ripreso da Solinas G. et al. Journal of Leukocyte Biology 2009)

I macrofagi costituiscono una popolazione molto eterogenea, che può essere schematicamente divisa in due classi: M1 e M2.

89

Figura 16 Curva di sopravvivenza dei pazienti a 88 mesi dall’intervento chirurgico, calcolata secondo il metodo di Kaplan-Meier.

90

Figura 17 Confronto tra curve di sopravvivenza dei gruppi A (n° cellule < mediana) e B (n° cellule ≥ mediana) delle sottopopolazioni linfocitarie CD8+ intratumorali (diagramma I), CD8+ peritumorali (II), CD57+ intratumorali (III), CD57+ peritumorali (IV), CD68+ intratumorali (V) e CD68+ peritumorali (VI). (p calcolato con LogRank test) I

II

III

IV

V

VI

91

Figura 18 Curva di sopravvivenza tra pazienti con bassa numerosità di macrofagi e espressione di beta catenina conservata (gruppo 1) e pazienti con macrofagi ad alta numerosità ed espressione di beta catenina alterata (gruppo 2)

92

Figura 19 Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi anti-CD8 (ingrandimento 400x), cellula intraepiteliale (freccia).

Figura 20 Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi anti-CD8 (ingrandimento 200x); linfociti CD8+ intratumorali.

93

Figura 21 Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi anti-CD57 (ingrandimento 400x); linfocita CD57+ (freccia).

Figura 22 Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi anti CD68 (ingrandimento 400x); linfocita CD68+ (freccia).

94

Figura 23 Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi anti betacatenina (ingrandimento 10x). La molecola è maggiormente espressa sulla componente intestinale, nella quale si trovano focalmente anche nuclei positivi

95

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